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Vol. V/2007

RIVISTA DI DIRITTO DELL’ECONOMIA,

DEI TRASPORTI E DELL’AMBIENTE

 

 

In tema di provvedimenti d’attuazione delle normative internazionali per la protezione dell’ambiente marino

Italo Bufardeci*

 

CASSAZIONE CIVILE, SEZ . I, 14 SETTEMBRE 2006, N . 19800

MAZZITELLI C . CAPITANERIA DEL PORTO DI AUGUSTA

DISCIPLINA IN TEMA DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO – SMALTIMENTO DEI RIFIUTI DI BORDO – ORDINANZA DELL’AUTORITÀ marittima – IMPOSIZIONE DI TEMPI VINCOLANTI DI CONSEGNA DEI RIFIUTI – CONTRASTO CON LA CONVENZIONE MARPOL 73/78 – Non sussiste - INOTTEMPERANZA AL PROVVEDIMENTO – SANZIONE AMMINISTRATIVA EX ART . 1174 C . NAV . – APPLICABILITÀ

L'ordinanza della Capitaneria di Porto che impone limiti temporali alla consegna dei rifiuti di bordo alle navi in ingresso nel porto non contrasta con quanto disposto dall'allegato V alla Convenzione Marpol 73/78 sulla prevenzione dell'inquinamento causato da navi, benché quest'ultimo allegato, nello stabilire le linee guida dei piani di smaltimento dei rifiuti da adottare dalle singole navi, nulla preveda in ordine alla tempistica dell'obbligo di consegna. Sono pertanto applicabili, in caso d'inosservanza di detta ordinanza, le sanzioni previste dall'art. 1174 cod. nav.

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La sentenza che si annota ha confermato l’assoluta necessità di operare un riordino delle norme in materia di smaltimento dei rifiuti di bordo al fine di una concreta attuazione della Convenzione Marpol con specifico riferimento alle sanzioni applicabili.

La sentenza s‘inserisce, infatti, in un quadro normativo posto a tutela dell’ambiente marino quanto mai disomogeneo e variegato1.

Il giudizio aveva preso avvio in conseguenza di un’opposizione al Giudice di Pace rispetto all’ordinanza-ingiunzione emanata dalla Capitaneria di Porto di Augusta nei confronti del Comandante di una nave battente bandiera italiana, per non avere consegnato, all’arrivo nel porto di Augusta (dopo oltre 24 ore dalla partenza avvenuta il giorno prima da altro porto italiano), alla società concessionaria del servizio i rifiuti (non alimentari) sicuramente prodotti durante l’uso normale della nave e ciò in violazione all’ordinanza resa dalla locale Capitaneria di porto n. 68/95, come poi modificata dalla n . 79/99.

Va precisato che nei giorni di permanenza della nave nel porto di Augusta il Comandante della stessa all’atto del verbale di constatazione e contestazione nulla dichiarò, anzi durante l’ulteriore periodo di sosta consegnò alla società concessionaria i rifiuti prodotti, non eccependo a propria eventuale discolpa né che i rifiuti non alimentari fossero stati trattati e/o triturati da impianti esistenti sulla nave, né che la nave fosse dotata di idonee attrezzature per il loro contenimento.

Solo successivamente, con specifici scritti difensivi, il Comandante contestò la ordinanza-ingiunzione, sostenendo che, avendo adempiuto a quanto previsto dalla nuova regola 9 dell’allegato V della Marpol, e cioè avendo predisposto il piano per la gestione dei rifiuti, non erano più applicabili nei suoi confronti le ordinanze della Capitaneria di Porto poste a base dell’ingiunzione perché in contrasto con la suindicata norma internazionale.

In buona sostanza, la difesa del Comandante ritenne che in ragione della predisposizione del piano di gestione dei rifiuti - che ha previsto procedure per la raccolta, il deposito, la trasformazione e l’eliminazione dei rifiuti, l’uso dei macchinari a bordo (piano strutturalmente redatto correttamente, come riconosciuto dalla stessa Capitaneria), - non fossero più applicabili altre disposizioni in materia e ciò tanto più se aventi natura di provvedimenti amministrativi resi da Autorità locali, quali la Capitaneria di Porto.

Nel corso del giudizio la difesa del ricorrente insistette sulla possibilità del Giudice di conoscere, ai sensi dell’art. 22 della l. 689/1981, degli atti amministrativi in virtù dei quali è stata contestata la violazione sanzionata e ciò in conformità al disposto dell’art. 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo2.

Si osserva, per inciso, che benché il Giudice di Pace abbia voluto puntualizzare che la ordinanza n. 79/99 non era stata impugnata avanti all’Autorità amministrativa competente e quindi risultava pienamente valida ed efficace, tale profilo riveste, a mio avviso, scarso rilievo in quanto nella fattispecie non è stato posto in discussione il principio, peraltro pacifico, della possibilità del Giudice di Pace di conoscere dell’ordinanza della Capitaneria di Porto alla base dell’ingiunzione, ma se la stessa fosse applicabile o meno, in conseguenza della nuova regola 9 dell’allegato V alla Marpol.

Tanto il Giudice di Pace che la Cassazione hanno comunque respinto le ragioni del ricorrente.

Ciò premesso, ritengo che le conclusioni del Giudice di merito e della Corte possano essere condivise .

La questione va trattata approfondendo la ratio degli emendamenti della Marpol, l’indirizzo generale sui principi afferenti l’ambiente e lo smaltimento dei rifiuti, la legittimità o meno dell’ordinanza regolamentare della Capitaneria di Porto in materia (e qual è la disapplicazione in sede giudiziale), in assenza di specifica previsione normativa circa la tempistica sullo smaltimento dei rifiuti.

E’ certo anzitutto che gli emendamenti alla Marpol, così come tutta la normativa sullo smaltimento dei rifiuti in genere ed in particolare modo per quelli prodotti dalle navi, abbiano un unico comune denominatore e cioè un sempre più puntuale, circostanziato e rigoroso rispetto dell’ambiente nella sua accezione più lata e completa.

L’assegnazione di nuovi compiti alle navi, quali la predisposizione di un piano di gestione dei rifiuti, è esemplificativa della volontà di porre a carico dei vari utenti del mare e della navigazione una sempre più rigorosa disciplina ed un sempre più puntuale adempimento delle varie fasi di produzione e smaltimento dei rifiuti.

Un porto si distingue da un altro per tutta una serie di peculiarità, tra cui la conformazione geografica e la tipologia di traffici ad esso relativi , con esigenze di regolazione differenti alle quali è necessario rispondere con opportune specifiche disposizioni.

E’ indubbio, pertanto, che le Autorità Marittime, nell’ambito dei propri poteri, possano regolamentare con apposite ordinanze - emanate nel rispetto dei fini prefissati dal legislatore e nell’ambito di un certo ambito di discrezionalità spettante a ciascun organo amministrativo- aspetti specifici della vita portuale3.

Come peraltro precisò la Capitaneria di Porto negli atti acquisiti al processo, la predisposizione, da parte del Comandante della nave, del piano di gestione dei rifiuti e l’emanazione, da parte della Capitaneria, l'ordinanze che prevedono che i rifiuti devono essere conferiti al personale della ditta concessionaria del servizio di raccolta rifiuti all’arrivo in porto o in rada (sempre che siano trascorse 24 ore dall’ultima consegna dei rifiuti), giova porlo in evidenza, non possono certo, a mio avviso, considerarsi atti confliggenti o incompatibili perchè alternativi.

Anzi, proprio in assenza di specifica normativa generale circa la tempistica relativa all’eliminazione dei rifiuti e tenuto conto della differenti caratteristiche dei vari porti (diversità che giustifica una certa autonomia delle Autorità locali ivi preposte), risultava vieppiù legittimo disciplinare con specifica ordinanza locale lo smaltimento dei rifiuti e ciò in ossequio ai principi generali di tutela e rispetto dell’ambiente.

Il ricorrente aveva, altresì, fatto cenno all’art. 10 della nostra Costituzione che conforma l’ordinamento italiano alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.

Era stato posto l’accento sulla necessità di coordinamento e graduazione delle fonti normative e dei livelli ordinamentali, richiamandosi la posizione assunta dalla Cassazione penale4 (in più occasioni prima della depenalizzazione) in tema di violazione della normativa di cui alla legge di ratifica del 31 dicembre 1982 n. 979 (la legge nazionale era stata disapplicata perché in contrasto con la normativa sopranazionale).

Sul punto, se è vero, da un lato, che dottrina e giurisprudenza hanno affermato, più volte, che nel contrasto tra disciplina interna e normativa internazionale (anche) pattizia, il Giudice deve fare riferimento alla normativa internazionale e deve, quindi, disapplicare la normativa nazionale che sia in contrasto con essa (circostanza peraltro non sussistente nella fattispecie dove vi è soltanto una previsione generale non completata da una disciplina specifica circa la tempistica dello smaltimento), dall’altro lato, è altrettanto corretto sottolineare come nella materia ambientale le convenzioni internazionali nella parte contenente i precetti negativi debbano semplicemente servire da limite minimo di comportamento come è espressamente previsto dalla convenzione delle NU sul diritto del mare di Montego Bay del 1982.

Muovendo dall’art. 2115 della citata convenzione sul diritto del mare un quadro giuridico di diritto interno più rigido e restrittivo rispetto alla Marpol appare, quindi, legittimo.

Tuttavia, la questione circa la possibilità che attraverso la normazione interna, legge ordinaria o atto regolamentare, si possa intervenire con normative più stringenti rispetto a quelle sopranazionali nel caso di specie non si pone, in ragione del fatto che l’ordinanza in questione non è più restrittiva (semmai applicativa-integrativa) rispetto alla norma pattizia di riferimento, che non prevede minuti dettagli circa la tempistica per l’eliminazione dei rifiuti.

Inoltre, ad avviso dello scrivente, bene ha fatto il Giudice di Legittimità ad operare un confronto, soltanto ai fini ermeneutici, con il d.lgs. 182/2003 (attuativo della Direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui di carico).

Infatti il predetto provvedimento legislativo (successivo ai fatti di causa) costituisce la conferma della piena aderenza dell’ordinanza oggetto di contestazione anche agli ulteriori principi normativi interni in materia di conferimento e raccolta dei prodotti dalle navi6.

L’ordinanza posta a base dell’ingiunzione opposta non configura quindi nessuna violazione della normativa nazionale ed internazionale ma rappresenta un mero completamento e rafforzamento delle finalità e dei principi della normativa stessa.

Esse sono disposizioni integrative, se non addirittura suppletive, della disciplina introdotta con gli emendamenti all’allegato V della Marpol, specificamente della regola 9 che, come evidenziato, nulla stabilisce circa la tempistica della eliminazione dei rifiuti di bordo.

Tutto ciò nel presupposto che le prescrizioni di carattere generale e di principio dell’allegato V della Marpol non possono di certo considerarsi esaustive di ogni e qualsiasi obbligo e/o adempimento in capo al Comandante della nave .

La convinzione della piena legittimità dell’ordinanza posta a base dell’ingiunzione oggetto della sentenza non fa comunque venire meno, anzi accentua, la necessità di una più soddisfacente armonizzazione e di un più organico riordino cui ho fatto cenno all’inizio di questa breve nota.

 

* Dottore in giurisprudenza.

1 Cfr. Cottone, L’inquinamento marino causato dai rifiuti prodotti dalle navi: sviluppi e tendenze evolutive, in Rivista giur. amb. 2007, 389, ove si legge che “La minaccia alla biodiversità marina è in gran parte dovuta ad eventi connessi alla navigazione commerciale; si pensi agli scarichi accidentali addebitabili a fatti colposi nella gestione della nave o agli scarichi conseguenti a sinistri marittimi che, tuttavia si verificano con una minore frequenza”.

2 Cfr.  Cass. Civ., sez. I, 21 maggio 1999, n. 4941: “Nel procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, il pretore, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 689 del 1981, può conoscere, ai fini della loro eventuale disapplicazione, in conformità al disposto dell’art. 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, degli atti amministrativi in applicazione dei quali è stata contestata la violazione sanzionata con la detta ordinanza, senza che le questioni circa l’esercizio del relativo potere siano configurabili come questioni di giurisdizione, essendo attinenti soltanto ai limiti interni della giurisdizione ordinaria, alla quale la l. n. 689 del 1981 ha rimesso non solo l’accertamento della capacità di intendere e volere del trasgressore, dell’elemento soggettivo e della presenza di cause di esclusione della responsabilità, ma anche il potere di annullare in tutto o in parte il provvedimento amministrativo e modificarlo anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta”.

3 Cfr. art. 11, D.Lgs. 182/2003, con cui viene riconosciuta all’Autorità marittima la possibilità di impedire lasciare il porto, in caso di accertata violazione degli obblighi di notifica e conferimento dei rifiuti.

4 Cfr. Cass. Pen, sez III, 29 gennaio 1997, n. 612, in Diritto dei Trasporti, 1999, 613 (con nota di ROSAFIO, Sulle successioni delle leggi nel tempo: legge sulla difesa del mare e Convenzione Marpol), secondo cui “le condotte attinenti agli scarichi nella parti comuni alla legge nazionale da un lato ed alla Convenzione dall’altro sono ora disciplinate dalla Marpol che prevale sulla legge interna anche perché più favorevole”. V. CAMARDA, L’evoluzione della normativa internazionale e nazionale vigente in materia della sicurezza della navigazione e prevenzione dell’inquinamento marino, in Riv. giur. amb., 2001, 718.

5 Cfr. Bevilacqua, Normativa interna, comunitaria ed internazionale in tema di smaltimento o trattamento di rifiuti idrocarburici provenienti da navi, in Rivista di diritto dell'economia, dei trasporti e dell'ambiente, vol. V/2007, www.giureta.unipa.itLa Convenzione delle NU sul diritto del mare, firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 disciplina anche i poteri degli stati in materia di lotta all’inquinamento da navi. In particolare, per quanto riguarda il potere di uno Stato di regolamentare le navi battenti la sua bandiera in modo più restrittivo pattiziamente, la norma di riferimento è l’art. 211 par. 2”. Dalla lettura di questo articolo, emerge con chiarezza che, ai sensi del diritto internazionale, uno Stato parte della Convenzione Marpol, adottata in sede IMO può legittimamente adottare norme più severe, rispetto ad essa, per le navi della stessa nazionalità.

6 Cfr. Decreto legislativo 182/2003 art. 7, c. 1: “Il Comandante di una nave, ogni qual volta lascia il porto di approdo, conferisce i rifiuti prodotti dalla nave all’impianto portuale di raccolta prima di lasciare il porto. Detta disposizione non si applica alle navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari”.

Data di pubblicazione: 24 settembre 2007.