Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente, II/2004
Brevi considerazioni sulla rete transeuropea dei
trasporti,
alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione
Caterina Montebello *
La politica
comunitaria volta alla costituzione ed allo sviluppo di una rete transeuropea
nel settore delle infrastrutture dei trasporti è stata introdotta solo in fase
di avanzata integrazione comunitaria, con l’entrata in vigore, nel 1993, delle
modifiche apportate a Maastricht al Trattato di Roma (artt. 154 ss.) [1].
Sino a tale data, le infrastrutture hanno costituito, com’è noto, solo una
parte della politica comunitaria dei trasporti, risentendo, peraltro, del lento
sviluppo [2]. Solo negli anni più recenti, infatti, il processo di integrazione europea è stato
caratterizzato dalla più generale tendenza volta ad attribuire alla Comunità
competenze in settori che implicano una redistribuzione delle risorse ed un
intervento diretto sul mercato, attraverso strumenti finora utilizzati
esclusivamente dagli Stati membri. La conseguente necessità di trovare nessi di compatibilità con le c.d. politiche
di prima generazione - che sono per lo più politiche di regolamentazione del
mercato - [3], ha portato
a considerare l’art. 154 del Trattato come un completamento del sistema di
norme comunitarie sulla concorrenza; “se queste ultime sono strettamente
basilari all’integrazione europea
attraverso l’instaurazione di un mercato interno aperto che deve essere
eterocorretto con i procedimenti previsti a tutela della concorrenza, l’art.
154 è non meno strettamente connesso alla coesione sociale europea, in
un’Unione che non è solo mercato e sua eterocorrezione, ma anche
eterocompensazione” [4].
L’azione della Comunità mira, infatti, ad un riequilibrio territoriale, anche
attraverso una più selettiva e mirata allocazione dei fondi strutturali, per
evitare gli effetti di una liberalizzazione selvaggia, tra cui il naturale
addensamento delle reti nelle aree forti, aumentandone ulteriormente
l’attrattività economica. Ancora nell’ottica del contemperamento e della
coerenza tra le politiche comunitarie, la realizzazione della rete transeuropea
dei trasporti è importante, non solo per la finalità di coesione economica e
sociale dell’UE, ma anche ai fini del miglioramento della competitività del
sistema economico nella sua globalità, proprio per effetto dello sviluppo e
della pianificazione delle infrastrutture di base del territorio europeo [5].
D’altronde, lo stesso termine “rete” – intesa come intreccio e sistemi di
collegamenti – implica, in un’accezione economica, efficienza, sia come
obiettivo sia come parametro [6],
per la realizzazione, nel caso di specie, di un mercato europeo dei trasporti
che tenga conto dell’internazionalizzazione e della promozione
dell’intermodalità.
In tale
contesto e per il conseguimento delle finalità di cui sopra, si è determinata
una centralizzazione dei procedimenti decisionali concernenti l’assetto del
territorio, almeno per i progetti che caratterizzano l’unità territoriale della
Comunità [7],
attenuandosi il tradizionale nesso tra sovranità statale e infrastrutture [8].
Contestualmente,
sul piano interno, cedimenti della sovranità statale si ravvisano anche a fronte delle nuove competenze concorrenti
attribuite alle Regioni in materia di governo del territorio, porti e aeroporti
civili e le grandi reti di trasporto e di navigazione, a seguito della riforma
del Titolo V della parte seconda della Costituzione [9].
Nell’economia di questo scritto, rinvio all’intenso dibattito, ancora aperto,
in dottrina, per i numerosi problemi interpretativi che si sono posti a fronte
delle caratteristiche di fondo della novella costituzionale (valorizzazione
molto forte del principio di separazione delle competenze, tendenziale
parificazione dello Stato e delle Regioni e scomparsa del limite dell’interesse
nazionale). Vale qui sottolineare, brevemente, come le preoccupazioni di
salvaguardare l’unitarietà del sistema e, nella specie, l’unità territoriale,
oltre che l’efficiente funzionamento dell’intera rete dei trasporti, vengono
risolte dalla dottrina, ricorrendo agli stessi principi costituzionali di
indivisibilità e unitarietà dell’intero sistema ordinamentale (art. 5) – su cui
si fonda lo stesso principio dell’interesse nazionale [10]
– e di sussidiarietà (art. 118) [11].
Si delinea così una “flessibilità” dell’ordine delle competenze legislative [12],
anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del
2003 [13] che, nel
dissipare i principali dubbi di legittimità costituzionale relativi alla c.d.
legge – obiettivo [14],
ha, tra l’altro, affermato che
“limitare l’attività unificante dello Stato alle sole materie espressamente
attribuitegli in potestà esclusiva, o alla determinazione dei principi nelle
materie di potestà concorrente vorrebbe dire svalutare oltremisura istanze
unitarie che, pure in assetti costituzionali pervasi da pluralismo
istituzionale, giustificano, a determinate condizioni, deroghe alla normale ripartizione di
competenze”.
Flessibilità
e duttilità caratterizzano, dunque, l’approccio “reticolare” che si ravvisa nel
sempre più fitto intreccio di competenze statali e competenze regionali nelle
materie delle infrastrutture e dei trasporti e che influisce sul già difficile
equilibrio tra esigenze comunitarie e nazionali [15].
Sembra, allora, prioritario rafforzare le forme di coordinamento istituzionale,
attraverso il principio dell’intesa (nelle sue varie sfaccettature) e il
principio di leale collaborazione, nello sforzo di garantire una costruzione
coerente ed unitaria del sistema dei trasporti europeo.
* Titolare di assegno di ricerca presso il Dipartimento
di diritto dell’economia e dell’ambiente, Università degli studi di Palermo
[1] Nelle norme del Trattato (artt. 154 ss.) non si dà
una definizione di infrastruttura, ma una nozione operazionale, connettendola
alle reti e all’individuazione dei settori (energia, trasporti e
telecomunicazione). La scelta contenuta nel Trattato di Maastricht è stata
considerata saggia dalla dottrina, perché - evitandosi le complesse problematiche che possono sorgere
nell’individuazione di una tale definizione -, si è introdotta, da un lato,
l’endiadi infrastruttura-rete (senza imporre un netto confine) e si è limitato,
dall’altro, il campo di tale endiadi nei settori dei trasporti, delle
telecomunicazioni e dell’energia. V. Predieri, Le reti transeuropee nei Trattati di Maastricht e di Amsterdam, in Dir. UE., 3/1997, 304-305. V., anche, Paruolo,
Le grandi reti europee di trasporto,
in Trasp., 1995, 67 ss.; Giaccardi-Maresca,
La politica europea in materia di
infrastrutture nel settore dei trasporti: la sua attuazione in Italia, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1998, 267 ss.
[2] I trasporti, quale classico veicolo di integrazione e interscambio,
hanno costituito, fin dal Trattato di Roma del 1957, una delle prime materie
oggetto di politica comunitaria, pur se il conflitto tra l’approccio
intervenzionista e la filosofia di libero mercato in un settore di
evidente rilevanza importanza politico
e sociale, ha determinato la “vaghezza” delle norme del Trattato e l’inerzia
per un lungo periodo delle istituzioni comunitarie nel predisporre la normativa
di settore. Ciò ha pesantemente influito sullo sviluppo del mercato europeo dei
trasporti e su ogni tentativo di pianificare le infrastrutture. Infatti, per
svariati anni, non si sono riscontrate iniziative di rilievo, anche se la Commissione,
ha più volte sottolineato, tra gli anni ’60 e ’70, la necessità di creare le condizioni di un solo sistema di
trasporti integrato e l’importanza ed i vantaggi di un volontario coordinamento
dei programmi di investimento nazionale per creare reti di direttrici
principali stradali, ferroviarie e per vie navigabili. Una serie di circostanze
porta, nella metà degli anni ’80, ad un’accelerazione della politica
comunitaria dei trasporti, con i primi interventi normativi improntati alla
liberalizzazione e privatizzazione dei servizi di trasporti, sebbene in modo
frammentario tra le diverse modalità. Il Libro Bianco della Commissione del
1992 sui trasporti dà ulteriore impulso all’azione comunitaria, evidenziando le
esigenze dell’intermodalità e di sviluppo “a rete” delle infrastrutture (che
diventano, appunto, oggetto di apposita politica comunitaria con il Trattato di
Maastricht del 1992), pur restando
ancora forti quelle esigenze di cui sopra, sottolineate dalla Commissione nel
Libro Bianco del 2001. V. Munari, Il diritto comunitario dei trasporti, Milano,
1996; Turrò, Going trans-European, Planning and financing transport networks for
Europe, Oxford, 1999; Zunarelli,
Il Libro Bianco sui trasporti: elementi
di novità e di continuità della politica dell’Unione europea nel settore dei
trasporti, in Dir. trasp., 2002,
463 ss.; Baron, Trans-european Networks (TENs): presente
passato e futuro, in Atti del Convegno Politiche europee delle
infrastrutture dei trasporti e sviluppo del Mezzogiorno (Santa Tecla, Acireale,
26-30 agosto 2002), Messina, 2003; Marchese,
Intermodalità, concorrenza marittima,
reti transeuropee e direttrice ligure-tirrenica, in Quad. reg., 1996, 23 ss.; Aa.Vv., EU involvement
in TEN development: networks effects and European value added, in Transport Policy, 9-2002, 299 ss.
[3] V. Cannizzaro, Regole di
concorrenza e reti transeuropee: riflessioni sul problema della coerenza fra
politiche comunitarie, in Dir. UE,
2-3/2001, 392 ss. In tal senso, è chiaro l’art. 154 nel disporre che la competenza
comunitaria in materia di reti debba essere esercitata “nel quadro di un sistema di mercati aperti
e concorrenziali”; ma anche il regolamento n. 2236/95 del Consiglio del 18
settembre 1995 (modificato dal regolamento n. 1655/1999 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 19 luglio 1999) che prevede che “i progetti finanziati a
norma del presente regolamento devono essere conformi al diritto comunitario e
alle politiche comunitarie, in particolare in materia di protezione
dell’ambiente, di concorrenza e di aggiudicazione di appalti pubblici”.
[4] Predieri,
Le reti transeuropee nei Trattati di
Maastricht e di Amsterdam, cit., 307.
[5] Cannizzaro,
Regole di concorrenza, cit., 398.
[6] Sul concetto di rete, v. Predieri, Le reti
transeuropee, cit., 289 ss.
[7] Si tratta degli orientamenti di cui all’art. 155
del Trattato, presupposto delle azioni comunitarie da realizzare con progetti
di interessi comune, da adottare ex art. 251. Sulla natura degli orientamenti,
v. Predieri, Gli orientamenti sulle reti transeuropee, in Dir. UE, 4/1997,320. Per gli orientamenti comunitari per lo
svilippo della rete transeuropea di trasporto, v. Decisione n. 1692/96/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, modificata dalla
Decisione n. 1346/2001/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio
200, per quanto riguarda i trasporti marittimi, i porti di navigazione interna
e i terminali intermodali.
[8] È anche vero che si ritorna al tradizionale nesso tra sovranità
statale e infrastrutture, laddove il Trattato prevede che, in sede di
formazione de gli orientamenti comunitari, lo Stato membro interessato gode del
diritto di veto quando si tratti di orientamenti che riguardino il suo
territorio. Predieri, Gli orientamenti sulle reti transeuropee,
cit., 329.
[9] V. l. cost. n. 3 del 18 ottobre 2001.
[10] Definito come un baluardo non
superabile neppure nel silenzio del legislatore costituzionale: Baldassare, Compatibilità della legge-obiettivo con il nuovo titolo V della
Costituzione, in Nuova rass. legisl.
dottr. giur., 17/ 2002, 1705.
[11] Sul punto v. Carbone-Munari,
Principio di sussidiarietà e disciplina
comunitaria di porti, aeroporti ed infrastrutture del trasporto, in Dir. UE, 3/2002, 425 ss.; Maresca, Il riparto delle competenze legislative nell’ordinamento italiano con
riguardo alla materia del trasporto e dei porti. L’incidenza dei principi
fondamentali e degli obblighi internazionali, in Dir. comm. int., 2003, 273 ss.; Corso,
Rapporti tra Stato e Regione in materia
di infrastrutture e di trasporti alla
luce della legge cost. n. 3/2001, in Nuova
rass. legisl. dottr. giur., 2002, 1707 ss.
[12] Anzon,
Flessibilità dell’ordine delle
competenze legislative e collaborazione tra Stato e Regioni, in Giur. cost., 5/2003, 2782 ss.; Vermiglio, Il riparto di competenze Stato-Regioni in materia di navigazione e
trasporto nel titolo V cost.: criteri interpretativi desumibili dalla sentenza
n. 303/2003 della Corte Cost., in Dir.
trasp., 2004, 11 ss. V. anche Caretti, Rapporti tra Stato e Regioni:funzioni di indirizzo e di coordinamento e
potere sostitutivo,in Reg., 6/2002,
325 ss.
[13] C. Cost. n. 303
dell’1 ottobre 2003, in Giur. Cost., 5/2003, 2675 ss.
[14] Legge n. 443 del 21 dicembre 2001. V. Baldassare, Compatibilità delle legge-obiettivo con il nuovo Titolo V della
Costituzione, in Nuova rass. legisl.
dottr. giur., 17/2002, 1703 ss.; Pitruzzella,
Brevi notazioni in ordine alla
legittimità costituzionale della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. legge
obiettivo), ivi, 1711 ss.
[15] Sul punto vedi Pizzetti,
Le autonomie locali e l’Europa, in
Reg., 5/2002, 935 ss.; Caretti, Fonti statali e fonti locali dopo la
riforma del titolo V della Costituzione, ivi, 951 ss.; Amorosino, Gli indirizzi dell’Unione Europea per
l’organizzazione del territorio comune e le funzioni statali e regionali-locali,
in Dir. UE, 2-3/2001, 383 ss.; Cannizzaro, Convenzione europea e Titolo V della
Costituzione italiana: spunti critici, in Dir. UE, 1/2003, 355 ss.; Berti, Governo tra Unione Europea e autonomie territoriali, in Reg., 1/2002, 955 ss.; Caputo, La riforma del Titolo V della Costituzione, interesse nazionale e legge
obiettivo, in Urb. app., 6/2002,
625 ss.; Azzariti, La realizzazione delle infrastrutture e
degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale strategiche
(l. 21 dicembre 2001, n. 443 e d.lg. 20 agosto 2002, n. 190), in NLCC, 4-5/2003, 936 ss.; Quaranta, La legge obiettivo nell’ambito della normativa comunitaria e delle
norme di rilievo costituzionale con particolare riferimento al Titolo V, in Nuova rass. legisl. dottr. giur., 12/2002, 1167 ss.
Data di pubblicazione: 7 settembre 2004