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Vol. IV/2006

Casella di testo:  Rivista di Diritto dell'Economia, dei Trasporti e dell'Ambiente
	                                                                         
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La risarcibilità del danno da vacanza rovinata

Eva Faraci*

 

1. Inquadramento giuridico della fattispecie.

2. La responsabilità per inadempimento o per cattiva esecuzione delle prestazioni dell’organizzatore/intermediario.

3. Esclusione della qualificazione del termine di dieci giorni per il reclamo quale termine di decadenza.

4. Responsabilità per inadempimento e cattiva esecuzione del contratto di viaggio, qualificazione giuridica del danno da vacanza rovinata.

 

1. Inquadramento giuridico della fattispecie.

La “compravendita” di pacchetti turistici è regolata, com’è noto, dal combinato disposto della Convenzione internazionale sui contratti di viaggio (CCV)[1] e dal d.lgs. n.111/1995 attuativo della Direttiva Cee 90/314[2], oggi abrogato e trasfuso nel d. lgs. 6 settembre  n. 206 c.d. codice del consumo[3].

L’art. 84 cod. consumo impone, affinché possa parlarsi di “pacchetto turistico”, la ricorrenza della combinazione del trasporto o dell’alloggio con qualsiasi altro servizio incluso nel pacchetto non accessorio al trasporto o all’alloggio.

I servizi combinati devono essere non accessori, significativi ed organizzati da un soggetto che assume la veste di organizzatore e si obbliga a fornirli al consumatore.

Gli artt. 93-96 del codice del consumo disciplinano il mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con il contratto di compravendita di pacchetto turistico, prevedendo la responsabilità di entrambi, organizzatore e venditore, sempre che, non dimostrino che il mancato o inesatto adempimento derivi da impossibilità della prestazione dovuta ad una causa a loro non imputabile.

Solo al fine di fornire un brevissimo quadro relativo alla disciplina del contratto di viaggio, e volontariamente prescindendo dall’analisi di tutte le possibili qualificazioni e dai concreti atteggiamenti che il medesimo può assumere [4], può osservarsi come inevitabilmente, a seguito della entrata in vigore del d.lgs.111/1995,  e del codice del consumo, l’applicazione della CCV risulti ormai residuale, specie ove si consideri che quest’ultima fa salva l’applicazione delle legislazioni speciali che stabiliscono trattamenti più favorevoli per certe categorie di viaggiatori[5].

Di conseguenza la CCV finisce col cedere il passo alla disciplina di derivazione comunitaria ogni qual volta quest’ultima preveda, e/o consenta anche in via interpretativa, un trattamento più favorevole al turista consumatore.

Sia la CCV che il codice del consumo dettano specifiche norme in tema di responsabilità dell’organizzatore e dell’intermediario di viaggio.

Senza pretese di esaustività, può dirsi che, da un lato, l’art. 13 della legge di ratifica della CCV dopo aver sancito, al primo comma, l’obbligo dell’organizzatore di viaggi di rispondere di “qualsiasi pregiudizio” causato al viaggiatore, in conseguenza dell’inadempimento totale o parziale delle prestazioni contrattuali poste a suo carico, al secondo comma, nel legittimare le clausole limitative delle indennità dovute a titolo di risarcimento, distingue tra danni alla persona, danni alle cose e qualsiasi altro danno. Dall’altro, l’art. 93  del codice del consumo prevede l’obbligo in capo al venditore ed all’organizzatore, di risarcire il danno, con la possibilità di cui all’art.95 di limitare, per i danni diversi da quelli alla persona, l’indennità dovuta, limitazione ammessa comunque entro i limiti dell’art. 13 della CCV, espressamente richiamato.

Dal combinato disposto delle due normative emerge, ancorché per quanto riguarda le norme del codice del consumo ciò avvenga solo implicitamente, la risarcibilità dei danni non patrimoniali subiti dal viaggiatore.

Ciò si evince chiaramente dall’art. 13 della CCV che utilizza l’espressione “qualsiasi pregiudizio”, ed implicitamente dal collegamento tra l’art.93, che parla di risarcimento del danno, e l’art. 95 del codice del consumo, che ammette la limitazione, facendo salvi i parametri contenuti nella CCV, delle indennità risarcitorie dovute per danni diversi dai danni alla persona.

Tale impostazione supera l’opinione e le obiezioni di quanti negano che possa rintracciarsi nel d.lgs  111/1995 prima, e nel codice del consumo poi, una norma equivalente all’art. 13 della CCV[6], e riceve, grazie ad una pronunzia recente[7], una non trascurabile conferma comunitaria.

La Corte di giustizia UE ha affermato che l’art. 5 della Direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE debba essere interpretato estensivamente, ossia nel senso di ammettere in favore del consumatore il risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento, o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un “viaggio tutto compreso[8].

Peraltro occorre aggiungere che una successiva pronuncia la Corte di Giustizia[9], nell’ottica sempre presente di assicurare maggior tutela al consumatore/acquirente di “un pacchetto turistico” ha esteso l’applicazione del d. lgs 111/1995, oggi codice del consumo,  anche ai “viaggi su misura”, ovvero ai viaggi organizzati da un’agenzia di viaggi su domanda del consumatore o di un gruppo ristretto di consumatori e conformemente alle loro richieste.

2. La responsabilità per inadempimento o per cattiva esecuzione delle prestazioni dell’organizzatore/intermediario.

La attribuzione della responsabilità per danno da vacanza rovinata muove dalla necessaria premessa della qualificazione giuridica del soggetto destinatario della domanda di risarcimento come organizzatore o semplicemente quale venditore/intermediario, ovvero come entrambi.

Tale qualificazione costituisce un punto essenziale, trattandosi di una circostanza necessariamente preliminare all’attribuzione di responsabilità.

In realtà il meccanismo di responsabilità delineato dagli artt. 93 e ss. del codice del consumo pone all’interprete due opzioni ermeneutiche: la responsabilità solidale ex art. 2055 c.c., ovvero quella alternativa.

La prevalente dottrina prendendo spunto dall’espressione “secondo le rispettive responsabilità”, contenuta nello stesso art. 93 codice del consumo, qualifica la responsabilità dell’organizzatore e dell’intermediario come una responsabilità alternativa [10] (e non solidale[11]).

Sul tema può solo osservarsi come sebbene la formulazione letterale della norma induca a propendere per quest’ultima ricostruzione, tuttavia il modello della responsabilità solidale, sia pure presunta iuris tantum, sembra meglio adattarsi alle esigenze di tutela e di garanzia dei diritti del consumatore che ispirano il decreto.

Ben diversa è invece la posizione dell’organizzatore e del venditore nell’ipotesi, disciplinata dal secondo comma della stessa norma[12], cioè dell’inadempimento di eventuali terzi prestatori di servizi inclusi nel pacchetto.

In tal caso, ove  tali soggetti siano convenuti in giudizio in luogo dei diretti prestatori dei servizi, a nulla varrà l’eventuale dimostrazione che l’inadempimento derivi da impossibilità della prestazione per causa a loro imputabile, rimanendo in loro favore semplicemente il rimedio della azione di rivalsa esercitabile anche nel medesimo contesto processuale.

3. Esclusione della qualificazione del termine di dieci giorni per il reclamo quale termine di decadenza.

Altra questione interessante è la qualificazione giuridica del termine previsto dall’art. 19 del d.lgs. n.111/1995, ora art. 98 Cod. Cons.,  secondo cui: “…ogni mancanza nell’esecuzione del contratto deve essere contestata ..dal consumatore…senza ritardo…affinché l’organizzatore, …il suo rappresentante locale o l’accompagnatore.. vi pongano tempestivamente rimedio,. ...il consumatore può altresì sporgere reclamo mediante l’invio di raccomandata con avviso di ricevimento, all’organizzatore entro e non oltre 10 giorni lavorativi dalla data di rientro presso la località di partenza”.

L’art. 98 prevede due distinti rimedi a fronte delle mancanze manifestatesi in occasione dell’esecuzione del contratto:  al primo comma, l’immediata contestazione con cui il consumatore mette il tour operator/organizzatore in condizioni di porvi riparo, e, al secondo comma, il reclamo (nel termine suindicato) qualificabile come semplice facoltà, e non come termine di decadenza dall’azione[13], purché il consumatore abbia comunque provveduto all’onere di contestare l’inadempimento o l’inesatta esecuzione delle prestazioni promesse e pattuite già durante la vacanza[14].

Come ha correttamente osservato una parte della giurisprudenza[15], la configurazione  di un’ipotesi di decadenza dal reclamo oltre il termine previsto, contrasterebbe sia con la lettera della norma che con lo spirito della legge.

Una prima analisi del testo normativo, condotta con un approccio meramente terminologico, consente di osservare che l’art. 98, al secondo comma, non utilizza il verbo deve, solitamente in uso nelle ipotesi in cui è configurabile un vero e proprio obbligo o onere, ma il verbo può, che normalmente indica una facoltà del soggetto cui fa riferimento.

Passando all’esame logico-giuridico, si ottiene una conferma del risultato dell’indagine letterale.

Appare fin troppo evidente che una interpretazione della norma, aderente allo spirito della legge, emanata al fine di recepire una direttiva europea - ispirata dall’esigenza di assicurare una effettiva tutela, non più semplicemente formale ma anche sostanziale, ai diritti del consumatore- mal si concilierebbe con la previsione di rigorosi e brevi termini di decadenza in capo al consumatore medesimo.

II secondo comma dell’ art. 98 Cod. Consumo, tenendo conto della ratio della intera normativa posta a tutela del turista-consumatore, può quindi interpretarsi nel senso che il consumatore, al fine unicamente di rafforzare la contestazione immediata ed originaria già effettuata in loco, avrebbe la facoltà di sporgere altresì reclamo mediante invio di lettera raccomandata con a/r, da inoltrarsi entro dieci giorni lavorativi dalla data del rientro.

4. Responsabilità per inadempimento e cattiva esecuzione del contratto di viaggio, qualificazione giuridica del danno da vacanza rovinata.

Il punto centrale della questione in esame, comunque, è la qualificazione giuridica del danno da vacanza rovinata e, in particolare, la risarcibilità dei danni morali conseguenti alla compromissione del periodo di vacanza imputabile all’inadempimento, ovvero alla cattiva esecuzione delle prestazioni promesse nel contratto di viaggio.

In una decisione[16] si afferma che il complesso delle inadempienze contrattuali, rappresentate dalla variazione inopinata dell’orario di partenza del volo aereo, dall’assoluta inadeguatezza del livello di confort e di trattamento dell’hotel rispetto a quanto promesso, dalla mancata assistenza del personale fiduciario, dalla mancata fornitura della documentazione richiesta da uno dei partecipanti ai fini del rimborso delle spese di soggiorno, costituisce quel disagio e quel fastidio riconosciuto sotto la voce “danno da vacanza rovinata”, cui si ricollega l’obbligazione risarcitoria della società organizzatrice/venditrice del pacchetto turistico.

Interessanti precisazioni sulla nozione di danno da vacanza rovinata, sono rinvenibili in una sentenza[17]  riguardante il caso di due turisti le cui aspettative vengono disattese in occasione di uno speciale evento, il viaggio di nozze”, tradizionalmente qualificato dalla giurisprudenza come “circostanza ed occasione irripetibile”, e quindi tale da assumere una rilevanza particolare anche in sede di valutazione e quantificazione del danno stesso [18].

In un’altra decisione, [19] il danno da vacanza rovinata viene variamente inteso come : “delusione da parte del consumatore per le aspettative tradite”, come “la somma delle tensioni e degli stress accumulati durante il periodo di vacanza conseguenti al mancato riposo stante la necessità di intraprendere continui reclami  per i disservizi derivanti dalle omissioni delle società interessate ”, come “la compromissione del godimento di quel clima di relax e serenità lecito attendersi dalla vacanza”, ovvero infine come “un pregiudizio psichico ed alla vita di relazione”.

E’ agevole verificare, analizzando le motivazioni che si susseguono nelle pronunzie giurisprudenziali in tema di risarcibilità del danno da vacanza rovinata, come tutte le precisazioni nelle medesime contenute, e volte a definire la nozione del danno in esame, tendono ad assumere tratti simili e costanti nel tempo.

In realtà gli spunti principali di approfondimento in tema di danno da vacanza rovinata sembrano essere, come già anticipato, la risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente alla compromissione del periodo di vacanza derivante dall’inadempimento contrattuale, ovvero dall’inesatto adempimento, nonché i problemi connessi alla quantificazione del medesimo.

 Nel caso di inadempimento dell’organizzatore del viaggio al turista/ consumatore possono derivare due tipi di danno: il danno patrimoniale, consistente, ad esempio, nella differenza di prezzo pagata dal consumatore per l’albergo prescelto in sede di organizzazione del viaggio e poi mutato unilateralmente dall’organizzatore a causa del frequentemente invocato fenomeno dell’overbooking[20], ed il danno non patrimoniale.

In passato si è ampiamente discusso in ordine alla risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente all’inadempimento contrattuale dell’organizzatore del viaggio, la tesi negativa si fondava, in estrema sintesi, sull’impossibilità di ricondurre tale caso al dettato dell’art. 2059 c.c.

Com’è noto, la lettura tradizionale di tale norma, che delinea la fattispecie del danno non patrimoniale, ne limita la risarcibilità ai casi previsti dalla legge e si muove nel senso di interpretare quest’ultimo inciso come riferito alle ipotesi in cui l’illecito civile costituisca al tempo stesso reato  secondo la legge penale.

Il superamento di questa tradizionale lettura dell’art. 2059 c.c. si deve in particolare alle ormai ben note pronunzie della Cassazione[21], le quali hanno fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’art.2059 c.c., ammettendo la risarcibilità del danno non patrimoniale ogni qual volta sussista la lesione di un valore inerente alla persona costituzionalmente garantito, ed ancorché l’illecito civile non costituisca altresì reato secondo al legge penale.

La Corte di Cassazione, dopo aver tracciato la distinzione tra danno morale soggettivo, inteso come pretium doloris, la cui risarcibilità è limitata ai casi in cui l’illecito civile costituisca, al contempo e come precisato, reato secondo la legge penale, ed il danno non patrimoniale quale categoria generale, ha riconosciuto e legittimato un’ampia nozione di danno non patrimoniale, inteso quale pregiudizio conseguente alla lesione di valori inerenti alla persona.

E’ bene precisare che, in tema di danno da vacanza rovinata, ancor prima delle pronunzie dei giudici di legittimità, la tesi favorevole[22] al risarcimento dei danni non patrimoniali, fondata sulla qualificazione del danno da vacanza rovinata come un danno non patrimoniale conseguente ad un inadempimento contrattuale, rinveniva nell’art. 13 della CCV il fondamento normativo richiesto, ai fini della risarcibilità dall’art. 2059 c.c.

In realtà, la qualificazione del danno da vacanza rovinata quale danno tipicamente non patrimoniale non appare, almeno ad oggi, dubitabile, in particolare ove ci si soffermi sul contenuto di una recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea[23], decisione con cui, in sede di interpretazione della Direttiva 90/314 Cee, in tema di “viaggi tutto compreso”, si è affermato il diritto del consumatore ad ottenere il risarcimento del danno morale conseguente all’inadempimento od alla cattiva esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto.

Peraltro non mancano voci che vanno ben al di là, e giungono a qualificare il danno da vacanza rovinata come danno esistenziale [24], considerando l’estremo sviluppo del fenomeno turistico negli ultimi anni ed il valore che, in relazione alla qualità di vita dell’individuo e nella realtà socio-economica odierna, il bene “vacanza” ha assunto, ovvero ancora come danno biologico[25],  laddove la compromissione del periodo di svago e di relax si traduca in una lesione all’integrità psico-fisica dell’individuo.

Necessaria conseguenza di tale approccio è la valutazione in termini di responsabilità di tutti quei comportamenti che finiscono con il compromettere il godimento da parte del turista/consumatore delle occasioni di relax e di riposo.

Sembra in realtà condivisibile, nel tentativo di legittimare la risarcibilità del danno da vacanza rovinata come danno morale, l’orientamento espresso, in particolare, da quella giurisprudenza[26], successiva alla citata decisione della Corte di Giustizia Europea, secondo cui la lesione di valori umani costituzionalmente garantiti costituisce un danno non patrimoniale risarcibile, pur in assenza di un fatto che costituisca reato secondo la legge penale[27].

Sulla base delle considerazioni che precedono appare sicuramente criticabile l’orientamento espresso da quella parte della giurisprudenza[28] che nega la qualificazione del danno da vacanza rovinata in termini di danno non patrimoniale, ricorrendo alla tradizionale, ed ormai di fatto superata, interpretazione dell’art. 2059 c.c.

In realtà, tale indirizzo sembra da un lato trascurare la recente pronunzia della Corte di Giustizia UE, e dall’altro, finisce col negare quel trend interpretativo volto a disancorare la risarcibilità del danno non patrimoniale dalla ricorrenza di un fatto qualificabile come reato, trend inaugurato dalle più volte citate pronunzie gemelle della Cassazione[29], e ribadito dalla successiva giurisprudenza.

A ciò si aggiunga che, nella maggior parte dei casi, la risarcibilità dei danni morali viene negata tout court senza, peraltro, dare adeguate motivazioni, richiamandosi semplicemente ad una lettura tradizionale dell’art. 2059 c.c.,[30] ed eludendo il tema, decisamente non secondario, della qualificazione giuridica del danno da vacanza rovinata, individuato, genericamente e semplicemente, come pregiudizio risarcibile in quanto tale[31].

Ove si fosse voluto, a tutti i costi, rimanere fedeli alla tradizionale interpretazione dell’art.2059 c.c sarebbe stato sufficiente, al fine di ammettere la risarcibilità del danni morali conseguenti alla compromissione del periodo di vacanza, uniformarsi all’orientamento di quanti[32] sostengono che il dato testuale contenuto nell’art .13 della CVV, secondo cui l’organizzatore risponde di “qualunque pregiudizio” causato al viaggiatore, cui si aggiungono e vanno letti in parallelo, sulla base delle argomentazioni formulate in premessa e confermate dalla pronunzia della Corte di Giustizia UE, gli articoli 14, 15 e 16 del d.lgs. 111/1995, oggi sostituiti dai corrispondenti artt. 93, 94 e 95 del codice del consumo, rappresentino validamente quei casi previsti dalla legge che consentono il superamento dello sbarramento posto alla risarcibilità, e contenuto nello stesso art.2059 c.c.

Del resto, la tendenza volta a superare gli angusti e stretti confini della risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente ad illecito sembra ormai aver contagiato persino il legislatore che, in almeno tre occasioni, quali il trattamento dei dati personali, l’azione civile contro la discriminazione, e la durata eccessiva del processo[33], si è mosso nel senso di ammettere la risarcibilità del danno morale pur in assenza di reato.

In realtà, il punto della qualificazione del danno da vacanza rovinata deve essere affrontato ampliando i termini del problema, ed in particolare, considerando la natura contrattuale del rapporto che lega l’organizzatore/venditore al consumatore/turista.

Vanno, dunque, esaminate le questioni connesse all’ammissibilità nel nostro ordinamento di un danno non patrimoniale derivante da inadempimento contrattuale, categoria nella quale sembra doversi far rientrare il danno da vacanza rovinata.

Occorre quindi verificare le possibili applicazioni dell’art. 2059 c.c.- secondo la lettura costituzionalmente orientata propugnata dalla recente Cassazione, e di cui si è dato prima conto, al campo della responsabilità contrattuale.

In sintesi, può osservarsi come gli approcci possibili siano essenzialmente due, uno favorevole all’applicazione dell’art.2059 c.c., nonostante la sua collocazione sistematica e nel presupposto di una matrice comune ai due tipi di responsabilità,[34]ed un altro che, al contrario, facendo leva proprio sulla collocazione sistematica ne esclude qualsiasi estensione al di fuori dell’illecito aquiliano[35].

La qualificazione del danno da vacanza rovinata come danno non patrimoniale derivante da un inadempimento contrattuale appare, peraltro, non semplicemente confortata, ma addirittura confermata dalla stessa interpretazione resa dalla Corte di Giustizia[36], nonché dall’esame dei casi concreti portati all’esame dei giudici dai quali emerge chiaramente che il danno in relazione al quale è avanzata la domanda di  risarcimento è conseguenza dell’inadempimento o della cattiva esecuzione delle prestazioni promesse dall’organizzatore, o intermediario/venditore del pacchetto turistico.

Prescindendo dall’affrontare tutte le problematiche connesse all’ammissibilità di un danno non patrimoniale derivante da un inadempimento contrattuale[37], e condividendo sul punto l’orientamento favorevole più innovativo [38], può senz’altro dirsi che il danno da vacanza rovinata qualificato come un danno morale da inadempimento costituisce un elemento forte a sostegno della ammissibilità, in via generale, di tale categoria o voce di danno.

Del resto, non può trascurarsi l’importanza che la chiara ed inequivocabile presa di posizione della Corte di Giustizia in favore della risarcibilità del danno morale da vacanza rovinata, assume sia in una ottica di uniformità del diritto europeo dei contratti, sia nel panorama del nostro ordinamento, stante l’ampliarsi, grazie alle indicazioni fornite dai giudici comunitari, dei criteri ermeneutici utilizzabili dai giudici nazionali.

Infine, per quel che riguarda il profilo della quantificazione e liquidazione del danno, si tratta di un pregiudizio che sebbene, in concreto, possa variamente atteggiarsi[39], incide, comunque e sempre, su momenti particolari della vita o sul sentire interno dell’individuo, conseguentemente occorrerà procedere secondo valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., per sopperire alla impossibilità di provare il danno nel suo preciso ammontare.



* Dottore di ricerca e titolare di assegno di ricerca presso l’Università degli Studi di Palermo.

[1] Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio siglata a Bruxelles il 23 aprile 1970 e ratificata in Italia con la legge 27 dicembre 1977 n.1084.

[2]  Per una prima puntuale ricostruzione della disciplina giuridica in tema di compravendita di pacchetti turistici si vedano: Tassoni G. “Il nuovo decreto legislativo sui viaggi organizzati” in Contratti 1995, p.321; La Torre M.E. “Il contratto di viaggio tutto-compreso”, in Giust. Civ. 1996, II, 27; Franceschelli V., “La fruizione dei servizi turistici nell’ambito della politica comunitaria”, in Turismo: industria strategica del nuovo millennio, Atoi, Milano, 1997, p.30; Iudica G., “La disciplina delle clausole abusive nel contratto di viaggio” in Resp. Com. Impr. 1997, 63; Silingardi G. Morandi F.,“ La vendita di pacchetti turistici”, Giappichelli, Torino 1998;  Flamini A., “Viaggi organizzati e tutela del consumatore”, Esi, Napoli, 1999.

[3] Invero, le norme che direttamente si riferiscono alla materia dei pacchetti turistici sono quelle che vanno dall’art. 82 all’art. 100 cod. consumo. Esse sostanzialmente, salvo piccole modifiche quasi esclusivamente terminologiche, riproducono il testo delle corrispondenti norme dapprima contenute nel d.lgs. n.111/1995.

[4] Per un’ampia ricostruzione delle qualificazioni giuridiche proposte in tema di contratto di viaggio prima e dopo la ratifica della CCV, si veda Zunarelli  S. / Alvisi C., Lezioni di diritto del turismo, Libreria Bonomo Editrice, Bologna 2002,  pp.125 e ss.

[5] L’art.2 della CCV a tal proposito dispone: “La presente convenzione si applica a qualunque contratto di viaggio concluso da un organizzatore di viaggi o da un intermediario di viaggi qualora la sua sede di lavoro principale o in mancanza di tale sede, il suo domicilio abituale o la sede di lavoro per tramite della quale il contratto di viaggio è stato concluso, si trovi in uno Stato contraente.

La presente convenzione si applica senza pregiudizio delle legislazioni speciali che stabiliscono trattamenti più favorevoli per certe categorie di viaggiatori.”

[6] Si veda, ad esempio, in tal senso, l’opinione negativa espressa da Alvisi C. in Lezioni di diritto del turismo op.cit., p.169 e ss.

[7] Corte di Giustizia UE 12 marzo 2002, n.C-168/00, il testo integrale della pronunzia è rinvenibile, tra gli altri, in Danno e Responsabilità 2002, p.1097 e ss, ed in  Guida al Diritto n. 13 del 6 aprile 2002 p.104 e ss.

[8] Per un commento, in ordine alla pronunzia sopra-citata, si vedano, tra gli altri, Carrassi C., L’interpretazione da parte della Corte di Giustizia Ce delle norma comunitarie è, indiscutibilmente, vera nomofilachia, in Danno e Responsabilità 2002, p.1099; Maiolo F. La Corte di Giustizia , il danno da vacanza rovinata e il sistema bipolare di responsabilità civile, in Danno e Responsabilità 2002, p.1106; Gazzarra M., Vacanze tutto compreso e risarcimento del danno morale,  in Danno e Responsabilità 2003, p. 24;  Sesta L., Danno da vacanza rovinata e danno morale contrattuale, in Giur.it. 2002, 1801 e ss; Guerinoni E. L’interpretazione della Corte di Giustizia riguardo al danno da vacanza rovinata, in Resp.civ. e prev. 2002, p.360 e ss; Rodolfi M., La cattiva esecuzione delle prestazioni promesse crea il diritto all’indennizzo del danno morale, in. Guida al Diritto n. 13 del 6 aprile 2002 p.107e ss.

[9] Corte di Giustizia UE Sentenza del 30 aprile 2002  Causa-400/00, con nota di Galantini C.F., Estensione della nozione comunitaria di “pacchetti turistici” a servizi singoli assemblati dall’intermediario viaggi su indicazione della clientela;l’intermediario diviene, quindi,sempre organizzatore?, in Diritto marittimo 2004, p.457 e ss.

[10] Tra coloro che sostengono l’introduzione ad opera del d.lgs.111/1995 di un regime differenziato di responsabilità per l’organizzatore e per il venditore: Lefebvre, D’Ovidio-Pescatore, Tullio, Manuale di diritto della navigazione , Milano 2000, p.525; Demarchi, La direttiva n.314/90 del 13 giugno 1990, sui viaggi e le vacanze “tutto compreso” e la recezione nel nostro ordinamento mediante il d.lgs. 17 marzo 1995, n.111, in I contratti di viaggio e turismo. La disciplina, la giurisprudenza, le strategie, a cura di Vaccà C., Collana Isdaci , Vaccà C., Commento agli artt.14-19, in Viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, Commentario a cura di Roppo in Nuove leggi civ.comm.,1997, p.48; Grigoli, Il contratto di viaggio nella evoluzione normativa, in Trasp.1997, p.54; Zunarelli/ Alvisi C., Lezioni di diritto del turismo, op. cit. pp. 161 e ss.

[11] Nel senso della responsabilità solidale si invece è espresso Carrassi, Tutela del turista nei viaggi a forfait Finalmente una risposta adeguata del legislatore italiano?,in Corr.Giur., 1995, p.906.

Sul punto si veda anche la recente pronunzia della Cassazione la cui massima afferma che: “L’agenzia viaggi venditrice di un pacchetto turistico, qualora non risulti aver agito in qualità di rappresentante del viaggiatore e possa ritenersi venditore o mandatario del tour operator che ha realizzato il pacchetto turistico, è responsabile, nei confronti del viaggiatore, per inadempimenti dello stesso tour operator in forza dell’art. 14 d.lgs. n.111/1995, che chiama a rispondere del mancato o inesatto adempimento sia l’organizzatore sia il  venditore.”, Cass. Civ. , sez. III- sentenza 10 febbraio 2005 n. 271 in Diritto del turismo n. 4/2005 p.337 e ss, con  commento di Bailetti G.

[12]  Il secondo comma dell’art. 93 codice del consumo prevede infatti in capo ad organizzatore e venditore una sorta di responsabilità oggettiva per il danno sofferto dal turista-consumatore in occasione di servizi offerti da terzi, sempre qualora il servizio in questione sia riferibile al pacchetto turistico originariamente assemblato dall’organizzatore e quindi venduto dall’intermediario.

Interessante appare sul punto una recente pronunzia del Tribunale di Milano che ha stabilito la responsabilità dell’organizzatore, nell’ipotesi di danni alla persona occorsi al turista durante una escursione facoltativa acquistata in loco dal viaggiatore.

La decisione si fonda sul duplice presupposto della qualificazione di tale escursione come “pacchetto turistico supplementare” e della riconducibilità  di quest’ultimo al pacchetto turistico base originariamente assemblato dal tour operator, Tribunale di Milano, sez. XI- sentenza 27 gennaio 2004, in Diritto del Turismo n. 1/2006 p. 47 e ss, con nota di  Turco A.

[13]  Per la necessità di un reclamo formale, configurato come onere a carico del consumatore, e della non sufficienza della contestazione in loco si veda, tra gli altri, La Torre M. E., Il contratto di viaggio tutto compreso, cit. sub.nota 1.

[14] Una posizione intermedia è quella che ritiene quantomeno necessaria da parte del consumatore una contestazione effettuata, in loco, ma nelle forme previste dal secondo comma dell’art. 98, ossia mediante lettera raccomandata con a/r,cfr. Tassoni G., Il contratto di viaggio, Giuffrè Editore, 1998 p.259 e ss.

[15] Giudice di pace di Pescara sentenza n. 691 del 2002, inedita.

[16] Giudice di pace di Pescara ult.cit.

[17] Sul punto si veda Giudice di Pace di Roma 12 maggio 2003 n.21552, in Temi Romana 2004 p.290 e ss.

[18] Tra le altre, Pretura di Roma 11 dicembre 1996, secondo cui la circostanza del viaggio di nozze costituirebbe addirittura una aggravante del disagio patito dagli attori,  in Nuova giur. civ. comm., 1997 , 875 e ss. con nota di Zencovich V. Z., Il danno da vacanza rovinata: questioni teoriche e prassi applicative cit. da Gazzarra M., in Vacanze tutto compreso e risarcimento del danno morale, op.cit.

[19] Giudice di Pace di Roma 12 maggio 2003 n.21552, cit.

[20] Sul tema dell’overbooking legato al trasporto aereo si vedano da ultimo il testo del regolamento 11 febbraio 2004 n.261 in Diritto del Turismo n.3/2004 p.263 e ss., ed il commento di Rosafio E.G., Overbooking, cancellazione e ritardo: nuove regole per il trasporto aereo comunitario di persone, in Diritto del Turismo n. 3/2004, p.205 e ss.

[21] Corte di  Cassazione nn. 8827 e 8828 del 31 maggio 2003, in danno e Resp. 2003, 816 e 819 con note di Busnelli, Chiaroscuri d’estate. La Corte di Cassazione ed il danno alla persona; di Ponzanelli, Ricomposizione dell’universo non patrimoniale: le scelte della corte di cassazione, e di Procida Mirabelli Di Lauro, L’art.2059  c.c. va in paradiso.

Di pressoché eguale tenore e di poco successiva alle pronunzie del giudice di legittimità, Corte Costituzionale 11 luglio 2003 n.233 , in Danno e Resp. 2003, 939, con note di Bona, Il danno esistenziale bussa alla porta e la Corte costituzionale apre(verso il< nuovo> art.2059 c.c.);di Cricenti, Una diversa lettura dell’art.2059 c.c.; di Ponzanelli, La Corte costituzionale si allinea con la corte di cassazione; di Procida Mirabelli Di Lauro, Il sistema della responsabilità civile dopo la sentenza della Corte costituzionale 233/03; e di Troiano, L’irresistibile ascesa del danno non patrimoniale.

[22] Per tutti Vaccà C., La vacanza rovinata e la tutela del fruitore dei servizi turistici, in Riv. dir. comm. 1992, p.923, ed in Viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, in Giust.Civ. 2000, p.1207 e ss., ed Ambanelli A., La responsabilità dell’intermediario nel contratto di viaggio, in Contratti 1993, p.332 e ss, contra, nel senso di una qualificazione del danno da vacanza rovinata in termini di danno patrimoniale, si sono espressi: Pardolesi R., Turismo organizzato e tutela del consumatore: la legge tedesca sul contratto di viaggio in Riv. dir. civ. 1981, I, p.55 e ss.; e Pierfelici V., La qualificazione giuridica del contratto turistico e la responsabilità del tour operator, in Rass. Dir. Civ. 1986, II, p.658 e ss.

Vanno segnalati, da ultimo, due originali e recenti impostazioni che si muovono, la prima, nel tentativo di inquadrare il danno da vacanza rovinata nell’ambito del danno biologico (Giudice di Pace di Siracusa 26 marzo 1999 in Giust. Civ. 2000, I, p.1205 e ss. con il commento di Serra T.) e la seconda, tale anche in ordine temporale, nel senso di ascriverlo alla discussa categoria del danno esistenziale (cfr. Silingardi G.-Morandi F. in La vendita di pacchetti turistici, Giappichelli Torino 1998, secondo cui “ la lesione dell’interesse del turista a trascorrere una vacanza serena …, coinvolge certamente la sfera esistenziale del consumatore, alla quale può arrecare un danno rilevante”,  cit da Scavonnetto L., Risarcibilità del danno morale da vacanza rovinata, in Ventiquattrore Avvocato, Il Sole Ventiquattrore, n.1/2004 p.21 e ss).

[23] Sentenza del 12  marzo 2002 Causa-168/2000 cit.

[24] Sul tema del danno esistenziale, si vedano in particolare: Cendon P Il danno esistenziale, Padova 2000, Viviz P., Alla scoperta del danno esistenziale in Contr. e impr. 1994, p.845 ed in L’evoluzione del sistema risarcitorio del danno: modelli interpretativi a confronto in Riv. crit. dir. priv. 1999, p.61 e ss.

[25] G.d.P. Siracusa 2603/99 cit.

[26] Cass. 11 novembre 2003 n.16946, e Cass. 19 agosto 2003 n.12124 ambedue in Foro it. 2004, I, 434 e ss., e Cass. 12 dicembre 2003 n. 19057, in Dir. Giust., 2004, fasc.15, 56, tutte in linea con le pronunzie 8827 e 8828 del 31 maggio 2003 cit.

[27]  Sul punto si è osservato come l’adesione alla linea interpretativa propugnata dalla Corte di Giustizia UE contribuisca a rafforzare la posizione di coloro che, in considerazione del valore sociale ed economico che alcuni beni di carattere non patrimoniale assumono nella realtà odierna, ne ammettono la tutela risarcitoria, cfr. Pollastrelli S., Il risarcimento del danno morale nei viaggi turistici organizzati, in Dir. marittimo 2003, p. 43 e ss.

[28] In tal senso Tribunale di Venezia 24 settembre 2000 in Danno e Responsabilità n.8-9/2001 p.861 e ss.

[29] Corte di  Cassazione nn. 8827 e 8828 del 31 maggio 2003 cit.

[30] Sull’inattualità di tale “brontosauro” del diritto si veda Monateri in Resp. Civ. e prev. 1989, p.1176 e ss.

[31] Tra le altre, Tribunale di Torino 8 novembre 1996 in Dir. Marittimo 1998, p.1197 con nota di Abbate e Giudice di Pace di Pescara sent. 691/2002 cit.

[32] In tal senso si vedano i riferimenti sub. nota 20 e da ultimo Tribunale di Verbania del 23 aprile 2002 in Giurisprudenza di merito, 2002, p.1193 con nota di Pescarollo, decisione in cui il dato testuale che costituisce il fondamento della risarcibilità è rappresentato dall’art. 16 del d.lgs. 111 del 1995, interpretato in senso conforme al recente orientamento espresso dalla Corte di Giustizia Europea.

[33] Così Rodolfi M.,in La cattiva esecuzione delle prestazioni promesse crea il diritto all’indennizzo del danno morale, op.cit. La norma di riferimento è, in tema di durata eccessiva del processo, l’art. 2 della legge 89/2001 (c.d. Legge Pinto) che stabilisce il diritto ad un’equa riparazione per chi abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa della violazione dell’art. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, in relazione al mancato rispetto del termine ragionevole dei processi nazionali. Riguardo al  trattamento dei dati personali la legge 675/1996 al comma 9 dell’art. 29, prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale subìto in occasione del trattamento dei propri dati personali, infine, nell’ipotesi di discriminazione il soggetto leso ai sensi dell’art.42. della legge 40/98, può ottenere con ricorso al giudice civile un provvedimento, anche in via d’urgenza, che ordini la cessazione della discriminazione e ne rimuova gli effetti, e disponga il risarcimento dei danni, sia patrimoniali sia non patrimoniali.

[34] Per tutti De Cupis, Il danno, Giuffrè, Milano, 1979, p.133 e ss.

[35] Sul punto Bonilini, Il danno non patrimoniale, Milano, 1983, p.228 e ss, secondo cui il fondamento della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento andrebbe ricercato, non nell’art. 2059 c.c. la cui applicazione è limitata all’illecito aquiliano,  in sede di interpretazione delle norme in tema di responsabilità contrattuale.

[36] Ci si riferisce alla più volte citata decisione del 12  marzo 2002 Causa-168/00 della Corte di Giustizia Europea, che in sede di interpretazione della Direttiva 90/314 Cee, in tema di “viaggi tutto compreso”, ha affermato il diritto del consumatore ad ottenere il risarcimento del danno morale conseguente all’inadempimento od alla cattiva esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto.

Si tratta di una decisione che potrebbe avere effetti dirompenti negli Stati membri della U.E. di tradizione civilista, nella auspicata prospettiva di una uniformità del diritto contrattuale europeo, ed in particolare del settore della responsabilità civile da inadempimento, settore in cui, ancora oggi, permangono vistose e sensibili differenze tra i vari ordinamenti,  cfr. Sesta L., Danno da vacanza rovinata e danno morale contrattuale, cit.

[37] Sul tema si veda  in particolare nella collana Enciclopedia diretta da Cendon  P. il recente volume di Liberati A., Il danno non patrimoniale da inadempimento, Cedam, Padova 2004.

[38] Sul punto si è osservato che : “se il contratto prevede prestazioni di carattere patrimoniale, ciò non toglie che esso possa interferire con momenti della vita del contraente che assumono significato in termini non patrimoniali. In altre parole, l’interesse del creditore stipulante può essere anche di natura non patrimoniale ai sensi dell’art. 1174 c.c. , e tale circostanza può rilevare anche in sede di risarcimento del danno, a determinate condizioni”,  op.ult. cit. p.83.

Nello stesso senso, forse auspicandone una rilettura costituzionalmente orientata, altra dottrina individua nell’art. 1174 c.c il possibile fondamento normativo alla generale ammissibilità del danno non patrimoniale da inadempimento. Si sottolinea come tale norma, facendo riferimento all’interesse non patrimoniale del creditore, indichi che la mancata corrispondenza tra il comportamento tenuto dal debitore e quanto voluto dal creditore, può avere in talune ipotesi ripercussioni sulla vita di quest’ultimo non suscettibili di valutazione economica, cfr. Bilotta F.“Inadempimento contrattuale e danno esistenziale”, in Giurisprudenza italiana 2001, c. 1159-1163.

[39] Si tratta, come osservato, di un danno che può variamente consistere: nella “delusione da parte del consumatore per le aspettative tradite”, nella “somma delle tensioni e degli stress accumulati durante il periodo di vacanza conseguenti al mancato riposo stante la necessità di intraprendere continui reclami  per i disservizi derivanti dalle omissioni delle società interessate”, nella “compromissione del godimento di quel clima di relax e serenità lecito attendersi dalla vacanza”, ovvero infine in “un pregiudizio psichico ed alla vita di relazione” (cfr. Giudice di Pace di Roma 12 maggio 2003 n. 21552, cit.).

 

Data di pubblicazione: 18 settembre 2006.