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Vol. V/2007

RIVISTA DI DIRITTO DELL’ECONOMIA,

DEI TRASPORTI E DELL’AMBIENTE

 

 

 

La connotazione giuridico–economica dell’Europa comunitaria

 

Teresa Martello*

 

L’Istituzione “Europa comunitaria”: nascita ed evoluzione

Le Istituzioni comunitarie, le Istituzioni nazionali, le Istituzioni internazionali e le relazioni fra loro intercorrenti

a) Segue - L’Unione europea e gli Stati nazionali

b) Segue. L’Unione Europea e le Organizzazioni Internazionali

c) Segue - l’Unione Europea e gli Stati federali

Brevi riflessioni sulle Istituzioni Europee. Premessa: Il metodo comunitario ed il metodo intergovernativo

a) Il Consiglio dell’Unione Europea ed il Consiglio Europeo

b) La Commissione Europea

c) Il Parlamento Europeo

d) Uno sguardo alla Banca Centrale europea

e) gli europartiti

f) Le “Lobbies” o  “Gruppi d’interesse”

 

L’Istituzione “Europa comunitaria”: nascita ed evoluzione

Il complesso di norme che disciplinano i rapporti tra la Comunità Europea (e quindi: le sue Istituzioni), gli Stati membri ed i Singoli identifica la realtà giuridica comunitaria[1] che, per il continuo processo di armonizzazione legislativa degli Stati membri, è pervenuta, in questi ultimi anni, ad una completa omogeneizzazione dei singoli ordinamenti nazionali e ad una serie di regole, di scelte e di mentalità improntate a sinergie sempre più intense ed a rapporti collaborativi sempre più intensi. Intento del presente lavoro non è quello di analizzare la struttura dell’Unione Europea. Sull’argomento esistono interessanti pubblicazioni. E’ peraltro noto che le relazioni tra le Istituzioni europee e le Istituzioni nazionali debbono essere studiate secondo un’ottica improntata alla massima semplificazione essendo impossibile oltre che illogico selezionare ed irregimentare con procedimenti squisitamente e puramente teorici le forme istituzionali esistenti spesso fondate su equilibri precari ed in quanto tali non riconducibili a rigidi schematismi. Questa indagine, di conseguenza, si propone lo studio e l’osservazione dei profondi mutamenti intervenuti, da alcuni anni, nel panorama istituzionale europeo verificando se le singole Istituzioni, a causa della continua trasformazione del diritto comunitario, abbiano meglio tracciata la strada per un progressivo sviluppo economico dell’Europa con modelli e norme quantomeno uniformi per i singoli Stati facenti parte dell’Unione.

La Comunità Europea ha la sua origine in quel movimento che, affermatosi subito dopo il secondo conflitto mondiale, si era proposto l’intenzione di realizzare uno stretto legame fra i paesi ed i popoli europei per la riunificazione del continente, la pace tra le nazione e l’integrazione economica. L’intenzione era quella di prevenire il riprodursi delle stesse situazioni politiche, economiche e militari che avevano portato al disastro bellico. L’Unione europea deve essere intesa come un’unione di cittadini e di Stati. In tali prospettive e con questi intendimenti nascono il Consiglio d’Europa (1949) ed altre organizzazioni regionali europee quali l’Unione europea occidentale e l’Organizzazione per la cooperazione economica europea. L’obbiettivo era quello di originare un organismo federale scaturente dalla volontà cooperativa degli Stati europei che per potere sortire l’effetto voluto avrebbe dovuto concretarsi gradualmente e non ex abrupto attraverso realizzazioni istantanee e traumatiche.

Riedificare giuridicamente l’Europa vuol dire quindi por mano ad una graduale riforma istituzionale e politica incentrata prima sulla costruzione ed integrazione di un mercato comune e poi sulla  unificazione monetaria e sulla comune mobilitazione ed aggregazione nel campo della sicurezza e della difesa. In tale modo si sarebbe determinato un progressivo avvicendamento dell’economia dei Paesi della Comunità con un riflesso quasi automatico sulle politiche economiche nazionali. Ma l’Unione Europea, dalla sua nascita ad oggi, si è andata sempre più trasformando nella sostanza attuando modificazioni nei rapporti intercorrenti fra le Istituzioni comunitarie o fra queste e le Istituzioni nazionali[2] con l’obbiettivo di realizzare l’ampio disegno tendente ad un sistema politico sopranazionale la cui dimensione è quella di uno spazio economico omogeneo, cioè di un’area comprendente l’insieme degli Stati membri e più tecnicamente un’unione ispirata ad un regime libertario per merci, capitali[3], lavoratori e i servizi. Gli Stati membri, in tutti questi anni, hanno partecipato sempre piu’ incisivamente a questo impatto comunitario, teso al raggiungimento dell’obbiettivo della formazione di un mercato unico pur se, inizialmente, frenati dall’abitus mentale, lento da dismettere, di condizionare per ragioni egoistiche interne i modi e i tempi della integrazione del loro ordinamento con quelle del nuovo ordinamento comunitario. Infatti solo ultimamente hanno ricevuto forte impulso e sprone da una seria analisi introspettiva incentrata non solo sul tanto decantato “mercato unico” o sul primato della “concorrenza”, ma anche sulle importanti conseguenze pratiche che la “moneta unica” avrebbe apportato sulla politica e sulla economia reale. D’altro canto le stesse Istituzioni comunitarie si sono sempre interrogate sul loro ruolo ponendosi il dilemma se essere considerate espressione di una mera organizzazione internazionale o piuttosto un quid novi il cui significato politico si poneva nella direzione della evoluzione del sistema giuridico direzione diversificata rispetto a quella di una qualsiasi organizzazione internazionale. La prima conseguenza eclatante sul mercato unico è stata quella di trasferire alcune problematiche nazionali all’Istituzione europea o, usando un’espressione più incisiva, quella di  europeizzare i problemi interni secondo le necessità dei singoli Stati membri. Ciò è avvenuto in parte per forza d’inerzia, cioè per il solo fatto dell’esistenza dell’”europeismo”[4] e quindi come conseguenza di esso, in parte per volontà espressa degli Stati membri che hanno agevolato tale trasferimento al fine di unire e coagulare interessi reputati di matrice transnazionale. Con l’europeizzazione si è quindi venuto a costruire un vero e proprio sistema, unitario, di norme aventi valore cogente. Nel corso del lungo e complesso iter comunitario appare necessario fermarsi a riflettere sullo schema istituzionale di riferimento dell’Unione europea onde meglio riguardarne lo sviluppo istituzionale, le finalità economiche ed i limiti.

Il quadro istituzionale attuale dell’UE è composto dalle seguenti Istituzioni: il Parlamento Europeo, il Consiglio europeo, la Commissione, la Corte di Giustizia e il Tribunale di primo grado e la Corte dei Conti. Operano pure, a livello comunitario, la BCE (Banca Centrale Europea) e la banca europea per gli investimenti (BEI).

E’ di fondamentale importanza analizzare l’ambito relazionale di tali Istituzioni ed i rapporti con le Istituzioni nazionali e i Singoli (individui). In particolare ci si pone subito il quesito se gli equilibri istituzionali contemplati nei Trattati comunitari concretino la effettiva volontà del legislatore comunitario tendenti alla creazione di un mercato comune per lo sviluppo economico dell’Europa unitariamente intesa. Oggi ci troviamo in una fase di transizione riguardo alle originarie Istituzioni comunitarie ed alla nuova “Costituzione Europea”. Indubbiamente parecchio tempo necessiterà ancora per pervenire al perfezionamento sempre più raffinato delle intese sia per quanto attiene l’adeguamento normativo sia per quanto concerne l’individuazione degli strumenti di coinvolgimento (attività politiche, programmi, progetti) delle Istituzioni nazionali e dei Singoli (soggetti) interessati.

L’Atto Unico Europeo (1986) e poi il Trattato di Maastricht (1992) rappresentano le prime riforme di una svolta introspettiva ed esteriorizzata del cammino comunitario così vistosa da catalizzare sempre più l’attenzione dei soggetti europei inducendoli ad emendamenti e miglioramenti dei Trattati[5] successivi a quello costitutivo. L’iniziale progetto era quello di creare una struttura istituzionale, il CED, che disponeva di forza armata europea per la difesa, ovverossia di un esercito comune europeo sotto un comando integrato[6], essendo questa nel momento storico di riferimento, l’esigenza più pressante. Tale iniziativa non fu però portata a compimento perché il CED non ricevette il consenso del Parlamento francese.

Subito dopo si succedettero la CECA, l’URATOM, la CEE: tre organismi comunitari europei con scopi diversi e con distinta personalità giuridica. Esse inserite nello stesso ordinamento comunitario operavano in regime di stretta cooperazione.

La prima ad essere costituita fu la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). Il suo obbiettivo era quello di gestire l’industria del carbone e  dell’acciaio al fine di sottrarre al potere di controllo esclusivo dei singoli Stati l’utilizzo del carbone e dell’acciaio, materia prime per gli armamenti. Il Trattato istitutivo fu firmato a Parigi fra Francia, Germania, Italia e i tre paesi del Benelux,  il 18 aprile 1951 ed entrò in vigore il 25 luglio 1952. La CECA è una istituzione avente struttura e carattere innovativi. Si tratta, infatti, di una organizzazione con ampia competenza funzionale, tendente ad un’integrazione completa settore per settore e quindi in controtendenza con lo steoreotipo ipotizzato dai sostenitori delle teorie “costituzionalistiche” improntati alla  creazione di organi aventi una competenza generale di natura politica. Con la  CECA ogni Stato europeo aveva potuto percepire e toccare con mano, nel settore del carbone e dell’acciaio, i  vantaggi di un mercato unico ispirato alla libera circolazione delle merci, così come avveniva all’interno di un singolo paese. Indubbiamente l’esistenza di un mercato unico esteso a tutte le aree economiche all’intero territorio degli Stati membri portava maggiore ricchezza e stabilità economica di quanto ne portasse la gestione “in economia” di ciascun paese nel limitato ambito nazionale.

Tale esperienza indusse gli stessi sei paesi fondatori della CECA cinque anni dopo a firmare a Roma il 25 marzo 1957 i Trattati istitutivi di altre due Istituzioni europee,  l’EURATOM e la CEE. Con l’istituzione della CEE gli Stati europei si proposero l’ambizioso obbiettivo di rimuovere le barriere commerciali esistenti fra gli Stati per dare vita ad uno spazio economico dove le merci, le persone, i servizi ed i capitali potessero circolare liberamente in regime concorrenziale teso a conseguire l’intero sviluppo economico all’uopo di coniugare felicemente le esigenze di crescita dell’economica nazionale e di quello comunitario ed il miglioramento della qualità della vita dei singoli individui. Le finalità erano: l’eliminazione dei dazi doganali fra gli Stati membri; l’introduzione di una tariffa doganale esterna comune; l’introduzione di politiche comuni nel settore dell’agricoltura e dei trasporti; la creazione di un Fondo Sociale Europeo; l’istituzione della Banca Europea degli Investimenti; lo sviluppo della cooperazione fra gli Stati membri.

Il giorno 8 aprile 1965 è entrato in vigore il Trattato sulla fusione degli esecutivi delle tre organizzazioni europee le quali pur avendo ciascuna, personalità giuridica distinta e distinte specifiche competenze dettate dai Trattati istitutivi, sono rette dagli stessi organi[7] i quali non hanno più quindi una competenza settoriale bensì una competenza generale. Ma l’integrazione economica fra gli Stati membri è andata a rilento. Ciò è dovuto a cause fisiologiche e non patologiche: è caratteristica di ogni integrazione il processo di attuazione lento. Si giunge così al 1985 anno in cui la Commissione CEE ha pubblicato il c.d. “libro bianco” con il quale si analizzavano gli elementi che rallentavano e bloccavano l’obbiettivo della formazione di un unico mercato europeo e si studiavano i rimedi per eliminarli. Le barriere ostative sono fisiche, tecniche e fiscali[8].

Nella riunione tenutasi a Milano, nel giugno del 1985, per l’ingresso di Spagna e Portogallo nella Comunità Europea fu deliberata la costituzione di una conferenza intergovernativa per studiare le modifiche da apportare ai Trattati per velocizzare i tempi di formazione dell’Unione europea. Il 17 febbraio 1986, all’Aja, fu firmato un pacchetto di modifiche dei Trattati su menzionati definito “Atto Unico Europeo”.

L’Atto Unico Europeo rappresenta il punto di partenza e di arrivo dell’Unione europea in quanto ha fornito la prima risposta normativa ad un mercato comune ed ha offerto la base indispensabile per la ricerca degli interventi più appropriati per  la formazione del suddetto mercato comune. Si afferma il principio della libera prestazione di servizi della libertà di stabilimento. Si realizzano così le riforme per migliorare il mercato europeo e renderlo sempre più attuale e competitivo su base internazionale. Infatti dopo pochi anni i rappresentanti degli Stati membri si riuniscono prima a Maastricht e poi ad Amsterdam e discutono su nuove formule di condotta più spedite e più idonee alla situazione economica del momento, le elaborano e le rendono vincolanti per gli Stati membri tramite le inserzioni dei testi nei “Trattati”.

Nascono: il Trattato sull’Unione Europea, il Trattato di Amsterdam ed il Trattato di Nizza.

Il Trattato sull’Unione Europea[9], meglio noto come Trattato di Maastricht, è stato firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed è entrato in vigore il 1 novembre 1993 (12 sono gli Stati europei che ad esso aderiscono). Questo Trattato, che ha inciso sensibilmente sull’Unione Europea, è il risultato di una conferenza intergovernativa avente ad oggetto l’unione politica, economica e monetaria ove si è discusse le problematiche di rafforzamento delle politiche esistenti e l’individuazione di nuove forme di cooperazione. Vengono introdotti i cosiddetti tre pilastri dell’UE:

1) La “Comunità Europea” che riunisce tutti i Trattati precedenti.

2) La politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la politica estera di

sicurezza e difesa (PESD).

3) La cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.

Da esso scaturisce la competenza dell’Unione Europea anche su materie direttamente correlate ai mercati interni quali: l’ambiente, i consumatori, e le grandi infrastrutture.

Ha esteso contemporaneamente l’azione politica su materie diverse quali: la politica estera, la sicurezza comune, la cooperazione nella giustizia e negli affari interni.

Il Trattato di Maastricht non indica un nuovo modo di intendere o di realizzare l’Unione Europea ma pone in risalto e regolamenta i bisogni degli Stati membri e dei cittadini in aderenza al suo continuo e progressivo sviluppo. Si tende adesso a una Comunità dinamica che si allarga e si estende a settori che si intrecciano con l’economia, anche se trasversalmente e che potrebbero nel futuro essere determinanti per l’integrazione fra gli Stati. Con il Trattato sull’Unione Europea si modificano completamente i Trattati esistenti, si gettano le basi per una politica di difesa e di sicurezza comune e si attua una cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. L’espressione “Comunità Economica Europea” diventa obsoleta e superata. Si usa ora una espressione più significativa: “Comunità Europea”, non perché l’attributo  “economica” sia ormai privo di significato, ma in quanto si vuole evidenziare l’intento di non più settorizzare tale Istituzione ed invece avvicinarla totalmente alle esigenze dei cittadini instaurando una completa solidarietà fra i popoli.  Si parla di una nuova cittadinanza: “cittadinanza dell’unione” o “cittadinanza europea” quasi a sottolineare l’esistenza di uno status giuridico tipico di tutti i cittadini degli Stati membri. L’Unione Europea allora nella sua progressiva metamorfosi ed evoluzione viene a coinvolgere non soltanto gli aspetti economici degli Stati Membri ma tutti i settori ove pulsa la vita dei cittadini europei. Nei primi dodici anni dall’emanazione del Trattato di Maastricht, per la realizzazione completa di un mercato comune proteso allo sviluppo economico di ogni Stato membro, la Comunità Europea ha indirizzato la sua attività all’attuazione dei seguenti obbiettivi: libera circolazione di mezzi, di capitali, di servizi e di persone; imposizione di regole agli Stati membri con controllo degli aiuti da questi elargiti attraverso i fondi pubblici; proibizione alle imprese di imporre intese restrittive della concorrenza e abusi di posizione dominante.

Il primo luglio 1968 è entrate in vigore la tariffa doganale unica nel settore industriale. Sono state individuate nuove materia di competenza dell’Unione riservandone la regolamentazione al legislatore comunitario. A titolo semplificativo possono citarsi: la protezione della salute, la regolamentazione della concorrenza e delle regole antitrust, la tutela dei  consumatori, della cultura, dell’industria, del turismo, della ricerca e dello sviluppo tecnologico, dell’ambiente, ecc. Novità molto importante è poi la messa a punto di un progetto di integrazione monetaria avente lo scopo di creare una moneta europea da contrapporre al dollaro e allo yen e di rendere stabili i cambi combattendo la politica delle svalutazioni. Lo stesso Trattato di Maastricht prevedeva di essere rivisitato se fossero risultate inadeguate nel tempo le politiche da esso regolate. Venne istituto così un “Gruppo di riflessione” avente l’incarico di formulare proposte per la conferenza intergovernativa i cui lavori furono approvati dal Consiglio europeo di Amsterdam i giorni 16 e 17 luglio 1997 sostanziandosi nell’accordo su un nuovo Trattato.

Al riguardo, ad Amsterdam, nel 1996, si tenne una conferenza intergovernativa scaturente alla formulazione del c.d. Trattato di Amsterdam firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il primo maggio 1999. Il suddetto Trattato è stato oggetto di rilievi perché ritenuto manchevole di spinte propulsive nella direzione del processo di integrazione. In effetti esso ha meno pregnanza del precedente sulla strada delle  modifiche adottate. Contiene una nuova numerazione degli articoli del precedente Trattato CE, armonizza le varie disposizioni e istituisce una nuova norma, quella sulla “cooperazione rafforzata”. Tale norma consente agli Stati membri che lo vogliano una cooperazione riservata anche solo ad alcuni di essi purché tale cooperazione non confligga contro gli interessi della Comunità. E’ indubbio che tale cooperazione rafforzata ha una funzione tendente ad evitare un processo di stallo nel sistema di integrazione. L’obbiettivo principale del Trattato di Amsterdam è quello di creare le condizioni politiche ed istituzionali necessarie per permettere all’UE di affondare le sfide del futuro nelle migliori condizioni:

E per ultimo, in ordine di tempo, il Trattato di Nizza del 2003.

La successione nel tempo dei menzionati Trattati dimostra come sia avvenuta una vistosa svolta nel cammino comunitario. Indubbiamente questi Trattati si pongono come guida per lo sviluppo economico onde unire in uno sforzo sinergico e sincronico tutti gli Stati membri della Comunità europea al fine del raggiungimento di un mercato comune, competitivo su base internazionale indubbio fattore di sviluppo degli Stati Europei. Proprio sulla base di questa certezza l’Unione Europea, dalla sua nascita ad oggi, si è andata trasformando attuando la modifica dei rapporti esistenti fra le Istituzioni comunitarie e/o fra queste e le Istituzioni nazionali proponendosi di creare un sistema politico sopranazionale teso alla formazione di uno spazio economico territoriale ove prodotti, merci e beni possono essere commercializzati senza barriere fra gli Stati e senza alcuna forma di ostacolo doganale. Spazio ove anche i lavoratori dipendenti, quelli autonomi, i professionisti e le persone giuridiche possono circolare senza alcuna remora ed esercitare la propria attività in qualunque Paese membro perché mercato comune di tutto il territorio dei Paesi membri.

Ma la riforma delle Istituzioni ha trovato il suo completamento nella nuova Carta Costituzionale dell’Unione Europea, la “Costituzione Economica Europea”: concepita e formulata per attribuire all’Unione maggiori poteri di azione attraverso la predisposizione di nuove regole giuridiche[10].

La Costituzione europea si realizza in tre tappe fondamentali:

a)    l’anno 1958, in cui il legislatore comunitario si concentra sulla realizzazione del mercato comune;

b)    l’anno 1986, in cui viene superata la tendenza regressiva dell’integrazione dovuta alla crisi del sistema monetario internazionale degli anni ’70 mediante l’istituzione del sistema monetario europeo (SME) e la liberalizzazione del settore dei servizi e dei movimenti dei capitali;

c)     l’anno 1992, nel quale viene completata l’unificazione monetaria ed la fase di coordinamento delle politiche dei bilanci.

Indubbiamente la Costituzione europea, secondo la sua formulazione si pone come innovativa più all’aspetto istituzionale che a quello in materia economica e ciò in quanto il settore economico ( i cui profili sono contenuti nella prima parte), per sua stessa natura, non può essere inscatolato in rigide regole ma deve offrire spazio sopratutto ad una seria ed efficiente  programmazione libera da lacci e prescrizioni puntuali. Con la Costituzione europea i diversi Trattati verranno ricondotti ad unico testo suddiviso da quattro parti. La prima di carattere generale, la seconda costituita da articoli che riproducono la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, la terza disciplina le politiche ed il funzionamento dell’UE e nella quarta parte ci sono disposizioni generali e finali. La Costituzione Europea deve avere funzione stabilizzatrice dell’attuale realtà europea, ancora in fermento e foriera di nuovi e molteplici interessi, economici e non, che coinvolgono gli Stati membri e tuttavia non tesa nell’immediato ad ulteriori sconvolgimenti istituzionali e programmatici.

In ogni caso è certo che la conoscenza approfondita della natura dell’Unione Europea di oggi è indispensabile per accedere ad una migliore comprensione degli strumenti, giuridici e politici, che regolandola possono adeguatamente assicurare la sua evoluzione continua ed in concreto intervenire sulle realtà politiche, sociali ed economiche degli Stati membri al fine di destinarle al raggiungimento del “mercato unico”. Siffattamente sono spiegabili le varie scansioni temporali con le quali si è attuato il procedimento d’elaborazione delle norme comunitarie che hanno condotto all’evoluzione degli assetti istituzionali. In tale direzione sono state individuate ed andranno preparate soluzioni giuridiche sempre nuove e aderenti ai mutamenti politici ed economici di ogni determinato periodo storico.

 

Le Istituzioni comunitarie, le Istituzioni nazionali, le Istituzioni Internazionali e le relazioni fra loro intercorrenti

La struttura dell’Unione Europea è caratterizzata da variegati aspetti, problematiche, atteggiamenti, esigenze, caratteristiche e orientamenti che sono peraltro tipici di ogni sistema politico. Si tratta del “Sistema Politico Comunitario”: trattasi di un sistema di competenze radicate in capo alle Istituzioni coinvolte nella realizzazione dello sviluppo economico.

La detta struttura da luogo ad un’originale costruzione giuridico istituzionale che si differenzia da precedenti strumenti originanti accordi economici, in quanto determina la nascita di un nuovo autonomo ordinamento giuridico dotato di  proprie Istituzioni: il Consiglio cui è assegnata la funzione di produrre norme giuridiche; la Commissione cui compete l’applicazione delle norme; la Corte di Giustizia della Comunità[11] cui spetta il compito di assicurare il rispetto delle stesse norme.

Essa può definirsi Comunità di diritto fondata sui principi fissati dai Trattati e il cui ordinamento è autonomo e sovrano con proprie competenze necessariamente integrate con quello dei singoli Stati membri. Chiaramente per la sua formazione emerge la centralità del ruolo ascrivibile agli accordi fra i governi nazionali i quali esprimono una comune volontà di adottare politiche di sviluppo economico.

Ecco perché l’Unione Europea non è e non può essere ricondotta ad una organizzazione tipica di un qualsiasi stato nazionale.  In proposito si parla spesso di “intergovernativismo”. Ed è proprio l’assenza degli attributi propri di qualsiasi stato nazionale che le conferisce una sua particolare identità ponendola in una situazione assai diversa degli Stati membri che ne fanno parte[12].

Né l’Unione Europea può essere assimilata ad una qualsiasi altra organizzazione internazionale. Infatti, ove si esamini, nei dettagli, l’essenza dell’Unione Europea, emergono le caratteristiche di un sistema politico, sui generis, ed elementi di originalità e specificità non riconducibile ad Istituzioni nazionali né ad Organizzazioni internazionali. Va inoltre sottolineata la volontà degli Stati membri di creare una serie di regole comuni per tutti i cittadini della Comunità.

 

a) Segue - L’Unione europea e gli Stati nazionali

Puntualizzando quanto fino ad ora esposto è da rilevare che negli Stati membri sono ravvisati sempre più elementi di impronta comunitaria comportanti il continuo superamento delle norme nazionali che vengono adattate alle regole del diritto comunitario attraverso l’attività d’interpretazione svolta dalla dottrina e dagli stessi ordinamenti giurisdizionali nazionali.

La supremazia che l’Unione Europea, nell’integrazione dell’ordinamento comunitario con le normative degli Stati membri, ha per effetto del riconoscimento del primato del diritto comunitario su quello nazionale e per l’efficacia immediata delle norme comunitarie all’interno dei singoli Stati senza la necessità di un esplicito riconoscimento ha come conseguenza che gli atti giuridici delle Istituzioni comunitarie dispiegano effetti modificatrici e/o innovativi sul diritto nazionale.

Ciò però non determina una sostanziale posizione di superiorità dell’Unione Europea sull’organizzazione statale. Innanzitutto la cosiddetta forza innovativa del diritto comunitario è abbastanza contenuta. Nella prima applicazione del Trattato si è inteso costruire un mercato comune delle merci fra tutti gli Stati aderenti alla Comunità.

Quindi trattasi di un’innovazione di mero contenuto quantitativo perché la novità consiste solo nell’ampliamento territoriale del mercato. La conseguenza del suddetto ampliamento territoriale offre un concreto vantaggio sul piano economico e, di questo, beneficiano tutti gli Stati membri[13]. Che l’Istituzione europea non abbia una supremazia organizzativa rispetto alle organizzazioni statuali è dimostrato dai seguenti elementi:

  • Ad essa mancano sia i poteri autoritativi sia le risorse dello Stato nazionale.
  • Non possiede un proprio regime fiscale che le consenta di avere entrate proprie e quindi di godere autonomia rispetto agli Stati membri.
  • E’ priva di una propria polizia con competenza estesa a tutto il territorio comunitario.
  • Non è dotata di un apparato amministrativo che garantisca il raggiungimento

degli obbiettivi in tutte le diverse direzioni. Ed invero nella variegata potenzialità dei sistemi amministrativi dei vari Stati è comunque certo che il più limitato di essi si trova comunque in posizione di superiorità rispetto al sistema amministrativo dell’Unione europea.

  • Riguardando poi all’azione politica dell’Unione ci si accorge che essa in buona

parte (la politica estera, la politica culturale, la politica di supporto alla media ed alla piccola impresa, ecc.)  rimane nelle mani degli Stati membri.

 

b) Segue. L’Unione Europea e le Organizzazioni Internazionali

Diversamente da quanto avviene fra l’Unione Europea e le Istituzioni nazionali, si pone il confronto fra l’Unione europea e le Organizzazioni internazionali.

La caratteristica più significativa che differenzia l’ordinamento comunitario da quello internazionale risiede nel fatto che la produzione normativa non è una conseguenza degli accordi intervenuti volta per volta fra gli associati, ma è il frutto dell’attività degli organi della Comunità, stimolata dall’impulso dei membri  partecipanti.

In particolare, la formazione delle norme non avviene sotto forma convenzionale, ma si verifica attraverso un processo istituzionale. Forti ed evidenti appaiono le differenze tra l’organizzazione comunitaria rispetto a quella internazionale.

Specificamente:

·        La legislazione dell’Unione Europea è riconosciuta dagli Stati membri ed è applicabile ipso iure sia nei riguardi delle Istituzioni all’interno, sia ai propri individui ed alle proprie imprese[14]; di contro, è noto, che le decisioni delle organizzazioni internazionali abbisognano del consenso degli Stati aderenti (la c.d. “ratifica”) per divenire operative e non si impongono direttamente ai singoli cittadini.

·        I Trattati europei regolano, imperativamente, i rapporti tra le Istituzioni nazionali degli Stati membri e L’istituzione sopranazionale (Unione Europea), e tra la stessa Istituzione sopranazionale (Unione Europea) ed i cittadini degli Stati membri. Invece i Trattati internazionali sono accordi (i c.d. patti) tra Stati sovrani che s’impegnano ad una reciproca collaborazione che dovrà tradursi in norme interne operative dei singoli stati.

·        L’Unione Europea è dotata di un organo, il Parlamento europeo. Esso è l’unico Parlamento plurinazionale al mondo ad essere eletto a suffragio universale diretto: figura questa non ricorrente in nessuna organizzazione internazionale. L’espressione “Parlamento Europeo” non va assimilata nella sostanza né a quella di “Parlamento nazionale” né a quella di una “organizzazione internazionale”. Il Parlamento europeo non è organo preposto per volontà popolare all’esercizio della funzione legislativa cioè alla emanazione di atti aventi la forza di legge. Esso non ha il monopolio d’ogni decisione avente forza di legge (direttive e regolamenti) né ha specificamente poteri legislativi che sono esercitati dal Consiglio dell’Unione. Ma il Parlamento europeo non è nemmeno assimilabile alle assemblee delle organizzazioni internazionali poiché nessuna organizzazione internazionale dispone di un assemblea elettiva, scaturente dalla volontà dai cittadini: gli elettori.

·        L’Unione europea, a differenza delle altre Organizzazioni internazionali, non ha obbiettivi specifici predeterminati[15] (né potrebbe essere diversamente essendo una Istituzione preordinata al raggiungimento delle finalità economiche per il cui obbiettivo è stata costituita), né finalità di collaborazione e di informazione dirette al soddisfacimento di interessi generali e comuni agli Stati aderenti all’organizzazione internazionale. Gli obbiettivi dell’Unione europea sono invece finalizzati alla creazione di uno stretto legame economico fra gli Stati membri, travalicante il mutuo soccorso o il riconoscimento di specifiche posizioni dei suoi membri.

E’ evidente che la proficua realizzazione del mercato comune può essere perseguita solo prefiggendo obbiettivi economicamente pregnanti sotto il profilo qualitativo e quantitativo, oltretutto diversificati.

Perciò dagli originari obiettivi della concorrenza e della politica monetaria, si è passati via via ad altri, quali quelli della politica della pesca, dell’immigrazione, dell’ambiente, dei trasporti, delle telecomunicazioni ed ultimamente, dopo l’attacco terroristico a New York del 11 settembre 2001, a quelli della giustizia e della sicurezza interna.

 

c) Segue - l’Unione Europea e gli Stati federali

Altra analisi è quella diretta ad accertare le differenze fra l’Unione Europea e gli Stati federali. A differenza di quanto avviene in Canada o negli Stati Uniti o nella Federazione Russa, l’Europa comunitaria non è organizzata su base federale. 

L’Unione Europea e gli Stati Uniti sono entrambi strutture a dimensione continentale anche se l’Unione europea è una organizzazione ancora in evoluzione. Si rende quindi interessante una loro comparazione per poterne esaltare le differenze che esistono in molti settori sia politici che organizzativi.

Gli Stati Uniti costituiscono un sistema di democrazia federale dove i poteri sono distribuiti territorialmente fra un centro federale e gli Stati secondo un principio molto semplice: il centro federale ha poteri tassativamente elencati e quindi limitati nella loro estensione; trattasi di poteri che sono meglio esercitati da una struttura centrale  di quanto potrebbe avvenire se fossero disciplinati dai singoli Stati federali.

La competenza dei singoli Stati federale è, di contro, limitata alle questioni inerenti il raggiungimento di specifici interessi pubblici degli stessi Stati[16]. Il federalismo americano è definito “federalismo concorrenziale” per distinguerlo dal federalismo tedesco chiamato “federalismo cooperativo”[17].

Le relazioni tra le Istituzioni comunitarie e quelle nazionali non possono assimilarsi a quelle esistenti con uno stato confederale simile a quello degli Stati Uniti o quello della Germania fra potere centrale e quello degli Stati federati.

In particolare, quello dell’Unione Europea è un sistema tipico e caratteristico di essa. Nei sistemi federali la sovranità è divisa fra lo Stato federale e gli Stati federati i quali, però, non hanno potere d’ultima decisione; nell’Unione Europea, invece, esiste un unico Parlamento, eletto direttamente dai cittadini europei. Esso, come detto, non ha forti poteri decisionali a differenza della Commissione. Di contro la Corte di Giustizia con le sue sentenze è riuscita a trasformare i Trattati in fonte costituzionale conferendo, così, superiorità alla legislazione comunitaria rispetto a quelle nazionali pur entro i principi fissati dal Trattato di Maastricht ed improntati sul criterio della sussidarietà.

 

Brevi riflessioni sulle Istituzioni Europee. Premessa: Il metodo comunitario ed il metodo intergovernativo

Il metodo comunitario ed il metodo intergovernativo sono i due procedimenti attraverso i quali vengono adottate tutte le decisioni dell’Unione Europea. Le decisioni circa l’applicazione dell’uno o dell’altro metodo sono di competenza della Conferenze intergovernative. Trattasi di accordi negoziati ed eseguiti. In ogni caso è sempre possibile l’interscambio tra un metodo e l’altro.

Il metodo comunitario si basa sul principio che l’interesse generale dell’Unione Europea può essere perseguito solo se tutte le Istituzioni dell’Unione concorrono concordemente a formare le decisioni necessarie per una comune politica, quella del mercato comune, essendo ininfluente l’interesse settoriale, cioè quello di ogni singolo stato. Nell’ambito di questo metodo sono ricorrenti tanto un procedimento ordinario quanto tanti procedimenti speciali[18]. Le caratteristiche riscontrabili sono le seguenti:

·        La Commissione ha il monopolio dell’esercizio dell’iniziativa legislativa.

·        Il Consiglio delibera normalmente con il voto della maggioranza qualificata.

·        Il Parlamento Europeo riveste il ruolo colegislativo.

·        La Corte di Giustizia Europea garantisce l’uniformità di interpretazione del diritto comunitario.

Il metodo intergovernativo, al contrario, si basa sulla considerazione che l’interesse dell’Unione Europea può essere perseguito solo garantendo l’interesse di ciascun Stato membro per cui viene attribuito un potere prioritario decisionale ai governi dei singoli Stati tramite il Consiglio che è l’istituzione che tutti li rappresenta[19]. Tale metodo è adottato di preferenza per le problematiche inerenti politica estera, sicurezza, difesa comune, cooperazione giudiziaria e di polizia.

A differenza del metodo comunitario, nel metodo intergovernativo non è possibile classificare omogeneamente i procedimenti posti in essere dai governi nelle loro consultazioni che sono variabili a seconda le inclinazioni politiche del momento[20].

Le caratteristiche del metodo intergovernativo sono le seguenti:

·        La Commissione non ha il potere di iniziativa legislativa tranne per alcuni settori e previo l’assenso dei governi.

·        Le decisioni del Consiglio sono assunte con delibere di voto all’unanimità.

·        Al Parlamento Europeo è attribuita una funzione semplicemente consultiva.

·        La Corte di Giustizia dispone di un potere di intervento limitato

Da quanto esposto si arguisce come sia difficile regolare in termini politici i rapporti fra Consiglio e Commissione perché entrambi hanno compiti di guida politica, legislazione ed esecuzione della legislazione: compiti tutti compresi nell’espressione “funzione esecutiva”. La ragione è dovuta al fatto che in entrambi gli organismi tutti i governi nazionali degli Stati membri partecipano con i loro capi di governo. I rapporti fra Consiglio e Parlamento sono fondati su una duplicità di manifestazione ma tale rapporto è assai debole. Il Consiglio esercita infatti insieme alla Commissione compiti esecutivi ed insieme al Parlamento compiti legislativi; di contro il Parlamento ha alcune funzioni di controllo sulla Commissione e sul Consiglio e compiti legislativi che esercita unitamente al  Consiglio. Il rapporto è debole poiché il Parlamento, non prevedendo ciò i Trattati, non ha il potere di chiedere alla Commissione ed al Consiglio il rendiconto delle loro scelte politiche o di condividere con essi la responsabilità politica. Non esiste cioè né  controllo politico né qualsiasi altra forma di vincolo reciproco ma solamente un obbligo di informazione reciproca.

Al contrario intenso è il rapporto che il Consiglio ha con i gruppi sociali e con le organizzazioni di interesse economico e ciò spiega, così come accade nei governi nazionali, il perché il Consiglio sia oggetto di pressione in tutte le fasi della sua attività, da quella pre - decisionale a quella di iniziativa legislativa ed alla fase ancora dell’adozione dei procedimenti formali ed infine in quella dell’esecuzione[21].

 

a) Il Consiglio dell’Unione Europea ed il Consiglio Europeo

Due organi fra di loro indipendenti svolgenti funzioni differenti[22] ma strettamente collegate sono il Consiglio dell’Unione europea ed il Consiglio Europeo. Il primo sorto nell’ambito della Istituzione comunitaria, è meglio conosciuto come “Consiglio dei Ministri”. E’ l’organo legislativo dell’Unione ed esercita il potere legislativo, in codecisione con il Parlamento europeo, per numerose materie di competenza comunitaria (finanze, agricoltura, affari esteri e così via). E’ composto da un rappresentante di ciascuno Stato esercitante la funzione ministeriale ed ogni membro è politicamente responsabile dinanzi al proprio parlamento nazionale. Le riunioni del Consiglio dell’Unione europea hanno luogo periodicamente a Bruxelles o a Lussemburgo. Da esse scaturisce (spesso, come detto, in co-decisione con il Parlamento europeo) la produzione delle leggi comunitarie. La presidenza del Consiglio è esercitata a turno da ciascuno Stato membro per una durata di sei mesi. La composizione varia a seconda delle materie trattate. La formulazione della decisioni è opera dei Comitati dei rappresentanti permanenti degli Stati membri.

Il Consiglio europeo, invece, è sorto contestualmente alla nascita delle Istituzioni comunitarie ma si pone al di fuori di esse. Non è quindi considerato, un’Istituzione dell’Unione europea. Tuttavia riveste una importanza notevole nell’ambito dell’Unione europea perché esercita funzioni di impulso, di determinazione degli orientamenti politici generali, di coordinamento, di arbitrato, di soluzione di difficili questioni.

L’origine del Consiglio europeo è da rinvenirsi nella prassi delle riunioni fra i Capi di stato o di governo degli Stati membri ed il presidente della Commissione per discutere di questioni attinenti la vita e lo sviluppo della Comunità e gli orientamenti politici generali dell’Unione europea. Tale prassi fu istituzionalizzata nel Vertice di Parigi del 1974 in cui i Capi di stato e di governo decisero di riunirsi sotto il nome di Consiglio Europeo affidando la presidenza a colui che è presidente del Consiglio della Comunità. Le riunioni avvengono di regola a Bruxelles. Il consesso dopo ogni riunione, presenta al Parlamento una relazione. Viene poi, naturalmente, svolta una  relazione annuale sui progressi compiuti dall’Unione.

I componenti si riuniscono due volte l’anno in sede ordinaria, e le volte che si rende necessario, in sede straordinaria, per discutere e deliberare quanto occorra per la guida ottimale per la guida dell’Unione Europea[23]. Il Consiglio ha la funzione di imprimere all’Unione Europea gli impulsi per l’adozione delle iniziative necessarie al suo sviluppo onde fare si che non subiscano rallentamenti o ristagni gli obbiettivi dell’Unione stessa. Pertanto scopo del Consiglio è quello di perseguire una politica di osservazione e di stimolo degli interessi di carattere generale, indicando le soluzioni più appropriate al momento attuale sotto il profilo sociale, economico e politico. L’esercizio delle funzioni del Consiglio nel governo dell’Unione Europea deve avvenire tenendo conto non solo delle altre Istituzioni comunitarie ma anche di tutte le componenti del sistema politico dell’Unione. Il Consiglio è l’istituzione dotata dei maggiori poteri su tutte le materia di competenza della Comunità. Questi, inoltre, si estendono anche al di fuori della sfera di competenza comunitaria ogni qual volta si renda necessaria, ai fini del funzionamento del mercato comune, un’azione della Comunità e questa sia priva di forza attuativa. Attraverso il Consiglio gli Stati membri gestiscono le politiche comuni e si preoccupano di adeguare i sistemi nazionali a tali politiche. Trattasi di un’Istituzione complessa caratteristiche sue peculiari, poiché esercita nel contempo funzioni di guida politica, elaborazione legislativa ed esecuzione amministrativa funzioni che fino ad oggi, ha espletato in modo perfetto. E’ l’unica delle Istituzioni dell’Unione Europea che può considerarsi  ambivalente. Mentre infatti tutte le altre Istituzioni sono proprie solo dell’Unione ed i soggetti cui essa opera esercitano i ruoli loro attribuiti nel Consiglio, invece, i soggetti che fanno parte della detta Istituzione operano[24] ora come membri del Consiglio ora come membri dei governi nazionali. Nel primo caso perseguono gli interessi dell’Unione, nel secondo caso, come esponenti del partito del paese cui appartengono, agiscono per rappresentare, promuovere o per difendere gli interessi peculiari dei vari soggetti (popolo, collettività o gruppo di elettori) tutelati dal loro Stato.

Il Consiglio pertanto può, a ragione, essere definito, nel suo ruolo comunitario “Istituzione” dell’Unione  e nel suo ruolo nazionale come “organo” rappresentativo dei singoli Stati  poiché i membri che lo compongono rispondono delle loro azioni ai rispettivi Stati membri anche se all’interno difetta una legislazione nazionale che ciò preveda e regoli dato che organizzazione e funzionamento sono disciplinati solo da norme dell’Unione Europea.

Attraverso tale Istituzione gli Stati Membri partecipano alle politiche comunitarie con i loro rappresentanti che, generalmente sono i ministri competenti nella materia trattata, i quali quotidianamente tramite il ruolo svolto nel Consiglio impegnano il loro governo[25]. Detta Istituzione ha una struttura amministrativa che ha ricevuto notevole sviluppo nel corso degli anni ed è in costante evoluzione[26].

Le delibere sono adottate, a seconda dei diversi procedimenti decisionali nei vari settori di competenza dell’Unione Europea, col sistema della maggioranza semplice[27], della maggioranza qualificata[28] o dell’unanimità[29].

Per quanto detto viene a giustificarsi ed a comprendersi la duplice veste ricoperta dal Consiglio: “Consiglio dell’Unione” (ex Consiglio dei Ministri) e “Consiglio Europeo”. I governi nazionali attraverso le manifestazioni del Consiglio dell’Unione e del Consiglio Europeo esercitano una azione continua condizionando qualunque sfera d’azione dell’Unione. Infatti entrambi compiono concretamente attività di governo nei due più importanti settori: quello delle politiche economiche e settoriali e quello della politica internazionale e della sicurezza interna. Nel corso degli anni vi è stata una crescita quantitativa delle procedure attinenti allo studio, alla preparazione delle politiche e dei programmi, alla produzione delle decisioni.

 

 b) La Commissione Europea

La Commissione Europea è l’unica Istituzione dell’Unione che esercita l’attività legislativa e la funzione di iniziativa legislativa; può dirsi che sia il motore propulsivo della produzione normativa ed il centro d’impulso delle attività esecutiva e di controllo sull’attuazione dei provvedimenti. E’ un organo che opera in piena indipendenza nell’interesse generale della Comunità al contrario dei membri del Consiglio che invece agiscono quali rappresentanti degli Stati che li nominano e stimolano con sollecitazioni ed istruzioni. Ciò rileva specialmente per tutte le questioni di fondamentale importanza, ponendosi,  in tal modo la Commissione, in una posizione privilegiata nei confronti dei governi nazionali.

Le sue funzioni sono molteplici: Esercita un’attività di mediazione sul processo decisionale degli Stati membri; svolge il controllo sull’osservanza delle disposizioni deliberate  dagli Stati membri. La parte terminale di tale controllo è data dall’ormai famoso “procedimento d’infrazione” (art. 169 Trattato C.E.) contro lo Stato inadempiente, procedimento riguardo il quale il nostro paese ha per anni detenuto il primato. In caso di persistente inadempimento segue l’accertamento giurisdizionale da parte della Corte di Giustizia che a termini del Trattato U.E., può anche comminare una misura sanzionatoria contro l’inadempiente.

Inoltre è dotata di potere d’impulso riguardo alla produzione legislativa. Ha, infatti, il compito di formulare, o dietro sollecitazione del Consiglio o del Parlamento, o su propria iniziativa la proposta dell’atto che verrà approvato dal Consiglio. L’attività direttiva, regolamentare o decisionale è generalmente preceduta da un’ampia consultazione ed accompagnata da un rapporto contenente le valutazioni economiche, politiche e normative che sorreggono la proposta e la sua formulazione. Ha poteri d’impulso nei rapporti con gli Stati e formula, in particolare, proposte nel settore dell’agricoltura, e più specificamente l’ ampliamento dell’Unione e sulle riforme amministrative ritenute necessarie.

Importantissima è la sua azione soprattutto nel settore del mercato unico. In qualsiasi attività è preminente l’obbiettivo di assicurare concretamente le quattro libertà fondamentali previste dai Trattati: libera circolazione di capitali, di merci, di persone e di servizi. Il programma presentato nel 1992 evidenzia proprio tale aspetto: facilitare l’abolizione di regole nazionale a vantaggio di quelle comunitarie, fare emergere il mercato unico in vista del raggiungimento di standards minimi economici uguali nei vari settori affinché i diversi produttori nazionali possano trovare un mercato accogliente in cui operare.

La diversità delle funzioni elencate comporta che essa si pone come un’Istituzione ad articolazione complessa. In primo luogo deve fronteggiare l’indubbio contrasto tra politica ed amministrazione nel quadro delle logiche  organizzative che non sempre sono compatibili fra loro. Per potere validamente operare deve acquisire competenze tecniche nelle principali aree d’azione del governo e possedere perspicacia nella prospettazione delle questioni in cui esercita iniziativa legislativa affinché le proposte non siano respinte.

La Commissione inoltre adotta tutte le misure necessarie per dare esecuzione agli atti del Consiglio (quest’ultimo inoltre può dettare misure per indirizzare tale esecuzione). A tal fine ad essa sono assegnati due ampi poteri: innanzitutto ha il potere di raccogliere informazioni (sulla riservatezza delle quali, dato il rilevante valore economico che possiedono, esistono forti controlli) e poi dispone di un rilevante potere ispettivo.[30] In alcune ipotesi tassative, ha autonomo potere di emanare direttive e adottare decisioni[31]. Tale potere è stato, ad esempio, esercitato, pur dando luogo a molte discussioni, per completare rapidamente il processo di apertura alla concorrenza nel settore delle telecomunicazioni[32], superando in ciò l’ostruzionismo e l’indolenza degli Stati membri onde pervenire al ridimensionamento dei monopoli pubblici di gestione della rete e del servizio di tale importantissimo settore.

La Commissione, strutturalmente, è organizzata in Direzioni Generali (DG)[33] ed articolata nel collegio dei commissari composto dai membri nominati dai governi nazionali[34] e confermati dal Parlamento Europeo, e in ventimila funzionari impiegati nei servizi amministrativi. Ogni commissario[35] soprintende alle proposte nella propria area specifica, proposta che deve presentarla al collegio (durante una delle riunioni settimanali) per l’approvazione mediante voto di semplice maggioranza. Si rinviene quindi una doppia responsabilità: quella specifica del singolo membro e quella collettiva del collegio. In questo periodo la Commissione ha adottato la strategia di aggirare i potenziali ostacoli da parte dei governi nazionali coinvolgendo sempre maggiori gruppi ed interessi non governativi nelle delibere da adottare per le iniziative legislative. I suddetti gruppi peraltro erano già coinvolti dalla Commissione nella espressione di opinioni e posizioni su determinati argomenti di politica comunitaria. Essi sosterranno le iniziative legislative alle quali già avevano attivamente partecipato dall’esterno, per cui i governi nazionali non potranno boicottare quelle scelte (regole, raccomandazioni, decisioni) in quanto promananti da organismi portatori di interessi transazionali.

Per tutto ciò è da ritenere la Commissione abbia una estensione ampia pur se nel contempo limitata.

 

c) Il Parlamento Europeo

Il Parlamento europeo è il più grande parlamento multinazionale del mondo: i suoi 732 deputati rappresentano oggi 456 milioni di cittadini. Nel corso degli anni ha accresciuto il proprio peso politico, e la Costituzione europea lo ha accresciuto ulteriormente. All’inizio, l’accentramento dei poteri decisionali nelle mani della Commissione e del Consiglio ha posto in evidenza la limitazione dei poteri del Parlamento europeo[36] che svolge un’attività  di controllo esercitata fondamentalmente attraverso  le seguenti funzioni: 1) consultazione ai fini della designazione del Presidente della Commissione; 2) approvazione dei componenti della Commissione; 3) esame dei rapporti che la Commissione è tenuta a presentare periodicamente; 4) interrogazioni, e raccomandazioni al Consiglio; 5) partecipazione all’approvazione del bilancio.

I componenti del Parlamento Europeo sono eletti in base al sistema elettorale proporzionale. Trattasi di un sistema elettorale adottato uniformemente da tutti i paesi della Comunità europea; anche se, tale uniformità si manifesta nei paesi variamente in relazione alla soglia di sbarramento ed alla mutabilità nella dimensione dei collegi elettorali[37]. Trattasi di elezioni di secondo grado da un duplice significato: queste elezioni sono considerate di minore importanza rispetto a quelle nazionali, e perché l’oggetto di cui si occupa il Parlamento europeo è secondario rispetto alle tematiche nazionali considerate di importanza superiore. Le prime elezioni sono state considerate un evento molto importante per lo sviluppo e per l’evoluzione del cosiddetto “europeismo”. Purtroppo in alcuni paesi è mancata una elevata sensibilità da parte dei cittadini; inoltre, i più informati, si sono resi consapevoli dei limitati poteri del Parlamento europeo. A questo aggiungasi il limitato impegno da parte dei partiti e dei candidati in campagna elettorale, posto nell’illustrare i programmi e sensibilizzare gli elettori sulla importanza e la necessità del voto. Per questi motivi il Trattato di Maastricht ha introdotto nuove procedure che prevedono per il Parlamento poteri decisionali più ampi e un ruolo rilevante nella nomina della Commissione. Ciò nondimeno quando, per la quinta volta, nel 1999, i cittadini europei sono stati chiamati alle urne per eleggere il Parlamento come sopra potenziato, a suffragio universale diretto con uno scrutinio di tipo proporzionale realizzato o su base regionale, o su base nazionale o con un sistema combinato, non è aumentata l’affluenza alle urne.

Organi del Parlamento Europeo sono: il presidente[38], l’ufficio di presidenza[39], la conferenza dei presidenti[40], le commissioni parlamentari[41] ed il segretario generale. Sono inoltre, presenti i gruppi parlamentari che esprimono gli orientamenti dei partiti politici di cui sono espressione. La maggior parte dei deputati sono iscritti ad un gruppo politico[42].

Il Parlamento europeo ha poteri limitati e tale limitazione comporta di riflesso la limitazione della rappresentatività nelle decisioni comunitarie. E questa ragione ha fatto del Parlamento l’organo più discusso della Comunità europea e quello che ha subito la maggiore evoluzione che ha condotto ad una graduale trasformazione dell’Istituzione da organizzazione di Stati a comunità di cittadini. Tale evoluzione ha subito una accentuazione a seguito del Trattato di Maastricht che ha notevolmente accresciuta la partecipazione dei soggetti alla formazione delle decisioni del Parlamento che forte della legittimazione popolare, è progressivamente riuscito a modificare a proprio vantaggio la bilancia dei poteri che inizialmente lo vedeva, come detto, in posizione di inferiorità rispetto alle altre Istituzioni comunitarie. Detta partecipazione si concretizza nella sottoposizione di un notevole numero di misure legislative a procedure che per l’importanza delle decisioni, fanno assurgere il Parlamento ad una posizione di sempre maggiore rilevanza. Ciò in generale, rende sempre più difficile la vita della Commissione e del Consiglio, in ordine all’approvazione di un provvedimento, in quanto ove essi intendano discostarsi dalla volontà del Parlamento, sono costretti a venire a patti con esso.

Il Parlamento europeo esercita tre poteri fondamentali: il potere legislativo, il potere di controllo democratico, i poteri processuali davanti alla Corte di Giustizia europea ed il potere di bilancio.

Potere legislativo. Il Parlamento vota le leggi europee insieme al Consiglio. Originariamente il Parlamento poteva emanare solo atti non vincolanti cioè risoluzioni (atti con i quali il Parlamento esprime la propria posizione su un determinato tema) e raccomandazioni (atti indirizzati ad altre Istituzioni). Sia le raccomandazioni che le risoluzioni sono il veicolo attraverso il quale il Parlamento esprime gli indirizzi e le valutazioni. Inoltre il Parlamento emana atti aventi natura di pareri[43]. I pareri si pongono nella fase definita procedura di Consultazione[44]. Fino al 1986 la c.d. “consultazione” era l’unico strumento attraverso il quale il Parlamento interveniva nell’iter della formazione legislativa contribuendo all’emanazione di atti vincolanti per il Consiglio. La revisione dei Trattati ha portato ad una crescita dei poteri del Parlamento e significativo è stato l’avvento dell’Atto Unico Europeo che ha introdotto la procedura c.d. di “cooperazione”, in cui il Parlamento si esprime su un atto comunitario due volte; prima sulla proposta della Commissione, poi sul progetto di atto del Consiglio, prospettando emendamenti o respingendo lo stesso. Il Consiglio, ove intenda discostarsi dalla posizione del Parlamento, può adottare l’atto solo all’unanimità. Il Trattato di Maastrict a latere delle procedure esistenti ne ha introdotto un’altra: la c.d. procedura di “codecisione”[45] la quale attribuisce al Parlamento un ruolo di “colegislatore” nell’emanazione degli atti. Ecco quindi che il Parlamento europeo, grazie alla procedura di codecisione, si pone come legislatore a pieno titolo perché condivide con il Consiglio l’esercizio del potere legislativo. Infatti, questa procedura pone il Parlamento ed il Consiglio su un piano di assoluta parità, prevedendo un accordo fra di essi attraverso un susseguirsi di passaggi di atti e nomina di comitati di conciliazione a composizione mista: consiliare e parlamentare. L’atto legislativo viene alla luce solo se si raggiunge l’accordo fra Parlamento e Consiglio. Quindi il consenso finale del Parlamento europeo è pertanto indispensabile. Detta procedura, a causa della sua complessità, è stata molto lenta ad essere attuata, tant’è che il Trattato di Amsterdam del 1997 l’ha notevolmente semplificata. La procedura di “codecisione” è l’unica che conferisce al Parlamento un autentico ruolo legislativo anche se non è prevista per qualunque fattispecie. Infatti  sono esclusi dalla “codecisione” alcuni settori di grande importanza quali, ad esempio, molti di quelli coinvolgenti questioni sulla libera circolazione delle persone, sulla concorrenza, sull’agricoltura, sulla politica industriale e fiscale campi in cui il Parlamento svolge la funzione di mero organo di consulenza.

Altra procedura è quella del “parere conforme” introdotta dall’Atto Unico Europeo. Ad essa si ricorre per l’adesione di un nuovo stato alla Comunità europea nonché per gli accordi di associazione con altri stati e per tutti gli accordi che possono notevolmente incidere sul bilancio della Comunità. Il parere è obbligatorio e vincolante.

Da quanto detto si evince una evoluzione significativa dei poteri legislativi del Parlamento europeo. Nondimeno, la crescente rilevanza dell’attività del Consiglio rende preminente la stessa sull’attività del Parlamento attenuandone i poteri e trasferendo i rapporti sul piano intergovernativo. E’ infatti il Consiglio europeo che di fatto decide in ordine alle priorità dell’agenda comunitaria ed alle principali decisioni politiche cosicché il Parlamento si trova a legiferare su una traccia già decisa da quest’ultimo. Nell’ambito del Consiglio europeo sono rappresentati gli interessi degli Stati membri, con la presenza dei ministri degli stessi e del Presidente della Commissione mentre i popoli esercitano loro presenza solo nella fase inaugurale, allorché il Presidente del Parlamento Europeo pronuncia  il suo discorso.

Potere di controllo. Il Parlamento esercita la funzione di controllo sull’intera attività comunitaria: innanzitutto sulla Commissione e sul Consiglio e poi, attraverso i suoi poteri di inchiesta, su altre Istituzioni quali la Banca Centrale Europea. Inoltre svolge un ruolo essenziale nel processo di designazione della Commissione: nella nomina e nell’approvazione della Commissione[46], nella censura, nelle interrogazioni[47], nel benestare al programma annuale di lavoro della Commissione, nell’approvazione della relazione generale annuale sull’attuazione del diritto comunitario[48], nell’approvazione dei rapporti su singoli temi secondo quanto previsto dal Trattato CE. Con tali controlli il Parlamento può influire, seppure indirettamente, anche sulla fase della proposta di atti giuridici comunitari spettanti alla Commissione. Il controllo del Parlamento sul Consiglio è meno penetrante di quello esercitato sulla Commissione. Ciò è dovuto forse al fatto che mentre la Commissione svolge fra le altre anche funzioni esecutive, il Consiglio esercita funzioni legislative al pari del Parlamento. Essendo i poteri legislativi del Consiglio molto estesi la funzione di vigilanza del Parlamento si rende in effetti opportuna. Il Parlamento approva ogni sei mesi il programma di lavoro del Consiglio e, se del caso, presenta interrogazioni, orali o scritte, alle quali il Consiglio è tenuto a rispondere. Altra funzione di controllo viene espletata dal Parlamento nei confronti della Banca Centrale Europea (BCE)[49] e nei confronti del membri della Corte dei Conti.

Il Parlamento esercita il controllo politico tramite la nomina di commissioni d’inchiesta che entro un anno dalla nomina sono obbligate a presentare un rapporto sull’oggetto della inchiesta[50]. Tali commissioni hanno poteri molto ampi tant’è che possono interrogare funzionari sia comunitari che nazionali. La commissione d’inchiesta abbisogna per il suo funzionamento di una procedura lenta per cui il Parlamento, a volte, ricorre alla nomina di commissioni d’indagine la cui organizzazione snella permette di porre in essere celermente il rapporto sui fatti oggetto d’indagine[51]. I fatti possono essere oggetto d’indagine solo se non attengono ad un procedimento giurisdizionale pendente. Altro controllo il Parlamento lo esercita tramite il “Mediatore”[52]. Trattasi di un organo nominato dal Parlamento all’inizio del mandato e destituibile solo ad opera di esso. Ha la funzione di raccogliere le denunce da parte di qualsiasi cittadino dell’Unione nei confronti delle Istituzioni europee per cattiva amministrazione. Non esercita controllo di natura giurisdizionale e quindi non ha il potere di annullare gli atti, né di imporre risarcimenti di danni, però, a causa della grande trasparenza della sua funzione la conoscenza delle sue denunce ha notevole rilevanza politica sul piano dell’impatto sull’opinione pubblica.

Poteri processuali. Tali poteri sono stati introdotti dal Trattato di Maastricht che però non li ha istituiti ex novo in quanto già esistevano nella prassi processuale a seguito di esplicito riconoscimento operato dalla Corte di Giustizia Europea con varie sentenze. Si sostanziano nel diritto d’intervento, nella legittimazione a promuovere i ricorso in carenza, nell’impugnabilità degli atti del Parlamento europeo[53], nel diritto di agire per l’annullamento degli atti[54]. Il Trattato, in definitiva, ha riscritto ciò che già era in uso nella prassi comunitaria.

Poteri in materia di bilancio. Il Parlamento ed il Consiglio in materia di bilancio condividono gli stessi poteri. Trattasi di controllo che va ben oltre gli aspetti finanziari perché comporta un controllo più generale. Fra l’altro il Parlamento vigila tramite una apposita commissione sulla corretta destinazione dei fondi comunitari al fine di impedire frodi e distorsioni nel loro uso. Ogni anno, a dicembre, il Parlamento stabilisce il bilancio dell’Unione europea dell’esercizio successivo ed esamina l’operato della Commissione concedendole il “discarico” di responsabilità nell’esecuzione del bilancio[55]. La procedura per il controllo del bilancio è chiamata procedura di “concertazione”. Si attua secondo il seguente iter: la Commissione tenendo conto degli orientamenti espressi dal Consiglio e  dal Parlamento presenta al Consiglio il progetto preliminare del bilancio. Il consiglio lo trasmette al Parlamento il quale può approvarlo, emendarlo e respingerlo in blocco. Se il progetto è respinto la procedura ricomincia ogni volta dall’inizio fino a quando il bilancio non è approvato[56]. Il bilancio è finanziato con risorse proprie stabilite dagli Stati membri dopo essersi consultati con il Parlamento europeo

 

d) Uno sguardo alla Banca Centrale europea

Il Mercato europeo sarebbe rimasto incompleto e non avrebbe potuto raggiungere pienamente le sue finalità se non fosse stata istituita una moneta comune denominata “euro”. L’avvento dell’euro si è avuto in ritardo per vari motivi: mancanza di volontà politica, posizioni divergenti degli Stati membri, diversi livelli di sviluppo economico nei vari Stati membri e, infine, varie situazioni internazionali[57]. Il sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC)[58] si pone come conseguenza della istituzione della moneta unica e della politica monetaria e di cambio unica. Il SEBC fa capo alla Banca Centrale Europea (BCE). L’Unione Economica Monetaria (UEM) è la forma più avanzata di integrazione economica, che determina il venire meno della sovranità degli stati in campo monetario. Non vi sono più i poteri nazionali di emissione della moneta, di svalutazione e di fissazione dei tipi di cambio e di interesse. Si esce dalla sfera dello stato nazionale e si entra in quella di paesi con una propria storia ed una propria politica uniti dalla moneta unica tutti facenti riferimento alla Banca Centrale Europea. Questa è la dimostrazione che gli Stati membri sono incapaci di colmare da soli i propri deficit o squilibri economici o finanziari. Così si passa ad un sistema di tipo federale. Cioè si crea una nuova Istituzione, la Banca Centrale Europea, con due precise finalità: mantenere la stabilità dei prezzi e sostenere le politiche economiche della Comunità Europea. Naturalmente, onde assicurare la credibilità della politica monetaria della Banca Centrale Europea sono state previste una serie di clausole che  garantiscono l’indipendenza  della stessa sia dai governi nazionali che dalle istituzioni comunitarie. Ciò però introduce una grande responsabilità politica della Banca Centrale che ha la prerogativa di svolgere un’azione politico e monetaria non più nelle mani dei singoli Stati membri. La strada che ha condotto all’unione monetaria è stata lunga.

Il Trattato di Roma stabiliva che le basi di una Europa unita economicamente

erano costituite dalla libera circolazione di persone, di merci, di capitali e di servizi.

Nulla però veniva stabilito riguardo alle politiche economiche comuni perché ciò avrebbe comportato nei relativi settori una diminuzione della sovranità dei Paesi membri che essi non avevano intenzione di perdere. Tale situazione non poteva durare a lungo, perché si avvertiva la necessità di un coordinamento in materia monetaria onde evitare danni agli scambi ed agli investimenti e far si che non si fermasse o rallentasse la crescita economica. Così nel 1964 la Commissione, in seguito a valutazioni approfondite, propose di creare un Comitato di governatori delle banche centrali ed un comitato di politica del bilancio[59]. Si dovette però attendere il 1979 per rafforzare l’edificio comunitario con una iniziativa di grande rilievo che ottenne il consenso di diversi Stati membri: la creazione dello SME[60] (Sistema monetario Europeo) alla quale parteciparono, con entusiasmo, tutti gli Stati membri anche se essa veniva a limitare la sovranità in materia monetaria. Infatti era introdotta la regola che stabiliva che la parità fra le diverse moneta non avrebbe potuto essere modificata senza l’approvazione degli Stati membri e della Commissione.

Il bilancio di tale operazione è stato positivo e l’introduzione delle banche centrali ha agevolato il processo di preparazione dell’Unione Monetaria Europea e quindi la costruzione di un mercato unico connotato da caratteri particolari quali: l’Euro moneta unica emessa e gestita unicamente dalla Banca Centrale Europea, unica Istituzione comunitaria a ciò abilitata; l’assistenza, su proposta della Commissione e previa decisione dell’eurogruppo all’unanimità, agli Stati Membri in difficoltà finanziarie; la possibilità per il CM, a seguito di proposta della Commissione, di comminare sanzioni agli Stati membri che presentano un deficit eccessivo[61]; l’attuazione di una politica monetaria unica sotto la direzione della BCE; l’accordo con gli Stati non comunitari per una politica di cambio dell’euro.

L’eurosistema ha le seguenti funzioni: mantenere la stabilità dei prezzi; evitare l’inflazione ed il blocco economico; sostenere le politiche economiche generali della Comunità; promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche, dell’occupazione e della protezione sociale.

Tutti questi obbiettivi devono essere aggiunti nel rispetto della libera concorrenza e facilitando la allocazione delle risorse. Naturalmente se dovessero verificarsi interessi in conflitto con la stabilità dei prezzi prevarrà quest’ultima esigenza. Le basi dell’eurosistema sono costituite dalla Banca Centrale Europea la quale detta alle Banche Centrali Nazionali le istruzioni affinché esse operino in conformità agli indirizzi da essa dati e se ciò non avviene può portare la questione di fronte alla Corte di Giustizia. La Banca Centrale Europea[62], emana sia atti destinati a soggetti terzi, cioè non facenti parte della Comunità Europea, sia atti destinati ad incidere direttamente nei confronti dei Paesi membri[63]. Essa giuridicamente è inquadrata fra le autorità indipendenti; anche se è improprio nella accezione comune del termine, definire “autorità indipendente” la Banca Centrale Europea. Infatti, la funzione fondamentale della Banca Centrale Europea è di garanzia e questa certamente non si pone come caratteristica di tutte le altre autorità amministrative definite “indipendenti”. La sua disciplina, poi, è regolamentata dal Trattato mentre l’esistenza delle autorità indipendenti è solo eventuale. La sua indipendenza si manifesta: nel divieto di sollecitare o accettare istruzioni da parte degli Stati membri o dalle Istituzioni comunitarie; nell’adozione di una normativa autonoma nei confronti del proprio personale; nell’alto grado di libertà di manovra di cui dispone per attuare la politica monetaria; nella capacità di usare gli strumenti della politica monetaria in maniera tale da assicurare la stabilità dei prezzi. Per attuare la politica monetaria la Banca Centrale Europea ha a disposizione tre diversi strumenti: 1) operazioni di mercato aperto che servono a regolare la liquidità del sistema finanziario ed a indirizzare i tipi di interesse; 2) facilità permanenti sia di credito che di deposito che consentono agli enti creditizi di ottenere o di iniettare liquidità immediata nell’eurosistema; 3) riserve minime calcolate secondo un coefficiente determinato dall’autorità monetaria.

Gli organi della Banca Centrale Europea sono:

Il Consiglio direttivo[64] che ha una funzione essenziale per l’economia: determina i tassi d’interessi ai quali le Banche commerciali possono ottenere liquidità dalla Banca Centrale per cui influisce sui tassi di interesse praticati dalle banche in tutti i settori all’interno dell’eurosistema.

Il Comitato esecutivo che ha la funzione di attuare le decisioni del Consiglio direttivo. E’ responsabile della gestione di fronte alla Banca Centrale Europea e fornisce istruzioni alle banche per l’attuazione della politica monetaria[65]. 

 Il Consiglio generale è un organo sussidiario con funzioni minoritarie rispetto al Consiglio direttivo ed al Comitato esecutivo e non ha poteri che influiscono nella scelta della politica monetaria. Esercita una funzione consultiva ed una funzione di collegamento tra l’eurosistema e gli Stati che non ne fanno parte ed una funzione di raccolta di informazioni statistiche.

 

e) gli europartiti

Nell’Unione Europea sono presenti gruppi parlamentari[66], organizzazioni extraparlamentari[67] ( poco rilevanti), i partiti nazionali. E’ stata sopratutto l’azione di questi ultimi che ha agevolato il sorgere ed il diffondersi degli europartiti. L’importanza dei partiti per l’Unione europea è notevole e lo stesso Trattato di Nizza nell’art. 191 la evidenzia[68]. Indubbiamente le elezioni del Parlamento Europeo hanno rappresentato fattori fondamentali di sviluppo dei partiti e dei loro sistemi organizzativi. Ma, contrariamente a quanto sostenuto all’atto delle prime elezioni del Parlamento Europeo, non sempre i partiti hanno rappresentato un elemento di positività. Comunque la storia del Parlamento Europeo eletto a suffragio universale non è sufficientemente lunga da consentire un‘osservazione precisa sul consolidamento dei partiti. I partiti europei, meglio definiti “europartiti”, hanno per finalità quella di unire politicamente tutti i cittadini europei creando quel collegamento di interessi, bisogni e necessità fra gli stessi cittadini e le istituzioni comunitarie. Purtroppo, in epoca passata, il monopolio politico dei partiti nazionali ha frenato lo sviluppo degli europartiti e solo ultimamente si può parlare degli europartiti come di una realtà comunitaria. Le organizzazioni extraparlamentari sono strutture molto deboli sia perché gli iscritti sono di modesta entità sia perché dispongono di scarse risorse finanziarie anche se ultimamente il loro ruolo nelle Conferenze intergovernative è stato alquanto importante. Al contrario i gruppi parlamentari sono delle forti strutture per il ruolo che rivestono nell’ambito delle commissioni parlamentari e di altre Istituzioni comunitarie. La relazione tra i partiti ed i gruppi parlamentari si è incrementata data la particolare capacità del gruppo di accogliere nuovi partiti. Comunque sia le organizzazioni extraparlamentari che i partiti nazionali hanno contribuito ad espandere gli europartiti. Certo gli europartiti non sono necessariamente collegati ai gruppi parlamentari ed alle organizzazioni extraparlamentari. Essi sorgono e si sviluppano o per una serie di comuni interessi organizzativi o per motivi di rappresentanza popolare. Sono voluti dalle stesse componenti interne o dai partiti nazionali che, finalmente, sono inclini a privilegiare il partito sovranazionale.

Quel che è sicuro è che il loro sviluppo si è andato sempre più affermando, tant’è che lo stesso Trattato di Nizza ha previsto per essi notevoli benefici economici. Inoltre, è indubbio che il funzionamento del Parlamento Europeo è dovuto in parte alle forze politiche degli europartiti e se al momento attuale si è registrato un aumento notevole dei votanti con il facile raggiungimento della maggioranza assoluta ciò e dovuto proprio grazie alla formazione ed al consolidamento delle forze di partito all’interno della suddetta Istituzione.

 

f) Le “Lobbies” o  “Gruppi d’interesse”

La volontà di costituire i c.d. “gruppi d’interesse è radicata nella mentalità e nella cultura politica degli Stati. Dal punto di vista storico ad esempio per alcuni Stati del Regno Unito, è previsto l’inserimento di gruppi d’interesse nella politica; per altri Stati, invece, come la Francia vi è ostilità a fare penetrare i gruppi di pressione nelle decisioni politiche.

Riguardo alla Comunità Europea si afferma che è stato l’Atto Unico Europeo a prevedere un vasto settore economico di intervento della Comunità Europea (politiche, ambientali e sociali, ricerca e sviluppo, ecc.) ed a portare come risultato l’attrazione di gruppi portatori di interessi diffusi industriali e finanziari, pubblici e del lavoro nei vari settori.

I gruppi d’interesse dell’Unione Europea o “Lobbies” costituiscono, nel loro insieme, un sistema di rappresentanza funzionale degli interessi “europei”. In particolare, ne fanno parte i rappresentanti dell’imprenditoria operante nell’orbita dell’interdipendenza internazionale. Costituiscono un valido strumento di collegamento della società civile alle Istituzioni europee quali la Commissione, il Parlamento Europeo ed Comitato delle Regioni ed il Consiglio dell’Unione.

L’importanza dei gruppi d’interesse è oggi notevolmente aumentata rispetto al passato dal momento che la c.d. “rappresentanza istituzionale” spesso manca di una  precisa disciplina.

Esse sono entità multiple, volontarie, non ordinate gerarchicamente, non specificamente riconosciute o certificate o controllate e libere nella scelta dei loro leader e nell’articolazione degli interessi da privilegiare primieramente.

Sono portatori di interessi diffusi nel campo privato[69] o in quello pubblico[70]. Tali interessi peraltro per la loro stessa natura sono instabili perché si formano e trovano aggregazione secondo le contingenze politiche e sociali del momento effettuando le scelte tecniche adeguate per risolvere i problemi inerenti il mercato. Notevole è la loro importanza presso il legislatore allorquando devono essere regolati interessi in competizione: i gruppi d’interesse assicurano una maggiore possibilità di successo alle decisioni più utili per il mercato.

Vari sono i motivi che hanno agevolato la nascita e lo sviluppo dei gruppi d’interesse. Tra questi possono citarsi: la consapevolezza dei decisori pubblici di risolvere con la presenza dei gruppi problemi che difficilmente potrebbero essere risolti; la lentezza del procedimento decisionale delle istituzioni comunitarie; la possibilità di acquisire tramite i gruppi le qualità di informazioni necessarie per potere affrontare con competenza il processo decisionale; la consapevolezza di dovere sottrarre le strategie di mercato ai funzionari ed alle Istituzioni europee perché non sufficientemente formati nel settore dell’economia e della finanza.

I gruppi hanno la capacità di preparare bene gli incontri con i funzionari e gli attori costituzionali, di dialogare con essi trovando il momento opportuno per farlo.

Quindi l’alleanza fra i gruppi d’interesse e le Istituzioni europee nella ricerca del metodo migliore per la realizzazione di un mercato unificato è importante ai fini di un significativo progresso politico, e non soltanto; si è infatti si è tanto consolidato il sistema delle consultazioni che la inclusione dei gruppi d’interesse nei processi decisionali delle istituzioni europee viene enfatizzato dalle stesse istituzioni nei documenti ufficiali! Però la loro azione non è fondata su un univoco filo conduttore e la loro strategia cambia di continuo in dipendenza dell’oggetto della loro attività. Infatti i suddetti gruppi si occupano delle questioni concrete del momento ed esercitano pressioni tendenti alla standardizzazione e all’armonizzazione per ottenere condizioni di mercato più uniformi e prevedibili in ambito comunitario. Pertanto i problemi che sorgono nel mercato comunitario e le relative soluzioni sono viste in funzione della logica del momento, del rebus sic stantibus, e quindi difficilmente proiettata nel futuro. L’intervento dei gruppi d’interesse è tanto più fruttuoso quanto più viene avviato nei primi stadi dell’iter legislativo, essendo coinvolto solo un piccolo gruppo di soggetti.



* Prof. Teresa Martello, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Palermo.

[1] L’espressione  “norme comunitarie” sottende  vari aspetti: norme internazionali, norme comunitarie, norme nazionali. Si parla di “norme internazionali”, quando ci si riferisce ai Trattati istitutivi della Comunità Europea ed alle loro successive integrazioni e modificazioni; si parla pure di “norme comunitarie”, quando ci si riferisce agli atti delle Istituzioni comunitarie; si parla, invece, di “norme nazionali”, quando ci si riferisce alle leggi ed agli atti che gli Stati membri pongono in essere per configurare in modo armonioso il sistema giuridico comunitario nel suo complesso.

[2] Ad esempio, la Corte di Giustizia delle Comunità Europea (CGE) è stata molto attiva e rapida nell’espletamento delle sue funzioni di risoluzione dei conflitti fra le Istituzioni comunitarie e quelle nazionali. Ormai hanno valore storico le due sentenze della CGE, la van Gend en Loos del 1962 e la Costa vs Enel dl 1964, nelle quali sono stati formulati ed imposti due principi: quello dell’effetto diretto della legislazione europea sugli individui di ogni paese membro ed il principio della supremazia della legge comunitaria su quella nazionale.  

[3] Soltanto il 24 giugno del 1988, in attuazione dell’Atto Unico Europeo, il Consiglio dei Ministri delle Comunità europee ha adottato la Direttiva che liberalizzava completamente i movimenti di capitale, sboccando, di colpo, una liberalizzazione rimasta ferma venticinque anni.

[4] Tali sono la regolamentazione dei nuovi sistemi di telecomunicazione, la protezione dei consumatori, la difesa dell’ambiente, ecc..

[5] Il Trattato di Maastricht sull’Unione Europea è stato firmato il 7 febbraio 1992 ed è entrato in vigore il 1° novembre 1993. Esso  riunisce in un unico testo i risultati delle due conferenze intergovernative sull’unione politica e sull’unione economica e monetaria e contiene  la disciplina finanziaria, di bilancio e di stabilità. Il Trattato di  Amsterdam è stato firmato il 2 ottobre 1997 ed è entrato in vigore il 1 maggio 1999. Tra le varie modifiche apportate di notevole importanza è quella sulla “cooperazione rafforzata” che riguarda quegli Stati membri che vogliono sviluppare più rapidamente gli obiettivi dell’Unione pur nel rispetto delle competenze della Comunità.

[6] Il Trattato istitutivo del CED è stato  firmato a Parigi il 27 maggio 1952.

[7] Sono istituiti: a) un Consiglio unico il quale, sostituendo il Consiglio speciale dei ministri della CECA, il Consiglio della CEE ed il Consiglio dell’Euratom, mantiene le competenze devolute a queste istituzioni; b) una Commissione unica della Comunità europea la quale, sostituendo l’Alta Autorità della CECA, la Commissione della CEE e la Commissione dell’Euratom, ne conserva ugualmente le competenze. E’ indubbio che il raggruppamento delle competenze in un’unica Commissione ha dato la possibilità di migliorare e di sviluppare molte politiche comuni quali quelle riguardanti il settore industriale, energetico e dello sviluppo tecnologico, prima frenate nel loro sviluppo dall’esistenza di tre esecutivi distinti.  

[8] Le barriere fisiche sono rappresentate dai controlli predisposti alle frontiere degli Stati membri che comportano ritardi e/o duplicazione nella documentazione richiesta e rallentano gli scambi. Le barriere tecniche derivano da norme tecniche diverse da nazione a nazione con conseguente obbligo per le imprese a sottostare a norme societarie di contenuto variegato o dare difficoltà ad entrare in mercati protetti dagli appalti pubblici. Le barriere fiscali, infine, consistono nelle differenze tra gli Stati membri nelle aliquote IVA  o nelle accise. L’abolizione definitiva dei controlli delle frontiere ha avuto luogo in data primo gennaio 1993.   

[9] Il Trattato di Maastricht è, nella forma, un testo di notevole estensione. E’ composto da diciotto “Protocolli” e trentatré “Dichiarazioni”. Le disposizioni che lo compongono sono articolate in  sette Titoli e numerate con le lettere maiuscole dell’alfabeto. Nell’articolazione il Trattato di Amsterdam ha sostituto alle lettere i numeri. Sotto il profilo sostanziale trattasi di disposizioni innovative e integrative dei Trattati CECA, CE ed Euratom. 

[10] Il Trattato costituzionale ( meglio noto come “Costituzione europea”) è stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 dai Capi di stato e di governo ed è al vaglio dei parlamenti e dei popoli degli  Stati membri dell’Unione europea. Il testo del Trattato costituzionale europeo unifica in un documento organico tutti i precedenti Trattati, da quello più remoto di Roma del 1957 fino a quelli più recenti di Maastricht e Nizza. La Costituzione europea deve essere ratificata da tutti i Paesi membri; in proposito alcuni Stati ricorrono alla via parlamentare, altri al referendum popolare, altri ancora ad un procedimento misto. La Costituzione, una volta ratificata da tutti gli Stati, entrerà in vigore a partire dal 2009, per talune materie, e dal 2014 per altre. Fino a quel momento l’Unione europea continuerà a funzionare come oggi, per mezzo dei Trattati in vigore. L’agenda delle ratifiche ha subito qualche modifica , dopo il voto negativo dei referendum in Francia (29 maggio 2005) e in Olanda (1 giugno 2005). Un grande dibattito è attualmente in corso in Europa e, nelle diverse Istituzioni europee, Consiglio, Commissione e Parlamento, nelle cui sedi si sta sviluppando un’approfondita riflessione sull’avvenire dell’Unione. La decisione finale sulla procedura di ratifica del Trattato costituzionale sarà adottata dai Capi di Stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo. Nel caso in cui alcuni Paesi non ratificheranno la Costituzione entro il 1 novembre 2006, si aprirebbe un capitolo dagli esiti par il futuro dell’Europa. Infatti secondo la Dichiarazione n. 30 del Trattato di Costituzione per l’Europa, in caso di mancata di ratifica da parte di uno Stato membro occorrerebbe una soluzione politica. La citata disposizione al riguardo recita:”se al termine di un periodo di due anni a decorrere dalla firma del Trattato i 4/5 degli Stati membri hanno ratificato detto Trattato e uno o più Stati membri hanno incontrato difficoltà nelle procedure di ratifica, la questione è deferita al Consiglio Europeo”.

[11] La C.G.C.E. assicura il rispetto del diritto comunitario in collaborazione con i giudici che sono tenuti ad applicarlo. La giurisdizione statale e quella comunitaria si intersecano con diverse modalità procedurali, dando luogo ad un ordinamento giuridico indipendente ma integrato con gli ordinamenti degli Stati membri. Un primo intervento della Corte di Giustizia è stato quello di considerare un provvedimento statale incompatibile con quello della Comunità privo di efficacia (C.G.C.E., Costa/ENEL, n.6/64). E’ sintomatico il fatto che il giudice nazionale mentre deve disapplicare le leggi nazionali in contrasto con le norme comunitarie, non ha il potere di disapplicare quelle comunitarie ove siano in  contrasto con la Costituzione della Repubblica, ma deve ricorrere al giudizio de4lla Corte Costituzionale (art.134 C.)

[12] Lo Stato – Nazione scaturisce da un processo di conquista, consolidamento, costruzione o istituzionalizzazione di determinate realtà sociali protrattosi, a volte, per molti secoli. L’Unione Europea invece non nasce per conquista militare, né ha la capacità di controllare un preciso territorio, ma deriva unicamente dalla concorde volontà di alcuni Stati di istituirla.

[13] In particolare, si creano gli strumenti giuridici idonei a realizzare la libertà di commercio all’interno dei singoli Stati membri, si legifera su: l’unione doganale e l’abolizione delle dogane interne, l’abbattimento delle misure ad effetto equivalente alle tasse doganali per la limitazione degli scambi commerciali, l’eliminazione dei monopoli commerciali.

[14] In tale modo risulta sminuito il ruolo del Parlamento e del Governo nazionale quale intermediari fra l’Unione europea ed i cittadini degli Stati membri.

[15] Come, ad esempio, la NATO costituita  per perseguire la sicurezza militare.

[16] Cosiddetto schema dei poteri “a matrice” (v. Elazaar 1005) nel senso che non vi possono essere gerarchie fra i vari poteri, ma ognuno di essi viene esercitato in un particolare campo dell’attività pubblica in maniera autonoma. Ciò comporta che sia il centro federale che gli Stati federati sono dotati di strutture amministrative autonome e indipendenti rispetto a quelle del centro federale e degli altri Stati federali. 

[17] Il federalismo cooperativo della Germania si basa sul principio della collaborazione fra il Bund ed il Lander e abbraccia un numero indefinito di competenze sempre nuove e in crescita a causa dell’evolversi delle esigenze pubbliche. Ha una  debole amministrazione centrale poiché sono le amministrazioni dei Lander delegate dal Bund, che hanno competenze specifiche nei vari settori.

[18] I procedimenti speciali sono molti. Fra i principali ricordiamo: a) il procedimento di consultazione del Parlamento sul testo proposto dalla Commissione ma non vincolante il Consiglio; b) il procedimento di cooperazione del Parlamento che può proporre emendamenti al testo del Consiglio che, tuttavia,se delibera può non tenere conto degli emendamenti parlamentari, ove deliberi all’unanimità; c) il procedimento di parere conforme con il quale il Parlamento può respingere la proposta di atto formulata dalla Commissione e dal Consiglio; d)il procedimento di formazione di accordi internazionali che rientra nella competenza del Consiglio; e) il procedimento di approvazione e di formazione del bilancio nel quale Consiglio e Parlamento compartecipano con ruoli di diversa natura.  

[19] Nel metodo intergovernativo il Consiglio non condivide con Parlamento e con Commissione le responsabilità decisionali. Si rende tuttavia opportuno il ricorso alla prassi dell’informazione e della consultazione di tali Istituzioni. 

[20] Un procedimento introdotto dal trattato UE del 1992 e che oggi è adottato più frequentemente di altri è il procedimento di co - decisione.

 Trattasi di un procedimento complesso che ha sostituito il procedimento ordinario o di consultazione del Parlamento. Quest’ultimo è ormai utilizzato solo per determinate materie. Con il procedimento di co - decisione il Parlamento assume la funzione di co - legislatore. Esso infatti, dopo la fase di iniziative legislativa spettante alla Commissione e dopo quella di espressione della posizione del Consiglio, può proporre emendamenti o rigettare il testo legislativo che non condivide.

 Tale procedimento ha determinato nella UE, secondo la tesi di alcuni studiosi, il sorgere del cosiddetto “bicameralismo legislativo” ( Consiglio e Parlamento). Ma è da ritenere che se per “bicameralismo legislativo” vuole intendersi il particolare rapporto sopra delineato allora il termine appare consono; se di contro lo si intende come rapporto assimila bile a quello di un qualsiasi sistema parlamentare bicamerale, l’espressione è ben lontana dalla realtà perché manca un elemento fondamentale: la mediazione dei partiti politici.

 Peraltro in atto non  esistono partiti politici europei in grado di incidere sulla politica dell’Unione Europea.

[21] I singoli soggetti del Consiglio sui quali è esercitata la pressione sono i delegati nazionali ed i membri dei comitati per gli argomenti di carattere generale, ed i gruppi di lavoro per le decisioni specifiche e tecniche da assumere. Una curiosità da rimarcare è che i cittadini europei, secondo indagini statistiche, non considerano il Consiglio un’Istituzione affidabile.

[22] Dal Consiglio dell’Unione europea a dal Consiglio europeo occorre distinguere il Consiglio d’Europa: prima organizzazione internazionale costituitasi in Europa dopo la seconda guerra mondiale . Oggi comprende la quasi totalità degli Stati del continente. Membri di tale istituzione sono 46 paesi. Trova fondamento giuridico nel Trattato di Londra, firmato il 5 maggio 1949 dai dieci paesi fondatori: Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia. L’Italia ha ratificato lo statuto del Consiglio d’Europa  con la legge 23 luglio 1949, n.433. Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale autonoma con sede a Strasburgo: il suo ruolo principale è quello di rafforzare la democrazia, tutelare i diritti dell’uomo e garantire lo stato di diritto nei propri Stati membri. Anche se i 25 Stati membri dell’Unione europea sono tutti membri del Consiglio d’Europa, le due organizzazioni sono totalmente distinte.

Fin dalla sua fondazione, il Consiglio d’Europa ha operato per garantire il rispetto di tre principi fondamentali: la democrazia parlamentare, l’armonizzazione tramite accordi delle pratiche sociali e giuridiche degli Stati membri, il radicamento della consapevolezza dell’identità europea, fondata su valori che trascendono le diversità culturali. Si propone di combattere ogni forma di intolleranza e di valorizzazione l’identità culturale europea. Individua i problemi sociali (ad esempio, le tossicodipendenze, l’AIDS, la protezione ambientale, la bioetica) e ne ricerca le soluzioni, tutela la qualità della vita dei popoli dell’Europa, aiuta i paesi dell’Europa centrale ed orientale (dopo la caduta della cosiddetta “cortina di ferro”) nell’attuare e rafforzare le riforme politiche , legislative e comunitarie in sintonia con le riforme economiche.

I Capi di Stato e di governo hanno adottato importanti decisioni durante i seguenti tre Vertici: il Vertice di Vienna dell’ottobre del 1993 a seguito del quale è stato deciso che il Consiglio d’Europa si sarebbe dovuto porre come garante della sicurezza democratica, collegata e complementare a quella militare e cui è ascrivibile la stabilità e la pace nel continente; il Vertice di Strasburgo dell’ottobre del 1997 con il quale è stato posto in essere un piano d’azione finalizzato a rafforzare quattro settori dell’attività del Consiglio: democrazia e diritti dell’uomo, sicurezza dei cittadini, valori democratici e diversità culturali; il Vertice del maggio 2005 tenutosi a Varsavia nel corso del quale è stato programmato il piano d’azione degli anni a venire con la promozione dei valori fondamentali comuni (diritti dell’uomo, stato di diritto e democrazia); ed il rafforzamento della sicurezza europea con la lotta al terrorismo, al crimine organizzato ed il traffico di esseri umani; ed infine lo sviluppo della cooperazione con altre organizzazioni internazionali ed europee.   

I lavori del Consiglio assumono la forma di “convenzioni” ed “accordi” e costituiscono la base per l’armonizzazione delle legislazioni dei diversi Stati membri.  

[23] L’espressione “Consiglio Europeo” adottata dal Consiglio dell’Unione fu voluta dai capi di governo degli Stati membri. Il Consiglio Europeo fu riconosciuto giuridicamente nel 1985 dall’Atto Unico Europeo ed il suo statuto ufficiale è stato inserito nel 1992 nell’articolo 4 del trattato UE.

[24] I governi selezionano i soggetti che ricoprono tutte le principali cariche di governo del Consiglio in modo che essi possano intervenire in maniera concreta in qualsiasi procedura decisionale. Trattasi di alti funzionari investiti di competenze e di funzioni tecnico – politiche di grandissima importanza politica ed economica.

[25] Per meglio deliberare il Consiglio dell’Unione, al suo interno, è ripartito in varie composizioni:a) Affari Generali per la cura della politica in generale e della politica estera; b) Consigli Tecnici per la cura di specifici settori, quali ambiente, trasporti, economia, finanza ecc.. 

[26] Al vertice dell’amministrazione del Consiglio vi è il segretario generale.

Per l’esame delle proposte legislative della Commissione il Consiglio costituisce gruppi di lavoro che si riuniscono ed operano secondo le necessità del compito da svolgere.

I rapporti tra i governi membri e le altre istituzioni avvengono tramite il comitato dei rappresentanti  permanenti (COREPER costituito nel 1958) formato da funzionari ed esperti dei  singoli governi membri.

[27] La maggioranza semplice vige per le questioni procedurali e per alcune decisioni riguardanti la politica commerciale comune.

[28] Il voto a maggioranza qualificata (cd. “ponderata”, in quanto a ciascuno Stato è attribuito un certo numero di voti, calibrato in modo tale da evitare minoranze  formate solo da piccoli stati, o maggioranze formate solo da grandi stati) è prevista solitamente per le decisioni sulle metodiche comunitarie.

Essa si raggiunge quando una proposta di delibera su 87 voti ne raccoglie 62 favorevoli.

La distribuzione dei voti è diversa da Stato a Stato poiché hanno più voti gli Stati membri con maggiore popolazione rispetto quelli meno popolati: ad esempio Francia, Germania, Regno Unito ed Italia dispongono di 10 voti al contrario del Lussemburgo che ne ha solamente 2. La distribuzione di voti è diretta a mantenere l’equilibrio fra i paesi aderenti all’Unione Europea.  

[29] L’unanimità è richiesta in molti casi. Possono citarsi le decisioni riguardanti il coinvolgimento delle disposizioni nazionali che incidono sul funzionamento dl mercato comune.

[30] Tale potere è stato recentemente ampiamente esercitato nei confronti degli Stati membri  per il controllo delle direttive regolatrici degli appalti pubblici.

[31] Ad esempio, vedi: art.85, per il controllo delle operazioni che mettono in pericolo la concorrenza; artt. 90 e 91, per il controllo sulle imprese pubbliche e sugli aiuti dello Stato all’industria.

[32] V. Direttiva 96/19/CEE del 13 marzo 1996.

[33] Esse sono unità funzionali fondamentali dell’Unione Europea ed il loro numero è andato aumentando con l’allargamento delle competenze della UE. Hanno diversa estensione ed importanza.

[34] Il numero dei commissari che compongono il collegio si è andato sempre più accrescendo con l’aumento degli Stati aderenti all’Unione Europea. Tutti gli Stati membri nominano un membro della Commissione tranne Italia, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito ( Stati di maggiore estensione territorialmente) che ne nominano due.

[35] Il commissario nomina direttamente i cabinet,. un gruppo di consiglieri (sei o otto)  che hanno la funzione di mettere al corrente il commissario sugli sviluppi osservati all’interno del portafoglio e di assicurare che qualsiasi proposta sia coordinata con l’attività degli altri.

[36] Una Assemblea rappresentativa dei sei Stati fondatori fu prevista fin dal 1952 dalla CECA. Questa Assemblea era composta da 78 rappresentanti nominati dai parlamenti  nazionali in proporzione alla popolazione dei rispettivi paesi.

 Si dovette attendere ben 27 anni (1979) perché l’Assemblea prendesse il nome di Parlamento europeo ed i suoi componenti venissero eletti a suffragio universale.

Naturalmente i componenti sono andati aumentando di volta in volta che nuovi Stati  europei sono entrati a fare parte dell’Unione.

In ogni caso secondo il protocollo allegato al Trattato di Nizza del 2000 il numero dei componenti del Parlamento europeo non può superare le 732 unità indipendentemente dal numero dei nuovi Paesi membri. Se qualche paese  candidato non aderisse all’unione i seggi vacanti verrebbero ridistribuiti proporzionalmente fra tutti i paesi onde mantenere il numero fissato.

[37] In Austria, Francia, Germania e Svezia sono previste soglie minime per l’accesso al Parlamento, mentre in Belgio, Danimarca, Regno Unito, Irlanda ed Italia vi sono più collegi.

[38] Promana normalmente da uno dei due grandi gruppi (Pse o Ppe) e svolge i compiti che tradizionalmente sono di competenza di ogni presidente: dirige l’insieme delle attività del Parlamento e dei suoi organi; presiede le sedute plenarie nonché le riunioni dell’Ufficio di Presidenza e della Conferenza dei presidenti; rappresenta il Parlamento in tutte le relazioni esterne e, in particolare, in quelle internazionali..  

[39] E’ l’organo che sovrintende a tutte le attività dell’Istituzione, è competente per il bilancio del Parlamento così come per le questioni amministrative e finanziarie riguardanti direttamente i deputati. E’ composto dal Presidente, da quattordici vice presidenti, da cinque questori, con funzioni consultive.. Decide sulle questioni amministrative e finanziarie. Tali soggetti durano in carica per due anni e mezzo., cioè per metà della legislatura. 

[40] E’ riunisce il Presidente del Parlamento e i Presidenti dei gruppi politici: è l’organo di direzione politica dell’Istituzione. Ha la funzione di stabilire le competenze ed il numero dei membri delle commissioni e delle delegazioni parlamentari, decide la ripartizione dei seggi in aula e coordina le modalità di svolgimento dell’attività interna  (sessioni, ordini del giorno e programmazione legislativa).

[41] Riflettono la composizione dell’assemblea ed istruiscono i lavori dell’assemblea plenaria. Possono essere permanenti e temporanee; fra queste ultime assumono rilevante importanza le commissioni d’inchiesta.

[42] Attualmente esistono sette gruppi politici. Molti gruppi politici sono legati a partiti organizzati a livello europeo. Ciascun gruppo politico dispon di un Presidente, di un Ufficio di presidenza e di una Segreteria.

[43] Attengono alla funzione propriamente consultiva e sono emessi dietro richiesta di altre Istituzione comunitaria.

 Possono essere provocati  su specifiche questioni e quindi sono singoli atti autonomi oppure attenere alla fase di una procedura legislativa nell’ambito della quale vengono emanati i atti vincolanti per la Comunità (direttive, regolamenti o decisioni).

[44] In questa fase gli atti sono sottoposti al parere obbligatorio del Parlamento; se il Consiglio omette di richiederlo la procedura risulta viziata e l’atto è nullo. In ogni caso il parere espresso non solo obbliga il Consiglio a tenerne conto, ma soprattutto preclude che il testo approvato dal Consiglio, possa contenere variazioni rispetto alla formulazione sottoposta  al Parlamento.

[45] In questa procedura  la Partecipazione del Parlamento avviene su materie di notevolissima importanza (quali la libera circolazione dei lavoratori, il diritto d stabilimento, il riavvicinamento delle legislazioni, la protezione dei consumatori, ecc.) e può sfociare in un vero proprio potere di veto sul provvedimento del Consiglio che dovesse essere difforme. Era prevista in un primo momento per un numero limitato di casi, ma il Trattato di Amsterdam l’ha estesa a molti settori., restringendo specularmente la sfera di applicazione della procedura di cooperazione. La logica della procedura di co -dicisione rientra in un ambito di bicameralismo molto vicino al sistema federale; infatti il potere decisionale è ripartito fra l’istituzione che rappresenta gli Stati membri e quella che rappresenta i popoli.

[46] La procedura di nomina della Commissione è articolata in due fasi: la prima si esplica nei confronti del Presidente (designato di  comune accordo dai governi degli  Stati membri), la seconda nei riguardi della Commissione nel suo complesso (i cui componenti sono designati dagli Stati membri d’accordo con il Presidente). Il Parlamento può accogliere o respingere in toto la Commissione. Questa procedura è simile alla “fiducia” dei Parlamenti nei confronti dei governi.

[47] Le interrogazioni possono essere scritte od orali e consistono in quesiti posti alla Commissione riguardo al suo operato.

[48] La Commissione rende conto del proprio operato al Parlamento al cui giudizio sottopone le linee della sua politica.

[49] Il Presidente della BCE deve annualmente riferire al Parlamento e presentarsi di fronte ad esso almeno quattro volte all’anno a meno che non sia necessario, su richiesta del Parlamento, presentarsi anche altre volte. 

[50] E’ da menzionare la Commissione d’inchiesta istituita nel caso della c.d. mucca pazza.

[51] Una commissione di recente istituzione è quella che ha svolto indagini su Echelon, la rete anglo-americana delle intercettazioni elettroniche.

[52] La figura del Mediatore è stata introdotta per la prima volta dal  Trattato di Maastricht; esso può essere paragonato al difensore civico. Egli constatata la cattiva amministrazione, dopo avere informata l’ istituzione interessata, presenta denuncia al Parlamento Europeo.

[53] L’impugnabilità degli atti del Parlamento europeo è condizione essenziale per l’esercizio della facoltà di impugnare a sua volta gli atti delle altre istituzioni comunitarie.

[54] I ricorsi per annullamento sono particolarmente importanti. Riguardano normalmente gli aspetti giuridici di un atto comunitario (cioè o la procedura di adozione dello stesso: semplice, qualificata o all’unanimità) o il mancato coinvolgimento dello stesso Parlamento (consultazione, codecisione, ecc.).   

[55] la concessione del “discarico” ha una forte valenza politica. Ad esempio nel 1999 il Parlamento rinviando la concessione del discarico ha voluto evidenziare la mancanza di trasparenza nella gestione della Commissione, tant’è che la Commissione dell’epoca, guidata da Santer, presentò le dimissioni. 

[56] Sino a quando il bilancio non è approvato, il finanziamento delle spese non obbligatorie avverrà per dodicesimi sulla base del bilancio dell’anno precedente.

[57] Il 2 maggio 1998 il Consiglio europeo a maggioranza qualificata in base ad un rapporto della Commissione ha designato gli Stati che, avendo raggiunto i limiti richiesti, potevano essere ammessi, se lo avessero voluto, all’Unione Economica Monetaria. Nel contempo sono state definite le condizioni di esercizio della politica monetaria e di cambio unico e si è dato inizio alla produzione di monete e di banconote in euro. Gli Stati membri aderenti all’euro sono stati inizialmente undici: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. La Grecia non era riuscita ad adeguarsi in tempo ai parametri richiesti, mentre Regno Unito, Danimarca e Svezia avevano deciso di restare fuori dalla Unione Monetaria Europea. L’unità monetaria si concretizza ufficialmente il  primo gennaio 1999 e rappresenta per gli Stati membri la perdita di uno degli elementi essenziali della propria sovranità.

[58] Il Sistema Europeo delle Banche Centrali è formato dalla Banca Centrale Europea, da dodici Banche Centrali nazionali e da tre Banche Centrali che ancora non hanno adottato l’euro. E’ una istituzione indipendente che non può ricevere indicazioni dagli Stati membri o dalle istituzioni europee. Non ha  personalità giuridica né propri organi decisionali. Il termine con il quale vengono definiti i compiti fondamentali delle Banche Centrali è l’”eurosistema”, espressione   “coniata” dalla Banca Centrale Europea.

  

[59] Un anno dopo, nel 1965, la Commissione propose l’istituzione di un sistema di tassi di cambio fissi tra le monete europee; ma questa proposta non ottenne effetti immediati. Nel 1968 la Commissione elaborò il Rapporto Barre da presentare al vertice comunitario tenuto all’Aia nel 1969. La finalità era quella di attuare al più presto l’Unione Economica Monetaria creando un sistema comunitario di banche centrali. 

[60] Lo SME si basava su un sistema a tassi di cambio fissi anche se rivedibili. Singolare è la procedura del meccanismo di cambio: se una delle monete supera i limiti stabiliti le banche centrali intervengono e decidono se svalutare o meno la moneta colpita. Il rapporto fra le monete era interno al sistema  e cioè aveva come riferimento lo sviluppo dell’economia del sistema stesso.  

[61] Il Consiglio, se lo Stato membro non rispetta le sue decisioni, può imporre multe ed esigere un deposito senza interessi fino a che il deficit non venga annullato.

[62] La Banca Centrale Europea non ha precedenti storici. Non è mai esistita una banca centrale alla quale sia stato affidato il compito di gestire la politica monetaria di un’area di così grandi dimensioni come quella dell’euro.

[63] Essi sono in particolare: regolamenti per quei paesi che hanno aderito all’euro; decisioni, atti obbligatori per i destinatari, raccomandazioni, pareri, atti non vincolanti ed, infine, istruzioni, decisioni, indirizzi concepiti in modo tale da subordinare le Banche nazionali alla Banca centrale Europea.

[64] Attualmente è composto da diciotto membri: sei facenti parte del Comitato esecutivo e dodici governatori delle Banche centrali dell’eurosistema. Tutti i membri sono nominati ad personam e non come rappresentanti degli Stati membri. Per l’efficacia delle delibere è necessaria la presenza dei due terzi dei componenti del Consiglio e le stesse sono adottate a maggioranza semplice tranne per quelle materia per le quali il Trattato prevede una maggioranza qualificata. Secondo lo statuto la Banca Centrale Europea dovrebbe riunirsi dieci volte all’anno ma in realtà le riunioni avvengono con cadenza quindicinale a Francoforte il giovedì mattina. Per una curiosa prassi  i governatori si incontrano informalmente il mercoledì sera a cena a nell’Eurotowwer, la sede della Banca Centrale Europea.

[65] Lo statuto stabilisce che l’attuazione della politica monetaria è di competenza del Comitato esecutivo e che non può essere, in alcun modo, esercitata dal Consiglio direttivo.

[66] I gruppi parlamentari sono formati dagli eletti dei paesi comunitari appartenenti o allo stesso partito o a partiti ideologicamente compatibili.

[67] Le organizzazioni extraparlamentari possono assumere vesti giuridiche diverse: quella di federazioni transanazionali costituite  dalle famiglie politiche più in vista degli Stati nazionali, o quella di una struttura di coordinamento.

[68] L’art. 191 del Trattato di Nizza testualmente stabilisce: I partiti “contribuiscono a formare una coscienza europea e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione”.

[69] Fra le principali tipologie delle Lobbies private possono distinguersi la UNICE che rappresenta gli interessi degli industriali, la EUROCHAMBERS che rappresenta le camere di commercio, la ERT che riunisce gli amministratori delegati delle maggiori industrie europee, ed ancora, organizzazioni settoriali quali la CEFIC, che rappresenta oltre 40000 ditte di prodotti chimici,  la ACEA  che rappresenta produttori di automobili e di mezzi motorizzati, la FBE che rappresenta le banche europee, la COPA che rappresenta gli interessi degli agricoltori.

[70] Le Lobbies pubbliche hanno meno forza delle private. Esse non hanno la competenza tecnica e le risorse e le abilità negoziali di quelle private. La maggiore organizzazione è l’ETUC, composta da membri dei sindacati nazionali con diretta rappresentanza a Bruxelles. Si possono ancora elencare: l’ECAS, l’EEB, il BEUC, l’EWL, l’ENOW, ecc.

 

Data di pubblicazione: 5 gennaio 2007.