Il dibattito europeo
relativamente ai problemi emergenti in merito al libero commercio degli
organismi geneticamente modificati (OGM)
Dimitris Liakopoulos
La nozione del libero
commercio e la tutela dell’ambiente sono problematiche che derivano dall’evoluzione
della tecnologia specialmente nei paesi super industrializzati e dalle moderne
biotecnologie che hanno sviluppato processi di trasformazione di organismi
geneticamente modificati (OGM)[1],
cioè gli organismi viventi intervenendo sul loro DNA[2].
La giurisprudenza
internazionale[6],
tanto nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) che in
quella interna europea[7],
ha interpretato in modo flessibile la prevenzione da potenziali danni alla
salute o all’ambiente umano[8].
In particolare,
In linea di principio le
Istituzioni comunitarie con una sorta di revirement
hanno “dichiarato” eventualmente l’iter che
si basa sulla tecnica di selezione mediante le modalità di incrocio (cross-pollination)[10]
che hanno dato origine all’immensa varietà di piante e di animali[11]
aprendo la strada anche per la riproduzione sessuale rendendo più rapida e
incontrollabile la modalità del processo di costituzione delle specie che ha
luogo da sempre in natura. L’incrocio accidentale è stato oggetto di
discussione anche dal Protocollo di Cartagena[12],
individuando tra i due tipi di vegetali incrociati, cioè quelli che determinano
conseguenze economiche che rischiano di essere devastanti nel campo agricolo;
ed il pericolo sorgente che diventi virtualmente impossibile garantire
produzioni GM-free, ossia
completamente immuni dalla presenza di DNA modificato. L’esclusività e la
critica per la biodiversità ambientale[13]
e per la salute umana istituisce un complesso sistema di garanzie e di obblighi
reciproci tra le parti dibattuti che si basa sui principi: della libertà di
scelta, del previo assenso consapevole, dello scambio di informazioni
dettagliate, della rivedibilità, delle decisioni in base ai progressi
scientifici, dell’identificabilità degli organismi, della
tracciabilità/rintracciabilità[14]
dei movimenti, allo scambio di informazioni e l’ulteriore sviluppo degli
aspetti tecnici (il Biosafet Clearing
House), il coordinamento delle attività comunitarie, le sanzioni per le
inosservanze, gli illeciti sorgenti, le norme sull’etichettatura[15],
i prodotti alimentari[16]
di provenienza, ecc[17].
I Parlamenti comunitari si limitano nella maggior parte dei casi a recepire le
decisioni europee che caratterizzano la sigla OGM[18],
come gli esseri viventi il cui patrimonio genetico è stato alterato dall’uomo[19].
Le decisioni più importanti sugli OGM vengono prese dalle Organizzazioni
internazionali come l’OMC[20],
regionali[21]
come
Nell’ambito europeo,
Dall’altra parte le
critiche americane si appuntano sul sistema decisionale che
Uno dei problemi più
importanti tramite le due potenze globali che analizziamo sono i danni
ambientali che ne derivano e ricadono sull’intera collettività dalla produzione
e del consumo. Questo fenomeno è definito come “esternalità”, cioè la
produzione di effetti che si ripercuotono su soggetti terzi; si interviene per
fronteggiare tali esternalità individuando quali siano i soggetti di una
condotta nociva per l’ambiente o per l’uomo e fare in modo che a questi siano
attribuiti i costi relativi alla prevenzione o alla riparazione del danno
causato dalla loro condotta. Tale principio dopo l’adozione dell’Atto Unico
Europeo (AUE) è divenuto uno dei capisaldi della politica ambientale
comunitaria[62].
Le critiche che ha affrontato si basavano sulla rigidità di un sistema che non
appare condivisibile, in quanto si tratta di uno strumento che non impone uno
specifico metodo di controllo, senza precisi parametri di riferimento a
riguardo all’attività inquinante. Del resto in ambito internazionale si è
formato uno specifico criterio per la determinazione dei costi di
internazionalizzazione, i quali sono imposti e non coincidano con i benefici
marginali da essi derivanti. Anche nell’ambito delle Organizzazioni
internazionali la mancata adozione di tale regole non esclude del tutto la
possibilità di sovvenzioni, ma intende solo limitare nella maniera più efficace
il loro uso, nel caso in cui da esse scaturiscano problemi al commercio
internazionale e agli investimenti.
Entro questo spirito il legislatore
europeo si è orientato contro la brevettabilità delle varietà vegetali e delle
razze animali per motivi tecnici e giuridici. Un motivo etico giuridico si
riteneva sin dalla Convenzione di Strasburgo del 1963 inconcepibile ed
estremamente pericoloso concedere tutela ad esseri viventi. Da un punto di
vista tecnico, il limite della brevettabilità è determinato da una comune
convinzione che la creazione di nuove razze di qualsiasi genere si potessero
ottenere solo la procedura classica, cioè quella della scienza biologica,
diminuendo o lasciando fuori l’attività inventiva. Un’invenzione ottenuta con
un procedimento non biologico, non si possa entrare con certezza tra i termini
dell’esclusione dovuta anche alla forma di protezione giuridica. In effetti, un
certo limite alla brevettabilità sia concesso a causa di mancanza di un quadro
giuridico pieno ed efficace. Nella realtà si conoscono le sequenze e le
caratteristiche di ogni gene vivente solo che esiste una certa percentuale che
permette la brevettabilità che possa arrivare a pregiudicare la costanza dei
risultati basati sul concetto di industrialità che consiste nella sussistenza
nel trovato vegetale, della sufficiente omogeneità e stabilità nei caratteri
essenziali nel corso delle riproduzioni.
In Italia la prima legge
che ha confermato la nozione delle biotecnologie fu la legge n. 142 del 19
febbraio 1992 che ha fissato proprio i criteri di delega al Governo per il
recepimento della Direttiva 90/220/CEE sull’emissione deliberata nell’ambiente
di OGM[63].
Con la direttiva 98/44/CE adottata nel luglio del
L’Unione europea anche
durante le negoziazioni per la firma del Protocollo di Cartagena sulla
biosicurezza che è stato firmato a Montreal il 19 gennaio del 2000, entrato in
vigore l’11 settembre 2003[71],
ha cercato di tenere una linea di compromesso mediante la presentazione di un
pacchetto di emendamenti al testo proposto[72].
Le proposte di Protocollo si incontrano tra: l’introduzione di procedure
informative relative all’esportazione di OGM, il riconoscimento di valutazione
del rischio del principio di precauzione[73],
le adeguate strategie e meccanismi atti alla valutazione e alla gestione del
rischio, le norme in materia di trasporto, imballaggio ed identificazione di
organismi geneticamente modificati destinati ad uso alimentare o ad ulteriori
processi produttivi. Gli interessi commerciali erano tanti e le tesi adottati
specialmente dei Paesi esportatori di OGM[74],
relativamente al trasferimento transfrontaliero di questo tipo di organismi e
l’obbligo per lo Stato esportatore di notificare per iscritto alle autorità
competenti l’intenzione di esportare e che dovesse contenere principalmente delle
disposizioni volte a prevenire l’eventuale effetto dannoso degli OGM sulla
diversità biologica[75].
L’art. 9 ribadisce che il Paese importatore comunichi a quell’esportatore di
aver ricevuto la suddetta documentazione entro un periodo di novanta giorni dal
suo ricevimento. I limiti e le restrizioni del potere decisionale dello Stato
importatore che risulta inferiore ai tempi previsti dalle normative interne per
la concessione dell’autorizzazione ha portato i Paesi partecipanti di prendere
decisioni in ottemperanza, affermando le nuove basi e le conoscenze
scientifiche che riguardava alla conservazione della diversità biologica[76].
Le modificazioni proposte riguardavano agli organismi viventi geneticamente
modificati destinati all’introduzione nell’ambiente[77]
escludendo cibi e mangimi che potevano costituire minaccia per la diversità
biologica[78].
La lunga strada di negoziazioni e l’impossibilità di giungere ad un accordo
finale ha costretto l’UE di rimandare la decisione sull’applicazione dell’advanced informed assent, alla prima
Conferenza delle parti del Protocollo[79].
I like minded Paesi hanno obiettato
che un eventuale aggiornamento alla prima Conferenza delle parti avrebbe dovuto
decidere solo il metodo di attuazione di tale procedura e non alla sua
applicazione. Un altro elemento di contrasto si sorgeva tra il Protocollo e
l’OMC relativamente alla stesura degli articoli 31 e
L’Unione europea ha
ribadito la sostituzione delle norme che facevano riferimento ai rapporti tra
il Protocollo e gli altri accordi internazionali riferendosi anche al carattere
generale che è stato seguito nel preambolo. Una proposta seguita anche dalla
maggioranza dei Paesi europei e da un altro gruppo formato da Messico,
Norvegia, Repubblica di Corea e Svizzera. I tentativi americani furono quelli
di vincolare il Protocollo sulla biosicurezza e alle norme del sistema GATT-OMC[81]
che è stato ribadito nel corso della Conferenza ministeriale dell’OMC che si è
tenuta a Seattle al dicembre del 1999[82].
Una piccola maggioranza di paesi europei inclusa Grecia, Danimarca,
Lussemburgo, Francia e Italia avevano bloccato l’importazione di derrate
transgeniche applicando una moratoria di fatto. È stata raggiunta una soluzione
univoca in diversi punti del Protocollo sulla biosicurezza che si possono
riscontrare delle soluzioni di compromesso che dimostrano alcuni degli elementi
di scontro che hanno caratterizzato la fase negoziale[83].
In conclusione,
L’UE riteneva che la
manipolazione genetica comporta una trasformazione delle caratteristiche del
prodotto anche se tale mutazione non può essere riscontrata dai consumatori per
mezzo degli aspetti esteriori di quest’ultimo. Se l’UE ha ritenuto tale
principio applicabile anche in situazioni nelle quali per ottenere delle
informazioni scientifiche attendibili occorrano attese di lungo termine gli
Stati Uniti preoccupati di vedere le esportazioni di prodotti transgenici
paralizzate hanno sottolineato come lo stesso art. 5, par. 7 subordini
l’adozione di misure di carattere transitorio alla produzione di prove
scientifiche attendibili ed entro un termine ragionevole. Non è stato anche
previsto nessun obbligo per gli Stati che intendono di attuare le misure
dell’accordo di Cartagena e di SPS[85]
di produrre dati scientifici attendibili entro un ragionevole termine di tempo
ma neanche quello di mostrare le informazioni pertinenti disponibili che li
hanno indotti a adottare il principio di precauzione[86].
Secondo il Protocollo sulla biosicurezza spetta agli Stati membri di rispondere
alla domanda[87],
se intendono ad entrare in conflitto con le norme che regolano l’odierno
sistema degli scambi internazionali.
In conclusione, dobbiamo
dire che i problemi affrontati nell’UE sono problemi che rispecchiano il
rapporto tra lo sviluppo del commercio internazionale e la tutela dell’ambiente[88].
Da tale dibattito emerge la supposta inconciliabilità tra lo sviluppo degli
scambi internazionali e la salvaguardia ambientale[89].
I due obiettivi proposti non sono antitetici, anzi l’uno segue l’altro. Tale
affermazione non rappresenta un punto di arrivo o una soluzione alle
problematiche di carattere ecologico. L’esame degli atti e documenti dell’OMC e
dell’UE dimostrano una sostanziale uniformità nell’accogliere interpretazioni
restrittive relativamente alla libertà del commercio[90],
formulando una forte protezione per la difesa degli interessi commerciali come
strumento a disposizione degli Stati partecipanti delle organizzazioni[91].
Il degrado ecologico e i produttori che operano al di fuori della giurisdizione
degli Stati membri delle organizzazioni citate appariscono erronei ai giudizi
emessi che vietano qualsiasi effetto extraterritoriale delle misure adottate ai
sensi della documentazione propria. La prassi convenzionale ed ogni altra
disposizione di diritto internazionale applicabile tra le parti in controversia
risulta fondata su un valido titolo giurisdizionale ed extragiudiziale, quello
delle misure ambientali, confermando per quest’ultima il giudizio di
illegittimità. Nell’odierno contesto produttivo i pericoli maggiori per
l’equilibrio ecologico del pianeta non derivano dai prodotti finiti immessi sul
mercato internazionale, vincolati dagli standard
imposti dai Paesi importatori, bensì dalle condizioni in cui operano gli
impianti di produzione di tali prodotti e dai metodi usati per lo sfruttamento
delle risorse necessarie alla loro produzione[92].
Il product approach consente una
valutazione distinta dei prodotti e dei processi produttivi in ragione del
fatto che il metodo di produzione non segue il bene nel Paese importatore. Ci
serve un sistema di self-contained in base al quale le
controversie saranno decise con riferimento alle disposizioni contenute negli
accordi che compongono il sistema dell’OMC. Gli accordi firmati e proposti sono
sufficienti per consentire la protezione dell’ambiente attraverso l’imposizione
di misure tecniche o sanitarie che devono essere stabilite in base agli standard internazionali unanimemente
riconosciuti in modo da non ostacolare il normale svolgimento dei rapporti
commerciali[93]
che si rileva sempre la distanza ancora esistente tra la cultura ambientalista
e quella liberista. Gli interessi economici statunitensi, ma anche comunitari,
hanno indotto diversi produttori a mostrare i loro reali obiettivi nonostante
il formale riconoscimento della necessità di promuovere uno sviluppo
sostenibile[94]
degli scambi, in difesa degli interessi commerciali, rappresentando così un
grosso ostacolo per l’applicazione di standard
ambientali ai sensi di tanti accordi come TBT e SPS, particolari procedure per
la loro commercializzazione[95].
L’adozione di un sistema valutativo e di sicurezza dovrebbe prendere in
considerazione anche le pretese dei consumatori[96].
Le carenze normative ed i continui contrastanti interessi economici rendono
estremamente difficile ogni tentativo di conciliazione tra gli interessi dei
produttori e quelli dei consumatori di prodotti transgenici. Gli organi ad hoc hanno finito per rivestire un
importante ruolo nella definizione della politica ambientale, ruolo che denota
una scarsissima sensibilità alle problematiche ecologiche ed economiche,
evidenziando che il contemperamento di interessi commerciali ed ecologici non
dipenda soltanto dalle politiche ambientali svolti ad ogni sistema
organizzativo o no, ma soprattutto dal consenso politico-globale.
[1] Cfr.
regolamento CE, n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004 che stabilisce
un sistema per la determinazione e l’assegnazione di identificatori unici per
gli organismi geneticamente modificati. Regolamento CE, n. 1831/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003 sugli additivi
destinati all’alimentazione animale. Regolamento CE, n. 1830/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2003 concernente la
tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la
tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente
modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE. Regolamento CE,
n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2003,
relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati. Regolamento CE,
n. 1946/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2003 sui
movimenti transfrontalieri degli organismi geneticamente modificati. Decisione
della Commissione, 2002/623/CE, del 24 luglio 2002, recante note orientative ad
integrazione dell’allegato II della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi
geneticamente modificati. Posizione comune CE, n. 21/2003, del 17 marzo
[2] “Un organismo, diverso da un essere umano, il cui
materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in
natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”, cfr. art.
2 della Direttiva 2001/18/CE.
[3] CORREA, Derechos soberanos y de propiedad sobre los
recursos fitogenèticos, prepared at the request of the Secretariat of the
FAO Commission on plant genetic resources. First extraordinary meeting of the
Commission on plant genetic resources, Roma, 7-11 November 1994.
[4] CANTUÁRIA MARIN, Providing protection
for plant genetic resources. Patents, sui generis systems and biopartnerships,
Kluwer Law International, New York,
The Hauge, London, 2002.
[5] Cfr. le Convenzioni internazionali e regionali,
altri atti giuridici relativamente agli organismi geneticamente modificati e di
tutela delle biotecnologie: 1. African Convention on the conservation of nature and
natural resources, UNEP, 1983. 2. Agenda 21, UN Doc.A/CONF.151/26/REV.1, vols. I-III,
1992. 3. Agreement on trade related aspects of intellectual property rights,
including trade in counterfeit goods. Annex IC, Uruguay round, 1994, WTA/GATT.
TRIPS entered into force on 1 January
[6] Cfr. documenti da Stati stranieri relativamente
agli OGM e sulla biodiversità: 1. Benin, Bhutan, Costa Rica and the Netherlands
joint report on biological diversity. Report presented to the Conference of the
parties to the Convention on biological diversity in Bratislava, Slowakia,
1998. 2. Brazil, regulates the CTNBio. Decree n. 1. 752 of 20 December 1995. 3.
Brazil. Final reports of the Commission on biopiracy in the Amazon. Deputy
chamber of the Brazialian congress, 18 November 1997. 4. Brazil. Biosafety law
n. 8.974/95. numbered as bill of law n. 4. 842/98 when sent to the Chamber of
the Brazilian Congress, 18 November 1997. 5. Brazil. Constitution of the
Federal Republic of Brazil, 1988. 6. Brazil. Industrial property law. Law n.
9.279/96, enacted on 14 May 1996. 7. Brazil. Technical ruling on labelling of
genetically modified foods and ingredients prepared by the consumer defence and
protection Department of the economic law Secretary of the justice Ministry in
Brazil, 1999. 8. Costa Rica biodiversity law. Ley de Biodiversidad, n. 7788,
April 1998. 9. England. Treasure act 1996, Halbury’s statute (4th ed.), Open
spaces. 10. Spanish civil code. Editorial tecnos. S. A. seventh edition,
Madrid, 1988. 11. Sustainable development treaties between the Netherlands,
Costa Rica, Bhutan and Benin. 12. The Thammasat resolution. Building and
strengthening our sui generis rights. Final Declaration of the meeting held by
the Thai network on community rights and biodiversity (BIOTHA)I and genetic
resource action international (GRAIN), in Bangkok, Thailand from 1 to 6
December 1997. 12. US Plant patent act, 35 USC, paragraphs 161-164. 13. US
Plant variety protection act, 84 Statute 1542, 7 USC. Paragraph 2321 et seq.
[7] Cfr. 1. Action
brought in October 1998 by Kingdom of the Netherlands against the European
Parliament and Council of the European union, case C-377/98, O. J. C378, Dec.
5, 1998. 2. Brazil. Interlocutory injunction n. 98.34.00027681-8, IDEC v.
Federal union. 3. Brazil. Public civil action n. 97.00036170-4. Greenpeace v.
president of CTNBio. Public civil action n. 90.00.027682-0. IDEC v. Federal
union. 4. Ciba-Geigy case (1979-85) EPOR volume 758. Board of appeal decision
T49/83, Ciba-Geigy. Official journal EPO 1984, pp. 112 ss. 5. Dennis v. Pinter,
[8] MASSIMINO, Organismi
geneticamente modificati, la decisione passa alla Corte di giustizia, in Rivista di diritto pubblico comparato ed
europeo, 2002, pp. 846 ss.
[9] L’art. 95, par. 5 del Trattato CE, dispone che:
“allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una
misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre delle
disposizioni nazionali fondate si nuove prove scientifiche inerenti alla
protezione dell’ambiente (…) giustificate da un problema specifico a detto
Stato membro insorto dopo l’adozione della misura di armonizzazione, esso
notifica le disposizioni previste alla Commissione precisando i motivi
dell’introduzione delle stesse (…)”.
[10] EASTHAM, SWEET, Genetically
modified organisms (OGMs): The significance of Gene flow through pollen transfer,
Copenhagen, European Environment Agency, Environmental Issue Report, n. 28,
2002.
[11] Animal welfare and trade in
agricolture. European communities proposal, World Trade Organization, Committee
on agriculture special session, 28 June,
[12]
Ratifica ed esecuzione del
Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici relativo
alla Convenzione sulla diversità biologica, con Allegati, fatto a Montreal il
29 gennaio 2000 con legge 15 gennaio 2004, nr. 27, (GU n. 28 del 04. 02.
2004-Suppl. ordinario, n. 20).
[13]
MAGLIA, MEDUGNO, DALLAVALLE, Il nuovo codice degli alimenti. Commentato
con la giurisprudenza,
[14] Rintracciabilità
significa: “Possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di
un mangime di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza
destinata o atta ad entrare a fare parte di un alimento o di un mangime
attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della
distribuzione”. Cfr. art. 3, Regolamento CE 178/2002.
[15] Le direttive
europee hanno preso in atto che per molti alimenti la presenza dell’OGM è
tecnicamente inevitabile, perciò che rimette
[16] MAGLIO,
La “trasparenza” dei prodotti alimentari.
La funzione dell’etichettatura nella tutela del consumatore, in Contratto e impresa/Europa, 2001.
[17] Il
Parlamento italiano aveva espresso parecchie volte pareri contrari a varie
direttive ed iniziative europee relativamente agli organismi geneticamente
modificati. La prima volta il 28 gennaio del 1998, una seconda volta in un
ordine del giorno elaborato dal Senato e approvato a vasta maggioranza il 10
marzo
[18] CROSSMAN, Biotecnology
property rights and the environment, in American
Journal of Comparative Law, 2002, pp. 220 ss.
[19] L’ultima
frontiera della chirurgia sperimentale è rappresentata dai trapianti di organi
animali all’uomo. Dal virus Ebola che
sconvolse lo Zaire nel 1995 alla sindrome di mucca pazza, al virus dell’AIDS e ai difficili casi di
cancro, la pratica chirurgica dello xenotrapianto ha aperto la strada offrendo
ai nuovi virus un campo libero in cui espandersi a volontà, aiutando
parallelamente l’industria degli stupefacenti, lo sfruttamento della
prostituzione, il commercio di organi, rendendo debole le legislazioni di tutti
i paesi civili che non si astengono al perseguimento. Cfr. LORETI BEGHĖ,
MARINI, Profili giuridici degli
xenotrapianti, in Rivista internazionale
dei diritti dell’uomo, 2000. LORETI BEGHĖ, MARINI, La tutela della persona umana nella
sperimentazione, in Rivista
internazionale dei diritti dell’uomo, 1999.
[20] WALLACH,
SFORZA, WTO. Tutto quello che non gli hanno mai detto sul commercio globale,
Feltrinelli, 2002.
[21] ANDERSON, BLACKHURST, Regional integration and global trading system, Harvester, 1995.
COTTIER, The challenge of regionalization
and preferential relations in World Trade law and policy, in European Foreign Affairs Review, 1996, pp.
150 ss.
[22] Dobbiamo
riferirci alla rete di informazione sulla Biosicurezza dell’Organizzazione per
lo Sviluppo Industriale delle Nazioni Unite (BINAS), che sorveglia a livello
globale gli sviluppi riguardanti la regolamentazione delle biotecnologie ed il
Centro Internazionale di Biotecnologia e Ingegneria Genetica delle Nazioni
Unite (ICGEB) di Trieste, che ha istituito un gruppo di lavoro di sorveglianza
regolamentare per i Paesi dell’Est europeo.
[23] MAGEE, Endogenous
preferential trade agreements. An empirical analysis, in Global jurist, 2003.
[24] Secondo l’art. 2 della Convenzione sulla
biodiversità: “the variability among
living organisms form all sources including, inter alia, terrestrial, marine
and other aquatic ecosystem, and the ecological complexes of which they are
part. This included diversity within species, between species and of ecosystems”.
Cfr. PAVONI, Biodiversità e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario,
op. cit.
[25] BAGWELL, MAVROIDIS, STAIGER, It’s a question of market access, in American Journal of International Law, 2002. HIPPLER BELLO, WTO succeeds GATT as primary trade forum.
International judicial observer. News and commentary of interest to judges
around the world, 1996.
[26] TARULLO, Norms
and institutions in global competition, in American Journal of International Law, 2000, pp. 480 ss.
[27] Nell’ambito
dell’OMC citiamo il nuovo ciclo ministeriale in Doha (Doha Development Agenda). L’oggetto dei negoziati era: a) le
relazioni tra WTO e gli specifici obblighi commerciali, b) le procedure di
regolamento dello scambio di informazioni tra i Segretariati e degli accordi
ambientali, c) la riduzione o eliminazione delle tariffe e della barriere non
tariffarie ai servizi e beni ambientali, d) una riedizione del fast track ora Trade Promotion Authority (TPA), cioè il sistema di autorizzazione
parlamentare che gli consentirebbe di sottoporre al Congresso americano i
risultati dei futuri negoziati per una semplice approvazione o rigetto. Cfr.
PARENTI, La conferenza ministeriale di
Doha e il dopo Doha, in Commercio
internazionale sostenibile? WTO e Unione europea, (a cura di) Rossi, il
Mulino, Bologna, 2003, pp. 323 ss.
[28] La direttiva n. 90/219 recepita in Italia dal d.
lgs. 3 marzo 1993, n. 91, abrogato e sostituito dal d. lgs. 12 aprile 2001, n.
206, è stata modificata ed integrata più volte per consentirne l’adeguamento al
progresso tecnologico.
[29] MARIANI,
Alimenti geneticamente modificati,
Torino, 2001. SERALINI, OGM. Le vrai dèbat,
Paris, 2000. CARRA, TERRAGNI, Il cibo del futuro. Gli alimenti transgenici,
Milano, 1999. SHENKELEARS, Immissione
nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, in Rivista giuridica dell’ambiente, 1990,
pp. 48 ss. NESPOR, Biotecnologie e
agricoltura. L’immissione di organismi geneticamente ricombinati nell’ambiente,
in Rivista trimestrale di diritto
pubblico comunitario, 1988, pp. 105 ss.
[30] Cfr. dalla
Corte di giustizia della Comunità europea: 1. Causa C-6/99, in Raccolta, p. I.
1651. 2. Corte di giustizia 29 giugno 1995, causa C-170/94, Commissione c. Repubblica
ellenica, in Raccolta, p. I-1819. 3. 9 luglio 1998, causa C-343/97, Commissione
c. Regno del Belgio, in Raccolta, p. I-4291. 4. 16 luglio 1998, causa C-339/97,
Commissione c. Granducato di Lussemburgo, in Raccolta, p. I-4903.
[31] La direttiva
n. 90/220 si differenziava dalla direttiva 90/219 perché era più favorevole
alla Commissione, nel senso di attribuirne il potere di adottare le misure da
essa proposte in mancanza di una pronuncia del Consiglio.
[32] CANFORA,
La procedura per l’immissione in commercio di OGM e il principio di
precauzione, in Diritto e
giurisprudenza agraria e dell’ambiente, 2001, pp. 375 ss. GIUFFRIDA, Sull’immissione in commercio di organismi
geneticamente modificati, in Giustizia
civile, 2001, pp. 885 ss. MASTROMATTEO, A
lost opportunity for european regulation of genetically modified organisms,
in European Law Review, 2000, pp. 425
ss. COCOZZA, Organismi geneticamente modificati e diritti di cittadinanza
transnazionali, in Diritto pubblico e
comparato europeo, 2000. CARANTA, Coordinamento
e divisione dei compiti tra Corte di giustizia delle Comunità europee e giudici
nazionali nelle ipotesi di coamministrazione. Il caso dei prodotti modificati
geneticamente, in Rivista di diritto
pubblico comunitario, 2000, pp. 1133 ss. GRATANI, La tutela della salute e il rispetto del principio precauzionale a
livello comunitario. Quando le autorità nazionali possono impedire la
circolazione di OGM all’interno del proprio territorio, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2000,
pp. 72 ss.
[33] VON SCHOMBERG, An
appraisal of the working in practice of directive 90/220 on the deliberate
release of genetically modified organisms, Luxembourg,
[34] PAVONI, Biodiversità e biotecnologie nel diritto
internazionale e comunitario, op. cit.
[35] ROOK
BASILE, Prodotti agricoli, mercato di
massa e comunicazione simbolica, in Diritto
e giurisprudenza agraria e dell’ambiente, 1995, pp. 140 ss.
[36] GERMANÓ, “Volgarizzazione”
delle denominazioni merceologiche e ruolo della Corte di Giustizia della CEE,
in Atti delle II giornate camerati di
diritto agrario comunitario, Università di Camerino, 1989.
[37] PRATI,
MASSIMINO, Organismi geneticamente
modificati, danno alla salute e danno ambientale, in Danno e responsabilità, 2001, pp. 340 ss.
[38] Anche
[39] Per la
relativa legislazione nell’ambito interno vedi: 1. Decreto legislativo del 8
luglio 2003 n. 224. Attuazione della Direttiva 2001/18/CE concernente
l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati,
GURI n. 194 del 22. 08. 2003. 2. Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 4 agosto 2000. Sospensione cautelativa della commercializzazione e
dell’utilizzazione di taluni prodotti transgenici sul territorio nazionale, a
norma dell’art. 12 del Regolamento CE, n. 258/97, GURI n. 184 del 08. 08. 2000.
3. Decreto del 31 maggio 2001 del Ministero della Sanità n. 371. Regolamento
recante norme per l’attuazione della Direttiva 91/321/CEE sugli alimenti per
lattanti e alimenti di proseguimento, GURI n. 241 del 16. 10. 2001. 4. Decreto
del Presidente della Repubblica del 7 aprile 1999, n. 128. Regolamento recante
norme per l’attuazione delle direttive 96/5/CE e 98/36/CE sugli alimenti a base
di cereali e altri alimenti destinati a lattanti e a bambini, GURI n. 109 del
12. 05. 1999. 5. Decreto 27 novembre 2003. Campagna di semina. Modalità di
controllo delle sementi di mais e soia per la presenza di organismi
geneticamente modificati, GURI n. 281 del 27. 11. 2003. 6. Circolare MiPAF 2170
del 13 dicembre 2002. Campagna semina 2003. Modalità di controllo sementi mais
e soia per la presenza di organismi geneticamente modificati, Agrisole, 10-16.
01. 2003. 7. Decreto legislativo del 24 aprile 2001 n. 212. Attuazione delle
direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti
cementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e
relativi controlli, GURI n. 131 del 08. 06. 2001.
[40] Cfr. il
regolamento CEE 259 del 27 gennaio 1997 che è stato approvato: “per ordinare i
nuovi prodotti ed i nuovi ingredienti alimentari”. Si dedica una quantità
rilevante delle sue indicazioni proprio agli alimenti che contengono organismi
geneticamente modificati o che sono prodotti a partire da questi. L’art. 1
definisce che: “quei prodotti e ingredienti alimentari non ancora utilizzati in
misura significativa per il consumo umano nella Comunità, rientranti in una
serie di categorie”. Il regolamento citato interviene provando innovazioni
importanti all’iter europeo relativo alla materia esaminata. La prima novità
riguarda la valutazione del rischio ed il sistema di etichettatura e la seconda
di tipo procedurale specificando la decisione di autorizzazione da prendere in
comitologia (art. 13) sotto due casi specifici, in quanto un’autorità nazionale
lo richiede o può funzionare come un supplemento di valutazione o in presenza
di obiezioni.
[41] DOUMA, MATTHEE, Towards
new EC rules on the release of genetically modified organism, in Review of European Community and
International Environmental Law, 1999.
[42] PARDO QUINTILLAN, Free
trade, public health protection and consumer information in the Europe and WTO
context, in Journal of World Trade,
1999, pp. 150 ss.
[43] MUNARI, La libertà degli scambi internazionali e
la tutela dell’ambiente, in Rivista
di diritto internazionale, 1994.
[44] JOHNSON, WTO
plus. Creating liberal investment through regulating tax incentives, in Global jurist, 2003. JACKSON, The World Trade Organisation, Royal
Institute of International Affairs, London, 1998.
[45] GOKLANY, Applying
the precautionary principle to genetically modified crops, in Policy study, Center for the study of
American business, St. Louis, Washington University, 2000.
[46] BIRNIE, BOYLE, International law and environment, Oxford, 1992.
[47] Cfr. l’art.
53 del Regolamento 178/2002. In particolare l’articolo citato prevede: “1.
Quando sia manifesto che alimenti o mangimi di origine comunitaria o importati
da un paese terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana, per
la salute degli animali o per l’ambiente che non possa essere adeguatamente
affrontato mediante misure adottate dallo Stato membro o dagli Stati membri
interessati,
[48] ZARAZAGA BURILLO, Genetic
biotechnology in agriculture and livestock breeding (from customised production
to new ethnical-juridical norms), in C. M. Romeo Casabona (a cura di), Biotecnology, law and bio-ethics:
Comparative perspectives, Bruxelles, Bruylant, 1999, pp. 334 ss.
[49] MULONGOY, Different
perception on the international biosafety Protocol, in Biotechnology and Development Monitor, 1997.
[50] BENITAH, Fondements
juridiques du traitement des subventions dans les systèmes GATT et OMC,
Genève, 1998. BHAGWATI, HUDEC, Fair trade and
harmonization. Prerequisities for free trade? Legal analysis, Cambridge
Massachussets, 1996. SCHOENBAUM, International
and European trade and protection of the environment. The continuing search for
reconciliation, in American Journal
of International Law, 1997, pp. 270 ss. CAMERON, DEMARET, GERADIN, Trade and the environment. The search for a
balance, London, 1994. FRENCH, The
changing structure of environmental protection. Recent developments regarding
trade and the environment in the European Union and the World Trade
Organization, in Netherlands Yearbook
of International Law, 2000, pp. 1 ss.
[51] COCCIA,
voce: GATT, in Digesto delle discipline
pubblicistiche, Torino, 1991, pp. 10 ss. CUTRERA, GATT, in Novissimo digesto, 1965, pp. 765.
NAZILOTTI, GATT, in Enciclopedia del
diritto, 1969, pp. 546 ss. GERBINO, Organizzazione
Mondiale del Commercio, in Enciclopedia
del diritto, aggiornamenti II, 1998, pp. 650 ss. STOLL, World Trade Organization, in Enciclopaedia
of public international law, 2000, pp. 1530 ss.
[52] HOWELLS, WILHELSSON, EC and US approaches to consumer protection. Should the gap be bridged?,
in Yearbook of European Law, 1997,
pp. 210 ss.
[53] LEE, Test
of multilateralism in international trade. US steel safeguards, in Global jurist, 2004.
[54] Dalla
Conferenza dell’Avana e nello Statuto dell’Organizzazione del commercio
internazionale vennero indicate soluzioni innovative; prima fra tutte una
specifica disciplina delle pratiche restrittive della concorrenza, che per la
prima volta compariva in un accordo internazionale. Si discuteva anche
l’adozione di un potere di controllo sull’applicazione di deroghe ed eccezione
elevate per impedire che questi tipi di politica fossero usate per difendere in
futuro regimi monopolistici o apportare limitazioni della concorrenza agli
Stati interessati che finissero per influire negativamente sul sistema di
libero scambio che s’intendeva avviare. Cfr. COMBA, Il neo
liberalismo internazionale, Milano, 1995.
[55] TREBILCOCK, The national treatment principle in international trade law, in Global jurist, 2004.
[56] VISSER, Effects
of biotechnology on agrobiodiversity, in Biotechnology and Development Monitor, n. 32.
[57] ZEDALIS, Labeling
of genetically modified foods. The limits of GATT rules, in Journal of World Trade, 2001. COMBA, Il neo
liberismo internazionale. Strutture giuridiche a dimensione mondiale dagli
accordi di Bretton Woods all’Organizzazione mondiale del commercio, Milano,
Giuffrè, 1995, pp. 99 ss.
[58] ADINOLFI, La soluzione delle controversie dell’OMC ed
il contenzioso euro statunitense, in Venturini (a cura di), l’organizzazione Mondiale del Commercio,
Milano, 2000.
[59] Il
principio di precauzione trova una specifica applicazione anche all’art. 11. 8 del Protocollo
di Cartagena, che riferisce: “Lack of
scientific certainly due to insufficient relevant scientific information and
knowledge regarding the extent of the potential adverse effects of a living
modified organism on the conservation and sustainable use of biological
diversity in the Party of import, taking also into account risks to human
health, shall not prevent that Party from taking a decision, as appropriate,
with regard to the import of that living modified organism intended for direct
use as food or feed, or for processing in order to avoid or minimize such
potential adverse effects”.
[60] CROMER, Sanitary
and phytosanitary measures. What they
could mean for health and safety regulations under GATT, in Harvard International Law Journal, 1995,
pp. 560 ss. SWAAK, GOLDMAN, Who defines member’s security interest in the
WTO?, in Leiden Journal of
International Law, 1996, pp. 370 ss.
[61] GEBBERS,
La posizione dell’Unione europea sul
Millenium round del WTO, in Rivista
giuridica dell’ambiente, 2000.
[62] KRAMER, Environmental
law in the European law, in International,
regional and national environmental law, ed. by MORRISON, WOLFRUM, Kluwer Law International, 2000, pp. 455
ss.
[63] L’Agenda
XXI della Conferenza di Rio ha dato corpo all’obiettivo per promuovere uno
sviluppo sostenibile basato su tre priorità che dopo sono seguiti anche alla
Convenzione di Cartagena. I tre principi cardini erano: a) introduzione ed integrazione
della questione ambientale ad ogni livello di governo, b) individuazione di un
modello di pianificazione e gestione del territorio, c) informazione e
partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, in primo luogo i cittadini
mediante accesso diretto esteso alle informazioni sull’ambiente.
[64] Negli Stati
Uniti il problema dei brevetti e il diritto all’innovazione si inquadrava
nell’ambito di un sistema legislativo che è stabilito in un modo stabile,
univoco e unitario, anche a causa delle linee della Corte suprema o del
Congresso. In Europa al contrario l’argomento si inquadrava in un sistema
giuridico fondato sull’armonizzazione di fatto, sulla promozione del progresso
attraverso una procedura centralizzata che le multinazionali possano svolgere più
efficacemente in un mercato continuatamene globalizzato e super produttivo.
[65] Valga per
tutti il caso onco-mouse brevettato
nel 1988 negli Stati Uniti e poi ammesso alla brevettabilità anche in Europa
nel 1993. Allo stato attuale è pertanto brevettabile qualsiasi invenzione
purché nuova e utile, nonché non contraria all’ordine pubblico ed al buon
costume.
[66] Cfr. The
Report of WHO consultation on Xenotransplantation. World Health Organization,
Geneva, October 1997. WHO/EMC/ZOO/98.2.
[67] GETTY, The
tragic hypocrisy of animal rights, in
Wall Street Journal, June 1996.
[68] SENA, L’importanza della protezione giuridica
delle invenzioni biotecnologiche, in Rivista
di diritto industriale, 2000.
[69] Cfr. anche
la Direttiva comunitaria 219 sui microrganismi e la Direttiva 220 sulla
procedura comunitaria di autorizzazione, alla quale si aggiunge il regolamento
di nuovi alimenti che sostituisce la parte relativa agli OGM. Sulla Direttiva
220 si è pronunciata anche la Corte di giustizia delle Comunità europee con la
sentenza del 21 marzo 2000, nell’affare Association
Greenpeace ed altri c. Ministère de
l’Agriculture e de la Pêche.
La sentenza afferma la procedura prevista dalla Direttiva accordando il
consenso scritto che rappresenta un obbligo e non una facoltà dello Stato.
[70] L’art.
2 della Direttiva citata riferisce: “sono brevettabili le invenzioni nuove che
comportino un’attività inventive e siano suscettibili di applicazioni
industriali”. La direttiva fa riferimento parecchie volte ai trattati
internazionali sui diritti umani e a quello che all’epoca era l’art. F, par. 2
del trattato sull’Unione europea relativo ai diritti fondamentali. È questa la vexata questio che solleva discussioni e
dibattiti relativi all’accettabilità del principio enunciato dalla direttiva dal
punto di vista etico-giuridico.
[71] BOVE,
DUFOUR, Il mondo non è in vendita.
Agricoltori contro la globalizzazione alimentare, Milano, 2001.
[72] EGGERS, MACKENZIE, The
Cartagena Protocol on biosafety, in Journal
of International Economic Law, 2000, pp. 525 ss. PHILLIPS, KERR, Alternative paradigms. The WTO versus the
biosafety Protocol for trade in genetically modified organisms, in Journal of World Trade, 2000, pp. 65 ss.
QURESCHI, The Cartagena Protocol on
biosafety and the WTO. Co-existence or incoherence, in International and comparative law quarterly, 2000, pp. 835 ss.
[73] Sia la
Corte di giustizia che il Tribunale di primo grado hanno avuto occasione di
applicare il principio e così di iniziare a sviluppare una giurisprudenza in
materia. Nonostante il fatto che forti orientamenti politici, in specie la
Commissione europea, sostenevano che: “il principio di precauzione sia un
principio di applicazione generale che deve essere preso in considerazione
particolarmente nei settori della protezione dell’ambiente e della salute
umana, animale o vegetale”.
[74] COSTATO,
Diritto nazionale, diritto comunitario e
organismi geneticamente modificati, in Studium
iuris, 1997, pp. 1270 ss. MANCINI, CURTI GIALDINO, Brevi note in tema di abuso del processo comunitario, in Rivista di diritto europeo, 1998, pp.
248 ss. SAGGIO, Le basi giuridiche della
politica ambientale nell’ordinamento comunitario dopo l’entrata in vigore
dell’Atto unico, in Rivista di
diritto europeo, 1990, pp. 40 ss. SEVENSTER, The
environmental guarantee after Amsterdam. Does the emperor have new clothes,
in Yearbook of European Environmental Law,
2000, pp. 292 ss.
[75] SHERIDAN, EU
Biotecnology. Law and practice, Cambridge, 2001, pp. 5 ss. In particolare, Sheridan distingue tre generazioni
di OGM. Alla prima appartengono i vegetali resistenti agli erbicidi (soia,
mais), ormai ampiamente diffusi. Alla seconda generazione appartengono gli OGM
non ancora autorizzati all’immissione in commercio, ma già ampiamente
sperimentati. Al terzo gruppo fanno parte quelli prodotti chiamati di terza
generazione, cioè ancora oggetto di ricerca scientifica ma già destinati a
rivoluzionare l’industria vaccini o essere
in grado tramite l’evoluzione di ricerca scientifica ad essere destinati
a rivoluzionare l’industria agro-alimentare nel prossimo avvenire.
[76] GUILMIN, The
biosafety Protocol is adopted in Montreal, in Environmental Policy and Law, 2000.
[77] GRECO,
La costituzione dell’ambiente,
Bologna, 1996.
[78] LING, US behind
the collapse of Cartagena biosafety talks, in Third World Resurgence, 1999.
[79] RUNGE, JACKSON, Labelling,
trade and genetically modified organism. A proposed solution, in Journal
of World Trade, 2000.
[80] La
formazione citata è stata elaborata e ripresa anche all’art. 22 par. 1 della Convenzione
sulla diversità biologica.
[81] Gli accordi
svolti e i round organizzati dal GATT
hanno cercato almeno, ad imis, di
garantire un contrasto con il processo di liberalizzazione, l’abolizione delle
barriere tariffarie, il divieto generale di restrizioni quantitative, la
proibizione dell’utilizzo di divieti o restrizioni diversi dai dazi doganali
tasse o altre imposizioni, attuati mediante contingenti, licenze di
importazione o di esportazione, misure di altro tipo. Misure restrittive
costituite da disposizioni normative emanate dagli Stati o da organismi privati
indicano la composizione, le caratteristiche dei prodotti, nonché le procedure
di controllo alle quali i prodotti debbono essere assoggettati. Un altro
aspetto importante è stato quello delle pratiche di commercio sleale, le
cosiddette unfair trade practices, di
cui si occupano rispettivamente gli articoli VI (dazi antidumping e dazi compensativi) e sovvenzioni. Nel caso di dumping, che consiste nella vendita di
un prodotto effettuato a pezzi più bassi sui mercati esteri rispetto a quello
al quale il bene è venduto nel mercato interno, si prevedeva l’imposizione dei
cosiddetti dazi antidumping, cioè un
tipo di tassa accessoria il cui valore è pari al ribasso effettuato dal paese
esportatore. L’art. XVI prevede il ricorso a strumenti compensativi per colmare
il valore delle sovvenzioni (countervailing
duty), consentendolo solo nel caso in cui le sovvenzioni causino o
minacciano di causare un serio pregiudizio all’industria nazionale del Paese
importatore. Del pari importante si presenta anche la fase relativa alla
soluzione delle controversie che è stata significativamente innovata, cercando
a ridurre mediante negoziati multilaterali sia i dazi doganali sia altre forme
di ostacoli al libero commercio internazionale. Le novità sono relative anche
per quanto riguarda il caso di nullification
or impairment scaturito da un comportamento lecito dello Stato convenuto.
In questo caso l’onere di una dettagliata motivazione del ricorso graverà sullo
Stato ricorrente e le soluzioni proposte dal panel potranno includere forme di compensazione, escludendo in ogni
caso l’obbligo di eliminare la misura contestata. Gli Stati membri debbono
attenersi alla regola del substantially
all trade, cioè alla prescrizione che i diritti di dogana e le altre
regolamentazioni commerciali restrittive devono risultare eliminate per
l’essenzialità degli scambi commerciali, proibendo quelle forme parziali o a
particolari settori economici. In un’area di libero scambio come sono gli USA
o l’UE debbono avere effetto i trade-creating
e non i trade-diverting, cioè
l’effetto dell’integrazione regionale non deve essere quello di spostare i
flussi commerciali al suo interno diminuendo quelli con le altri Parti del
mondo ma aumentando gli scambi commerciali con i paesi terzi. Cfr. ADINOLFI, La soluzione delle controversie nell’OMC ed
il contenzioso euro-statunitense, in Venturini (a cura di), l’organizzazione Mondiale del Commercio,
Milano, 2000. SACERDOTI, ALESSANRINI, Regionalismo
economico e sistema globale degli scambi, Milano, 1994. DEMARET, BELLIS,
JIMENEZ, Regionalism and multilateralism
after the Uruguay round, Liège, 1997. AWUKU, How do the result of the Uruguay round affect the North South trade,
in Journal of World Trade, 1994. TAXIL, L’OMC et les pays en dèveloppement,
Paris, 1998. BEVIGLIA ZAMPETTI, Dall’accordo generale sulle tariffe ed il
commercio all’Organizzazione Mondiale del Commercio, in Giardina, Tosato (a
cura di), Diritto del commercio
internazionale, Milano, 1996. VANDER SCHUEREN, New anti-dumping rules and practice.
Wide discretion held on a tight leash?, in Common Market Law Review, 1996. VERMUSLT, DRIESSEN, New battle lines in the anti-dumping war.
Recent movements on the European front, in Journal of World Trade, 1997. FEUER, L’Uruguay round, les pays en dèveloppement et le droit du dèveloppement,
in Annuaire français de droit international, 1994, pp. 760 ss. VENTURA, L’esclusione
dei dazi-dumping. Le norme della Comunità europea e degli Stati Uniti, in Diritto del Commercio Internazionale,
1993. WAER, VERMULST, EC anti-dumping
law and practice after the Uruguay round, in Journal of World Trade, 1994, pp. 5 ss. YEBOAH, Regional economic integration and the GATT,
in World Competition Law and Economic
Review, 1993. COCUZZA, FORABOSCO, Il sistema di risoluzione delle controversie
commerciali tra Stati dopo l’Uruguay round del GATT, in Diritto del commercio internazionale,
1996, pp. 140 ss. COTTIER, Dispute
settlement in the World Trade Organization. Characteristics and structural
implication for the EU, in Common
Market Law Review, 1998, pp. 325 ss. KUIJOER, The conclusion and implementation of the Uruguay round results by the
EC, in European Journal of
International Law, 1995, pp. 224 ss. WUICK,
I risultati
dell’Uruguay round del GATT e l’istituzione dell’OMC, in La Comunità internazionale, 1994, pp.
675 ss.
[82] Nonostante
gli episodi affrontati all’unione di Seattle e quelle seguenti dobbiamo ancora
mettere in luce che nell’ambito dell’OMC è stata presa la decisione a Marrakech
per l’istituzione di un Comitato sul commercio e l’ambiente (CTE). Si tratta di
un organo intergovernativo che è aperto alla partecipazione di tutti membri
dell’organizzazione. Il CTE appare come un organo di discussione, un forum con
poteri decisionali propri. I punti di discussioni si concentrano tra la
liberalizzazione degli scambi e protezione dell’ambiente fino alla
modificazione del multilateral trading
system. Dallo sviluppo del livello tecnico e gli standard ambientali alla
compatibilità degli eco-labelling schemes
basati su un life cycle approach.
Nella quarta Conferenza ministeriale tenutasi a Doha (Qatar) è stato proposto
il compromesso per la protezione dell’ambiente e l’evoluzione delle previsioni
commerciali contenute nei MEAs, la riduzione o eliminazione dei dazi doganali e
la liberazione degli scambi contribuendo alla protezione ambientale un sistema
assicurativo con molta prudenza e positività.
[83] DOUMA, MATTHEE, Towards
new EC. Rules on the release of
genetically modified organism, in Review
of European Community and International Environmental Law, 1999.
[84] THIEFFRY, Le contentieux naissant des organismes
gènètiquement modifiès. Prècaution et mesures de sauvegarde, in Revue trimestrelle de droit européen,
1999, pp. 82 ss.
[85] JAMES, An
economic analysis of food safety. Issues following the SPS agreement. Lessons
from the hormones dispute, CIES Policy discussion paper, Adelaide, 2000.
[86] PAVONI,
Misure unilaterali di precauzione, prove
scientifiche e autorizzazioni comunitarie al commercio di organismi
geneticamente modificati. Riflessioni in margine al caso Greenpeace, in Diritto commerciale e scambi internazionali,
2000.
[87] LIAKOPOULOS, The
politics of United Nations in Asia Pacific region, ed. Aracne, Rome, 2004.
[88] CHARNOVITZ, Triangulating
the World Trade Organization, in American Journal of International Law,
2002, pp. 30 ss. DAVEY, Legal
developments in the WTO, in Proceedings
of annual meeting of ASIL, 1996, pp. 416 ss. PALMETER, MAVROIDIS, The WTO legal system. Sources of law, in
American Journal of International Law,
1998, pp. 400 ss.
[89] BESTAGNO,
Le clausole di salvaguardia economica nel
diritto internazionale, Milano, 1998. TEDESCHI, La riforma della clausola di salvaguardia del GATT, in La Comunità internazionale, 1994, pp. 60
ss.
[90] LIAKOPOULOS, The politics of European Union in Asia pacific region, ed. Aracne, Rome, 2004.
[91] VIRZO,
Note sulle secessione tra Organizzazioni
internazionali con particolare riferimento alla trasformazione del GATT
nell’OMC, in La Comunità internazionale,
1999, pp. 300 ss. SASSOON, Il ruolo del
GATT-WTO nel processo di globalizzazione, in Affari esteri, 1999. PALMIERI, L’Organizzazione
mondiale del commercio e la diretta applicabilità delle norme GATT all’interno
dell’Unione europea, in Diritto
comunitario e degli scambi internazionali, 1996, pp. 650 ss. TESAURO, Rapporti fra la Comunità europea e l’OMC,
in Rivista di diritto europeo, 1997,
pp. 370 ss. EMILIOU, The allocation of
competences between the EC and its member States in the sphere of external
relations, in Emiliou, O’Keefee
(eds.), The EU and world trade law after
the GATT Uruguay round, Chichester J. Wiley & Sons, 1996, pp. 32 ss.
[92] SCHOENBAUM, Free
international trade and protection of the environment. Irreconcilable conflict?,
in American Journal of International Law,
1992.
[93] LANG, The WTO:
Is it working?, in Proceedings of the
American meeting of the ASIL, 1996, pp. 420 ss. LAVOREL, The World Trade Organization. Looking ahead, in Proceedings of the annual meeting of the ASIL, 1997, pp. 20 ss.
[94] Il
concetto di sviluppo sostenibile venne definito nel 1987 dalla Commissione
Brundtland come: “uno sviluppo che incontra i bisogni del presente senza
compromettere la capacità delle generazioni future di incontrare i loro stessi
bisogni”. Il discorso è che nessuno può conoscere i bisogni delle generazioni
future; comunque, questo non significa che non dobbiamo o non esistono regole
che possono prevenire la tutela dell’ambiente. L’articolo 15 della
Dichiarazione di Rio recita: “ove si siano dubbi di rischio di danno grave e
irreversibile di certezza scientifica non deve impedire che si adottino misure
economicamente efficienti atti ad evitare il degrado ambientale”. Il punctum dolens delle previsioni e dei
limiti previsti dagli ambientalisti, dagli scienziati lasciano una gerarchia di
strumenti atti a valutare le decisioni politiche sul piano dei costi benefici.
I criteri che definiscono il decision
making ed i sistemi lobbisti, tanto nell’ambito comunitario che
internazionale, si incontrano tra: a) il criterio di immediatezza, cioè un
costo futuro vale meno di un costo presente, b) il criterio dell’incertezza,
cioè i rischi che sono più certi devono avere la precedenza su rischi meno
certi, c) il criterio del valore steso, tra rischi ugualmente certi, quello che
minaccia di più può avere gravi conseguenze o danni materiali, d) il criterio
dell’adattabilità, cioè disponibili tecnologie sufficienti a ridurre o
invertire le conseguenze negative, il rischio deve essere scontato tenendolo presente,
e) il criterio dell’irreversibilità, le conseguenze irreversibili devono
ricevere un peso maggiore. Cfr. ADLER, More
sorry than safe. Assessing the precautionary principle and the proposed
international biosafety Protocol, in Texas
International Law Journal, 2000. BATTAGLIA,
Sul principio di precauzione, in Le Scienze, 2001. FRANCESCATO, PECORARO
SCANIO, Il principio di precauzione,
Milano, Jaca book, 2002. GOKLANY, The
precautionary principle, Washington, DC. Cato Institute, 2001. MORRIS (a
cura di), Sustainable development.
Promoting progress or perpetuative poverty, London, profile books, 2002.
[95] PALMENTER, Environment and trade. Much above about little?, in Journal of World Trade, 1993.
[96] GRADONI, La protezione del consumatore nel diritto
internazionale del commercio, in Commercio
internazionale sostenibile? WTO e Unione europea, a cura di L. S. Rossi,
op. cit., pp. 143 ss.
Data di
pubblicazione: 10 novembre 2006.