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Vol. IV/2006

 

Casella di testo:  Rivista di Diritto dell'Economia, dei Trasporti e dell'Ambiente
	                                                                         
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La locazione delle unità da diporto*

Michele M. Comenale Pinto**

 

 

1. L'utilizzazione commerciale delle unità da diporto

2. La disciplina privatistica

3. La nozione di «locazione» nel diporto e la disciplina applicabile

4. Locazione ed esercizio nella nautica da diporto

5. Forma e conclusione del contratto

6. Margine per l'applicazione residuale della disciplina della locazione nel codice della navigazione

 

 

1. L'utilizzazione commerciale delle unità da diporto

Sono particolarmente grato agli amici e colleghi Alessandro Zanelli e Umberto La Torre per avermi invitato a parlare in questa importante occasione. Ad entrambi mi lega un affetto di lunga data: il primo, un certo numero di anni fa, mi consentì di fare proprio qui a Catanzaro con lui le mie prime esperienze fuori dalle mura dell’Istituto di diritto della navigazione dell’Università di Roma “La Sapienza” (e devo dire che mi colpisce e mi lascia ammirato il confronto con le strutture di allora, in cui si operava da pionieri e missionari del diritto della navigazione); con l’altro, mio coetaneo, il vincolo si è consolidato nei nostri percorsi di esperienze parallele.

Il tema che mi è stato affidato richiede una premessa sul contesto nel quale è stato adottato il codice della nautica da diporto, che non è privo di conseguenze anche sulla disciplina della locazione.

In effetti, il legislatore delegato sembra aver disatteso uno dei criteri che erano emersi nel provvedimento che gli aveva attribuito la delega. La modificazione dell'art. 1, comma 3, della l. 11 febbraio 1971, n. 50, operata dall'art. 1, comma 1, lett. a) della l. 8 luglio 2003, n. 172, con l'eliminazione del rinvio in via residuale al codice della navigazione, lasciava credere che si intendesse perseguire  la prospettiva di rendere autonoma la disciplina del diporto ([1]). A scanso di equivoci devo precisare che, pur trattandosi di una tesi non priva di dignità, io, personalmente, non la condivido ([2]). Senonché, a prescindere da quelli che possono essere i problemi di legittimità relativi alla coerenza con il quadro disegnato dalla legge delega, non può fare a meno di rilevarsi la contraddittorietà del quadro normativo di riferimento che, dalla riforma, è scaturito per il diporto e, in particolare, per la disciplina della locazione, una volta che non si è escluso il ricorso alla disciplina della navigazione in generale. Nella misura in cui la disciplina del codice della navigazione resta comunque applicabile, il codice del diporto appare per un lato ridondante e, per l’altro, carente di quelle disposizioni derogatorie che, forse, sarebbe stato necessario introdurre o mantenere.

Con l'art. 1, comma 3, cod. dip. è prevalso l'approccio della specialità nella specialità, con il richiamo del codice della navigazione, per risolvere il problema delle lacune ([3]).

Nel quadro normativo offerto dal testo originario della l. 11 febbraio 1971, n. 50, si era esclusa la configurabilità dei contratti di utilizzazione per le unità da diporto, per la ritenuta incompatiboilità con il «fine di lucro» ([4]). Il presupposto era la constatazione che le unità da diporto, pur rispondenti alla definizione di «nave», di cui all'art. 136  c. nav., e dunque tali da poter (e dover) essere in astratto assoggettate al codice della navigazione, erano sottoposte ad un regime agevolato in ragione della loro particolare destinazione non finalizzata al lucro. In effetti, il legislatore del codice della navigazione, nel comma 1 del menzionato art. 136,  aveva espressamente indicato il diporto fra le finalità della nozione ampia di «trasporto per acqua », al quale deve essere idonea la nave per essere qualificata come tale.

La possibilità di utilizzare mediante contratti di locazione o di noleggio imbarcazioni e natanti da diporto venne espressamente prevista, come deroga alla disciplina dell'art. 1, comma 2, della legge 11 febbraio 1971, n. 50  ([5]), dall'art. 15, comma 1, della l. 5 maggio 1989, n. 171([6]). L'apertura alla possibilità dell'impiego commerciale era però accompagnata dalla previsione dell'istituzione di un registro in cui iscrivere le unità da diporto adibite alla locazione e al noleggio  (comma 2) e di un ruolo speciale delle ditte operanti nel settore della locazione e del noleggio di unità da diporto (comma 3). Il quarto ed ultimo comma rinviava ad un decreto ministeriale la regolamentazione dell'attività; a tal fine venne successivamente adottato il d.m. (trasporti e navigazione) 21 settembre 1994, n. 731, che, come è stato esattamente rilevato, trascese i limiti della potestà regolamentare, andando ad incidere su diversi profili di natura privatistica ([7]).

La disciplina venne semplificata dal d.l. 21 ottobre 1996, n. 535, convertito dalla l. 23 dicembre 1996, n. 647, il cui art. 10, al comma 11, novellò  (sia pure in un contesto non del tutto coerente) ([8]) l'art. 15 della 5 maggio 1989, n. 171, limitandosi a prevedere, nel secondo comma, la sola annotazione nei registri di iscrizione dell'utilizzo dell'unità da diporto per fini di locazione e noleggio con l'indicazione dei soggetti, e il numero di iscrizione nel registro delle imprese della competente C.C.I.A.A.; peraltro, novellando il primo comma, aveva espressamente previsto (diversamente dal testo originario che riguardava soltanto natanti ed imbarcazioni) la possibilità di fare oggetto di locazione e di noleggio anche le navi da diporto.

Nel medesimo segno sembra collocarsi l’art. 1, comma 4, della l. 11 febbraio 1971 n. 50, che risulta dagli emendamenti apportati dalla l. 8 luglio 2003, n. 172 ([9]).

Con tale intervento normativo, si è prevista in generale la possibilità di utilizzare tutte le unità da diporto «mediante contratti di locazione e di noleggio e per l'insegnamento della navigazione da diporto, nonché come unità appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo».

Il d. lgtv. 18 luglio 2005, n. 171, «Codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE, a norma dell’articolo 6 della legge 8 luglio 2003, n. 172» ([10]), non si discosta dalla precedente disciplina, per quanto concerne il regime amministrativo dell'utilizzazione commerciale delle unità da diporto. Sono peraltro dettate alcune disposizioni speciali in tema di locazione finanziaria (art. 16 in tema di iscrizione dell’unità da diporto utilizzata alla stregua di una locazione finanziaria; art. 40, comma 2, in tema di responsabilità  civile).

All'art. 2, comma 2, il codice della nautica da diporto prevede che l'utilizzazione a fini commerciali delle imbarcazioni e navi da diporto sia annotata nei relativi registri di iscrizione, con l'indicazione delle attività svolte e dei proprietari o armatori delle unità, imprese individuali o società, esercenti le suddette attività commerciali e degli estremi della loro iscrizione, nel registro delle imprese della competente camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura. È altresì richiesto che gli estremi dell'annotazione siano riportati sulla licenza di navigazione.

Di seguito alle formalità per l'impiego commerciale di navi ed imbarcazioni da diporto nazionali, l'art. 2 cod. dip., al comma 3, richiede per le unità da diporto di bandiera di altro Stato dell'Unione, al fine di impiegarle in locazioni e noleggi, che «l'esercente» renda dichiarazione in tal senso presso «l'autorità marittima o della navigazione interna con giurisdizione sul luogo in cui l'unità abitualmente staziona». È da lamentare che la nozione di luogo di abituale stazionamento, sottesa alla disposizione recata dal comma 3, relativamente alla locazione e noleggio di unità di bandiera di altro Stato dell'Unione europea appare piuttosto evanescente, e come tale dia luogo ad un certo margine di incertezza. La formula legislativa è solo parzialmente corrispondente a quella di «abituale ricovero» evocata nella parte aeronautica del codice della navigazione per individuare la competenza degli uffici periferici dell'ENAC (artt. 759 e 760 c. nav.), dato che, per quest'ultima, si tratta comunque di dato che risulta univocamente dal certificato di immatricolazione (art. 755 c. nav.).

Il quarto ed ultimo comma dell'art. 2 prevede l'esclusività della destinazione all'uso di locazione e noleggio: le unità da diporto oggetto di contratti di locazione e noleggio non potrebbero essere destinate ad altra finalità ([11]). Ed è da aggiungere che tanto l'omissione delle formalità di annotazione di cui al comma 2, o di dichiarazione per le unità di bandiera di altro Stato dell'Unione europea, ai sensi del comma 3, che l'utilizzazione in violazione dei richiamati limiti del comma 4 sono sanzionate nel successivo art. 55 con «la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro duemilasessantasei a euro ottomiladuecentosessantatre».

Per quanto concerne l'utilizzazione commerciale dei natanti, il Codice della nautica da diporto, all'art. 27, comma 6, uniformandosi a quanto già previsto dall'art.  13, comma 5, della l. 11 febbraio 1971, n. 50 ([12]), rinvia per la disciplina (anche per le modalità della condotta) alle ordinanze della competente autorità marittima o della navigazione interna; rispetto alla previgente normativa, è stata (correttamente) prevista l'intesa con gli enti locali ([13]).

 

2. La disciplina privatistica

Il Codice della nautica da diporto ha pure espressamente previsto, nel Titolo III, disposizioni speciali sui contratti di utilizzazione delle unità da diporto e sulla mediazione ([14]).

La disciplina (anche) della locazione contenuta nel nuovo codice della nautica da diporto è però caratterizzata da una serie di vincoli e di restrizioni, che non sembrano del tutto coerenti con le finalità che il legislatore delegato era stato chiamato a perseguire con il provvedimento di conferimento della delega, in particolare per quanto concerne il disegno di «semplificazione e snellimento», espressamente evocato dalla lett. b, dell'art. 6, comma 1, della l. 8 luglio 2003, n. 172. Si respira un'aura di sospetto che, nell'ottica del legislatore, avvolge l'intero settore del diporto e che lo induce a piegare istituti privatistici a finalità diverse rispetto a quelle che sarebbero loro connaturate: l'esempio più eclatante, al di là della materia dei contratti di utilizzazione, è rinvenibile nella previsione dell'obbligo (sanzionato) di pubblicità degli atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali sulle unità da diporto soggette ad iscrizione, di cui all'art. 17 cod. dip.

Va segnalato il rischio che l’eccesso di rigidità della normativa italiana possa allontanare lo svolgimento delle attività commerciali legate al diporto dalle nostre coste e ad abbandonare la nostra bandiera per le unità a tal fine impiegate, posto che una legge italiana non può incidere su un contratto (validamente) concluso all’estero, ancorché, per avventura, destinato a svolgersi in  parte anche preponderante nelle acque italiane.

Per di più, in tale normativa si rinvengono alcuni punti critici, sia sotto il profilo tecnico-dogmatico, che alla stregua di un'analisi degli effetti economici probabili o comunque possibili, accompagnati persino da una certa trascuratezza formale, che si traduce, fra l'altro, in scelte lessicali discontinue ed incoerenti. Sotto quest'ultimo profilo, può registrarsi come il soggetto che acquisisce la disponibilità dell'unità da diporto sulla base del contratto di locazione è indifferentemente qualificato come «locatario» (art. 40, comma 2) o come «conduttore» (art. 42, comma 2; art. 43, comma 1 e comma 2; art 46), termine verosimilmente impiegato negli art. 35, comma 1, e  36, comma 1 nell’accezione del titolo professionale a suo tempo previsto dall’art. 10 del d.l. 21 ottobre 1996, n. 535, come convertito dalla l. 23  dicembre 1996, n. 647 ([15]) .

 

3. La nozione di «locazione» nel diporto e la disciplina applicabile

Il tema della locazione di unità da diporto si interseca con quello più generale del rapporto fra codice della navigazione e disciplina della nautica da diporto.

Una volta ammessa la possibilità di fare le unità da diporto oggetto di contratti di utilizzazione, il legislatore ha ritenuto di dover dettare norme definitorie di tali contratti. Così, l’art. 10 del d.l. 21 ottobre 1996, n. 535, convertito dalla l. 23 dicembre 1996, n. 647, al comma 8, rispettivamente alle lettere a) e b), ha introdotto una definizione dei contratti di locazione e noleggio. In particolare, ai sensi della lett. a) si deve intendere «per locazione, il contratto con cui una delle parti si obbliga verso corrispettivo a far godere all'altra per un dato periodo di tempo l'unità da diporto. L'unità passa in godimento autonomo del conduttore il quale esercita con essa la navigazione e ne assume la responsabilità ed i rischi».

Tale definizione ispira quella recata dal codice della nautica da diporto, nell'art. 42, comma 1, cui segue il comma 2 (relativo all'assunzione di responsabilità).

La locazione, così come risulta definita dalla normativa speciale del diporto, sembra rientrare nel tipo della locazione definita dall'art. 1571 c. civ. ([16]).

Nonostante quanto si è detto sui rapporti fra disciplina della nautica da diporto e disciplina del codice della navigazione, permane qualche margine di dubbio circa la possibilità di ricondurre la locazione di unità da diporto alla locazione di nave, di cui all'art. 376 ss. c. nav. e, in caso affermativo, occorre chiedersi se ci sia margine per l'applicazione residuale di tale disciplina ([17]).

 

4. Locazione ed esercizio nella nautica da diporto

Il problema sorge in relazione ai dubbi, a suo tempo sollevati in dottrina, circa la ricorrenza dell'esercizio per i natanti e per le imbarcazioni da diporto, in particolare sulla base dell'art. 46 della l. 11 febbraio 1971, n. 50 ([18]) (che sottraeva tali unità all'applicazione della disciplina degli artt. 274-277 c. nav.) ([19]), e comunque in base a considerazioni dimensionali ([20]). Da tale presupposto, secondo alcune voci, sarebbe stata da escludere, quantomeno per natanti ed imbarcazioni da diporto, altresì l'applicazione della disciplina dettata dal codice della navigazione per la locazione di nave ([21]), che è caratterizzata proprio dal legittimare il non proprietario ad assumere l’esercizio ([22]).

In realtà, non sembra potersi condividere la premessa su cui è costruito il ricordato sillogismo, in quanto la sussistenza dell'elemento dell'esercizio va riconosciuta anche rispetto ad unità di minime dimensioni destinate al diporto, ed a prescindere dalla sua durata ([23]). Non sembra possibile escludere la ricorrenza dell'esercizio sulla base di una regola derogatoria che imputa la responsabilità in maniera difforme rispetto alla regola generale ([24]): a seguire fino in fondo una tale ottica, bisognerebbe pervenire alla davvero poco condivisibile conclusione di escludere l'esercizio per quanto concerne le navi che trasportano idorcarburi alla rinfusa, nella misura in cui si assuma la rilevanza al riguardo dell'imputazione al proprietario in quanto tale dei danni da spandimento in mare di idrocarburi, ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 29 novembre 1969 (c.d. C.L.C. 1969) e successive modificazioni ([25]).

Al di là della valutazione sull'opportunità della soluzione a suo tempo adottata dal legislatore (di cui fortemente si dubita), è da segnalare che, persino nel codice della navigazione, a seguito della recente novella della parte aeronautica, è venuto meno il collegamento fra posizione di conduttore ed assunzione dell'esercizio: infatti, l'art. 939-ter c. nav., come introdotto dall'art. 17 del d. lgtv. 9 maggio 2005, n. 96, mantiene al locatore la posizione di esercente per il caso delle locazioni di durata non superiore a quattordici giorni ([26]).

Non sembra del resto poco significativo lo stesso imbarazzo che è dato riscontrare nei formulari di locazione di nave da diporto che contrappongono, con apparente contraddizione, la figura dell’armatore-locatore a quella del conduttore ([27]). D’altronde, anche nel codice della nautica da diporto, la locazione viene regolamentata nell’ambito e come estrinsecazione di un’attività imprenditoriale organizzata, in cui il profilo della costituzione e dello svolgimento del rapporto contrattuale non appare certo preminente ([28]).       

Peraltro, nel codice della nautica da diporto non è dato rinvenire una norma d'eccezione formulata in maniera analoga a quella dell'art. 46 della l. 11 febbraio 1971, n. 50, con una serie di conseguenze certamente rilevanti, fra cui (nella misura in cui sia riconoscibile la ricorrenza dell'esercizio) va richiamata quantomeno l'apertura all'applicazione della disciplina in tema di limitazione del debito ex art. 275 c. nav.; d'altra parte, la nozione di «armatore» (riferita a navi ed imbarcazioni da diporto) è esplicitamente evocata una volta sola nel codice della nautica da diporto, nel comma 2 dell'art. 2, di seguito al comma 1, che elenca le possibili utilizzazioni commerciali delle unità da diporto, fra le quali, alla lett. a) menziona espressamente locazione e noleggio.

Il richiamo, nell'art. 2 cod. dip., alla figura dell'armatore appare comunque operato in maniera alquanto contraddittoria, dato che sembrerebbe essere individuata in tale figura, oltre che in quella del proprietario, il soggetto che può esercitare una della attività commerciali (di locazione e di noleggio) con le unità da diporto; attività che va annotata nel registro di iscrizione e trascritta sulla licenza. Sennonché, se si potesse dare una lettura della norma in questione nel senso di riconoscimento legislativo della sussistenza dell'esercizio nel diporto, ci si troverebbe di fronte ad una nozione di locazione antitetica rispetto a quella del codice della navigazione. D'altronde, nel determinare gli effetti del contratto di locazione di unità da diporto, l'art. 42, comma 2, del codice della nautica da diporto semplicemente afferma che il conduttore «esercita la navigazione e ne assume la responsabilità ed i rischi».

L’estraneità del locatore alle obbligazioni e responsabilità derivanti dall’impiego del veicolo (se non indirettamente, attraverso la garanzia che il veicolo assume per i crediti ([29]), e salvo le conseguenze dell'omessa dichiarazione di esercizio, ai sensi dell'art.. 272 o dell’art. 876 c. nav.) ([30]) ha costituito uno dei punti di arrivo della disciplina della locazione nell'ambito del diritto della navigazione, dal cui alveo si è tuttavia parzialmente allontanato, come si è avuto modo di accennare, il legislatore della recente riforma della parte aeronautica del codice della navigazione.

Rispetto a tale regola, giuoca il ruolo di eccezione la previsione, in tema di nautica da diporto, della responsabilità comunque del proprietario per i danni subiti dai terzi, alla stregua della disciplina di diritto comune, attraverso il richiamo dell’art. 2054 c. civ. ([31])  (ma la questione si ricollega alle difficoltà in ordine all’individuazione del fenomeno dell’esercizio rispetto alla navigazione lusoria).

 

5. Forma e conclusione del contratto

Ai fini dell’applicazione delle norme del codice della navigazione, le imbarcazioni da diporto sono equiparate alle navi ed ai galleggianti di stazza lorda non superiore alle dieci tonnellate, se a propulsione meccanica, ed alle venticinque tonnellate, in ogni altro caso, anche se l’imbarcazione supera detta stazza, fino al limite di ventiquattro metri: il codice della navigazione che pure richiede per locazione e noleggio la forma scritta (soltanto ad probationem) agli artt. 377 e 385,  prevede per entrambi i contratti in questione una deroga rispetto a tali navi ([32]). Tuttavia, con disposizione evidentemente finalizzata a ragioni di carattere fiscale, ma in generale non coerente con la ricordata generale equiparazione delle imbarcazioni da diporto alle «navi ed ai galleggianti di stazza lorda non superiore alle dieci tonnellate, se a propulsione meccanica, ed alle venticinque tonnellate, in ogni altro caso», l’art. 42, comma 3, del codice della nautica da diporto impone la forma scritta a pena di nullità per le locazioni di imbarcazioni e navi da diporto ([33]) e richiede (con norma che non rileva evidentemente sulla validità della formazione del vincolo contrattuale) la presenza a bordo dell’originale del documento o di una sua copia conforme (previsione estesa alla sublocazione dal comma successivo).

Le ricordate previsioni in tema di forma non ostano di per loro alla conclusione del contratto per via telematica, quantomeno nella misura in cui le parti contraenti ricorrano alla firma qualificata ai sensi dell'art. 11, comma 1, del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, fermo restando che, come avverte il successivo comma 2 del medesimo articolo, dovrà farsi applicazione delle disposizioni in materia di contratti negoziati al di fuori dei locali commerciali ([34]). Dovranno peraltro essere rispettate le disposizioni in tema di contratti a distanza ([35]) e le prescrizioni in tema di commercio elettronico di cui al d. lgs. 9 aprile 2003, n. 70 ([36]). Va, peraltro, avvertito che sembra ricorrere una delle ipotesi di esclusione del diritto di recesso previsto dalla disciplina dei contratti a distanza, trattandosi di «ai contratti di fornitura di servizi relativi …. ai trasporti, …  al tempo libero, quando all’atto della conclusione del contratto il professionista si impegna a fornire tali prestazioni ad una data determinata o in un periodo prestabilito» ([37]).

Né l'aventuale conclusione del contratto a mezzo telematico osta a che poi possa essere formata una copia cartacea conforme, per soddisfare la previsione della presenza a bordo del documento.

 

6. Margine per l'applicazione residuale della disciplina della locazione nel codice della navigazione

Superato in astratto il problema dell'applicabilità in via residuale della disciplina del contratto di locazione nel codice della navigazione, deve tuttavia constatarsi che il margine che operare in tal senso non è particolarmente ampio. La disciplina di tale contratto nel codice del 1942 si risolve in otto articoli, dall'art. 376 all'art. 383 compreso.

L'art. 376 c. nav. detta la definizione di «locazione di nave», che, però, nel diporto è oggetto della menzionata specifica previsione nell'art. 42, comma 1 e comma 2, cod. dip.

L'art. 377 c. nav. riguarda la forma del contratto, ed è derogato, come si è visto, dall'art. 42, comma 3, che prevede la forma scritta a pena di nullità per imbarcazioni e navi da diporto.

L'art. 378 c. nav. riguarda la sublocazione e la cessione del contratto: nel codice del diporto è disciplinata solo la forma di tali negozi (che deve essere la medesima del contratto di locazione, ai sensi dell'art. 42, comma 4. Nella misura in cui non si ritenga il divieto di sublocazione e di cessione non autorizzata dal locatore una conseguenza dell'obbligo del conduttore di «l'unità da diporto secondo le caratteristiche tecniche risultanti dalla licenza di navigazione e in conformità alle finalità di diporto», sarebbe da applicarsi il corrispondente divieto dell'art. 381 c. nav., che, peraltro, contempla in generale l'obbligo del conduttore di utilizzare la nave «in conformità dell'impiego convenuto».

L'art. 379 c. nav. prevede gli obblighi del locatore in maniera speculare rispetto all'art. 45 cod. dip.; in più, rispetto a quest'ultima norma afferma l'obbligo del locatore di «provvedere a tutte le riparazioni dovute a forza maggiore o a logorio per l'uso normale della nave secondo l'impiego convenuto», disposizione che sembra applicabile al diporto, così come la quella dell'art. 380 c. nav., in tema di responsabilità del locatore per difetto di navigabilità (salvo il caso del vizio occulto non accertabile con la normale diligenza).

La disciplina della scadenza del contratto, di cui all'art. 382 c. nav., e quella della prescrizione, trovano due norme speculari negli artt. 43 e 44 cod. dip. Deve segnalarsi come il principio delll’art. 382 c. nav. sia stato ritenuto lontano dalla prevalente prassi commerciale dei contratti del settore mercantile, che prevede criteri più favorevoli al conduttore ([38]).

È da dire, però, che la tendenziale limitata durata temporale delle locazioni delle unità da diporto rende però verosimilmente ragionevole in tali rapporti il criterio della maggiorazione del nolo nella misura del doppio, più di quanto non lo sia nella navigazione commerciale tradizionale.



* Lo scritto riproduce il testo della relazione svolta al convegno “Il codice della nautica da diporto”, svoltosi presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi “Magna Græcia” di Catanzaro nei giorni 9-10 giugno 2006.

**Ordinario di diritto della navigazione presso l'Università degli studi di Sassari.

[1] Su tale prospettiva, M. Grigoli, La disciplina del diporto e turismo nautico, Bari, 2005, 223 ss.; con riferimento alla l. 172 del 2003, v. A. Antonini, Riflessioni sulla navigazione da diporto, in Dir. mar., 2005, 663, 664;  E. Romagnoli, Il regime giuridico del diporto nautico alla luce dei recenti mutamenti normativi operati dalla l. 172/03, in Dir. mar., 2003, 1522, 1525;  cfr. R. Abbate, Alcune osservazioni sulla legge 8 luglio 2003, n. 172, “disposizioni per il riordino ed il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico”, in Dir. mar., 2004, 1130, 1133.

[2] E su questo punto sono confortato dalla riserve a suo tempo espresse da G. Camarda, Brevi note sui danni del trasportato di cortesia nell'unità da diporto, in Dir. trasp., 2004, 751, 752. Vale il suo avvertimento (ibidem), secondo cui tale impostazione del legislatore poteva «essere criticata ma non ignorata, sia perché investe quei principi generali che la legge sul diporto aveva semplicemente codificato (non creato ex novo), sia perché continuo a credere che le leggi non siano grida di manzoniana memoria».

[3] Cfr. M. Grigoli, La disciplina del diporto e turismo nautico, cit., 21. Rispetto alla disciplina previgente della l. 11 febbraio 1971, n. 50, cfr. G. Camarda, La responsabilità per danni a terzi nel corso dell’attività nautica ricreativa e sportiva, in atti del Convegno di Trieste del 27 marzo 1998, a cura di Antonini e Morandi, Milano, 1999, 87, 89; E. Fanara, La disciplina della navigazione da diporto e la riforma del codice della navigazione, in Dir. trasp., I-1989, 99, 101; D. Gaeta, L'ordinamento della navigazione da diporto, in Riv. dir. nav., 1972, I, 21, 26 ss.; Id., Il nuovo ordinamento della navigazione da diporto, cit., 347; M. Grigoli, La disciplina della nautica da diporto fra specialità e  particolarismo, in Riv. dir. comm., 1999, 453, 455; A. Lefebvre d’Ovidio - G. Pescatore – L. Tullio, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2004, 220; G. Pescatore, G. Pescatore, Codice della navigazione e disciplina speciale del diporto, in Scritti in onore di Salvatore Pugliatti, II, Milano, 1978, 773, 780. D’altra parte, la medesima impostazione era stata seguita anche nell’ultimo tentativo di riforma organica dell’intero codice della navigazione, di cui allo Schema del disegno di legge delega, con relazione illustrativa, predisposto dalla I Commissione presieduta dal prof. Gabriele Pescatore, consegnato il 2 luglio 1986, e leggibile in varie riviste giuridiche, fra cui Trasp., 39/1986, 100: cfr., in particolare, art. 6, § 23.

[4] Sulla base di tale disciplina, si era posto in dubbio che l'unità impiegata in contratti di utilizzazione a fine di lucro potesse essere considerata da diporto: v. F. Berlingieri, Impiego di unità da diporto a scopo di lucro, in Dir. mar., 1981, 13. Nel senso, tuttavia, dell'applicabilità della disciplina dei contratti di utilizzazione alle unità da diporto, v. G. Pescatore, Codice della navigazione e disciplina speciale del diporto, cit., 791. Secondo D. Gaeta, Il nuovo ordinamento della navigazione da diporto, in Dir. mar., 1992, 339, 372 nella legge speciale sulla nautica da diporto (al cui testo originario l'A. in questione si riferiva) non sarebbe esistito «alcun divieto di locare o noleggiare le unità da diporto».

[5] Deroga di cui, secondo D. Gaeta, Il nuovo ordinamento della navigazione da diporto, cit. (tenuto conto dei presupposti precisati nella nota precedente), 372, non vi sarebbe stata peraltro necessità; conf. A. Antonini, Profili privatistici della navigazione da diporto, ne Il cinquantenario del codice della navigazione, a cura di L. Tullio e M. Deiana, Cagliari, 1993, 125, 127. Che la possibilità di farne oggetto di contratti di utilizzazione non potesse ritenersi esclusa (nonostante la formulazione dell’art. 15 della l. 5 maggio 1989, n. 171, che si riferiva solo ad imbarcazioni e natanti) è sembrato pacifico: A. Antonini, Rilievi critici sulla nuova disciplina della nautica da diporto, in Dir. mar., 1991, 181, 183.

[6] Cfr. in proposito M. Grigoli, In merito alla locazione ed al noleggio delle imbarcazioni e dei natanti da diporto, in Giust. civ., 1990, II, 75 (in senso critico rispetto alla previsione dell’ammissibilità di locazione e noleggio di unità da diporto, introdotta dalla l. 5 maggio 1989, n. 171); Id., Notazioni negative e positive sul regolamento recante norme per l’esercizio della locazione e del noleggio delle unità da diporto, ivi, 1995, II, 581; M. Riguzzi, La locazione e il noleggio di unità da diporto, ne La navigazione da diporto, atti del Convegno di Trieste del 27 marzo 1998, a cura di Antonini e Morandi, Milano, 1999, 69. In particolare, rilevava la tendenziale assenza di una disciplina specifica dei rapporti interprivati interessati da tali contratti A. Antonini, Rilievi critici sulla nuova disciplina della nautica da diporto, cit., 181.

[7] A. Antonini, Rilievi critici sulla nuova disciplina della nautica da diporto, cit, 186; Id., Profili privatistici della navigazione da diporto, cit. 126 (con riferimento ad uno schema di regolamento nella cui scia si è poi inserito il provvedimento ministeriale); M. Riguzzi, La locazione e il noleggio di unità da diporto, cit., 72; A. Flamini, I contratti di utilizzazione dei veicoli, Napoli, 2003, 122,  sub nota 270.

[8] Il decreto legge in questione era intestato «disposizioni urgenti per i settori portuale, marittimo, nonché interventi per assicurare taluni collegamenti aerei».

[9] Peraltro, l'art. 3 della medesima legge (segnando un ulteriore progresso per quella che potremmo definire la commercializzazione dell'impiego delle unità da diporto) ha previsto la possibilità di iscrivere nel registro internazionale di cui al d.l. 30 dicembre 1997, n. 457, come convertito dalla l. 27 febbraio 1998, n. 30 (su cui v. in generale F. Berlingieri, Istituzione del registro internazionale e nuove norme in tema di requisiti di nazionalità e dismissione della bandiera, in Dir. mar., 1998, 529), e successive modificazioni, le navi le navi con scafo di lunghezza superiore a 24 metri e comunque di stazza lorda non superiore alle 1.000 tonnellate, adibite in navigazione internazionale esclusivamente al noleggio per finalità turistiche. Particolarmente significativo sembra il fatto che, ai sensi del comma 5, tali unità non sono assoggettate alla limitazione concernente i servizi di cabotaggio disposta dall'art. 1, comma 5, del d.l. 30 dicembre 1997, n. 457 (sulla disposizione specifica, cfr. E. Romagnoli, La disciplina delle navi da diporto iscritte nel registro internazionale per essere destinate al noleggio per finalità turistiche e le modifiche operate alla legge 349/91 in tema di parchi marini. Esame di alcune novità introdotte dalla l. 172/03, in Dir. mar., 2005, 680).

[10] Pubblicato sulla G. U. del 31 agosto 2005, n. 202.

[11] L'art. 5, comma 1, del d.m. (trasporti e navigazione) 21 luglio 1994, n. 731, cit., disponeva che ditte e le società ammesse ad operare nel settore potessero utilizzare per la locazione ed il noleggio soltanto le unità da diporto iscritte nei registri (R.U.D.L.N.), istituiti ai sensi del comma 2 dell'art. 15 della legge n. 171/1988, presso le autorità marittime e della navigazione interna. L'ultima parte aggiungeva il principio dell'esclusività dell'impiego di tali unità.

[12] Ma v. anche d.m. (trasporti e navigazione) 21 luglio 1994, n. 731, cit., art. 1, comma 2.

[13] La previsione appare coerente con il ruolo degli enti locali nel turismo, come affermato dalla  legge-quadro sul settore, 29 marzo 2001, n. 135, all'art. 2.

[14] Sulla problematica, v. in generale M. Grigoli, La disciplina del diporto e turismo nautico, Bari, 2005, 223 ss.

[15] Il regolamento dei titoli professionali per la nautica da diporto è oggi dettato dal d.m. 10 maggio 2005, n. 121. L’art. 14 di tale d.m. fa salva la valità dei titoli di conduttore di imbarcazioni da diporto adibite al noleggio, conseguiti sulla base della disciplina dell’art. 10 del d.l. 21 ottobre 1996, n. 535. 

[16] E su tale presupposto si è esattamente ritenuta l’applicabilità dell’art. 1588 c. civ., in tema di danni cagionati al bene locato, durante la sua detenzione da parte del conduttore: M. Riguzzi, La locazione e il noleggio di unità da diporto, cit., 83.

[17] Nella breve nota di commento alla l. 8 luglio 2003, n. 17, F.A. Querci, in Trasp., 89/2003, 157, esclude che con l’intervento normativo in questione si sia operato nel senso di dare autonomia alla nautica da diporto, in quanto il legislatore avrebbe “finito, in estrema istanza, per imbrogliare vieppiù la matassa, risoltasi in una ridda … di definizioni fini a se stesse” (ivi, 158). Né sembra individuare una cesura con il diritto della navigazione M. Grigoli, Diporto e turismo nautico, Padova, 2004,  79 ss. Tuttavia, sulla base della delega al Governo per l'emanazione del codice sulla nautica da diporto contenuta nell’art. 6 della menzionata l. 8 luglio 2003, n. 172, si è argomentato che vi sarebbe ormai una “scissione” fra le due normative (quella del codice della navigazione e quella sulla nautica da diporto): v. A. Picciotto, La responsabilità nella conduzione di unità da diporto, in Dir. mar., 2004, 26, 28.

[18] Previsione che sarebbe stata giustificata dalla ritenuta sufficienza della copertura assicurativa obbligatoria ad ovviare alle conseguenze della mancata estensione del regime di limitazione: così E. Fanara, La disciplina della navigazione da diporto e la riforma del codice della navigazione, cit., 105.

[19] D. Gaeta, L’impresa di navigazione, in Dir. mar., 1981, 511, 526, pur partendo dall'(esatta) premessa che l'esercizio sarebbe di per sé riscontrabile, a prescindere dall'aspetto dimensionale e, quindi, anche rispetto ad una «modesta imbarcazione a remi o a vela» (ivi, 525), perviene alla considerazione che il detto art. 46 della l. 11 febbraio 1971, n. 50 «verrebbe ad escludere la presenza» dell'armatore nel diporto. A tale conclusione si affianca la considerazione (ibidem) che si tratterebbe «di quelle costruzioni di dimensioni ridotte destinate al diporto, che navigano per conto proprio (per diletto) dello stesso conducente, sì da rendere superflua la normativa che presuppone la scissione tra la figura dell'armatore e quella del comandante o conducente». È appena il caso di avvertire che il quadro normativo su cui si basava tale ragionamento è stato ormai sovvertito con la ricordata introduzione della possibilità di una utilizzazione non in proprio dell'unità da diporto, attraverso la previsione, appunto, della locazione, già con la ricordata previsione di cui all'art. 15, comma 1, della l. 5 maggio 1989, n. 171.

[20] M. Grigoli, La disciplina del diporto, cit., 178;  G. Righetti, Trattato di diritto marittimo, II, Milano, 1990, 303.  Contra: M. M. Comenale Pinto – G. Romanelli, Impresa di navigazione, in Enc. dir., Aggiornamento, VI Milano, 2002, 494, 498 s.

[21] G. Righetti, Trattato di diritto marittimo, II, cit., 303. Contra: G. Pescatore, Codice della navigazione e disciplina speciale del diporto, cit., 791.

[22] V., nell'ampia letteratura sul punto, G. Romanelli, La locazione di nave e di aeromobile, Milano, 1965,  174; G. Righetti, Trattato di diritto marittimo, II, Milano, 1990, 302; L. Tullio, I contratti di charter party – Funzione e natura, Padova, 1981, 199.

[23] G. Pescatore, Codice della navigazione e disciplina speciale del diporto nautico, 790; C. Angelone, Il nuovo regime giuridico della navigazione da diporto, Milano, s.d. (ma 1987), 9. V. tuttavia in senso diverso (con riferimento al comodato di unità da diporto) E. Spasiano, I contratti di utilizzazione della nave: note per la revisione della disciplina attuale, in Giur. it., 1977, IV, 49, 51.

[24] Esattamente l’art. 46 della l. 11 febbraio 1971, n. 50 è stato indicato come norma volta introdurre null’altro che un regime amministrativo più snello, in ragione delle ridotte dimensioni del mezzo: C. Angelone, Il nuovo regime giuridico, cit., 12.  

[25] Sul sistema della convenzione CLC 1969, v. G. Camarda, Convenzione “Salvage 1989” e ambiente marino, Milano, 1992, 59; M. M. Comenale Pinto, La responsabilità per inquinamento da idrocarburi nel sistema della C.L.C. 1969, Padova, 1993; M. Grigoli, Il problema della sicurezza nella sfera nautica, II, Milano, 1990, 444 ss.

[26] Rimedio legislativo di dubbia opportunità rispetto ai (non condivisibili) dubbi a suo tempo proposti (con riferimento fra l'altro all'impiego di aeromobile da parte di socio di aeroclub) da una parte della dottrina (cfr. M. Grigoli, La nautica da diporto. Analisi e risposte normative, Bologna, 1997, 144; Id., Diporto e turismo nautico, Padova, 2004, 134; G. Righetti, Trattato di diritto marittimo, I, Milano, 1987, 1469) circa l'assumibilità dell'esercizio per periodi brevi o brevissimi. Nell'ottica che sembra preferibile, v. invece: G. Romanelli, I danni da aeromobile sulla superficie, Milano, 1970, 105. V. anche E. Fanara, Le assicurazioni aeronautiche, I, Reggio Calabria, 1976, 442; Id., La disciplina della navigazione da diporto e la riforma del codice della navigazione, in Dir. trasp., I-1989, 100, 107.

[27] Cfr. il recente formulario ISYBA – YLoc. Ed. 2005.

[28] Si tratta di un’impostazione certamente divergente rispetto alla pur non condivisibile lettura  (su cui A. Scialoja, Corso di diritto della navigazione, I, Roma, 1943, 343 s.) del ruolo del contratto di locazione di nave (armata ed equipaggiata) nel codice della navigazione all’impresa di armamento, così come il noleggio sarebbe collegato all’impresa di navigazione ed il trasporto all’impresa di trasporto (contra: M. M. Comenale Pinto – G. Romanelli, Impresa di navigazione,  cit., 497, sub nota 23.

[29] G. Romanelli, La locazione, cit., 194 ss.; G. Ferrarini, La locazione finanziaria di nave e di aeromobile, cit., 52.

[30] Cfr. G. Romanelli – G. Silingardi, Locazione, III, Locazione di nave e di aeromobile, in Enc. Giur., XIX, Roma, 1990, 2.. Sull’art. 644, comma 2, c. nav., che. consente l’esecuzione sull’intera nave in un procedimento contro il debitore caratista maggioritario, v. C. Lobietti, Note sul sequestro e l’espropriazione forzata di carati di nave , in Dir. mar., 2003, 715, 719.

[31] Sul punto, v. in generale G. Camarda, La responsabilità per danni a terzi, cit., 112 ss.

[32] E, d’altronde, la norma dello stesso codice, che pur richiede in via di principio la forma scritta ad substantiam per gli atti relativi alla proprietà delle navi (art. 249 c. nav.) non è  stata ritenuta applicabile alla compravendita di una nave di stazza inferiore a dieci tonnellate: Cass., 23 dicembre 1999, n. 14474, in Dir. mar., 2001, 1415, con nota di E. Romagnoli, La compravendita di imbarcazione di stazza lorda inferiore alle 10 tonnellate se a motore, alle 25 in ogni altro caso o da diporto: aspetti civilistici e conseguenze applicative nell’ambito del regime amministrativo delle navi.

[33] Il d.m. (trasporti e navigazione) 21 settembre 1994, n. 731, all'art. 7, per la locazione richiedeva (con disposizione che sembra eccedere l'ambito delle disposizioni regolamentari che avrebbero potuto essere adottate alla stregua dell'art. 15, comma 4, della l. 5 maggio 1989, n. 171), all'art. 1, la forma scritta ad probationem.

[34] Disciplina originariamente introdotta nel nostro ordinamento, in attuazione della direttiva n. 85/577/CEE del Consiglio del 20 dicembre 1985, dal d. lgs. 15 gennaio 1992, n. 50; la materia è oggi disciplinata dal codice del consumo, di cui al d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 45 ss.

[35] Disciplina originariamente introdotta nel nostro ordinamento, in attuazione della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 1997, dal d. lgs. 22 maggio 1999, n. 185; la materia è oggi disciplinata dal codice del consumo, di cui al d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 50 ss.

[36] Adottato in attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno.

[37] Ipotesi di esclusione così formulata dall'art. 55, comma 1, lett. b del codice del consumo. La Corte di giustizia CE, con riferimento all’art. 3, n. 2, della direttiva 97/7/CE  cit.,  ha ritenuto che l'esclusione dall'ambito di applicazione riguardasse anche i contratti di noleggio senza autista, inclusi comunque nella nozione di «contratti di fornitura di servizi relativi ai trasporti»: in tal senso  C. giust. CE 10 marzo 2005, in causa C-336/03.

[38] Nonostante il disposto dell’art. 382 c. nav. abbia ispirato tutti i formulari editi dalla Camera di Commercio di Genova (ed anche nel recente formulario ISYBA – YLoc. Ed. 2005, clausola 6), esso sarebbe non coincidente con la prassi commerciale, in cui prevarrebbero clausole che prevedono conseguenze meno gravose per il conduttore in caso di ritardo alla riconsegna: così il Barecon 2001 prevede un aumento della rata del 10% ovvero il pagamento della rata di mercato (cfr. il commento anonimo in Dir. mar., 2006, 1168-1169). Nell'Italscafo Diporto, alla clausola 12, si prevede che la liquidazione forfettaria nella misura (solo) del doppio del nolo si operi per i soli ritardi che non eccedano le ventiquattro ore; oltre rimarrebbe la possibilità della prova del maggior danno (in effetti anche tale clausola è meno favorevole al conduttore della corrispondente clausola 11 dell'Italscafo per locazione di unità mercantili).

 

Data di pubblicazione: 19 giugno 2006.