Le imprese di trasporto aereo nell’ordinamento dei
servizi aerei*
Guido Camarda**
1. Il titolo di questo scritto
imporrebbe di limitare la trattazione alle imprese
di trasporto aereo (di passeggeri[1],
posta o merci) e non a tutte le imprese che operano voli con finalità diverse
ed in particolare alle imprese di lavoro
aereo[2].
Nella parte finale accennerò, tuttavia, anche a queste ultime perché il codice
della navigazione le richiama agli artt. 789-790, con specifico riferimento
alle licenze d’esercizio, e perché, in definitiva, alcune problematiche si
presentano con un denominatore comune.
Non mi soffermerò molto sulla
natura giuridica delle imprese di trasporto aereo per non estendere
eccessivamente la trattazione e con la “formale” giustificazione che si tratta
di argomento inquadrabile nell’ambito della teoria generale del diritto
commerciale.
Il regime organizzatorio preso
in esame, in correlazione anche lessicale con i regolamenti comunitari che qui
maggiormente rilevano, non sarà quello della impresa di navigazione nel
senso tipicamente navigazionistico del termine, cioè in un’accezione
riguardante l’esercizio nautico, secondo i tradizionali inquadramenti
sistematici più noti e studiati nel campo del diritto marittimo. Aggiungo, per
inciso (e sulla base degli artt. 874 e segg. cod. nav.), che il medesimo
inquadramento sistematico d’ordine generale, cui ho fatto cenno, riguarda anche
il settore aeronautico, malgrado, per ragioni evidenti, il legame giuridico tra
un determinato aeromobile ed un determinato equipaggio risulti molto più
attenuato rispetto all’analogo legame tra la nave ed il suo equipaggio[3].
Ciò non contrasta con il fatto
che l’attività economica del
trasporto (se coesistente) si compenetra necessariamente con le peculiarità
dell’esercizio, imponendo, ove
occorra, una correlata opera di armonizzazione giuridica.
Fatta questa premessa, mi
riferirò essenzialmente alla definizione d’impresa contenuta nel regolamento
comunitario n. 2407 del 1992, all’art. 2 lett. a (“qualsiasi persona fisica
o giuridica” che agisca, “con o senza
fini di lucro, …”) rilevandone l’assonanza con la ben nota
definizione d’imprenditore di cui all’art. 2082 cod. civ. (“è imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”). Nell’una
e nell’altra definizione la finalità di lucro non è indicata come elemento
necessario, mentre il carattere economico dell’attività di trasporto aereo
(letteralmente il carattere oneroso del trasporto[4])
è previsto, più specificamente, in relazione alla licenza d’esercizio (art. 2
lett. c reg. cit). In altre parole, e com’è stato più volte affermato[5],
la qualificazione d’imprenditore deve compiersi in base all’attività svolta, da
valutare secondo gli ordinari criteri, che fanno riferimento al tipo di
organizzazione e di economicità della gestione, a prescindere dall’esistenza di
un vero e proprio fine lucrativo.
Come s’è ulteriormente
precisato anche in giurisprudenza[6],
l’art. 2195 cod. civ. tendendo semplicemente ad individuare le imprese soggette
all’obbligo di registrazione, non ha alcun intento definitorio, talché le
imprese indicate con i numeri 3, 4 e 5 di tale norma non si differenziano
sostanzialmente da quelle fondamentali di carattere industriale e commerciale,
indicate rispettivamente con i numeri 1 e 2, i quali, per latitudine di
enunciazione, praticamente esauriscono l’ambito della nozione di imprenditore
delineata dall’art. 2082 cod. civ. La menzione a parte si giustifica soltanto
per l’importanza dei rispettivi settori economici.
Si vuole, però, porre in
evidenza che tutto questo non esclude che alcune specificità dell’impresa di
trasporto aereo e la penetrante disciplina di diritto comunitario nel settore
possano creare, in qualche caso, conflitti con norme nazionali riguardanti le
imprese in genere (con conseguente disapplicazione di queste ultime norme, in
osservanza del principio del primato del diritto comunitario stesso).
In certi casi, la norma
statale d’ordine generale, pur risultando costituzionalmente legittima, può
indurre a conclusioni opposte se integralmente applicata alle imprese di
trasporto aereo; penso, con un’esemplificazione astratta, alla materia fiscale[7].
A volte, però, non è il diritto nazionale ma proprio il diritto comunitario
generale a rivelarsi insufficiente per la protezione delle imprese comunitarie
di trasporto aereo con la necessità di una specifica normativa. Si pensi, ad
esempio, al reg. com. n. 868/2004 contenente misure di reazione contro pratiche
sleali da parte di Paesi non membri della Comunità.
2. Ulteriori considerazioni
possono formularsi muovendo dal presupposto che le imprese di trasporto aereo
svolgono, nella maggior parte dei casi, un pubblico servizio che giustifica
alcuni adattamenti ed “eccezioni” alla pura regola della libera concorrenza;
eccezioni che richiamano il principio di cooperazione (con una certa
coincidenza d’interessi commerciali e pubblici) e che derivano direttamente
dalle norme comunitarie o sono rese possibili da tali norme attraverso
l’intervento, caso per caso, della Commissione (code sharing, sistema
unico di prenotazione, etc[8]).
Si pongono limiti di
compatibilità rispetto alla disciplina statale e comunitaria delle imprese in
genere in tema di concorrenza; limiti che diventano più rilevanti nelle ipotesi
di essenzialità del servizio
pubblico. E ciò non può non riflettersi sul sistema programmatorio, sui
controlli, sulle ispezioni e sulle sanzioni.
Ritengo appropriata, anche
alla luce di ciò, l’espressione usata da uno studioso a proposito delle imprese
di trasporto aereo, definite “a regime di concorrenza controllata”[9] o
l’analoga espressione di “libertà regolata” che si legge in altra
dottrina[10].
Nella pratica, la necessità del permanere (anzi, del rafforzarsi) dei controlli
- a seguito della scomparsa del concetto di compagnie di bandiera e comunque
del sistema concessorio o “paraconcessorio” (almeno ed in generale, per
i voli comunitari) - ha reso più difficile l’attività dell’Ente controllante.
3. Fatte queste premesse, è da
ritenersi più efficace un metodo espositivo che tendenzialmente segua la
progressione dei pertinenti articoli del codice della navigazione, perché, dopo
la riforma di cui ai decreti legislativi n. 96 del 2005 e 151 del 2006,
l’impianto codicistico indica espressamente il collegamento sistematico
pluriordinamentale (talora con espressa citazione dei singoli corpi normativi
internazionali o comunitari) per operare un rinvio o per dichiarare che, sui
vari punti in argomento, l’articolato nazionale è conforme.
La norma nazionale, quando il
rinvio non sia puro e semplice, assume sempre più una mera funzione
d’integrazione; il che vincola più strettamente l’interprete al perseguimento
ed alla scelta di risultati ermeneutici in coerenza con le fonti degli ordinamenti
superiori.
Quanto ai rinvii, ritengo che
ad essi debba attribuirsi logicamente una caratterizzazione “dinamica”. La
qualificazione “statica”, infatti, potrebbe creare frequentemente nuovi
problemi di adeguamento e armonizzazione da parte del legislatore nazionale ad
ogni modifica o cambiamento di normative internazionali (si pensi all’annesso 6
alla Convenzione di Chicago del 1944 ed ai documenti in corso di elaborazione
in sede ICAO[11])
o ad ogni modifica di regolamenti comunitari. A quest’ultimo proposito, il
riferimento principale (e di particolare pertinenza) è costituito dalla
proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio in corso di
presentazione da parte della Commissione con il titolo “norme comuni per la
prestazione di servizi di trasporto aereo nella Comunità” [12]. Il testo rivede, integra ed
unifica i tre regolamenti comunitari del “terzo pacchetto”.
L’indagine, muovendo ancora
dalla fonte statale, dovrà tener conto (sia pure, molto brevemente)
anche del quarto livello ordinamentale (cioè quello regionale), che
sull’argomento ha incidenza soprattutto in materia di oneri di servizio
pubblico (art. 782 cod. nav.). Non trova significativa esplicazione sotto altri
profili (tutela della concorrenza, sicurezza, diritti dei consumatori…) che la Costituzione
vigente (art. 117) riserva alla legislazione esclusiva dello Stato.
4. La
normativa codicistica oggetto di più diretto esame comprende gli articoli da
776 a 790, cioè, come già precisato, la disciplina dei servizi aerei di
trasporto, sia comunitari che extracomunitari, (ed il lavoro aereo per conto
terzi). La distinzione di regime trova fondamentale giustificazione nella riserva di cabotaggio (art. 786): “i servizi di trasporto aereo tra aeroporti
nazionali, di linea e non di linea, sono in ogni caso riservati a vettori
muniti di licenza comunitaria. I servizi di trasporto aereo tra aeroporti
nazionali, in continuazione da o per aeroporti extracomunitari, sono riservati
a vettori muniti di licenza comunitaria, salvo che diversamente sia stabilito
in convenzioni internazionali”.
In relazione al testo base della riforma (d.P.R. n.
96 del 2005), il decreto legislativo n.151 del 15 marzo 2006 contiene - per le
norme che qui rilevano - varie modifiche, alcune delle quali hanno
un’importanza non trascurabile, mentre altre si riducono a meri aggiustamenti
lessicali.
L’attuale testo consolidato conferma, anche per le
imprese di trasporto aereo (oltre che per i gestori aeroportuali), una tendenza
ad una maggiore “responsabilizzazione” dell’operatore privato, attraverso
l’ampliamento delle competenze (ad esempio, con riferimento all’iter
tecnico-burocratico preparatorio al volo), ma ciò non può certo condurre ad
un’affrettata e generalizzata conclusione circa una sorta di simmetrica
deresponsabilizzazione dell’ENAC ed in particolare dei suoi organi periferici
presso gli aeroporti. La specificazione di ruoli del “privato” (gestore
aeroportuale, impresa di trasporto aereo, etc.) sotto il profilo pubblicistico[13]
- in un’ottica di rafforzamento della cooperazione - non esclude a priori (ove caso per caso ricorrano
anche in via concorrente i presupposti) che tale Ente sovraordinato possa
essere soggetto a censure, quanto meno sulla base del regime generale contenuto
nell’attuale riformulazione degli articoli della parte aeronautica del codice
della navigazione[14].
Mi limito a richiamare (anche se potrebbe essere
superfluo) il potere e dovere di vigilanza
e controllo nel settore dell’aviazione civile - sottolineato, in via
generale, dal citato art. 687 - e, in particolare, le funzioni di polizia e vigilanza negli aeroporti ex
art. 718. Il potere di vigilanza si estende espressamente alla “fornitura dei servizi forniti dalla società
ENAV”, sino a prevedere anche un’attività di “impulso”, “coordinamento”
e “supervisione” su tutti i “soggetti pubblici
operanti negli aeroporti”, sia pur facendo salve le competenze delle forze
di polizia (quest’ultimo inciso avrebbe richiesto però maggiori precisazioni).
Richiamo ancora e parallelamente l’art. 792,
attributivo, ancora in capo all’ENAC, del potere di polizia e vigilanza della
navigazione aerea. La sussistenza di poteri pubblicistici in capo ai
controllori del traffico relativamente alla circolazione aerea[15],
avrebbe imposto sul punto maggiori precisazioni nell’ambito del testo codicistico
riformato, indipendentemente dall’attuale dipendenza dei controllori stessi da
un Ente a struttura formalmente societaria (l’osservazione non riguarda
soltanto i notam di cui all’annesso ICAO
n. 15).
Ed infine, esprimo l’opinione che la perdita da
parte dell’ENAC di alcune competenze di routine,
a carattere esecutivo o meglio operativo (fatto sempre salvo il potere di
vigilanza e controllo cui s’è fatto cenno), potrà avere un risvolto più
positivo se l’Ente affiancherà all’attività di completamento, armonizzazione e
continuo aggiornamento della normazione, una vera e propria crescente attività
costituita da raccomandazioni (o, se si vuole, di soft law), specie nel settore della sicurezza, da incentivazioni,
per il perseguimento di obiettivi generali di comune interesse per l’intero
settore aeronautico, da mediazioni e da c.d. moral suasion. La centralità ed il carattere generalista del ruolo dell’ENAC, chiaramente riconosciuto dalla
riforma, ne risulterebbero rafforzati.
Da tutto ciò anche le imprese di trasporto aereo
che si ispirino a criteri di correttezza non potranno che trarre beneficio.
5. Ritornando all’argomento principale di questo
scritto, ritengo che, tra i vari profili, assumono una posizione prioritaria
quelli cui fa riferimento l’art. 778 cod. nav. (e le successive norme che vi si
connettono). Mi riferisco, in particolare, alla licenza d’esercizio il cui
rilascio e mantenimento costituisce l’elemento basilare per l’operatività
dell’impresa di trasporto aereo. Puntualmente il legislatore nazionale richiama
in modo espresso il regolamento comunitario 2407/92 insieme al regolamento
comunitario n. 785 del 2004 in materia assicurativa (di quest’ultimo
regolamento non mi occuperò in questo scritto perché la complessità della
materia richiederebbe una trattazione a parte[16]).
Va da sé che il tema della licenza d’esercizio, che
comprende quale presupposto (non unico, però) il COA, non esaurisce l’intero
argomento, dal momento che l’effettivo esercizio dell’attività di trasporto
aereo è subordinato al riconoscimento dei diritti di traffico (artt. 781
e 788; reg. com. 2408 e successive modificazioni)[17]-
inteso come diritto del vettore di trasportare passeggeri, merci e posta - e,
ancora più concretamente, all’assegnazione degli slots[18].
Ed ancora, non risultano, di certo, marginali le questioni relative agli oneri
di servizio pubblico e quelle sui comportamenti delle imprese in merito
all’osservanza dei limiti dettati dal reg. com. 2409/92 con riferimento alle
tariffe, in merito alle quali rilevo semplicemente che esse non possono
risultare estranee alle valutazioni finanziarie ai fini del mantenimento delle
licenze d’esercizio[19].
E tuttavia, rinnovo il mio convincimento relativo
alla centralità della licenza d’esercizio, essendo persuaso che una soddisfacente
ed uniforme applicazione del relativo regime comunitario elimina, a monte, gran
parte degli ulteriori problemi connessi con la successiva attività d’impresa. A
tale profilo dedico, dunque, uno spazio maggiore nell’ambito dell’intero
impianto di questo scritto, anche nella consapevolezza che la materia ha
evidenti connotazioni riguardanti la sicurezza della navigazione. Non basta,
infatti, affinare sempre più e far osservare norme sulla costruzione e
manutenzione dell’aeromobile o sulla preparazione del personale, se rimane
carente il momento, per così dire, dell’assemblaggio, cioè della contemporanea
gestione di uomini e mezzi per il conseguimento di un risultato.
6. Il reg. com. 2407/92 definisce la licenza
d’esercizio “un’abilitazione rilasciata
dallo stato membro responsabile a un’impresa che consente di effettuare a
titolo oneroso trasporti aerei di passeggeri, posta e/o merci, secondo le
modalità indicate nell’abilitazione stessa”[20].
A sua volta, l’art. 778 cod. nav. prevede, quale
requisito per il rilascio della licenza, che l’impresa abbia la sua principale
caratterizzazione nell’attività di trasporto aereo (omettendo opportunamente la
distinzione tra trasporto pubblico e non) da svolgersi “esclusivamente
oppure in combinazione con qualsiasi altra attività commerciale che comporti
l'esercizio oppure la riparazione o la manutenzione di aeromobili”[21].
Il certificato di operatore aereo (COA) è definito,
invece, “un documento rilasciato a
un’impresa o a un gruppo d’imprese dalle autorità competenti degli Stati membri
in cui si dichiari che l’operatore ha la capacità professionale e
l’organizzazione necessarie ad assicurare l’esercizio dei suoi aeromobili per
le attività aeronautiche specificate nel documento stesso in condizioni di
sicurezza[22].
(Condivido nella proposta di nuovo regolamento la modifica relativa alla
soppressione della possibilità di rilascio del certificato oltre che ad una
singola impresa anche ad un gruppo d’imprese. L’attuale formulazione
indebolisce l’intento di personalizzare il certificato).
Gli atti amministrativi denominati dal reg. com.
2407/92 certificati di operatore aereo
hanno natura giuridica ben diversa rispetto alla licenza d’esercizio e da ciò
discendono conseguenze rilevanti.
L’inquadramento del COA nella categoria delle
certificazioni non è frutto di una mera deduzione dal termine letterale usato
nella normativa comunitaria in lingua italiana (l’espressione inglese, operator’s certificate, è
etimologicamente analoga[23]).
Tale espressione, peraltro, è rimasta immutata, insieme a quella di operating licence, nel nuovo testo di
modifica del “terzo pacchetto”.
Non è la sede per intervenire ulteriormente sulle
controverse opinioni circa la distinzione (nell’ambito del più ampio genus delle dichiarazioni) tra i certificati e gli attestati (i primi, secondo una tesi, deriverebbero dalla
riproduzione di precedenti documenti, gli altri sarebbero conseguenti ad
accertamenti). Mi limito soltanto a porre in evidenza che tutti gli atti in
argomento, anche per la competenza generale dell’autorità da cui promanano e
per le precise indicazioni del legislatore circa i contenuti, danno la certezza
giuridica tipica dell’atto pubblico. Certificati ed attestati fanno fede sino a
querela di falso, sia per gli aspetti ideologici che materiali, con le
conseguenze civili e amministrative che rilevano (anche in sede
giurisdizionale), a prescindere da qualunque profilo soggettivo di rilevanza
penale (ad esempio, la presenza o mancanza del requisito del dolo)[24].
Nella specie, il rilascio del COA è la conseguenza
di una mera constatazione obiettiva circa l’esistenza di un’organizzazione
finalizzata al normale esercizio di aeromobili per determinate attività
aeronautiche. L’accertamento della capacità professionale è privo di
valutazioni soggettive (e dunque discrezionali d’ogni genere) da parte del
soggetto che, con lo “speciale occhio” di cui è dotato per l’alta competenza
tecnica, è in grado di “vedere” la sussistenza o insussistenza del requisito.
La constatazione della capacità professionale è un tutt’uno (anzi, è un aspetto) in ordine
alla constatazione globale concernente l’organizzazione.
In altre parole, l’accertamento non riguarda un’azienda ma un’impresa, secondo
una fondamentale distinzione di particolare rilievo soprattutto sul piano
giuridico e, nel caso specifico, non priva di riscontri normativi testuali.
L’impresa è un quid non statico, ma
dinamico, e pertanto, a mio avviso, anche l’accertamento va condotto (sia pure
in via sperimentale) tenendo conto della constatazione dell’effettivo risultato,
cioè del reale svolgimento di attività aeronautiche “compiute in condizione
di sicurezza”, come precisa la vigente normativa comunitaria definendo il
COA[25].
Ben opportunamente l’apposito regolamento ENAC, al
quarto punto dell’art. 1, precisa che “Il certificato di operatore aereo non
è trasferibile ad altro operatore” (il significato andrebbe chiarito con
riferimento ai fenomeni di fusione e soprattutto d’incorporazione dell’impresa;
in ogni caso s’è già notato che la proposta di nuovo regolamento, andando
proprio su questa direzione, sopprime l’ipotesi di rilascio ad un gruppo
d’imprese).
Queste osservazioni inducono a conclusioni operative
di non poca rilevanza:
a) v’è la necessità di un’assoluta elencazione
tassativa (minimale) di tutto ciò che l’accertatore deve verificare attraverso
rilevazioni nell’arco di vari mesi riguardanti tra l’altro i programmi di
addestramento[26]
e di manutenzione.
Il rilascio del documento attesta non soltanto una
constatazione avvenuta in modo globale (se fosse così, l’atto finale potrebbe
essere qualificato da alcuni come un risultato dell’esercizio di
discrezionalità tecnica[27]),
ma l’avvenuta analitica constatazione circa l’esistenza di tutti quei requisiti previsti in Italia dal già citato regolamento
ENAC[28].
Tale analitica constatazione deve sempre intendersi certificata anche in
presenza di un rinvio ob relationem
in ordine al dettaglio, in osservanza di vincoli internazionali e comunitari e
tenuto conto che la qualifica di vettore aereo comunitario comporta di per sé
sempre più forti esigenze di standardizzazione delle istruttorie nei vari Paesi[29].
Lo stesso regolamento, in tema di requisiti
tecnici, richiama espressamente (e tra l’altro) i requisiti operativi stabiliti
dal regolamento comunitario 2042/2003 (ora modificato dal reg. 707/2006)[30]
e subordinatamente dalle Joint Aviation Authorities (JAR - OPS); richiama inoltre (ancora subordinatamente
ed in via d’integrazione e raccordo), l’art. 5 del d.m. 18 giugno 1981, con
riferimento ai commi uno e due dell’art. 9 del reg. com. 2407/92[31];
b) il mancato rilascio o il diniego di mantenimento
della licenza di esercizio, fondati con l’insussistenza di un requisito
coincidente con uno di quelli richiesti per il rilascio del COA, non potrà non
produrre conseguenze circa il permanere dell’efficacia di quest’ultimo
certificato, che comunque è suscettibile di rinnovo ogni biennio a seguito di
nuovi accertamenti (il reg. ENAC aggiunge che “nel corso della validità del
certificato, l’ENAC effettua l’attività di sorveglianza tramite interventi di audit
ed ispezioni sia su base programmata che occasionale”). Ciò si ricava
indirettamente anche dal tenore letterale dell’art. 4 dello stesso regolamento
(“il COA può essere sospeso o revocato
dall’ENAC quando l’operatore non è in grado di dimostrare o l’ENAC rilevi che
l’operatore non è in grado di assicurare la rispondenza dei requisiti del
presente regolamento”);
c) il diniego del rilascio di un COA, che sia
motivato con mere valutazioni tecnico - discrezionali e dunque soggettive (e
per ciò stesso al di là della sussistenza o insussistenza oggettiva dei
requisiti di cui al regolamento citato in nota e di tutti gli altri principi e
regole generali e speciali in materia di sicurezza), potrebbe far prospettare
ipotesi di inadempimento di atto dovuto;
d) il carattere strettamente vincolante
dell’attività prodromica alla certificazione o di quella finalizzata alla
cessazione dell’efficacia del certificato stesso rende più agevole l’eventuale
indagine (in particolare in sede giurisdizionale), sia sulla validità del COA o
dell’atto che ne fa cessare l’efficacia, sia sulle responsabilità. Il tutto a
garanzia di una maggiore certezza dei risultati a vantaggio di tutte le parti,
pubbliche e private, che siano interessate.
7. Mi soffermo ora sulla tematica delle licenze
d’esercizio, iniziando dal porre in evidenza l’importanza della modifica
contenuta nella recente proposta di regolamento relativo al “terzo pacchetto”.
Scompare il riferimento allo Stato membro quale unico competente all’emanazione
del provvedimento e più genericamente si introduce l’espressione di autorità
competente. V’è l’intento dichiarato di non precludere, in prospettiva, il
trasferimento della materia direttamente all’Agenzia europea per la sicurezza aerea.
Soluzione che mi sembra preferibile[32]
se si vuole raggiungere efficacemente l’obiettivo di una completa
standardizzazione normativa e di uniformità nell’applicazione.
Le strutture organizzatorie esistenti (in Italia,
l’ENAC) potrebbero continuare in concreto ad esercitare la medesima attività
(istruttoria, di emanazione degli atti finali, di vigilanza e controllo, di
ispezione, sanzionatoria) ma ciò avverrebbe attraverso forme di trasferimento
(non definitivo) di funzioni nel loro concreto esercizio, ferma restando la
titolarità dell’EASA. Propenderei per rapporti assimilabili, non tanto
alla delega tecnicamente intesa, ma al c.d. avvalimento
(più volte esperimentato nel nostro Paese[33])
con i successivi strumenti di accettazione, da predisporsi da parte dei singoli
ordinamenti statali, a misura in cui siano necessari. A seguito della relazione
funzionale, atti e attività dei soggetti inseriti nella struttura
organizzatoria dell’Ente nazionale di cui ci si avvalesse, oltre che
l’imputazione dell’atto stesso, verrebbero attribuite, in modo non mediato,
all’organismo comunitario, che potrebbe così esercitare i normali poteri
amministrativi derivanti dalla sovraordinazione. Ciò sia con riguardo all’atto
stesso, sia con riguardo al modo di esplicarsi dell’iter
amministrativo (mediante emanazioni di circolari, etc.), sia in ordine al
regime uniforme delle eventuali responsabilità dei singoli funzionari, i quali,
proprio per le caratteristiche dell’avvalimento,
sarebbero soggetti, limitatamente all’esercizio di tali competenze, al regime
applicabile ai funzionari comunitari per le eventuali responsabilità
amministrative.
Allo stato attuale, comunque, la normativa
comunitaria preserva già da una sorta di shopping,
cioè dalla ricerca di uno Stato in cui si ritenga che i criteri di applicazione
delle normative siano più blandi[34].
È prescritto infatti che unico competente sia lo Stato in cui l’impresa abbia
il suo principale centro d’attività[35]
e, se esiste, la propria sede sociale. Tale normativa, però, non preserva dal
pericolo di disparità di trattamento: in alcuni Paesi manca una normativa
nazionale d’integrazione (o meglio di chiarificazione obiettiva del dettaglio),
sicché gli interessati hanno come unica fonte il regolamento comunitario anche
nelle parti in cui esso è generico o non abbia un significato univoco; in altri
(ad esempio Francia) sono state emanate circolari a supporto e si prevede (a
maggiore garanzia di obiettività e nello spirito della cooperazione) che ai
procedimenti amministrativi che qui rilevano partecipino, in sede collegiale,
rappresentanti delle imprese e delle parti sociali. In particolare, risultano
differenti i criteri con i quali vengono valutati i bilanci e le altre carte
contabili di cui all’elenco allegato al reg. 2407/92.
Devo precisare però che l’opportunità di un vero è
proprio intervento integrativo da parte dei singoli Stati non è auspicato in
modo unanime; viene osservato che la regola nazionale d’integrazione rischia in
realtà di entrare in contrasto con il regolamento comunitario, che in linea
generale (e nella sua sostanziale differenza con la direttiva), è
caratterizzato dall’intento di creare una disciplina con un alto grado di
omogeneità per tutto il territorio comunitario[36].
A sua volta, può obiettarsi che, sino a quando anche sul piano amministrativo
la materia passerà nelle normali competenze degli organi comunitari, le regole
di chiarificazione e di mera esecuzione e coordinamento con i singoli sistemi
amministrativi statali sono da preferirsi alle incertezze e lacune di
dettaglio, pur con ogni impegno per evitare i pericoli più sopra prospettati.
In questo senso, l’argomento verrà da me ripreso più avanti.
8. La c.d. licenza
(termine dal significato non univoco anche nel diritto interno) è in realtà un’abilitazione, come puntualmente definita
dal reg. 2407/92, categoria notoriamente diversa dalle autorizzazioni, caratterizzate da un più ampio e diverso margine di
discrezionalità. La precisazione, ovviamente, non viene qui compiuta con
funzione didascalica ma con la finalità (molto concreta!) di porre in risalto
le possibili configurazioni del vizio di eccesso di potere (nella
specie, di complessa individuazione) sia nei provvedimenti di rilascio o
rinnovo della licenza, sia in quelli
di diniego.
La natura provvedimentale
della licenza d’esercizio, pur comportando per la P.A. un potere discrezionale,
non ne consente l’attuazione in modo pieno. La discrezionalità (proprio perché
le valutazioni d’interesse pubblico generale sono state già compiute a monte,
nel quadro della liberalizzazione del servizio aereo) è soltanto tecnica. Sul punto richiamo la
fondamentale differenza rispetto alla natura giuridica del COA, con le
conseguenze (anch’esse non meramente teoriche) che ho avuto occasione di
sottolineare.
Peraltro, una verifica circa
la correttezza delle valutazioni tecniche operate dall’Amministrazione, ai fini
della validità del provvedimento, trova uno strumento di pratica attuazione
nella legge n. 205 del 2000 che riconosce al giudice amministrativo il potere
di disporre consulenza tecnica; il che è particolarmente rilevante sotto il
profilo delle analisi finanziarie, il cui esito dovrebbe avere sempre un
notevole peso ai fini del rilascio o del diniego o della revoca della licenza
d’esercizio.
La consulenza tecnica potrebbe
rivelarsi molto utile sotto il profilo dell’effettività del controllo
societario che l’art. 778 cod. nav. riconduce sinteticamente alla
partecipazione societaria di maggioranza da parte di uno Stato membro dell’U.E.
o di cittadini di Stati membri dell’U.E., mentre molto più analiticamente il
reg. 2407 (espressamente citato, con rinvio, dalla norma nazionale) aggiunge e
chiarisce (giova richiamarlo) che per “controllo
effettivo” deve intendersi “un complesso di diritti, rapporti
contrattuali e ogni altro mezzo che separatamente o congiuntamente, e tenendo
presenti le circostanze di fatto o di diritto del singolo caso, conferiscono la
possibilità di esercitare direttamente o indirettamente un’influenza
determinante su un’impresa, per mezzo segnatamente: a) del diritto di
utilizzare in tutto o in parte il patrimonio di un’impresa; b) dei diritti o
dei contratti che conferiscono un’influenza determinante sulle composizioni,
sulle votazioni o sulle deliberazioni degli organi di un’impresa oppure
conferiscono un’influenza determinante sulla gestione dell’attività
dell’impresa”[37].
Più agevole, anche in
un’eventuale sede giurisdizionale, è la verifica documentale di altri
requisiti: non richiedendosi alcuna valutazione di discrezionalità tecnica
potrebbero configurarsi solo ipotesi di violazione di legge e non di eccesso di
potere. Esemplificativamente, mi riferisco alle coperture assicurative
disciplinate analiticamente dal regolamento comunitario n. 785/2004, richiamato
dall’art. 778 cod. nav. e ora dal progetto di modifica del reg. 2407/92, ove sul
punto viene ad integrare l’attuale formulazione dell’art. 7, il cui contenuto
in sé attualmente è molto generico.
9. Una notazione particolare
richiede l’art. 6 relativamente alle prove (con riferimento alle persone che
gestiscono l’attività d’impresa effettivamente e in modo continuato) circa la
moralità e l’assenza di dichiarazione di fallimento[38].
La proposta di modifica più volte richiamata avrebbe potuto costituire una
buona occasione per includere la prova di
onorabilità (l’espressione è contenuta proprio nella rubrica dell’art. 7
della proposta stessa) tra i presupposti obbligatori in tutti gli Stati
competenti a rilasciare la licenza d’esercizio. Ed invece s’è preferito, anche
nel nuovo testo, lasciare agli enti nazionali preposti tale margine di scelta.
La scelta mi lascia perplesso per evidenti motivi, tanto più che la medesima
norma consente di accettare come prova anche una semplice “dichiarazione
solenne”, se lo Stato competente non rilascia dichiarazioni in tal senso.
Di contro, occorre ammettere
che la prova di moralità ha indubbiamente un contenuto troppo vago. Per
rendere la prova di onorabilità comprensibile nel contesto delle
finalità della normativa, eliminando pericoli di arbitrarietà, il relativo
contenuto va collegato, anzi va riferito, all’ambito delle capacità
professionali (concetto più ampio dell’abilità tecnica), quale necessario
presupposto per il rilascio della licenza. In ogni caso valutazioni decisive
fondate su tale profili richiedono puntuale motivazione.
10. Le condizioni finanziarie
per il rilascio ed il mantenimento di un licenza d’esercizio costituiscono - ho
più volte rilevato - la problematica più complessa e di più difficile
applicazione[39].
Ritengo che proprio in questo
campo si siano manifestate, nei vari Stati della Comunità, le maggiori
divergenze nell’applicazione della normativa, determinando, come riconosce
espressamente la Commissione[40],
distorsioni nella concorrenza (altre disomogeneità, con conseguenze analoghe,
vengono individuate, da parte dell’organo comunitario, nelle frequenti
discriminazioni che alcuni Paesi membri operano nei collegamenti con i Paesi
terzi, nelle modalità di ricorso al wet
lease, nella scarsa trasparenza delle tariffe). Viene inoltre osservato che
il proseguimento dell’attività di trasporto da parte di vettori finanziari poco
solidi implica rischi per la sicurezza, che vanno ad aggravare i rischi
finanziari cui sono esposti i clienti in caso di fallimento di una compagnia
aerea.
Aggiungo che tali situazioni
di precarietà finanziaria, anche quando non si perviene alla situazione
d’insolvenza giudizialmente dichiarata, sono la causa principale di ritardi,
cancellazioni dei voli (con motivazioni almeno discutibili), etc. e di altri
inadempimenti o inesatti adempimenti gravemente pregiudizievoli per l’utenza ed
in definitiva per le economie nazionali.
Da ciò la necessità che gli
Stati membri attuino (anche sotto il profilo finanziario) una vigilanza più
rigorosa e la previsione che, nell’inerzia degli Stati, possa intervenire
la Commissione con poteri di sospensione o revoca della licenza d’esercizio,
come prevede la proposta di modifica del “terzo pacchetto”[41].
Sia pure a regime vigente, non
può obiettivamente affermarsi che la normativa comunitaria non dia, agli enti
competenti per il rilascio della licenza, tutta una serie di indicazioni
obbligatorie circa le informazioni finanziarie da chiedere agli interessati. E
perdippiù, l’elenco allegato al regolamento comunitario 2407/92 (riguardante,
separatamente, anche le ipotesi di persistenza dell’idoneità finanziaria in
caso di modifica di strutture o attività con significative ripercussioni
finanziarie o le analoghe ipotesi in caso di istruttorie per il mantenimento
della licenza) non ha, secondo la mia opinione, carattere esaustivo, nel senso
che la competente amministrazione, per un corretto esercizio del suo potere di
discrezionalità tecnica, potrà chiedere all’impresa ogni altro documento ed
informazione che ritenga necessari.
Se, per alcuni dati, tale
esigenza d’integrazione si manifesti d’ordine generale, l’ENAC ricorrerà ad
atti di autoregolazione (circolari, etc.) da rendere pubblici; tali atti, in
via esemplificativa, potrebbero dare indicazioni sull’ulteriore documentazione
a chiarimento, anche in relazione alla certificazione dei bilanci richiesti.
Va rilevato però che il potere di autoregolazione è estensibile alle fasi del
procedimento (ancora per esempio, prevedendo termini - ad integrazione di
quello ex art. 13.2 del reg. 2407/92 - e priorità di fasi o prescrivendo
l’anteriorità e pregiudizialità dell’esame giuridico finanziario rispetto a
quello inerente gli aspetti operativi).
Peraltro, il primo comma dello
stesso art. 13 dispone testualmente che “le
procedure per il rilascio di una licenza d’esercizio sono rese pubbliche dallo
Stato membro interessato e la Commissione ne viene informata” e, ben opportunamente, la nuova proposta
della Commissione contiene analoga disposizione per i casi di sospensione e ritiro delle licenze.
Per comodità
d’integrale consultazione, riproduco in nota l’elenco allegato al reg. com.
2407/92[42],
rilevando che, sul punto, il nuovo allegato alla più volte richiamata proposta
di modifica si limita ad elevare da due a tre anni i riferimenti del bilancio
programmatico, compreso il conto “profitti e perdite”, e che analogo
allungamento della proiezione riguarda le relazioni sui movimenti di cassa e
piani di liquidità.
Da
ciò deduco che, a parte il già formulato rilievo sulla possibilità di integrare
ulteriormente gli elementi di valutazione, il problema di fondo non è tanto
l’incremento della massa d’informazioni finanziarie, quanto quello della
veridicità o comunque attendibilità dei dati e delle deduzioni conclusive delle
relazioni presentate dalle imprese.
La
questione riguarda dunque: a) i limiti, secondo la normativa vigente, del
potere di verifica, ispezione (anche presso l’impresa) e controllo,
direttamente da parte dell’ENAC o per incarico di tale Ente; b) un’adeguata
capacità di valutazione analitica e sintetica dei dati con i più moderni
criteri prospettati dalle discipline economico-aziendalistiche[43],
tenendo conto, però, del contesto macroeconomico. Per limitarmi ad un esempio:
il procedimento con il quale si perviene ai risultati aziendali nelle loro
proiezioni, in sé considerato, potrà essere teoricamente corretto e potranno
essere veri i dati di partenza che riguardino elementi interni all’impresa,
quali capitale, etc., ma la previsione di sviluppo e di redditività della
gestione dei servizi prospettati potrà ugualmente risultare errata per
l’insufficienza o l’erroneità, tra l’altro, dei dati economici e demografici
del territorio in cui s’intende operare e dunque del bacino d’utenza o, ancora,
per l’omessa valutazione dell’incidenza di analoghe strutture e servizi
nell’area o nelle aree prese in considerazione[44].
In
merito a quanto alla precedente lett. a (limiti sul potere di verifica,
ispezione e controllo, da parte dell’ENAC), l’indagine sull’analitica
individuazione di tali limiti, a legislazione vigente, non può essere svolta in
questa sede, per la complessità e delicatezza e per i conseguenti
approfondimenti che richiederebbe. Si può però individuare la Guardia di
Finanza come l’apparato più idoneo per gli accertamenti in forma indiretta.
Ove
un generico richiamo al principio di leale collaborazione non fosse
sufficiente, perché vi ostino precisi divieti di legge, si palesa l’opportunità
di adeguate modifiche normative, pur nel massimo rispetto della tutela della
riservatezza dei dati da acquisire.
La
veridicità dei dati comunicati dall’impresa potrà essere vagliata anche con
riscontri incrociati con le risultanze agli atti di altre Amministrazioni. In
proposito valgono le osservazioni più sopra formulate.
Ritorno, ora, sull’esigenza di adeguate capacità
di valutazione analitica e sintetica dei dati finanziari acquisiti. Premesso
obiettivamente (e se mi è consentito) un giudizio positivo senza riserve sulle
qualità delle risorse umane del nostro Ente aeronautico di maggiore rilevanza
ed a competenza generale, sia sul piano tecnico che amministrativo, la questione
che intendo prospettare è quella di porre le basi affinché - anche con
l’iniziale ausilio di economisti aziendali, non generici ma specializzati per
studi ed esperienze pratiche nel settore del trasporto aereo - si possa al più
presto costituire uno specifico ruolo di “funzionari tecnici” muniti di titoli
ed esperienze professionali adeguate, cui affidare le valutazioni finanziarie.
(Ho notizia che la questione è parimenti avvertita anche in altri Paesi della
Comunità).
Tutto ciò, anche al fine di accertare - senza
ragionevoli dubbi e tenendo presenti gli obiettivi della normativa vigente e
delle proposte di modifica - che l’impresa richiedente “può far fronte in qualsiasi momento ai suoi impegni effettivi e
potenziali stabiliti in base a presupposti realistici per un periodo di
ventiquattro mesi - nella proposta trentasei - a decorrere dall’inizio delle operazioni e può far fronte altresì ai
costi fissi e operativi connessi con le operazioni secondo i suoi piani
economici e determinati in base a presupposti realistici per un periodo di tre
mesi dall’inizio delle operazioni e senza tener conto delle entrate derivanti
da tali operazioni[45](art.
5 reg. com. 2407/92). La proposta di nuovo regolamento
mantiene immutato l’onere per il richiedente d’indicare, con riferimento al piano economico, i “legami esistenti tra il richiedente e qualsiasi
altra attività commerciale cui esso partecipi, sia direttamente che attraverso
imprese associate”. Il piano dovrebbe riguardare, però, non più i primi due
ma i primi tre anni d’attività.
I piani economici costituiscono uno dei pilastri nell’ambito dei profili
finanziari delineati dal regolamento 2407/92[46].
Il progetto di modifica, però, ne diminuisce, per così dire, l’enfatizzazione
quanto meno per ciò che riguarda la funzione sostitutiva (a certe condizioni)
di alcune analitiche notificazioni (all’autorità competente per il mantenimento
della licenza d’esercizio), con riguardo ai cambiamenti che possano influire
significativamente sul complesso dell’assetto finanziario. Premesso che
condivido la logica della modifica proposta, mi limito a trascrivere per una
più puntuale e agevole comparazione nel dettaglio, anche nell’intero contesto
di questo scritto, la norma comunitaria vigente (comma 3 dell’art. 5) e quella
della proposta (comma cinque dell’art. 8).
Nel primo testo, si legge che “i vettori aerei
notificano in anticipo[47]
alle rispettive autorità abilitanti i programmi relativi a: attivazione di un
nuovo servizio di linea o non di linea verso un continente o una regione del
mondo che non erano precedentemente serviti; cambiamenti del tipo o numero di
aeromobili utilizzati o mutamenti sostanziali della portata della loro
attività. Essi notificano inoltre in anticipo eventuali fusioni o acquisizioni
previste, e notificano entro quattordici giorni all’autorità che rilascia la
licenza qualsiasi cambiamento di proprietà di una quota azionaria che
rappresenti il 10 % o più del capitale complessivo del vettore aereo o della
sua società madre o della società che in ultima istanza lo controlla. La presentazione di un piano economico di
dodici mesi con un anticipo di due mesi rispetto al periodo a cui si riferisce
costituisce una notifica sufficiente a norma del presente paragrafo ai fini dei
cambiamenti delle operazioni in atto e/o degli elementi inclusi in detto piano
economico”.
Nella proposta di modifica si legge invece che:
“I vettori aerei comunitari notificano
all’Autorità competente per il rilascio delle licenze:
(a) in
anticipo mutamenti sostanziali della portata della loro attività;
(b) in
anticipo eventuali fusioni o acquisizioni previste, e
(c) entro
quattordici giorni qualsiasi cambiamento di proprietà di una quota azionaria
che rappresenti il 10% o più del capitale complessivo del vettore
aereo comunitario o della sua società madre o della società che in ultima
istanza lo controlla”.
Una volta approvata la
modifica dell’attuale regolamento, un nuovo piano economico nel suo complesso
potrà semmai aiutare l’autorità a valutare la permanenza dei requisiti
richiesti, ma non sostituirà l’obbligo di portare a conoscenza, separatamente e
nel dettaglio, i dati ed i cambiamenti più sopra elencati, eliminando in radice
pericoli di scarsa chiarezza o lacune nell’informazione.
Mi sembra che il nuovo
testo proposto dia una sistemazione più razionale alla correlazione tra
notifica dei singoli cambiamenti (espressamente indicati) riguardanti il
profilo finanziario ed il piano economico (riveduto e relativo a dodici mesi
dall’attuazione).
La presentazione del piano
(giova forse ripeterlo) non avrebbe, in tali casi, funzione “alternativa”, ma
(a livello di obbligo) semplicemente “eventuale” e cioè avverrebbe qualora
l’autorità competente ritenesse che i fatti sopraggiunti possano avere “significative
ripercussioni sulle finanze del vettore comunitario”.
Rimane invariato, invece,
il termine di tre mesi (ex art. 5 comma 4 reg. in vigore) entro il quale l’Ente
deve pronunciarsi sul piano economico riveduto, ma mi sembra evidente che tale
termine resta sospeso per il periodo in cui il vettore aereo non risponde alla
richiesta d’informazioni integrative[48].
11. V’è una forte connessione tra le
valutazioni finanziarie e gli accertamenti relativi alla proprietà o alla
semplice disponibilità di aeromobili ai fini del rilascio della licenza
d’esercizio. Mi sembra evidente, in proposito, che la situazione patrimoniale
riferita ai mezzi aeronautici abbia non trascurabile influenza sulle
valutazioni finanziarie globali relative all’impresa.
Una
disponibilità ottimale di aeromobili può rafforzare la credibilità dell’impresa
richiedente ai fini dell’effettiva realizzazione dei piani di sviluppo e della
puntuale esecuzione dei voli, anche se, di contro, non va trascurato il calcolo
delle spese di manutenzione, nella misura in cui siano a carico dell’utilizzatore
e, naturalmente, delle quote d’ammortamento e degli esborsi riguardanti i
contratti di utilizzazione.
Sul
punto l’art. 8 del reg. 2407 è carente laddove - dopo aver disposto che ai fini
del rilascio della licenza d’esercizio non deve essere prescritta la proprietà
d’aeromobili - lascia alle decisioni dei singoli Stati membri l’eventuale
prescrizione di disponibilità degli aeromobili stessi.
Opportunamente
la norma è stata modificata dalla proposta di nuovo regolamento, rendendo
obbligatoria - in alternativa con la piena disponibilità a titolo di proprietà
- almeno la disponibilità di uno o più aeromobili sulla base di un contratto di
dry lease. Per il nostro Paese, comunque, l’osservazione non ha rilievo
pratico perché la disponibilità di uno o più aeromobili è prevista
espressamente dall’art. 778, terzo comma, cod. nav. V’è però da porre in
evidenza che l’Amministrazione dovrà valutare se la semplice disponibilità
riguardi un periodo di tempo ragionevolmente lungo[49].
La
materia del leasing aeronautico, nel
significato che nel settore ricomprende un’ampia tipologia di contratti, è
strettamente connessa con la problematica della sicurezza e pertanto vanno
condivise quelle norme che richiedono specifiche approvazioni dei contratti da
parte delle autorità che hanno rilasciato le licenze[50].
Occorrerebbe, inoltre, l’imposizione di un obbligo di soddisfacente
informazione nei confronti del passeggero con particolare riferimento al
contratto di utilizzazione dell’aeromobile con equipaggio.
12. L’art. 13 del reg. 2407/92
sulla pubblicità relativa al rilascio della licenza d’esercizio, cui s’è fatto
cenno, ha subito alcune modifiche di un certo rilievo contenute nell’art. 10
della proposta di nuovo regolamento. Premesso che viene confermato il termine
di tre mesi entro il quale la competente autorità deve decidere motivando
l’eventuale diniego[51],
osservo che la formulazione della norma, anche nel nuovo progetto, non impone
una motivazione in caso di accoglimento della richiesta. Sulla base dei
principi generali del nostro ordinamento e tenuto conto che la mancanza di
motivazione renderebbe poco efficace il controllo (anche) generalizzato,
previsto tramite la pubblicità, è da ritenere che la motivazione sia necessaria
anche in quest’ultimo caso.
Le modifiche proposte limitano
ad una cadenza annuale la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione
Europea dell’elenco dei provvedimenti di rilascio, sospensione e ritiro
delle licenze. La novità potrebbe apparire un passo indietro rispetto al regime
vigente, che non mi sembra consenta un così lungo intervallo temporale.
Condivido, infine, la proposta
di abrogazione dell’attuale terzo comma dell’art. 13 del reg. 2407/92, perché
l’attuale formulazione crea un appesantimento dei meccanismi di tutela senza
aumentarne, forse, l’efficacia, non prevedendo né potendo prevedere, allo stato
attuale dell’intera sistemazione della materia, una sorta di ricorso che, solo
concettualmente, potrebbe assimilarsi a quello “gerarchico improprio”, ben
conosciuto nell’ambito del nostro ordinamento nazionale. A regime vigente, la
competenza della Commissione è limitata alla semplice interpretazione del
regolamento comunitario.
La proposta di modifica,
dunque, nell’abrogare il comma da ultimo citato, rinvia sostanzialmente ai
normali meccanismi di tutela giurisdizionale[52].
13. La tendenza del
legislatore nazionale a riprodurre letteralmente, in più di una occasione, il
linguaggio della normativa comunitaria (anziché limitarsi ad un rinvio o ad
un’integrazione ove possibile) trova significativo esempio nel primo comma
dell’art. 779 cod. nav. sul mantenimento della licenza d’esercizio. Il
parallelismo riguarda l’art. 11 primo comma del regolamento 2407 e l’art. 8
della proposta della Commissione.
Il permanere della “validità”
della licenza (usando anche qui la medesima espressione lessicale), -finché il
vettore aereo comunitario soddisfa i requisiti tecnici, amministrativi,
finanziari e assicurativi previsti dalla normativa in vigore - viene a
costituire il riconoscimento di un diritto soggettivo. Ne consegue che la sospensione del titolo abilitante o la
revoca non costituiscono atto di discrezionalità piena da parte della P.A.
Forse più correttamente si sarebbe dovuto usare il termine decadenza, non vertendosi in materia di interessi pubblici generali
liberamente valutabili dalla P.A., ma di un aggiornamento delle valutazioni
afferenti soltanto alla discrezionalità tecnica, analogamente a ciò che avviene
al momento del primo rilascio[53].
L’ultimo comma dell’art. 779
cod. nav., con una (soltanto parziale) analogia con l’ultimo comma dell’art.
777 cod. nav., impone che il servizio per il quale è stata rilasciata la
licenza non può essere ceduto nemmeno in parte, senza il preventivo assenso dell’ENAC. Interpreto, in concreto,
questa disposizione - non del tutto felice sul piano formale - come un obbligo
per l’amministrazione di espletare, in capo allo “aspirante cessionario”,
accertamenti del tutto simili a quelli che si devono compiere per un normale
rilascio o mantenimento della licenza relativamente allo stesso tipo di
servizio. L’esito favorevole dell’istruttoria determinerà il “preventivo
assenso” da parte dell’ENAC.
Sul punto, la formulazione
della norma comunitaria vigente non è modificata dalla proposta della
Commissione e pertanto permane un carattere “permissivo” (rinvio a eventuale
norma nazionale) che non condivido sotto il profilo della tutela dell’effettiva
posizione di parità nella concorrenza e soprattutto della sicurezza.
La normativa cui mi riferisco,
in realtà, riguarda tutti i casi di cambiamento di uno o più elementi che
influiscono sulla situazione giuridica dell’impresa ed in particolare nel caso
di fusioni o acquisizioni dell’impresa. Il legislatore nazionale usa, invece,
l’espressione “cessione del servizio” che, sia consentito ripeterlo, non è di
univoca interpretazione.
14. S’è avuta più volte
occasione di porre in evidenza una sostanziale analogia e necessaria
correlazione tra l’attività istruttoria dell’ENAC, prodromica, al rilascio
della licenza d’esercizio, ed il successivo dovere di vigilanza, da parte
dell’Ente, sull’attività del vettore aereo con la verifica dell’Ente stesso
circa il possesso continuativo dei requisiti iniziali (v. art. 779 cod. nav.
secondo comma). Il venir meno di uno dei requisiti o la sopraggiunta
inadeguatezza può comportare in ogni momento la sospensione o la revoca della
licenza. Il legislatore
opportunamente distingue i casi in cui l’impresa in tempi ragionevoli può
ritornare alla normalità da quelli in cui anche in prospettiva è da prevedere
l’impossibilità della ripresa. Conseguenzialmente, non sembrerebbe logico
sostenere che, sul piano procedimentale, ogni provvedimento di revoca debba
essere preceduto dal provvedimento di sospensione, in realtà non necessario se
la crisi, cioè il venir meno di uno o più requisiti, si palesa già inizialmente
irreversibile[54].
Stante il tenore del secondo
comma ora citato, si potrebbe addirittura ritenere pleonastico il successivo
comma, ove letteralmente si dispone che “L’ENAC,
un anno dopo il rilascio e successivamente ogni due anni[55]
verifica la permanenza dei requisiti necessari per il rilascio della licenza”
(con le conseguenze sanzionatorie cui ho fatto cenno). In realtà, l’obbligo continuo di vigilanza e verifica
comporta una certa autonomia da parte dell’ente nella fase di attuazione,
tenendo anche conto delle situazioni delle singole imprese aeree; ad esempio
con riferimento a precedenti comportamenti non del tutto soddisfacenti, pur se
non tali da far applicare le gravi sanzioni inibitorie dell’operatività, più volte
citate.
Peraltro, la riforma estende
il campo della vigilanza alla verifica sull’effettiva attuazione della carta dei servizi, che i vettori sono
obbligati a redigere sulla base di un modello predisposto dall’ENAC. Anche in
questo caso (e fatte salve altre sanzioni previste da altri corpi normativi,
quale il recente decreto legislativo n. 206/2005), l’Ente vigilante può
adottare misure sanzionatorie sino alla revoca della licenza d’esercizio.
Il riesame biennale imposto
dal terzo comma è invece sistematico e capillare, prevedendo obbligatoriamente,
quanto ai profili finanziari, l’acquisizione (ed un’autonoma valutazione
secondo criteri di discrezionalità tecnica) dei documenti indicati nella
lettera c dell’allegato al regolamento 2407/92. Vale, al riguardo,
l’osservazione da me formulata in relazione all’istruttoria originaria per il
rilascio, nel senso che l’elenco costituisce il minimo prescritto alle
amministrazioni competenti in ogni Stato membro, ma non pregiudica il potere di
tali amministrazioni di chiedere ulteriori chiarimenti con un supplemento di
documentazione a sostegno. Analogamente, non si violerebbe di certo la
normativa comunitaria se, ad esempio, una revisione generale dei requisiti o
l’esibizione di una determinata documentazione fosse imposta a cadenze minori
di quelle previste, obbligatoriamente o no, dalle norme comunitarie stesse.
In realtà, muovendo dal
presupposto inderogabile, nel quadro del regime della comunità, che l’autorità
nazionale deve vigilare e verificare la continuità di tutti i requisiti, una
norma nazionale con il rango di legge o una disposizione dell’ente preposto che
si mantenessero nell’ambito dei contenuti sopra indicati, non sarebbero altro
che una semplice autoregolamentazione dell’adempimento dei suindicati doveri.
Quanto al diritto comunitario,
un adempimento a scadenze più ravvicinate è già imposto a tutti i vettori aerei
dal comma 6 dell’art. 5 del reg. 2407/92, con conseguente obbligo di esame - da
parte delle Autorità nazionali - alle medesime più brevi scadenze. Si tratta
dell’obbligo annuale di presentazione “senza indebito ritardo”[56]
dei bilanci certificati relativi all’esercizio precedente.
Al riguardo, il progetto di
modifica è più puntuale fissando in sei mesi la scadenza dell’obbligo di
presentazione e aggiungendo che “Nel
corso dei primi due anni di esercizio di un vettore aereo comunitario, i dati
di cui al punto 3 dell’allegato 1 sono aggiornati e messi a disposizione
dell’autorità competente per il rilascio delle licenze su base semestrale”[57].
Condivido quest’ultima
modifica che non avrei limitato al primo biennio d’attività, perché situazioni
di crisi possono manifestarsi in modo repentino anche in imprese di trasporto
aereo con lunghi anni di esercizio.
E può cogliersi l’occasione
per formulare una considerazione d’ordine generale: l’estrema delicatezza della
materia dovrebbe sempre imporre sia al legislatore che all’amministrazione, per
quanto di competenza, l’applicazione di un principio precauzionale in relazione
non soltanto al settore della safety
e della security[58]
in senso stretto, ma a quello dell’interconnesso settore finanziario, specie
quando l’imposizione di adempimenti più rigidi non ostacoli l’attività e lo
sviluppo dell’impresa.
Aggiungo ancora, per inciso,
che allo scopo d’impedire che in nessun caso la mancata tempestiva esecuzione
del provvedimento di revoca o di sospensione della licenza d’esercizio possa
venire a costituire un involontario pregiudizio per il passeggero, l’ultimo
comma dell’art. 941 cod. nav. stabilisce che la disciplina del rapporto
contrattuale contenuta nel codice (con rinvio dinamico anche alle norme
convenzionali e comunitarie) si estende ai vettori non muniti di licenza
d’esercizio.
La disposizione nazionale si
conforma al campo d’applicazione della Convenzione di Montreal del 1999.
15. Ho già fatto cenno
in termini generali alle rilevate carenze di poteri efficaci e diretti da parte
della Commissione, allo stato attuale della disciplina comunitaria. Ciò ha
condotto la Commissione stessa, ben opportunamente, a riscrivere, nella sua
proposta di modifica al reg. 2407/92, l’intero testo dell’art. 14. Si legge
nella nuova formulazione: “la Commissione, deliberando secondo la
procedura di cui all'articolo 25, paragrafo 2 (della nuova numerazione) su richiesta di uno Stato membro, o di propria iniziativa, esamina
l'osservanza delle prescrizioni di cui al presente capo e, se necessario,
decide in merito alla sospensione o alla revoca di una licenza d'esercizio”.
La Commissione, dunque,
da organo di semplice vigilanza generale diverrebbe anche organo concorrente di
amministrazione attiva nei confronti dell’imprese, senza alcuna intermediazione
da parte del competente organo nazionale. Quale mezzo al fine, il potere
d’informazione - nel quale mi sembra debba includersi quello di chiedere
documenti - non sarebbe più esercitato soltanto nei confronti degli Stati
membri, ma in forma diretta anche nei confronti dei vettori cui la Commissione
stessa potrà imporre precisi termini per l’adempimento. Verrebbe meno quella
farraginosa e lunga (dunque intempestiva) procedura prevista dall’attuale
formulazione della norma in vigore, che peraltro non è prodromica all’esercizio
diretto di un efficace provvedimento sanzionatorio.
La proposta apporta, in
proposito, una novità significativa che pone le eventuali basi per una futura
amministrazione unificata nel settore con il conferimento della titolarità all’Agenzia europea per la sicurezza aerea che,
ancora in ipotesi, potrebbe agire nel territorio comunitario avvalendosi degli organi nazionali
attualmente competenti. Sul punto mi sono soffermato in uno dei paragrafi
precedenti.
16. Per l’argomento di questo scritto, come da me delimitato con il
dichiarato intento di privilegiare gli aspetti finanziari, gli artt. 784 e
segg. cod. nav., sui servizi di trasporto aereo di linea extracomunitari,
assumono, sotto quest’ultimo profilo, una peculiarità che merita una giusta
attenzione. Tale peculiarità, com’è noto, deriva dal fatto che, anzitutto, non
vige un regime di liberalizzazione ma un regime convenzionale tra gli Stati
interessati, “fatte salve le competenze dell'Unione Europea in materia di
stipulazione di convenzioni internazionali di scambio di diritti di traffico”[59].
I vettori extracomunitari che
espletano il servizio insieme ad alcuni vettori comunitari non possono essere
destinatari, com’è evidente, del medesimo complesso di norme che riguarda
questi ultimi vettori, soprattutto per quanto riguarda i requisiti
amministrativi e finanziari. Sotto il mero profilo dei requisiti tecnici, il nuovo
testo dell’art. 784 cod. nav. si limita a disporre che la competente “autorità per l'aviazione civile abbia un
sistema regolamentare di certificazione e di sorveglianza tecnica per lo
svolgimento dei servizi di trasporto aereo atto a garantire un livello di
sicurezza conforme a quello previsto dalla Convenzione internazionale per
l'aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944”[60].
Per il resto, è da ritenere che un accordo
internazionale soddisfacente debba includere la previsione - anche per i vettori
non comunitari -- di un minimo di requisiti finanziari verificabili
direttamente dalla nostra autorità nazionale o indirettamente da parte dello
Stato contraente. Ciò per la considerazione, più volte formulata, relativamente
all’interconnessione tra “salute finanziaria” e sicurezza[61].
Quanto ai servizi di trasporto aereo
extracomunitari non di linea e non disciplinati da accordi internazionali, il
nostro legislatore, premette che tali servizi “sono consentiti, a condizione
di reciprocità, ai vettori aerei titolari di licenza comunitaria e ai vettori
dello Stato con il quale si svolge il traffico” e aggiunge che
sull’espletamento di tali servizi l’ENAC ha un apposito potere regolamentare.
L’ENAC - prosegue l’art. 787 - può imporre ai
vettori non muniti di licenza comunitaria “prescrizioni
tecniche ed amministrative, ivi comprese quelle che riguardano la prevenzione
degli attentati contro la sicurezza per l'aviazione civile”.
Mi limito ad osservare che la delicatezza della
materia avrebbe forse consigliato un’espressione che sottolinei, in capo
all’Ente, un vero e proprio dovere impositivo di prescrizioni, che in ogni caso
includono, in via d’interpretazione, la prescrizione di requisiti (ed
eventualmente garanzie) finanziarie anche a tutela dell’utenza.
La norma non manca di un’espressa (e logicamente
consequenziale) previsione sanzionatoria: “qualora il vettore non soddisfi
le prescrizioni di cui al secondo comma, l'ENAC può vietare l'accesso del
vettore medesimo allo spazio aereo nazionale”.
17. L’art. 785 cod. nav. si occupa, a sua volta,
dei vettori comunitari designati (dall’ENAC) a svolgere i trasporti
extracomunitari ai quali il nostro Paese è direttamente interessato.
Il legislatore nazionale, oltre a prevedere, quale
logico presupposto per la designazione,
la licenza d‘esercizio rilasciata dal nostro Paese o da altro Paese della
Comunità, richiede preliminarmente il possesso di “mezzi finanziari, tecnici
e assicurativi sufficienti a garantire il regolare svolgimento dei collegamenti
in condizioni di sicurezza e a salvaguardare il diritto alla mobilità del
cittadino”. La salvaguardia del diritto alla mobilità, garantito in termini
generali dall’art. 16 della Costituzione, costituisce un’aggiunta opportuna
introdotta con il decreto legislativo n. 151 del 2006 rispetto alla precedente
formulazione ex d. lgs. n. 96 del 2005.
È obbligo dell’interprete fare in modo, in sede
applicativa, che l’intera norma non abbia valore pleonastico. Per evitarlo,
occorre che (vi siano o meno più richiedenti) l’indagine preliminare sul
possesso dei requisiti, non soltanto tecnici ma finanziari ed assicurativi, sia
svolta con criteri che, se non più rigorosi, devono comunque tener conto del
fatto che, nel territorio extracomunitario, potrebbe essere in vigore una
normativa carente o più permissiva e per ciò stesso inidonea a costituire
adeguata interfaccia ai fini di una soddisfacente collaborazione con la nostra
autorità aeronautica.
Tutto ciò si rivela in ogni caso necessario perché
l’utente non ha la possibilità di libera scelta del vettore tipica del regime
comunitario interno. Si potrà contrarre soltanto con uno dei vettori
designati e pertanto, senza il vaglio preliminare dell’Amministrazione, il
diritto alla mobilità, nella sua pratica attuazione, è più a rischio anche
sotto il profilo del puntuale adempimento delle prestazioni (cancellazione dei
voli, ritardi, etc.).
In sintesi: ove non si ritenga di qualificare il
rapporto tra ENAC e vettore designato un vero e proprio rapporto di
concessione di servizio, il quadro giuridico presenta indubbiamente gli
elementi per un’assimilazione a tale tipo di rapporto, come, tra l’altro, si
evince dal secondo, terzo e quarto comma della norma in esame: “I rapporti fra l'ENAC e i vettori designati
sono regolati da una convenzione, ove sono stabilite le condizioni di esercizio
del servizio, nonché gli obblighi dei vettori medesimi.” - “La scelta dei
vettori è effettuata dall'ENAC sulla base di criteri preventivamente stabiliti
e resi pubblici e mediante procedure trasparenti e non discriminatorie.” -“I
vettori designati non possono cedere, né in tutto né in parte, il servizio
assunto senza la preventiva autorizzazione dell'ENAC, pena la decadenza
dall'esercizio del servizio ceduto”(riporto
in nota le altre due ipotesi di decadenza previste dall’art. 785)[62].
In queste fattispecie il principio della libera
concorrenza assume una configurazione sui
generis, nel senso che la parità di
tutti i vettori muniti dei requisiti preliminari per essere scelti è garantita,
come precisa la legge, da adeguate forme di pubblicità, dalla preventiva
determinazione dei criteri, dalla trasparenza e non discriminatorietà
dell’intero procedimento amministrativo.
L’ENAC esercita poteri discrezionali “pieni”, non
ha una semplice discrezionalità “tecnica”. Il provvedimento finale
(designazione del vettore) è una scelta in cui la preliminare valutazione dei
requisiti richiesti ai partecipanti alla procedura di scelta dei o del vettore
designato è seguita da una valutazione comparativa globale, il cui
riferimento di base è costituito dall’interesse
pubblico generale. Logica conseguenza è il potere di revoca della designazione
che, comunque, il legislatore prevede espressamente insieme al potere di sospensione, limitandoli, però, ai casi
di gravità del sopraggiunto interesse pubblico generale.
In tema di revoca, è di fondamentale rilevanza
l’applicabilità della recente normativa (art. 14 della legge n. 15 del 2005 che
aggiunge alla legge n. 241/90 l’art. 21 quinques) sul diritto ad un indennizzo nel caso di pregiudizio (da
ritenersi ipotesi normale, ma non unica) ai danni dell’interessato. Un diritto al
risarcimento integrale del danno, si configura ovviamente (e nell’eventuale
concorso di tutti gli altri presupposti) solo in presenza di un’accertata
illegittimità della revoca.
Ancora con riferimento al nuovo testo dell’art. 785
cod. nav. l’ultimo comma (vigilanza dell’ENAC sui vettori designati) potrebbe
apparire superfluo, in considerazione dei più ampi poteri riconosciuti all’Ente
nei commi precedenti 785. Comprendo, però, una sorta di preoccupazione di tipo
didascalico da parte del legislatore in un contesto di profonde e talora
repentine trasformazioni del sistema.
18. La struttura di questo scritto,
nell’impossibilità di una trattazione più analitica di tutti gli argomenti
riguardanti le imprese di trasporto aereo, ha visto privilegiare la
problematica delle licenze di esercizio. Non si può però omettere completamente
un richiamo ai diritti di traffico ed agli oneri di servizio pubblico,
cui fa riferimento anche la riforma nell’ambito del titolo dedicato
all’ordinamento dei servizi aerei con rinvio, per la disciplina di base, alla
normativa comunitaria e soprattutto al reg. 2408/92.
Di contro ed a parte quanto precisato all’inizio,
tralascio del tutto la questione delle tariffe e le relative proposte di
modifica del reg. com. 2409/92, perché la materia, al di là di
interconnessioni, esula dall’argomento come da me circoscritto[63].
Le modifiche al reg. 2408/92 proposte dalla Commissione
riflettono, anche formalmente, lo stato attuale (in termini applicativi)
dell’evoluzione del principio di liberalizzazione dei traffici aerei
all’interno della Comunità. Infatti, se con la formulazione ancora vigente si
subordina l’esercizio del diritto di traffico ad un “permesso” da parte degli
Stati interessati, sia pure sottolineando l’obbligo del rilascio, di contro,
nel nuovo testo, si legge semplicemente: “I
vettori aerei comunitari hanno la facoltà di esercitare diritti di
traffico su rotte all'interno della Comunità”.
“Gli
Stati membri - continua il testo della proposta - si astengono dall'assoggettare l'esercizio
dei diritti di traffico da parte di un vettore aereo comunitario a qualsivoglia
permesso o autorizzazione. Se ha motivo di dubitare della validità della
licenza d'esercizio rilasciata a un vettore aereo comunitario, uno Stato membro
si rivolge all'autorità competente per il rilascio delle licenze. Gli Stati
membri non chiedono ai vettori aerei comunitari di fornire alcun documento o
informazione che questi ultimi abbiano già presentato all'autorità competente
per il rilascio delle licenze”[64].
Ancora
una volta osservo che un completo e reciproco riconoscimento, per così dire,
automatico di atti e attività compiuti da altri Stati membri può avere effetti
positivi solo attraverso una reale standardizzazione di ogni procedura di
valutazione dei singoli operatori insieme, in ogni caso, al rafforzamento dei
poteri di vigilanza ed intervento (ed in prospettiva, forse, di amministrazione
attiva) da parte della Comunità e più precisamente dell’EASA.
Quanto ai diritti di traffico attribuibili
dall’ENAC ai vettori, relativamente a rotte internazionali destinate a
territori esterni all’Unione Europea, pongo ulteriormente in evidenza che la
normativa nazionale - ai fini dei criteri d’assegnazione (e di scelta, in
presenza di limitazioni) - richiama, ancora una volta e coerentemente, i
requisiti di capacità finanziaria, tecnico-operativa, organizzativa e
commerciale del vettore richiedente.
Relativamente agli oneri di servizio pubblico quale
mezzo suppletivo per realizzare il principio della continuità territoriale[65]
ed il diritto alla mobilità, ritengo particolarmente significativo il
fatto che nella riforma del codice, la relativa norma - dopo il rituale rinvio
alla disciplina comunitaria di base - precisa che i servizi pubblici di trasporto aereo di interesse esclusivamente
regionale o locale sono disciplinati dalle regioni interessate.
La rilevanza dell’inserimento non consiste tanto
nel carattere innovativo della norma - che peraltro non sarebbe stato
configurabile, considerato il rango costituzionale della materia attributiva
delle competenze - quanto in un riconoscimento che definirei programmatico
riguardante i rapporti della Regione con l’ENAC, lo Stato e la Comunità, in un
contesto di armonizzazione e di effettiva attuazione dell’intera disciplina[66].
Almeno in ambito nazionale è auspicabile un potenziamento delle conferenze di
servizi con conseguenti effetti (anche) formali sull’intero procedimento
amministrativo[67].
Sull’altro versante, cioè sulla proposta di riforma
del regolamento 2408/92, mi limito a porre in evidenza le modifiche concernenti
la previsione di più penetranti poteri d’intervento da parte della Commissione
(sino, ad esempio, alla sospensione in tutto o in parte di un onere di servizio
pubblico) e le modifiche della procedura della gare d’appalto che interessano
tale tipologia di servizi.
19. Per
semplice completamento “formale” di quanto al titolo del codice sull’ordinamento
dei servizi aerei, accenno ai
servizi di lavoro aereo per conto di terzi.
Sul punto, il riferimento alla normativa
comunitaria manca di quella simmetricità riscontrabile nella disciplina delle
imprese di trasporto aereo, ove il legislatore nazionale compie continui rinvii
al regime comunitario ed in particolare ai regolamenti 2407 e 2408 del 1992.
Proprio per questo, è da valutare positivamente il tentativo d’inquadramento
sistematico delle imprese in questione, con il rinvio all’art. 778 per ciò che
riguarda l’individuazione dei “soggetti e delle società” che possono
chiedere la licenza d’esercizio, con un analogo espresso rinvio per quanto
riguarda la proprietà e disponibilità degli aeromobili[68].
Per il resto, il ripetuto richiamo del legislatore
al potere regolamentare dell’ENAC con il rango che ora assumono tali atti
normativi ex art. 686 e segg. cod. nav., impone all’Ente una sollecita
predisposizione di una completa e organica normativa di settore che, integrando
quanto all’art. 790 cod. nav., tenga conto, tra l’altro, delle imprese
appartenenti ad altri Stati della Comunità.
Mi risoffermo, infine, sulla pratica del ricorso all’outsourcing, prendendo spunto dalla tematica sulle c.d. imprese
minori e da uno dei non numerosi apporti giurisprudenziali[69],
ove con richiamo al d.m. 18 giugno 1981, si interpretava l’espressione “organico
di personale”.
La pratica dell’outsourcing, in termini generali, non
può essere valutata negativamente, anzi (a parità di prestazioni professionali)
può costituire valido strumento per assicurare un equilibrio economico alle
imprese, in modo non artificioso e comunque flessibile.
Essa, invece, è indice negativo (anche ai fini
delle valutazioni costituenti esercizio di discrezionalità tecnica per il
rilascio della licenza d’esercizio) quando gli eccessi facciano venir meno uno
dei fattori di vitalità dell’impresa. Mi riferisco ad un minimo di prestatori
di lavoro adeguatamente qualificati, che risultino stabilmente inseriti nella
struttura delle imprese di navigazione aerea e ne concorrano a formare
l’apparato organizzativo (nella fattispecie, di cui alla sentenza in nota, si
era in presenza di una società cooperativa la cui attività principale
consisteva nel fornire verso corrispettivo ad imprese minori di navigazione
aerea il personale qualificato indispensabile per il rilascio e mantenimento
della licenza d’esercizio, nella mancanza o insufficienza dell’organico).
* Relazione al Convegno Il
diritto aeronautico tra ricodificazione e disciplina comunitaria, Modena
(Università), 16-17 giugno 2006.
** Professore ordinario di diritto
della navigazione nell’Università di Palermo.
[1]
Sull’incremento numerico delle imprese di trasporto aereo negli ultimi anni,
attribuibile soprattutto alle compagnie low
cost, v. la comunicazione della Commissione n. 2005/C 312, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 9 dicembre 2005, ove si rileva,con
dati riferiti al 2004, che nell’ambito dell’UE, la quota degli operatori low cost
è balzata al 20% dell’intero comparto, mentre nel 1998 era soltanto al 4%.
L’incremento, però, è stato fortemente disomogeneo nei vari Stati dell’Unione.
Il rigore delle valutazioni all’ingresso va accompagnato, con particolare
riguardo alle “piccole” imprese di trasporto aereo, da politiche che
incoraggino - soprattutto nel settore delle manutenzioni, garanzia primaria di
sicurezza - forme consortili (in senso lato), al fine di garantire economie nei
costi ed effettiva competitività. Pellicelli
(Le compagnie aeree. Economia e
gestione del trasporto aereo, Milano, 1996, 447) richiama sul punto
l’esempio dell’International Airline
Technical pool le cui imprese
aderenti sono responsabili delle manutenzioni (a favore degli associati) in un
determinato aeroporto, consentendo alle altre compagnie di ridurre le scorte di
pezzi di ricambio.
[2] La categoria presenta
caratteri di residualità nel senso che vi s’inquadrano tutte le attività di
volo diverse dal trasporto di passeggeri e di merci. Si fa più frequente
riferimento a voli pubblicitari, voli diretti allo scopo di effettuare riprese
fotografiche, cinematografiche e televisive, voli di osservazione, voli con lo
scopo di spargimento di sostanze per lo spegnimento d’incendi, etc.
[3] V. Zunarelli, Contratti
atipici, impresa di navigazione ed impresa di trasporto, in Dir. trasp.,
1995, pag. 737, il quale - sia pure con più specifico riferimento al settore
marittimo - si sofferma, peraltro, sul fenomeno della diversificazione delle
attività del settore (si pensi alla logistica) con l’aumento di contratti
atipici. Il fenomeno è, comunque, compatibile con quanto all’art. 778 cod. nav.
sino a quando l’attività di trasporto aereo rimane prevalente.
[4] Alcune perplessità circa
l’interpretazione del termine di cui al testo, con particolare riferimento alla
versione inglese (remuneration and/or
hire) sono state espresse nei commenti della dottrina anglosassone del
primo periodo successivo alla pubblicazione del reg. com. 2407/92 (v. Balfour, European community air law, London-Dublin-Edimburg, 1995, 33);
ritengo che il criterio uniforme d’interpretazione, al di là delle espressioni
usate nelle varie lingue, debba fondarsi, come pongo in evidenza nel testo, sul
carattere economico dell’attività di trasporto aereo.
[5] V., per tutte, Cass. 26
gennaio 2004, 1367.
[6] Cass. 16 luglio 1984, n. 4162; Cass.
27 novembre 1987, n. 8837.
[7] Avuto riguardo, alle più
recenti interpretazioni meno generalizzanti del concetto di specialità di
diritto della navigazione, devo richiamare, per completezza, fattispecie in cui
non si è ritenuta più ravvisabile una ratio
che giustifichi diversità e talora disparità di trattamento. Emblematica è, al riguardo, la sentenza
della Corte costituzionale n. 41 del 31 gennaio 1991, con riferimento all’art.
916 cod. nav., in tema di risoluzione del rapporto di lavoro del personale di
volo.
[8] Si rinvia ai regolamenti 3976/87
e 2411/92 - relativi all’applicazione dell’art. 85, par. 3, (ora art 81) del
Trattato, a talune categorie di accordi e pratiche concordate - ed al reg.
411/2004, che abroga il reg. 3975/87 (già modificato dal reg. 2410/92) e
modifica sia il citato reg. 3976/87, sia il reg. 1/2003 (applicazione delle
regole della concorrenza ex artt. 81 e 82 Trattato) con riferimento ai
trasporti aerei tra la Comunità ed i Paesi terzi.
[9] Busti, Influenza della disciplina
pubblicistica dell'attività di trasporto aereo sull'autonomia negoziale delle
parti del contratto, in Dir. Trasporti, 1995, 379; Silingardi (I servizi aere,i in Il
cinquantenario del codice della navigazione, Atti del convegno di Cagliari
del 28-30 marzo 1992, a cura di Tullio e Deiana, Cagliari, 1993, 198)
che usa l’espressione “imprese a rilevante controllo pubblico”, sia nel
momento programmatorio che in quello gestionale.
Sotto il profilo della tutela
dell’effettiva concorrenzialità, si condivide l’opinione di Marletto (Le regole del trasporto
aereo: una lettura plurimodale, in Atti del convegno La nuova disciplina
del trasporto aereo, a cura di Fanara,
Messina, 2000, 109) che ritiene indispensabile per lo Stato e la Comunità un
approccio “plurimodale” della problematica.
[10] V. Rangone (I trasporti
pubblici di linea, in Trattato di
diritto amministrativo, a cura di S.
Cassese, Dir. amm. Spec,.
t. 2, Milano, 2000, 1707),
che giustifica i penetranti controlli anche perché l’attività di trasporto
aereo si svolge nello spazio che è una dimensione di sovranità.
Sul diffuso intervento pubblico si insiste in Padoa Schioppa Kostoris (a cura di), Struttura e regolamentazione del trasporto
aereo, Bologna, 1995, sottolineandosi il carattere strategico
dell’attività.
[11] Mi limito a citare
gli atti della Conférence mondiale de
transport aérien: défis et promesses de liberalisation (Montréal 24-29
marzo 2003).
[12] La proposta risulta ora
presentata, in data 18 luglio 2006, con il numero COM (2006) 0396 (definitivo).
Essa fa seguito ad un processo di consultazione pubblica che, però, non mi
sembra abbia avuto un’adeguata piattaforma di risposte.
La Commissione ha cura di precisare che la nuova
formulazione del “terzo pacchetto” si adegua ai principi di sussidiarietà e proporzionalità.
[13] In linea generale, va
richiamato il principio espresso nell’art. 1 ter della legge 7 agosto
1990 n. 241 (I soggetti privati
preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei
principi di cui al comma 1 del medesimo articolo, cioè economicità, efficacia, pubblicità, trasparenza).
[14] Il carattere “generalista”
delle competenze delle direzioni aeroportuali insieme a quello a carattere
analogo del gestore aeroportuale era già stato da me evidenziato, in
particolare, in uno scritto riferentesi al quadro normativo anteriore alla
riforma 2005-2006; scritto cui pertanto rinvio per ulteriori considerazioni, in
quanto utilizzabili, almeno in parte, anche con il nuovo regime (La responsabilità del gestore aeroportuale,
in Dir. trasp., 2002, 763).
[15] V. amplius la comunicazione di Barra,
nel corso del Convegno cui fa riferimento questo scritto.
[16] Rinvio, anche per un
inquadramento del reg. com. di cui al testo nell’intero regime assicurativo,
allo scritto di Antonini (est. Gaggia), Le assicurazioni nel trasporto aereo, in Atti Conv. Trasporto
aereo… cit., 109.
[17] Sull’esigenza di un formale
riconoscimento di specifici diritti di traffico con atto o atti successivi al
rilascio della licenza d’esercizio si era soffermata anche la dottrina di altri
Paesi, già subito dopo l’entrata in vigore del reg. 2407/92; v., ad es., Adkins, Air transport and e.c. competition law, London, 1994, 220.
[18] In definitiva, l’applicazione
non uniforme e non corretta dei regolamenti comunitari sulle bande orarie (reg.
com. 95/93 e reg. com. 793/2004) contribuirebbe a vanificare in buona parte il
sistema delle licenze e dei diritti di traffico come delineato dal medesimo
regime comunitario nei regg. 2407/92 e 2408/92, danneggiando alcune imprese di
trasporto aereo e l’utenza.
È significativo che non manchino scritti in cui
gli slots sono beni
dell’impresa (Romanelli-Tullio, Presentazione al volume Spunti di
studio su aspetti della normativa comunitaria sui servizi aerei, Cagliari, 1999, 17, ove gli AA., in sede di sintesi, richiamano, sul punto, il
contributo di Bianca f., Appunti sulla natura giuridica degli slots
aeroportuali).
Osservo che, accogliendo quest’opinione, acquista
maggiore fondamento la necessità di una relativa stima monetaria e l’inclusione
del valore nel bilancio dell’impresa.
La problematica della ripartizione
dei diritti di traffico riguarda anche le situazioni relative a vari aeroporti
nell’ambito di un unico sistema (tipico è il caso di Linate, Malpensa e Orio al
Serio); si tratta di evitare la violazione di fatto del principio di non
discriminazione per identità o cittadinanza (v. in argomento Nascimbene, Concorrenza e libera prestazione di servizi nella regolamentazione dei
sistemi aeroportuali e nella ripartizione del traffico aereo, in Giur. comm., 2003, 2, 197).
V. la relazione introduttiva che
accompagna la già citata recente proposta di regolamento del Parlamento e del
Consiglio (18 luglio 2006) redatta da parte della Commissione con il titolo “norme
comuni per la prestazione di servizi di trasporto aereo nella Comunità”. L'attuale procedura in due tappe
(istituzione di un sistema aeroportuale e definizione delle norme di
ripartizione del traffico) è sostituita - si legge nella relazione - da una procedura a tappa unica, nella
quale la nozione di “sistema aeroportuale” è abbandonata. Gli Stati membri
possono dettare norme di ripartizione del traffico per gli aeroporti che
servono la stessa città o la stessa conurbazione, ma con la preventiva
autorizzazione della Commissione, previa consultazione del comitato competente.
È parimenti precisato che gli aeroporti interessati devono essere dotati di una
struttura di trasporto adeguata e che gli aeroporti della città/conurbazione
che essi servono devono essere collegati da servizi di trasporto pubblico
frequenti, affidabili e efficienti.
La proposta precisa inoltre che le
norme di ripartizione del traffico devono rispettare i principi di
proporzionalità e di trasparenza e devono basarsi su criteri obiettivi. Questa
disposizione ribadisce il divieto di utilizzare abusivamente le regole di
ripartizione del traffico per effettuare discriminazioni tra le compagnie
aeree.
[19] L’analisi del quadro
tariffario con le correlate previsioni sui ricavi si rivela di particolare
incidenza nel quadro delle valutazioni finanziarie globali. Un errore di
previsione compiuto da un’impresa produttrice di servizi ha, sotto molti
aspetti, conseguenze più gravi rispetto ad analoghi errori da parte di imprese
che producono beni fisici. L’impresa di servizi, infatti, non può accumulare
scorte del proprio prodotto (sul punto, v. amplius
Sgarro, Sulla gestione delle imprese
di navigazione, in Trasp., 1984,
67).
[20] Sul superamento del concetto
di national carrier rispetto a quello di community
carrier e sul dovere di equality of treatment v., tra gli
altri, Muschel, The air transport policy: realisations and
perspectives, in Atti conv. La
nuova disciplina del trasporto aereo cit., 18.
[21] Per tale requisito un
elemento di riscontro, com’è naturale, è costituito dallo statuto delle singole
imprese (in tale senso un più esplicito riferimento applicativo si riscontra in
alcune legislazioni nazionali quale, ad esempio, quella dei Paesi Bassi).
Peraltro, la definizione di conti di gestione contenuta nel reg. com.
2407/92 contribuisce indirettamente all’individuazione dell’attività prevalente
dal momento che viene richiesta un’esposizione dettagliata delle entrate e dei
costi per il periodo in questione, comprendente una scomposizione di attività
legate al trasporto aereo ed altre attività (nonché in elementi pecuniari e non
pecuniari).
[22] Per una serie di nozioni
tecniche nel dettaglio v. De Stefani,
Diritto aereo, Roma, 2002, 128 e passim.
[23] V’è però da aggiungere che la
terminologia del common law, considerata in sé, non è di
particolare ausilio, tenuto conto che il termine certificate, in quel sistema, viene adoperato con molti significati
(e del resto, nell’ordinamento italiano, la parola certificato, pur corrispondendo ad un’accezione che può dirsi
definita nei suoi limiti essenziali dalla dottrina amministrativistica, rimane
vittima della non infrequente “casualità del linguaggio” usato dal legislatore.
V. Sala,
voce Certificati ed attestati, in Digesto delle discipline
pubblicistiche, Torino, 1987, 536.
[24] V. Cass. civ. Sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2524,
ove ancora una volta la differenza di cui al testo è così chiaramente
sintetizzata “Il giudizio civile di falso
ed il procedimento penale di falso, pur conducendo entrambi ad
un'eliminazione dell'efficacia rappresentativa del documento risultato falso, sono sostanzialmente differenti
tra loro: il primo tende soltanto a dimostrare la totale o parziale non
rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o
nella sua sottoscrizione; il secondo mira anche ad identificare l'autore, al
fine di assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge”.
[25] Le documentazioni tecniche
relative all’argomento sottolineano la particolare incidenza delle verifiche in
volo.
[26] Le rilevazioni di cui al
testo presuppongono, tra l’altro, attente verifiche sulla composizione del team (tecnici aeronautici, tecnici
elettronici, piloti, etc) e sul possesso dei titoli professionali prescritti.
[27] Contra v. Romanelli-Tullio, Presentazione al
volume Spunti di studio su aspetti della
normativa comunitaria sui servizi aerei, cit., 11, ove, in sede
di sintesi, si cita il contributo di Cesarini
e Chiocci, i quali
ritengono che il COA sia atto derivante da esercizio di discrezionalità
tecnica.
[28] Nel testo faccio riferimento
all’edizione n. 6 approvata con delibera del Consiglio di amministrazione n.
23/06 del 30 marzo 2006.
[29] Alle esigenze di un elevato
livello di standardizzazione e di uniformità d’applicazione si richiamano
spesso gli atti comunitari, con specifico riferimento alle misure di sicurezza
dell’aviazione civile. Si veda ad esempio il regolamento del Parlamento europeo
e del Consiglio n. 1592/2002 (insieme ai regg. di att. 1702/2003 e 706/2006)
richiamato dal primo considerando del
reg. com. 2042/2003 di cui al testo. Ben opportunamente il reg. n. 1592/2002
-considerato basilare nel settore - sottolinea che il perseguimento di tale
obiettivo contribuisce ad agevolare “la libera circolazione di merci,
persone e organizzazioni nel mercato interno”. Per inciso aggiungo che il
quarto considerando di quest’ultimo
regolamento sottolinea l’ulteriore necessità di utilizzare con sollecitudine i
risultati delle inchieste aeronautiche che riguardino non soltanto i difetti
degli aeromobili ma anche gli “aspetti operativi”, strettamente pertinenti
all’argomento di questo scritto. Una nuova proposta di regolamento (n. 579 del
15 novembre 2005, che modifica il reg. 1592/2002) va in questa direzione.
Sull’argomento v., recentemente, Franchi,
La sicurezza del passeggero nel trasporto aereo, in Atti
Conv. Trasporto aereo …cit., 140.
[30] Il regolamento di cui al
testo assume particolare rilevanza perché oltre a dettare norme relative al
mantenimento della navigabilità di aeromobili e di prodotti aeronautici, parti
e pertinenze, disciplina anche le modalità di approvazione delle imprese e del
personale autorizzato alle manutenzioni stesse. Il testo è redatto in
conformità al parere del competente comitato dell’Agenzia europea per la
sicurezza aerea.
[31] Il testo della proposta di
modifica del “terzo pacchetto” prevede la possibilità che i requisiti tecnici
siano previsti dal “diritto comunitario pertinente” e non necessariamente da un
regolamento comunitario e contestualmente l’abrogazione del secondo comma
dell’art. 9 del reg . 2407/92, ove si legge che che “fino all'entrata in vigore del regolamento del Consiglio di cui al paragrafo
1, per quanto riguarda la certificazione degli operatori nel settore del
trasporto aereo si applicano le normative nazionali relative al COA o a titoli
equivalenti”.
La proposta aggiunge (art. 6) che “ogni eventuale modifica del COA di un
vettore aereo comunitario deve figurare nella sua licenza d’esercizio”.
[32] Vanno, tuttavia, prevenute
interferenze (se non vere e proprie parziali sovrapposizioni) con altri
organismi già operanti e tra essi, in particolare, l’ECAC e la JAA (sul
punto v. Masutti, Il diritto
aeronautico, Torino, 2004, 49).
[33] Si richiama, ad esempio e
prescindendo dall’attuazione delle ultime riforme, la lunga esperienza di
amministrazione del demanio marittimo in Sicilia da parte delle Capitanerie di
porto, anche dopo il passaggio effettivo di titolarità dei beni (tranne alcune
eccezioni) in capo alla Regione sulla base del d.P.R. n. 684 del 1° luglio
1977.
[34] Cfr. Adkins, op. cit.,
220.
La
proposta di nuovo regolamento n. 316/2006 è più puntuale; infatti, ferma
restando la possibilità che in futuro la materia passi nelle competenze dell’EASA
(sia pure, aggiungo, con i meccanismi di semplificazione burocratica da me
prospettati nel testo), la proposta, nell’attuale regime di competenza delle
autorità nazionali, precisa che la domanda di licenza va rivolta all’autorità
di uno Stato membro ove l’impresa abbia la sua sede principale (e, se esiste,
la sua sede sociale) e svolga una parte considerevole delle sue attività
operative. Nel caso in cui il certificato di operatore aereo sia rilasciato da
un’autorità nazionale, è ulteriore requisito, per l’individuazione della
competenza, che lo stesso Stato membro sia responsabile per la sorveglianza del
certificato di operatore aereo.
[35] Considerato che, per un
principio di effettività, il criterio del centro principale degli affari è più
rilevante di quello più formale della mera sede sociale (anche se quest’ultimo
rimane condizione necessaria pur se non sufficiente), è evidente che l’indagine
per individuare tale centro principale può presentare difficoltà non
trascurabili in presenza di una multibased company. Peraltro, in alcuni
Paesi si cerca di evitare con maggiore dettaglio normativo la discrasia “sede
sociale-centro principale d’interessi”, subordinando a quest’ultima
circostanza il valore legale dell’indicazione della sede (v. Spagna).
[36] Sul piano comparatistico ed a titolo esemplificativo, riporto, nella
lingua originale, l’elencazione non tassativa degli elementi che la Direzione
generale dell’aviazione civile del Lussemburgo elenca ai fini di cui al testo: “localisation de la base décisionnelle et
opérationnelle de la société, présence sur les lieux des cadres dirigeants
responsables ainsi que du personnel technique compétent, ressources humaines
appropriées en fonction de la taille de la société, faible taux de recours à
des sous-traitants, autonomie décisionnelle propre à la compagnie, localisation
de toute la documentation requise, moyens de communication et locaux
appropriés, transport aérien en tant qu’activité principale… La
simple utilisation du Luxembourg comme plate-forme financière ne saurait
satisfaire au critère du principal lieu d’établissement requis”.
[37] La proposta di modifica del
regolamento “fa salvo quanto previsto in un accordo con un Paese terzo di
cui la Comunità è parte contraente”.
In tema di controllo effettivo, v. amplius Bonelli-Roli, I vincoli
alla privatizzazione delle compagnie aeree, in Dir. comm. int., 2001, 2, 249, ove si richiama la
decisione della Commissione CE del 19 luglio 1997 sul caso Sabena-Swissair e si
esaminano una serie di casi di privatizzazioni relative ad ex compagnie di
bandiera .
A titolo esemplificativo, noto che alcuni Paesi
della Comunità (v. Regno Unito), in sede d’applicazione ed al fine di stabilire
l’esistenza di un controllo effettivo, attribuiscono espressamente una
particolare importanza all’indagine sull’effettivo potere nella nomina del
consiglio d’amministrazione e sulla cittadinanza dei suoi componenti.
[38] Nei Paesi Bassi, anche le
persone che siano state assoggettate a dichiarazione di fallimento non sono
ritenute ipso iure prive del requisito di cui al testo purchè ciò, secondo le
varie fattispecie, non sia in conflitto con la legge penale nazionale. In
Francia è prevista la presentazione di una dichiarazione di “buona reputazione”
relativamente alle persone che hanno la conduzione di un’impresa di trasporto
aereo (presidente della società, managers, etc.).
[39] A fronte delle difficoltà di
cui al testo si pone la necessità di una sempre maggiore attenzione per le
problematiche finanziarie perché si tratta di un settore che in Europa
presenta, nel suo complesso obiettivi margini di criticità dovuti secondo
alcuni studiosi ad una “cronica sottocapitalizzazione” e ad una forte
frammentazione. Si notano, frequentemente, rilevanti esposizioni debitorie e
situazioni di “permanent cash flow problems (così Van Fenema in European air law
association, Conference papers vol. 17, L’Aja, 2004, ove si richiama la
Comunicazione della Commissione al Parlamento del 19 ottobre 2001, par. 5 e 7).
Sul punto, viene segnalato - per una serie di dati (aggregati e scomposti)
sulle financial performances delle compagnie europee con i relativi commenti - uno
studio (Functionning of the internal
market for air transport) condotto da un gruppo coordinato dall’Università
di Oxford (Holvad ed altri) per
conto della Commissione (novembre 2005).
[40] V. ora l’introduzione della
Commissione alla proposta di modifica del terzo pacchetto (n. 396 del 18 luglio
2006).
[41] V. proposta Comm. cit., 4° e
7° considerando.
[42] A. Informazioni
che un nuovo richiedente deve fornire dal punto di vista dell'idoneità
finanziaria
1. La più recente contabilità relativa alla
gestione interna e, se disponibili, i bilanci certificati dell'anno finanziario
precedente.
2. Un bilancio
programmatico, compreso il conto profitti e perdite dei due anni seguenti.
3. La base delle
previsioni di spesa e i dati relativi alle entrate per voci quali carburanti,
tariffe, stipendi, manutenzione, deprezzamento, fluttuazioni del tasso di
cambio, spese aeroportuali, assicurazioni, ecc. Previsioni traffico/reddito.
4. Informazioni
dettagliate sui costi d'avviamento sostenuti nel periodo trascorso fra
l'introduzione della domanda e l'inizio dell'attività, nonché un'illustrazione
delle previste modalità di finanziamento di detti costi.
5. Informazioni
dettagliate sulle fonti di finanziamento esistenti e previste.
6. Informazioni
dettagliate sugli azionisti, compresa la loro nazionalità, il tipo di azioni
disponibili, nonché il loro statuto. Nel caso di raggruppamenti di imprese, si
richiedono informazioni sui loro reciproci rapporti.
7. Proiezioni
concernenti le relazioni sui movimenti di cassa e piani di liquidità per i
primi due anni d'esercizio.
8. Informazioni
dettagliate sul finanziamento dell'acquisto/leasing di aeromobili; in caso di
leasing, le condizioni ed i termini del contratto.
B. Informazioni
da presentare per la valutazione della persistente idoneità finanziaria di
vettori aerei abilitati che intendano modificare la loro struttura o le loro
attività con significative ripercussioni finanziarie.
1. Se
necessario, il più recente conto d'esercizio interno e i bilanci certificati
del precedente anno finanziario.
2. Precise
informazioni dettagliate su tutti i cambiamenti previsti, per esempio
cambiamento del tipo di servizio, progetti di acquisizione o fusione, modifiche
concernenti il capitale azionario e gli azionisti, ecc.
3. Un bilancio
programmatico contenente il conto profitti e perdite per l'anno finanziario in
corso, compresi tutti i previsti cambiamenti di struttura o di attività che comportino
significative ripercussioni finanziarie.
4. Dati relativi
alle entrate ed uscite passate e future per voci quali carburanti, tariffe,
stipendi, manutenzione, deprezzamento, fluttuazioni del tasso di cambio, spese
aeroportuali, assicurazioni, ecc. Previsioni traffico/reddito.
5. Relazioni sui
movimenti di cassa e piani di liquidità per l'anno seguente, compresi tutti i
previsti cambiamenti di struttura o di attività aventi significative
ripercussioni finanziarie.
6. Informazioni
dettagliate sul finanziamento di acquisto/leasing di aeromobili; nel caso di
leasing, le condizioni ed i termini del contratto.
C. Informazioni
da presentare per la valutazione della persistente idoneità finanziaria dei
vettori aerei abilitati.
1. I bilanci
certificati al più tardi sei mesi dopo la fine del periodo in questione e, se
necessario, il più recente conto d'esercizio interno.
2. Un bilancio
programmatico, compreso il conto profitti e perdite dell'anno successivo.
3. Dati relativi
alle entrate ed uscite passate e future per voci quali carburanti, tariffe,
stipendi, manutenzione, deprezzamento, fluttuazioni del tasso di cambio, spese
aeroportuali, assicurazioni, ecc. Previsioni traffico/reddito.
4. Relazioni sui
movimenti di cassa e piani di liquidità per l'anno seguente.
[43] A circa dieci anni dalla sua
pubblicazione trovo ancora attuale, nelle sue linee generali, il già citato
ponderoso volume di a. c. Pellicelli, Le compagnie aeree. Economia e gestione del trasporto aereo, edito nell’ambito della collana curata dall’
Istituto di Ragioneria ed economia aziendale dell’Università di Torino. Le
problematiche della concorrenza nel settore sono affrontate in chiave
aziendalistica, esaminando gli effetti della deregulation in Europa e
negli U.S.A., della
privatizzazione, dei possibili interventi dello Stato. Si segnala
particolarmente l’indagine relativa agli effetti delle nuove tecnologie sugli
assetti delle imprese; si pensi, con un solo esempio, ai sistemi di
prenotazione. La ricerca di criteri uniformi più dettagliati ai fini della la
valutazione dei bilanci (sia per lo stato patrimoniale che per il conto
economico) delle imprese di trasporto aereo incontra delle difficoltà - nota
l’A. - a misura in cui le regole presentino ancora significative differenze da
un Paese all’altro della Comunità. Aggiungo, però, che tali ostacoli mi
sembrano via via superabili, sia attraverso l’applicazione da parte degli
aziendalisti di “correttori” di lettura che consentano un’esatta comparazione
dei risultati delle scritture contabili, sia per l’intervento sempre più incisivo
del legislatore comunitario in materia di diritto delle società.
Osserva ben opportunamente l’A. cit. (p. 457) che
non esiste un unico tipo di analisi finanziaria (ad esempio, una valutazione
finanziaria può dare risultati positivi se finalizzata alla concessione di un
finanziamento a breve termine ed invece negativi se lo scopo è la concessione
di un prestito a lungo termine). Da qui - aggiungo - la necessità di
predisporre modelli mirati di analisi finanziarie che abbiano l’obiettivo
specifico del rilascio o mantenimento delle licenze d’esercizio o comunque il
puntuale svolgimento di servizi da parte delle imprese di trasporto aereo.
Forse gli elenchi costituenti l’allegato al reg. 2407/92 e quelli di cui al
progetto di modifica non soddisfano completamente tali esigenze di specificità.
Mi sembra comunque certo che in sede applicativa un’accurata indagine sul c.d. cash flow
(quanto a fonti e destinazione) debba rientrare tra gli aspetti preminenti
dell’analisi (v.amplius op. cit.
467).
Per i medesimi profili economico-aziendalistici
relative alle imprese di trasporto aereo, ma con un approccio diverso, v.
Valdani-Jarach, Compagnie aeree e deregulation, Milano, 1997. Il contributo è particolarmente utile anche nella
descrizione di case history relativamente
al settore delle imprese in argomento.
Più direttamente connesso con l’argomento di cui
al testo è lo scritto di Bauer e Negri, La revisione dei bilanci
delle compagnie aeree, in Controllo legale conti, 2000, 515 (prima parte) e 659 (seconda parte);
gli AA., nella loro conclusione richiamano l’attenzione su alcune classi di
valori che, per le imprese in esame, assumono aspetti peculiari e rilevanti; ci
si riferisce in particolare alle problematiche di “cut-off” connesse con
le fatture da ricevere, al trattamento dei fondi per la manutenzione ciclica
degli aeromobili, etc. Particolarmente interessante è la considerazione finale
ove si ritiene indispensabile, quale corretto punto di partenza per una
valutazione contabile, un’approfondita analisi dell’effettivo contenuto dei
contratti stipulati dall’impresa di trasporto aereo “la cui errata
interpretazione può portare a conseguenze finanziarie molto serie per
contenziosi a loro legati”.
Ancora sulle specificità della struttura dei
costi dell’impresa di trasporto aereo v.,
nell’edizione del 2002, Doganis, Flying
Off Course: The Economics of International Airlines, London e N. Y.
[44] Sulla particolare importanza
dell’analisi del mercato di riferimento, sia nel periodo breve che in una
prospettiva temporale più lunga, insistono, tra gli altri, Bauer e Negri, op. cit. 659
e passim.
[45] Sull’insufficienza del
periodo trimestrale, richiamo l’osservazione di Balfour, op. e loc.
cit., che tiene conto delle caratteristiche peculiari connesse con la fase
d’avvio di un’attività di trasporto aereo.
Segnalo, a questo proposito, la particolare
attenzione posta nei Paesi Bassi, all’entità in rapporto all’intero, di quella
parte di disponibilità finanziaria costituita, nell’impresa di trasporto aereo,
dal venture capital per i pericoli che esso comporta ed ai casi in cui
il dubbio sulla solvibilità dell’impresa sia compensato da adeguate garanzie
bancarie o di altra natura.
[46] Nella normativa spagnola (O.
Min. de Fomento, 12 marzo
1998), viene letteralmente trascritta la definizione (opportunamente in termini
generali) di business plan (plan
de operaciones) di cui al reg. 2407/92: una dettagliata descrizione
delle attività che l’impresa di trasporto aereo si propone di svolgere nel
periodo in riferimento, con particolare riguardo agli obiettivi di sviluppo ed
ai correlati investimenti; le implicazioni di carattere economico e finanziario
di tali attività dovranno essere prospettate in tutta la loro evidenza.
Quanto al check
del piano economico, si segnala la prassi di alcuni Paesi di attribuire
particolare rilevanza ai dati generali di sviluppo che emergono dalle
previsioni IATA. Resta comunque basilare la valutazione sulla corretta
proporzione tra elencazione di quantità e tipologia dei servizi che s’intendono
svolgere e capitali disponibili (per le imprese caratterizzate da attività
charteristica, viene sottolineata la particolare difficoltà delle valutazioni
in argomento per l’evidente maggiore incertezza delle previsioni; è
consigliabile un riscontro dei dati di sviluppo con acquisizione di ulteriori
dati presso i tour operators).
In Francia, la valutazione del piano economico
avviene con l’ausilio di modelli econometrici relativi al traffico, muovendo da
una banca dati consultabile presso l’autorità nazionale competente.
[47] Alcune regolamentazioni
interne degli Stati membri precisano il periodo minimo di anticipazione della
notifica; in Spagna e nel Regno Unito, ad esempio, tale periodo è di 14 giorni,
in Francia è, invece, di due mesi.
[48] Di contro, va richiamato
l’art. 1.2 della legge n. 241/90 (“la
pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per
straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”, altrimenti
si espone alle conseguenze sanzionatorie previste dall’ordinamento generale).
[49] La necessità di valutare se
il periodo di disponibilità è congruo viene sottolineata anche da Munari-Celle, Tutela del passeggero
e concorrenza nella prospettiva comunitaria, in Atti Convegno Trasporto aereo e tutela del passeggero
nella prospettiva europea, a
cura di Masala-Rosafio (Sassari 15-16 aprile 2005), Milano, 2006, 46.
[50] V., ad es. la Spagna. In
Polonia, l’approvazione è negata se nel contratto non è indicato il gruppo
responsabile della supervisione dell’aeromobile.
[51] Cfr. art. 2.1 della legge n.
241/90.
[52] La possibilità di ricorsi
gerarchici, propri ed impropri, è regolata dalle legislazioni nazionali. Nel
Regno Unito, ad esempio, viene riconosciuto il diritto di ricorrere al Ministro
competente.
[53] Giova, forse, porre ancora in
evidenza che la discrezionalità tecnica di cui al testo non comporta che le
situazioni da valutare in via prodromica debbano essere esaustivamente elencate
nella normativa comunitaria o in quella interna dei singoli Paesi. Trovo però
utile che alcuni Stati membri elenchino in via non tassativa alcune di tali
situazioni; ad esempio la Spagna oltre alla bancarotta, fa riferimento al
frequente reiterarsi di controversie di lavoro, a frequenti contenziosi con i
creditori, etc. Nella prassi dell’Amministrazione francese costituisce un grave
indice di preinsolvenza il mancato pagamento delle imposte, delle tasse e
diritti aeroportuali in genere, delle somme dovute per il controllo in
navigazione e delle fatture relative ai rifornimenti degli aeromobili.
[54] È opportuno richiamare quanto si
legge all’art. 9 della proposta di modifica del terzo pacchetto, con
riferimento alle difficoltà finanziarie dell’impresa di trasporto aereo. La
modifica ha come base il paragrafo 5 dell’art. 5 del regolamento 2407/92 ed è
così letteralmente formulata: “L’Autorità competente per il rilascio delle
licenze sospende o revoca la licenza d’esercizio qualora giunga alla
conclusione che il vettore aereo comunitario non è più in grado di far fronte
ai propri impegni effettivi e potenziali per un periodo di dodici mesi”. Il
secondo comma, a sua volta, prevedrebbe che “L'autorità competente per il rilascio delle licenze può rilasciare una
licenza provvisoria di durata non superiore a 12 mesi in attesa della
ristrutturazione finanziaria del vettore aereo comunitario, purché tale licenza
temporanea rifletta ogni eventuale modifica del COA e sussista la prospettiva
realistica di una ristrutturazione finanziaria soddisfacente entro tale periodo
di tempo”.
Nei tre commi successivi, la proposta, muovendo dal
sintetico disposto del vigente art. 12 del reg. 2407/92 detta una disciplina
molto più analitica per quanto riguarda le procedure conseguenti ai “chiari
segnali di problemi finanziari” riguardanti un’impresa di trasporto aereo.
Infatti, la norma comunitaria attuale stabilisce
che: “Uno Stato membro non permette ad un vettore aereo di mantenere la
licenza d'esercizio laddove contro detto vettore siano in corso procedimenti
per insolvenza o di natura analoga, se l'autorità competente di tale Stato
membro ha la convinzione che non sussista una prospettiva realistica di
ristrutturazione finanziaria soddisfacente entro limiti di tempo ragionevoli”.
Di contro il progetto della Commissione nei tre commi citati è così articolato:
“Qualora sussistano chiari segnali dell'esistenza di problemi di natura
finanziaria oppure qualora siano in corso procedimenti per insolvenza o di
natura analoga, nei confronti di un vettore aereo a cui abbia rilasciato una
licenza, l'autorità competente per il rilascio delle licenze procede senza
indugio a una valutazione approfondita della situazione finanziaria e sulla
base dei risultati riesamina la conformità della licenza d'esercizio alle
prescrizioni di cui al presente articolo entro un periodo di tre mesi.
L'autorità competente per il
rilascio delle licenze informa la Commissione dei risultati della valutazione,
nonché della decisione da essa adottata in relazione allo stato della licenza
d'esercizio.
Qualora i bilanci certificati di
cui all'articolo 8, paragrafo 4, non siano stati trasmessi entro sei mesi dalla
data di chiusura del bilancio dell'anno finanziario precedente, l'autorità
competente per il rilascio delle licenze chiede al vettore aereo comunitario di
farle pervenire senza indugio i bilanci certificati.
Se i bilanci certificati non sono
trasmessi entro un mese, la licenza d'esercizio è sospesa o revocata.
L'autorità competente per il
rilascio delle licenze informa la Commissione della mancata trasmissione dei
bilanci certificati da parte del vettore aereo entro il termine di sei mesi,
nonché delle azioni che essa adotta di conseguenza.
In caso di
sospensione o ritiro della COA di un vettore aereo comunitario, l'autorità
competente per il rilascio delle licenze sospende o revoca immediatamente la
licenza d'esercizio di quel vettore”.
[55] Il termine biennale
introdotto dall’art. 11 del D. lgs. 15 marzo 2006 n. 151 sostituisce quello
quinquennale previsto dal d. lgs. 96 del 2005 ed indicato anche nel reg.
2407/92, al primo comma dell’art. 11. Il nuovo termine previsto dal legislatore
nazionale trova una correlazione con la formulazione ex novo del secondo
comma dell’art. 8 della più volte citata proposta di modifica - presentata
dalla Commissione il 18 luglio 2006 - che trascrivo: “L'autorità competente per il rilascio delle
licenze vigila attentamente sull'osservanza delle prescrizioni di cui al
presente capo e, in ogni caso, riesamina l'osservanza di tali prescrizioni due
anni dopo il rilascio di una nuova licenza d'esercizio, qualora si sospetti un
potenziale problema oppure su richiesta della Commissione.
Qualora sospetti che
i problemi finanziari di un vettore aereo comunitario possano pregiudicare la
sicurezza del suo esercizio, l'autorità competente per il rilascio delle
licenze informa immediatamente l'autorità competente per la COA”.
Va osservato che la formulazione
della norma nazionale, non subordinando la revisione al “sospetto di un
potenziale problema o alla richiesta della Commissione”, fornisce maggiori
garanzie obiettive sotto il profilo della permanenza dei requisiti richiesti
alle imprese di trasporto aereo.
[56] In alcuni Paesi (es. Spagna,
Polonia, Francia) il limite di presentazione è fissato in sei mesi dalla
chiusura dell’esercizio.
[57] Il comma 6 dell’art. 8 della
proposta continua così: “L'autorità competente per il rilascio delle licenze
ha la facoltà di verificare, in qualsiasi momento, i risultati finanziari di un
vettore aereo comunitario al quale ha rilasciato una licenza d'esercizio,
chiedendo le informazioni pertinenti e, in particolare, i dati di cui al punto
3 dell'allegato 1”. Quest’ultimo, per quel che qui rileva, è conforme
all’allegato al reg. 2407/92 vigente.
[58] Noto per inciso che, rispetto
alla safety, l’esigenza di standardizzazione nell’applicazione
concreta delle normative si pone a maggior ragione per la security (v. in
proposito, la prima relazione della Commissione sull’attuazione del regolamento
comunitario 2320/2002). Si rinvia anche ai regg. 622/2003, 781/2005, 857/2005 e
68/2004.
[59] V. reg. com. 847/2004 e sent. Corte Giust. Com. Eur. 5
novembre 2002 in causa C-466/98.
[60] In argomento, v. la direttiva
comunitaria 36/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza
degli aeromobili di Paesi terzi che utilizzano aeroporti comunitari, il
regolamento n. 2111 del 2005 (istituzione di un elenco comunitario di vettori
aerei soggetti ad un divieto operativo all’interno della Comunità e alle
informazioni da fornire ai passeggeri del trasporto aereo sull’identità del
vettore aereo effettivo e che abroga l’art. 9 della direttiva 36/2004) ed il
regolamento di attuazione della Commissione n. 473 del 2006.
[61] Richiamo, per inciso, il
fatto che il soddisfacimento del requisito della sicurezza richiede non
soltanto la puntuale osservanza di singole norme di safety e security ma il
mantenimento in efficienza di piani di gestione con costi non indifferenti.
Peraltro, ove sia possibile ridistribuire (in tutto o in parte) il costo sugli
utenti, indicando separatamente nel documento di trasporto la voce del
prelievo, le valutazioni dei bilanci dovrebbero implicare un’analisi
sull’effettiva destinazione del prelievo stesso.
Sulla gestione del rischio e sulle problematiche
della prevenzione, sottolineo, ancora per inciso, la specifica rilevanza dei
contributi di due seminari svoltisi a Parigi (nel gennaio 2005) ed a Montreal
(nel febbraio dello stesso anno) sul tema Air
transportation and risk management, pubblicati nel numero 3 del 2006 del Canadian journal of criminology and crim.
just.; v. anche gli Atti del convegno organizzato nell’aprile 2004 dall’Università
di Milano-Bicocca (facoltà di giurisprudenza) La sicurezza negli aeroporti.
Problematiche giuridiche ed interdisciplinari (atti pubblicati a cura di Camarda, Cottone, Migliarotti, Milano, 2005).
[62] Oltre all'ipotesi di cui al
quarto comma, il vettore designato decade dal servizio: “a) quando non ha
iniziato l'esercizio nel giorno indicato dalla convenzione, a meno che il
ritardo non sia derivato da causa a lui non imputabile; b) negli altri casi
indicati dalla convenzione. Per gravi motivi di pubblico interesse l’ENAC può
sospendere l'esercizio del servizio da parte del vettore designato ovvero
revocare la designazione”.
[63] Per le frequenti
considerazioni di tipo economico, inserite nel contesto della trattazione
giuridica, v. Brignardello, La disciplina delle tariffe e dei prezzi nel
settore dei trasporti, Torino, 2000; v. anche ID., Le tariffe aeree, in Il nuovo diritto aeronautico,
in ricordo di Gabriele Silingardi,
II, Milano, 2002, 407.
[64] Per la disciplina del code sharing,
che non attiene direttamente all’argomento di questo scritto come delimitato
dalle premesse, rinvio agli artt. 5 e 6 del nuovo testo contenuto nella
proposta della Commissione. Tali forme di accordo contrattuali vengono ritenute
compatibili con le regole della concorrenza proprio perché espressamente
ammesse dal legislatore comunitario (v. Aut. gar. conc. 1 agosto 2002 n.
11038).
[65] V. amplius gli scritti contenuti nel volume Continuità territoriale e servizi di trasporto aereo, Torino, 2002
(Atti del convegno organizzato dall’Università di Sassari, a Sassari e Alghero,
il 15-16 ottobre 1999).
Sotto il profilo comparatistico, v. lo scritto,
relativamente recente, di Williams
e Pagliari, A comparative analisis of the application and use of pubblic service
obligation in air transport within the EU, in Transport Policy,
2004 (11), num. 1, 55-66.
[66] I rapporti di cui al testo
non riguardano, com’è di tutta evidenza, soltanto la materia degli oneri di
servizio pubblico per i quali - tenuto conto delle caratteristiche del
trasporto aereo - non risulta facile la definizione di servizi d’interesse
esclusivamente regionale o locale; definizione che non può tener conto
esclusivamente dell’appartenenza alla medesima regione dei territori di arrivo
e partenza dell’aeromobile. Assumono, infatti, rilievo altre questioni in
materia finanziaria, quali ad es., gli incentivi pubblici per l’avviamento.
Nella materia, v. la già citata comunicazione
della Commissione pubblicata il 9 dicembre 2005 nella quale, nel quadro di
nuovi collegamenti, si condiziona la possibile concessione del contributo al
possesso di una licenza d’esercizio in
corso di validità e al
riferimento a rotte riguardanti aeroporti “regionali” (nel significato che
l’aggettivo assume in relazione alla materia e con la precisazione che saranno
possibili eccezioni per le regioni ultraperiferiche da dove partano voli per
Paesi terzi vicini).
[67] Per un esempio di pratica
attuazione del sistema conferenziale, v. la comunicazione n. 5 della
Commissione relativamente alla procedura prevista dall’art. 1, par. 1, lett. a
del reg. 2008/92 (voli Trapani-Pantelleria e viceversa).
[68] L’art. 22.10 della legge
comunitaria n. 128 del 1998 aveva già stabilito l’adeguamento al reg. com.
2407/92 delle normative nazionali (in particolare, art. 8 d.m. 18 giugno 1981 e
successive modifiche) per il rilascio e mantenimento delle licenze d’esercizio
delle imprese di lavoro aereo, con riferimento ai requisiti relativi alla
proprietà e disponibilità di aeromobili.
V. anche circolare ENAC, serie economico
amministrativa legale, del 21 gennaio 2002.