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Vol. IV/2006

Casella di testo:  Rivista di Diritto dell'Economia, dei Trasporti e dell'Ambiente
	                                                                         
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Il dibattito europeo relativamente ai problemi emergenti in merito al libero commercio degli organismi geneticamente modificati (OGM)

 

Dimitris Liakopoulos

 

 

La nozione del libero commercio e la tutela dell’ambiente sono problematiche che derivano dall’evoluzione della tecnologia specialmente nei paesi super industrializzati e dalle moderne biotecnologie che hanno sviluppato processi di trasformazione di organismi geneticamente modificati (OGM)[1], cioè gli organismi viventi intervenendo sul loro DNA[2]. La Convenzione europea sulla responsabilità civile per il danno risultante da attività pericolose per l’ambiente, tenutasi a Lugano nel 1993, definisce gli OGM come: “qualunque organismo nel quale il materiale genetico sia stato alterato in modo che non sia possibile produrlo naturalmente per accoppiamento o ricombinazione materiale”. Vengono, comunque, esclusi gli organismi ottenuti attraverso mutagenesi in condizioni tali che la modificazione genetica non includa l’uso di OGM[3] riceventi organismi o piante ottenuti da fusione cellulare[4], qualora la pianta risultante possa essere prodotta con metodi tradizionali ed a condizione che la modifica genetica non comprenda l’uso di OGM come organismi parentali[5].

La giurisprudenza internazionale[6], tanto nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) che in quella interna europea[7], ha interpretato in modo flessibile la prevenzione da potenziali danni alla salute o all’ambiente umano[8].

In particolare, la Comunità europea ha esercitato in sede processuale e sul piano politico la possibilità di accordare il principio precauzionale giungendo ad affermare l’esistenza di regole che fanno sperare che i tempi siano maturi ed il principio di precauzione agisca effettivamente o almeno offre l’apertura di critiche puntuali e severe delle applicazioni di vari atti internazionali. Così, il problema diventa caotico e meno controllabile a causa dell’allargamento europeo e la mancante armonizzazione del sistema giuridico europeo[9].

In linea di principio le Istituzioni comunitarie con una sorta di revirement hanno “dichiarato” eventualmente l’iter che si basa sulla tecnica di selezione mediante le modalità di incrocio (cross-pollination)[10] che hanno dato origine all’immensa varietà di piante e di animali[11] aprendo la strada anche per la riproduzione sessuale rendendo più rapida e incontrollabile la modalità del processo di costituzione delle specie che ha luogo da sempre in natura. L’incrocio accidentale è stato oggetto di discussione anche dal Protocollo di Cartagena[12], individuando tra i due tipi di vegetali incrociati, cioè quelli che determinano conseguenze economiche che rischiano di essere devastanti nel campo agricolo; ed il pericolo sorgente che diventi virtualmente impossibile garantire produzioni GM-free, ossia completamente immuni dalla presenza di DNA modificato. L’esclusività e la critica per la biodiversità ambientale[13] e per la salute umana istituisce un complesso sistema di garanzie e di obblighi reciproci tra le parti dibattuti che si basa sui principi: della libertà di scelta, del previo assenso consapevole, dello scambio di informazioni dettagliate, della rivedibilità, delle decisioni in base ai progressi scientifici, dell’identificabilità degli organismi, della tracciabilità/rintracciabilità[14] dei movimenti, allo scambio di informazioni e l’ulteriore sviluppo degli aspetti tecnici (il Biosafet Clearing House), il coordinamento delle attività comunitarie, le sanzioni per le inosservanze, gli illeciti sorgenti, le norme sull’etichettatura[15], i prodotti alimentari[16] di provenienza, ecc[17]. I Parlamenti comunitari si limitano nella maggior parte dei casi a recepire le decisioni europee che caratterizzano la sigla OGM[18], come gli esseri viventi il cui patrimonio genetico è stato alterato dall’uomo[19]. Le decisioni più importanti sugli OGM vengono prese dalle Organizzazioni internazionali come l’OMC[20], regionali[21] come la Comunità europea o dagli Istituti specializzati dell’ONU, come la FAO, l’IFAD, la FDA statunitense ed altre Organizzazioni, che hanno lanciato l’allarme contro le biotecnologie di tutto il mondo[22].

Nell’ambito europeo, la Commissione europea ha il potere di imporre la propria scelta, come che da sempre fa solo che gli Stati Uniti insieme ad altri Paesi hanno intentato in sede OMC di lottare contro l’Unione[23]. Entro questo ambito dobbiamo sottolineare che la Commissione europea da sempre ha cercato di intervenire in materia di protezione ambientale nella consapevolezza dei seguenti fattori, cioè: a) il rilascio dei contaminanti sotterranei o di superficie che rappresentano una minaccia per la salute umana e per l’ambiente, b) la perdita di biodiversità[24] che si è drammaticamente accentuata negli ultimi decenni diventando una grave minaccia per il futuro benessere della Comunità europea, c) il risanamento dei danni ambientali pregressi saranno probabilmente a carico delle risorse pubbliche nazionali, d) le norme in materia di danno ambientale non prevedono per le autorità nazionali il compito di intervenire nel caso del c.d. “danno orfano”, ossia la legislazione nazionale non garantisce per sè solo il conseguimento dell’obiettivo finale di una sana politica ambientale, e) la mancanza di una legislazione ad hoc, come la Grecia in materia di danno ambientale avrebbero poche garanzie di applicazione efficace e risarcitorie del principio: “chi inquina paga”, f) la mancata armonizzazione in questo settore in ambito europeo provoca vuoti giuridici in materia di responsabilità senza grandi cambiamenti in termini di comportamento preventivo, g) qualsiasi tipo di misure di prevenzione possa creare una minaccia imminente di danno ambientale, h) devono tenere conto le Convenzioni internazionali, la legislazione comunitaria e generalmente il diritto pattizio che disciplina più compiutamente e rigorosamente tutte le attività che rientrano nel suo campo di applicazione. Inoltre, nel sistema OMC[25] i comportamenti posti in essere dai privati non possono essere presi in considerazione a meno che non si riesca a configurare in merito ad essi: a) che sono influenzati da vari Governi, b) l’atteggiamento del Governo può integrare l’ipotesi dei non violation complaints[26].

La Comunità europea nei confronti dei prodotti transgenici è stata molto più restrittiva e fondata sull’applicazione del principio di precauzione, punto cardine del diritto internazionale dell’ambiente ed elemento fondamentale di tanti atti comunitari e delle Organizzazioni internazionali[27]. Un’esauriente dimostrazione dei rischi risulta attualmente impossibile, allo stato delle conoscenze scientifiche, visto che gli eventuali effetti nocivi per la salute umana dei prodotti contenenti OGM non sarebbero certamente istantanei, ma si manifesterebbero in seguito a consumo protratto o comunque dopo un periodo di tempo di anni. La prima direttiva comunitaria risale al 1990, il n. 90/219[28] ed il n. 90/220[29], con la quale si prevede e si istituisce il periodo di tempo mediamente necessario, cioè di sei-otto mesi dove sono stabiliti anche dei termini minimi e massimi di attesa e disciplinava l’immissione in commercio di prodotti contenenti da OGM[30] e l’uso previsto di tali prodotti[31]. La disciplina introdotta stabiliva una concernente emissione deliberata nell’ambiente di OGM a scopi di ricerca e sviluppo[32] ed una seconda relativa all’immissione sul mercato comune di prodotti costituiti da OGM[33]. Questo strumento adottato sotto le insegne dell’art. 10°, cioè secondo la base giuridica dell’armonizzazione legislativa che esaminava l’emissione nell’ambiente sotto due distinte ottiche, quella a scopo di ricerca e sviluppo e quella rivolta al mercato[34]. La seconda parte della direttiva basata sull’emissione nell’ambiente per fini di ricerca era ritenuto una conditio sine qua non per l’autorizzazione alla commercializzazione dei cui alla parte C, cioè all’art. 10, comma 1. La direttiva citata prevedeva un’apposita clausola di salvaguardia (art. 16), in base alla quale ogni Stato poteva bloccare la diffusione di un OGM per garantire la protezione della salute umana e dell’ambiente[35]. La lunga lista di informazioni richieste al proponente dagli Allegati II e III della direttiva citata contenendo l’idea esplicita di un controllo sulla pericolosità dei prodotti non si curava, infatti, di indicare preordinate e generalizzate procedure di valutazione a livello europeo[36]. La lunghezza di procedura è importante perché non viene rispettata dagli Stati Uniti e slitta dal controllo degli organi ad hoc, ma è accettata dalle volontà politiche[37]. La direttiva citata ha regolato le procedure di autorizzazione alla commercializzazione di OGM[38] e l’introduzione di fini commerciali degli OGM[39]. Se l’organo competente del Paese importatore ritiene che si possa accordare l’autorizzazione si procede con gli altri Stati membri, presentato i suoi studi alla Commissione. Al contrario lo Stato obiettore consente un periodo di consultazione entro nel quale gli Stati debbono tentare di giungere ad un accordo[40]. La Commissione è autorizzata a decidere l’introduzione nel mercato di un OGM, sebbene questa non sia stata unanimemente accettata dagli Stati membri[41], primo punto obbiettivo il principio precauzionale. Il principio di precauzione è un principio anche basato sulla substantial equivalence (sostanziale equivalenza)[42] da parte degli Stati Uniti, impedendo un equilibrato svolgimento degli scambi internazionali[43] in questo settore[44]. Il principio della sostanziale equivalenza afferma che la manipolazione genetica è sostanzialmente equivalente alla selezione dei caratteri tramite incrocio e che le OMG sono equivalenti agli organismi naturali. Questo tipo “di scappatoia legale” che aiuta al rifiuto di qualsiasi etichettatura renda possibile ai commercianti o ai consumatori di riconoscere e boicottare gli OMG, non offrendo nuovi prodotti ma alimenti geneticamente modificati[45] che non promettono a chi li consuma niente di più dei loro corrispondenti tradizionali[46].

Dall’altra parte le critiche americane si appuntano sul sistema decisionale che la Commissione fa in riferimento non solo all’opinione dell’EFSA-European Food Safety Agency e al quadro del diritto comunitario ma anche ad altri fattori legittimi pertinenti. In altri termini, il principio di precauzione permette di passare da una generica attitudine ad una specifica prudenza ed individuazione di un percorso, anche in itinere procedurale, che i pubblici poteri sono chiamati a seguire nelle situazioni di incertezza. In particolare la Corte di giustizia delle Comunità europee ha confermato che l’incertezza scientifica costituisce il presupposto essenziale per l’applicazione del principio confermando la validità di un atto comunitario[47] e le misure restrittive all’esportazione di carne bovina dal Regno Unito ed il rischio dell’encefalopatia, il c.d. morbo della mucca pazza BSE[48]. I principi richiamati permettono l’adozione di decisioni proporzionate al livello di protezione, non discriminatorie nell’applicazione dei provvedimenti posti in essere coerenti con le misure già adottate in circostanze analoghe, soggette alla revisione sulla base dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche basate su un’analisi comparativa. La condizione e i rischi che si sorgono, specialmente quelli di lungo termine può essere definita con maggior precisione come una situazione di incertezza ancor prima che di pericolo. Uno degli aspetti più importanti dell’accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie è stato proprio quello di consentire l’adozione di misure provvisorie che garantiscono un grado di tutela più alto di quello fissato a livello internazionale. Le misure provvisorie citate, in quanto secondo gli Stati produttori di OGM che ritengono inapplicabile l’accordo SPS consentono polemiche delle misure protezionistiche di lunga durata[49]. L’art. 5, par. 7 dell’accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie rende inapplicabile le incertezze scientifiche che riguardano effetti di lungo termine di un prodotto, poiché la loro applicazione eccessivamente protratta nel tempo avrebbe l’effetto di far cadere nell’incertezza delle norme che regolano gli scambi internazionali[50] e di conseguenza mettere in pericolo la stabilità del sistema GATT-OMC[51]. Questa linea venne seguita anche dal par. 7 dell’accordo in cui si afferma che gli Stati che hanno proceduto in via provvisoria all’adozione di misure sanitarie e fitosanitarie non allineate con gli standards internazionali hanno l’obbligo di ricercare informazioni supplementari necessarie per una valutazione dei rischi più obiettiva e procedere ad una revisione della misura sanitaria entro un termine ragionevole. Al contrario di questa tesi si presenta l’UE relativamente ai tempi d’applicazione di queste misure[52]. Il riferimento al par. 5, par. 7 dell’accordo SPS ha affermato che le misure provvisorie adottate sulla base del suddetto articolo non hanno alcun limite di tempo se non quello relativo allo sviluppo delle conoscenze scientifiche. Il motivo di inapplicabilità dell’accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie[53] non si basa tanto sugli ostacoli tecnici agli scambi giustificando restrizioni all’importazione dei prodotti transgenici ma deriva dal fatto che tali accordi sono nati in seno all’OMC[54] per proteggere i produttori e non i consumatori[55]. La loro funzione si costituisce di impedire che le misure sanitarie e fitosanitarie e i regolamenti tecnici siano applicati con lo scopo di attuare delle dissimulate restrizioni agli scambi internazionali[56]. L’obbiettivo dell’accordo SPS è quello di giungere ad un’omogeneità delle procedure di analisi del rischio[57], indicate da enti internazionali appositamente incaricati con scopo di spostare tali valutazioni del campo della politica a quello della scienza. Trova conferma la tesi che l’applicazione dell’accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie risulta inadeguata allo scopo di protezione dei consumatori. Nell’UE è stata contestata l’errata applicazione dell’analisi del rischio, lo scostamento degli standards internazionali, la mancanza di dati scientifiche che giustificassero un più alto livello di protezione[58]. Una modifica dell’accordo è stato il principale obiettivo del progetto dell’UE che ha tentato di seguire agli Stati Uniti alcuni emendamenti significativi. Il più importante dei quali esisteva in un’esplicita menzione del principio di precauzione[59]. Gli Stati Uniti erano contrari a questa proposta di modificare un accordo che svolge perfettamente la sua funzione principale, cioè quella di evitare azioni protezionistiche attraverso l’abuso di misure sanitarie e fitosanitarie[60] mediante l’introduzione di disposizioni che consentono l’esercizio di misure restrittive basate su valutazioni di ordine sociale[61].

Uno dei problemi più importanti tramite le due potenze globali che analizziamo sono i danni ambientali che ne derivano e ricadono sull’intera collettività dalla produzione e del consumo. Questo fenomeno è definito come “esternalità”, cioè la produzione di effetti che si ripercuotono su soggetti terzi; si interviene per fronteggiare tali esternalità individuando quali siano i soggetti di una condotta nociva per l’ambiente o per l’uomo e fare in modo che a questi siano attribuiti i costi relativi alla prevenzione o alla riparazione del danno causato dalla loro condotta. Tale principio dopo l’adozione dell’Atto Unico Europeo (AUE) è divenuto uno dei capisaldi della politica ambientale comunitaria[62]. Le critiche che ha affrontato si basavano sulla rigidità di un sistema che non appare condivisibile, in quanto si tratta di uno strumento che non impone uno specifico metodo di controllo, senza precisi parametri di riferimento a riguardo all’attività inquinante. Del resto in ambito internazionale si è formato uno specifico criterio per la determinazione dei costi di internazionalizzazione, i quali sono imposti e non coincidano con i benefici marginali da essi derivanti. Anche nell’ambito delle Organizzazioni internazionali la mancata adozione di tale regole non esclude del tutto la possibilità di sovvenzioni, ma intende solo limitare nella maniera più efficace il loro uso, nel caso in cui da esse scaturiscano problemi al commercio internazionale e agli investimenti.

Entro questo spirito il legislatore europeo si è orientato contro la brevettabilità delle varietà vegetali e delle razze animali per motivi tecnici e giuridici. Un motivo etico giuridico si riteneva sin dalla Convenzione di Strasburgo del 1963 inconcepibile ed estremamente pericoloso concedere tutela ad esseri viventi. Da un punto di vista tecnico, il limite della brevettabilità è determinato da una comune convinzione che la creazione di nuove razze di qualsiasi genere si potessero ottenere solo la procedura classica, cioè quella della scienza biologica, diminuendo o lasciando fuori l’attività inventiva. Un’invenzione ottenuta con un procedimento non biologico, non si possa entrare con certezza tra i termini dell’esclusione dovuta anche alla forma di protezione giuridica. In effetti, un certo limite alla brevettabilità sia concesso a causa di mancanza di un quadro giuridico pieno ed efficace. Nella realtà si conoscono le sequenze e le caratteristiche di ogni gene vivente solo che esiste una certa percentuale che permette la brevettabilità che possa arrivare a pregiudicare la costanza dei risultati basati sul concetto di industrialità che consiste nella sussistenza nel trovato vegetale, della sufficiente omogeneità e stabilità nei caratteri essenziali nel corso delle riproduzioni.

In Italia la prima legge che ha confermato la nozione delle biotecnologie fu la legge n. 142 del 19 febbraio 1992 che ha fissato proprio i criteri di delega al Governo per il recepimento della Direttiva 90/220/CEE sull’emissione deliberata nell’ambiente di OGM[63]. Con la direttiva 98/44/CE adottata nel luglio del 1998 in seguito ad una vicenda molto lunga e travagliata sulla protezione giuridica delle invenzione biotecnologiche, l’Unione europea compie un passo avanti verso la brevettabilità dei nuovi settori della ricerca scientifica[64]. Fra le novità rilevanti contenute nella Direttiva citata vi è la definizione legale sia dei materiali che dei processi biotecnologici: a) materiale biologico è quello che contiene informazioni genetiche, autoriproducibili o capaci di riprodursi in un sistema biologico e b) procedimento microbiologico è quello nel quale viene utilizzato materiale microbiologico che comporti un intervento sul materiale stesso o che produce detto materiale[65]. Nella direttiva è sancito il divieto di clonazione, di modificazione dell’identità genetica germinale e di utilizzo di embrioni umani a fini industriali e commerciali e cioè: a) procedimenti di clonazione di esseri umani, b) procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano, c) utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali, fatta eccezione per le invenzioni a finalità terapeutica o diagnostica che siano utili alla salute dell’embrione stesso, d) procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale[66]. La direttiva all’articolo 3. 2 stabilisce che anche un materiale biologico che viene isolato dal suo ambiente naturale o viene prodotto tramite un procedimento tecnico può essere considerato come un’invenzione, anche se preesisteva allo stato naturale. Si sorgono così conflitti di interessi tra titolare del brevetto e collettività particolare del diritto[67]. Si formi così un consenso sulle upstream e downstream measures, cioè sulla regolamentazione di ciò che avviene prima della concessione del brevetto e di ciò che se ne fa dopo dibattiti relativamente all’etica del brevetto, ai benefici condivisibili, alla logica di rivelazione che sta alla base del brevetto, alla capacità tecnologica, quello del learning by doing o delimitazione dei brevetti. L’oggetto di così tanti iura excludendi alios costituisce elementi strategici nella competizione tra USA e UE che sbilanciano la linea del commercio equo lasciando aperta la discussione dell’approccio coercitivo dei benefici comuni del commercio libero[68]. Quindi, ciò che si intende favorire dal punto di vista giuridico è la competitività della scienza e dell’industria comunitaria in questo specifico settore delle moderne tecnologie[69]. La direttiva citata accoglie i principi fondamentali della tutela della dignità umana, della non brevettabilità del corpo umano[70] e del divieto di terapia genica terminale.

L’Unione europea anche durante le negoziazioni per la firma del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza che è stato firmato a Montreal il 19 gennaio del 2000, entrato in vigore l’11 settembre 2003[71], ha cercato di tenere una linea di compromesso mediante la presentazione di un pacchetto di emendamenti al testo proposto[72]. Le proposte di Protocollo si incontrano tra: l’introduzione di procedure informative relative all’esportazione di OGM, il riconoscimento di valutazione del rischio del principio di precauzione[73], le adeguate strategie e meccanismi atti alla valutazione e alla gestione del rischio, le norme in materia di trasporto, imballaggio ed identificazione di organismi geneticamente modificati destinati ad uso alimentare o ad ulteriori processi produttivi. Gli interessi commerciali erano tanti e le tesi adottati specialmente dei Paesi esportatori di OGM[74], relativamente al trasferimento transfrontaliero di questo tipo di organismi e l’obbligo per lo Stato esportatore di notificare per iscritto alle autorità competenti l’intenzione di esportare e che dovesse contenere principalmente delle disposizioni volte a prevenire l’eventuale effetto dannoso degli OGM sulla diversità biologica[75]. L’art. 9 ribadisce che il Paese importatore comunichi a quell’esportatore di aver ricevuto la suddetta documentazione entro un periodo di novanta giorni dal suo ricevimento. I limiti e le restrizioni del potere decisionale dello Stato importatore che risulta inferiore ai tempi previsti dalle normative interne per la concessione dell’autorizzazione ha portato i Paesi partecipanti di prendere decisioni in ottemperanza, affermando le nuove basi e le conoscenze scientifiche che riguardava alla conservazione della diversità biologica[76]. Le modificazioni proposte riguardavano agli organismi viventi geneticamente modificati destinati all’introduzione nell’ambiente[77] escludendo cibi e mangimi che potevano costituire minaccia per la diversità biologica[78]. La lunga strada di negoziazioni e l’impossibilità di giungere ad un accordo finale ha costretto l’UE di rimandare la decisione sull’applicazione dell’advanced informed assent, alla prima Conferenza delle parti del Protocollo[79]. I like minded Paesi hanno obiettato che un eventuale aggiornamento alla prima Conferenza delle parti avrebbe dovuto decidere solo il metodo di attuazione di tale procedura e non alla sua applicazione. Un altro elemento di contrasto si sorgeva tra il Protocollo e l’OMC relativamente alla stesura degli articoli 31 e 32. In particolare l’art. 31 affermava che: “le disposizioni del presente Protocollo non intaccheranno i diritti e i doveri derivanti ad ogni parte del Protocollo da ogni altro accordo internazionale esistente del quale essa è parte, eccetto nei casi in cui l’esercizio di questi diritti e doveri causerebbe seri danni o minacce alla diversità biologica”[80].

L’Unione europea ha ribadito la sostituzione delle norme che facevano riferimento ai rapporti tra il Protocollo e gli altri accordi internazionali riferendosi anche al carattere generale che è stato seguito nel preambolo. Una proposta seguita anche dalla maggioranza dei Paesi europei e da un altro gruppo formato da Messico, Norvegia, Repubblica di Corea e Svizzera. I tentativi americani furono quelli di vincolare il Protocollo sulla biosicurezza e alle norme del sistema GATT-OMC[81] che è stato ribadito nel corso della Conferenza ministeriale dell’OMC che si è tenuta a Seattle al dicembre del 1999[82]. Una piccola maggioranza di paesi europei inclusa Grecia, Danimarca, Lussemburgo, Francia e Italia avevano bloccato l’importazione di derrate transgeniche applicando una moratoria di fatto. È stata raggiunta una soluzione univoca in diversi punti del Protocollo sulla biosicurezza che si possono riscontrare delle soluzioni di compromesso che dimostrano alcuni degli elementi di scontro che hanno caratterizzato la fase negoziale[83].

In conclusione, la Convenzione citata aveva come scopo finale alcuni punti da raggiungere, come: a) il fatto che gli esportatori di prodotti agricoli dovranno obbligatoriamente indicare che la dizione può contenere organismi geneticamente modificati le spedizioni contenenti cibi transgenici, b) il seguito di una procedura più concreta sull’etichettatura obbligatoria dei prodotti concernenti almeno l’1% di OGM, c) il traguardo nascosto che l’impiego dell’ingegneria genetica deve essere percepito tramite l’esistenza di possibili rischi per il bene dell’uomo, non per distruggerlo e non arrecare un qualsiasi danno contro l’ordine pubblico, del buon costume e della società che si matura attraverso una diffusa conoscenza che le capacità tecniche devono essere guardate con serenità e con potenzialità limitata[84].

L’UE riteneva che la manipolazione genetica comporta una trasformazione delle caratteristiche del prodotto anche se tale mutazione non può essere riscontrata dai consumatori per mezzo degli aspetti esteriori di quest’ultimo. Se l’UE ha ritenuto tale principio applicabile anche in situazioni nelle quali per ottenere delle informazioni scientifiche attendibili occorrano attese di lungo termine gli Stati Uniti preoccupati di vedere le esportazioni di prodotti transgenici paralizzate hanno sottolineato come lo stesso art. 5, par. 7 subordini l’adozione di misure di carattere transitorio alla produzione di prove scientifiche attendibili ed entro un termine ragionevole. Non è stato anche previsto nessun obbligo per gli Stati che intendono di attuare le misure dell’accordo di Cartagena e di SPS[85] di produrre dati scientifici attendibili entro un ragionevole termine di tempo ma neanche quello di mostrare le informazioni pertinenti disponibili che li hanno indotti a adottare il principio di precauzione[86]. Secondo il Protocollo sulla biosicurezza spetta agli Stati membri di rispondere alla domanda[87], se intendono ad entrare in conflitto con le norme che regolano l’odierno sistema degli scambi internazionali.

In conclusione, dobbiamo dire che i problemi affrontati nell’UE sono problemi che rispecchiano il rapporto tra lo sviluppo del commercio internazionale e la tutela dell’ambiente[88]. Da tale dibattito emerge la supposta inconciliabilità tra lo sviluppo degli scambi internazionali e la salvaguardia ambientale[89]. I due obiettivi proposti non sono antitetici, anzi l’uno segue l’altro. Tale affermazione non rappresenta un punto di arrivo o una soluzione alle problematiche di carattere ecologico. L’esame degli atti e documenti dell’OMC e dell’UE dimostrano una sostanziale uniformità nell’accogliere interpretazioni restrittive relativamente alla libertà del commercio[90], formulando una forte protezione per la difesa degli interessi commerciali come strumento a disposizione degli Stati partecipanti delle organizzazioni[91]. Il degrado ecologico e i produttori che operano al di fuori della giurisdizione degli Stati membri delle organizzazioni citate appariscono erronei ai giudizi emessi che vietano qualsiasi effetto extraterritoriale delle misure adottate ai sensi della documentazione propria. La prassi convenzionale ed ogni altra disposizione di diritto internazionale applicabile tra le parti in controversia risulta fondata su un valido titolo giurisdizionale ed extragiudiziale, quello delle misure ambientali, confermando per quest’ultima il giudizio di illegittimità. Nell’odierno contesto produttivo i pericoli maggiori per l’equilibrio ecologico del pianeta non derivano dai prodotti finiti immessi sul mercato internazionale, vincolati dagli standard imposti dai Paesi importatori, bensì dalle condizioni in cui operano gli impianti di produzione di tali prodotti e dai metodi usati per lo sfruttamento delle risorse necessarie alla loro produzione[92]. Il product approach consente una valutazione distinta dei prodotti e dei processi produttivi in ragione del fatto che il metodo di produzione non segue il bene nel Paese importatore. Ci serve un sistema di self-contained in base al quale le controversie saranno decise con riferimento alle disposizioni contenute negli accordi che compongono il sistema dell’OMC. Gli accordi firmati e proposti sono sufficienti per consentire la protezione dell’ambiente attraverso l’imposizione di misure tecniche o sanitarie che devono essere stabilite in base agli standard internazionali unanimemente riconosciuti in modo da non ostacolare il normale svolgimento dei rapporti commerciali[93] che si rileva sempre la distanza ancora esistente tra la cultura ambientalista e quella liberista. Gli interessi economici statunitensi, ma anche comunitari, hanno indotto diversi produttori a mostrare i loro reali obiettivi nonostante il formale riconoscimento della necessità di promuovere uno sviluppo sostenibile[94] degli scambi, in difesa degli interessi commerciali, rappresentando così un grosso ostacolo per l’applicazione di standard ambientali ai sensi di tanti accordi come TBT e SPS, particolari procedure per la loro commercializzazione[95]. L’adozione di un sistema valutativo e di sicurezza dovrebbe prendere in considerazione anche le pretese dei consumatori[96]. Le carenze normative ed i continui contrastanti interessi economici rendono estremamente difficile ogni tentativo di conciliazione tra gli interessi dei produttori e quelli dei consumatori di prodotti transgenici. Gli organi ad hoc hanno finito per rivestire un importante ruolo nella definizione della politica ambientale, ruolo che denota una scarsissima sensibilità alle problematiche ecologiche ed economiche, evidenziando che il contemperamento di interessi commerciali ed ecologici non dipenda soltanto dalle politiche ambientali svolti ad ogni sistema organizzativo o no, ma soprattutto dal consenso politico-globale.



[1] Cfr. regolamento CE, n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004 che stabilisce un sistema per la determinazione e l’assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati. Regolamento CE, n. 1831/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003 sugli additivi destinati all’alimentazione animale. Regolamento CE, n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2003 concernente la tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE. Regolamento CE, n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati. Regolamento CE, n. 1946/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2003 sui movimenti transfrontalieri degli organismi geneticamente modificati. Decisione della Commissione, 2002/623/CE, del 24 luglio 2002, recante note orientative ad integrazione dell’allegato II della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati. Posizione comune CE, n. 21/2003, del 17 marzo 2003 in vista dell’adozione di un Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE. Direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001 sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio. Raccomandazione della Commissione del 23 luglio 2003, recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche. Regolamento CE, n. 65/2004 della Commissione del 14 gennaio 2004 che stabilisce un sistema per la determinazione e l’assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati, GUCE L. 10, del 16. 01. 2004. Decisione della Commissione del 23 febbraio 2004 che stabilisce disposizioni dettagliate per il funzionamento dei registri destinati alla conservazione delle informazioni sulle modificazioni genetiche degli OGM di cui alla Direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, GUCE L65, del 03. 03. 2004. Regolamento CE 641/2004 della Commissione recante norme attuative del regolamento CE 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la domanda di autorizzazione di nuovi alimenti e mangimi geneticamente modificati, la notifica di prodotti preesistenti e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di materiale geneticamente modificato che è stato oggetto di una valutazione del rischio favorevole, GUCE L. 102 del 07. 04. 2004. Regolamento CE 258/97 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 gennaio 1997 sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari, GUCE L 043 del 14. 02. 1997. Regolamento CE 49/2000 della Commissione del 10 gennaio 2000 che modifica il Regolamento CE n. 1139/98 del Consiglio concernente l’obbligo di indicare nell’etichettatura di alcuni prodotti alimentari derivati da organismi geneticamente modificati caratteristiche diverse da quelle di cui alla direttiva 79/112/CEE, GUCE L. 6 del 11. 01. 2000. Regolamento CE 50/2000 della Commissione del 10 gennaio 2000 concernente l’etichettatura dei prodotti e ingredienti alimentari contenenti additivi e aromi geneticamente modificati caratteristiche diverse da quelle di cui alla direttiva 79/112/CE, GUCE L. 6 del 11. 01. 2000. Regolamento CE 1139/1998 del Consiglio del 26 maggio 1998 concernente l’obbligo di indicare nell’etichettatura di alcuni prodotti alimentari derivati da organismi geneticamente modificati caratteristiche diverse da quelle di cui alla direttiva 79/112/CE, GUCE L. 159 del 03. 06. 1998. Regolamento CE 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 che stabilisce e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, GUCE L. 31 del 01. 02. 2002. Regolamento CE 1804/1999 del Consiglio del 19 luglio 1999 che completa per le produzioni animali il regolamento CEE 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, GUCE L. 222 del 24. 08. 1999, Direttiva 98/95/CE del Consiglio del 14 dicembre 1998 che modifica per quanto riguarda il consolidamento del mercato interno, le varietà geneticamente modificate e le risorse genetiche delle piante, le direttive 66/400/CEE, 66/401/CEE, 66/402/CEE, 66/403/CEE, 69/208/CEE, 70/475/CEE e 70/458/CEE concernenti la commercializzazione delle sementi di barbabietole, sementi di piante foraggere, delle sementi di cereali, dei tuberi-seme di patate, delle sementi di piante oleaginose e da fibra e delle sementi di ortaggi e il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, GUCE L. 025 del 01. 02. 1999. Direttiva 2 aprile 1990, n. 90/219/CEE sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati. Direttiva 12. 03. 2001, n. 2001/18/CE sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva n. 90/220/CE, in GUCE L. 106 del 17. 04. 2001. Parlamento europeo, Relazione sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo concernente l’approccio dell’Unione europea al ciclo di negoziati dell’OMC, A6-0062/1999, 16 novembre 1999. Parlamento europeo, Relazione recante le raccomandazioni del Parlamento europeo alla Commissione in ordine ai negoziati condotti in seno all’OMC sul programma implicito, A5-0076/2001, 28 febbraio 2001.

[2] “Un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”, cfr. art. 2 della Direttiva 2001/18/CE.

[3] CORREA, Derechos soberanos y de propiedad sobre los recursos fitogenèticos, prepared at the request of the Secretariat of the FAO Commission on plant genetic resources. First extraordinary meeting of the Commission on plant genetic resources, Roma, 7-11 November 1994.

[4] CANTUÁRIA MARIN, Providing protection for plant genetic resources. Patents, sui generis systems and biopartnerships, Kluwer Law International, New York, The Hauge, London, 2002.

[5] Cfr. le Convenzioni internazionali e regionali, altri atti giuridici relativamente agli organismi geneticamente modificati e di tutela delle biotecnologie: 1. African Convention on the conservation of nature and natural resources, UNEP, 1983. 2. Agenda 21, UN Doc.A/CONF.151/26/REV.1, vols. I-III, 1992. 3. Agreement on trade related aspects of intellectual property rights, including trade in counterfeit goods. Annex IC, Uruguay round, 1994, WTA/GATT. TRIPS entered into force on 1 January 1996, in International Legal Materials, 1994, pp. 1125. 4. ASEAN Agreement on the conservation of nature and natural resources, Kuala Lumpur, 1985, UNEP, 1991. 5. Convention concerning the protection of the world cultural and natural heritage, text in International Legal Materials, 1972, pp. 1358 ss. 6. Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora (CITS), in International Legal Materials, 1980, pp. 15 ss. 7. Convention on migratory species of wild animals, in International Legal Materials, 1980, pp. 15 ss. 8. Convention on nature and wildlife preservation in the Western Hemisphere, 1940, in UNTS, pp. 193 ss. 9. Convention on the conservation of European wildlife and natural habitats, Bern 1979, text in ETS, 1982. 10. Convention on wetlands of international importance, (Ramsar convention), in International Legal Materials, 1972, pp. 963 ss. 11. European biotechnology patent directive. Directive 98/44/EC of the European Parliament and the of the Council of 6 July 1998 on the legal protection of biotechnological inventions, 1998. 12. ILO Convention 169, ILO Conference 7th session, Geneve, 27 June 1989, in International Legal Materials, 1989, pp. 1384. 13. Paris Convention, 20 March 1883. In 1891 the Paris Convention for the protection of industrial property was completed by an interpretative Protocol in Madrid. It was then revised at Brussels in 1900, at Washington in 1911, at the Hague in 1925, at London in 1934, at Lisbon in 1958 and at Stockholm in 1967 and it was amended in 1979, UNTS, n. 11851, vol. 828, pp. 305 ss. 14.Third business forum of the Americas. Working group VII. Technology and intellectual property rights, Belo Horizonte, Brazil, May 1997. 15. WIPO, Madrid agreement concerning the international registration of marks, 1891, revised in 1967 and amended in 1979. 16. World Charter for nature, G. A RES:37/7, UN. G. A. O. R., 37th session, U. N. Doc. A/RES/37/7, suppl. n. 51, at. 17, 1982, reprinted in International Legal Materials, 1983, pp. 455 ss.

[6] Cfr. documenti da Stati stranieri relativamente agli OGM e sulla biodiversità: 1. Benin, Bhutan, Costa Rica and the Netherlands joint report on biological diversity. Report presented to the Conference of the parties to the Convention on biological diversity in Bratislava, Slowakia, 1998. 2. Brazil, regulates the CTNBio. Decree n. 1. 752 of 20 December 1995. 3. Brazil. Final reports of the Commission on biopiracy in the Amazon. Deputy chamber of the Brazialian congress, 18 November 1997. 4. Brazil. Biosafety law n. 8.974/95. numbered as bill of law n. 4. 842/98 when sent to the Chamber of the Brazilian Congress, 18 November 1997. 5. Brazil. Constitution of the Federal Republic of Brazil, 1988. 6. Brazil. Industrial property law. Law n. 9.279/96, enacted on 14 May 1996. 7. Brazil. Technical ruling on labelling of genetically modified foods and ingredients prepared by the consumer defence and protection Department of the economic law Secretary of the justice Ministry in Brazil, 1999. 8. Costa Rica biodiversity law. Ley de Biodiversidad, n. 7788, April 1998. 9. England. Treasure act 1996, Halbury’s statute (4th ed.), Open spaces. 10. Spanish civil code. Editorial tecnos. S. A. seventh edition, Madrid, 1988. 11. Sustainable development treaties between the Netherlands, Costa Rica, Bhutan and Benin. 12. The Thammasat resolution. Building and strengthening our sui generis rights. Final Declaration of the meeting held by the Thai network on community rights and biodiversity (BIOTHA)I and genetic resource action international (GRAIN), in Bangkok, Thailand from 1 to 6 December 1997. 12. US Plant patent act, 35 USC, paragraphs 161-164. 13. US Plant variety protection act, 84 Statute 1542, 7 USC. Paragraph 2321 et seq.

[7] Cfr. 1. Action brought in October 1998 by Kingdom of the Netherlands against the European Parliament and Council of the European union, case C-377/98, O. J. C378, Dec. 5, 1998. 2. Brazil. Interlocutory injunction n. 98.34.00027681-8, IDEC v. Federal union. 3. Brazil. Public civil action n. 97.00036170-4. Greenpeace v. president of CTNBio. Public civil action n. 90.00.027682-0. IDEC v. Federal union. 4. Ciba-Geigy case (1979-85) EPOR volume 758. Board of appeal decision T49/83, Ciba-Geigy. Official journal EPO 1984, pp. 112 ss. 5. Dennis v. Pinter, 106F 2d 142, (Sparks, J. Concurring), cert. Denied, 308 US 606/1939. 6. Diamond v. Chakrabarty, 447 US 303, at. 309, 100 S.Ct. 206, USPQ 193, 1980. 7. EPO Decision T 356/93-Plant genetics systems, Official journal EPO, 1995, at. 545. 8. Ex parte Allen, 2 USPQ 2d 1425, Bd.pat. App. 1987, aff. D, 846 F. 2d 77 (Fed. Circuit, 1988). 9. Ex parte Hibberd 227 USPQ 443 Bd. Pat. App. 1985. 10. Funk Bros Seed Co. v. Kalo Inoculant Co, 333 US, 127, 1948. 11. Le Roy v. Tatham, 55 US, 156, 1852. 12. Lubrizol case, T320/87 Lubrizol/Hydrid plants, 1990, EPOR, 173.

[8] MASSIMINO, Organismi geneticamente modificati, la decisione passa alla Corte di giustizia, in Rivista di diritto pubblico comparato ed europeo, 2002, pp. 846 ss.

[9] L’art. 95, par. 5 del Trattato CE, dispone che: “allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre delle disposizioni nazionali fondate si nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente (…) giustificate da un problema specifico a detto Stato membro insorto dopo l’adozione della misura di armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste alla Commissione precisando i motivi dell’introduzione delle stesse (…)”.

[10] EASTHAM, SWEET, Genetically modified organisms (OGMs): The significance of Gene flow through pollen transfer, Copenhagen, European Environment Agency, Environmental Issue Report, n. 28, 2002.

[11] Animal welfare and trade in agricolture. European communities proposal, World Trade Organization, Committee on agriculture special session, 28 June, 2000. In particolare l’Unione ha indicato tre strumenti che permetterebbero di trattare il non-trade concern in armonia con il sistema OMC, cioè: a) la definizione di accordi multilaterali sul benessere degli animali, b) l’etichettatura, c) la predisposizione di un meccanismo finanziario compensativo a favore dei produttori che si attengono nella loro attività, a standard di benessere per gli animali.

[12] Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici relativo alla Convenzione sulla diversità biologica, con Allegati, fatto a Montreal il 29 gennaio 2000 con legge 15 gennaio 2004, nr. 27, (GU n. 28 del 04. 02. 2004-Suppl. ordinario, n. 20).

[13] MAGLIA, MEDUGNO, DALLAVALLE, Il nuovo codice degli alimenti. Commentato con la giurisprudenza, La Tribuna, 2003. PAVONI, Brevettabilità genetica e protezione della biodiversità, in Rivista di diritto internazionale, 2000, pp. 430 ss. PAVONI, Biodiversità e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario, Giuffrè, 2004.

[14]  Rintracciabilità significa: “Possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a fare parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”. Cfr. art. 3, Regolamento CE 178/2002.

[15]  Le direttive europee hanno preso in atto che per molti alimenti la presenza dell’OGM è tecnicamente inevitabile, perciò che rimette la Commissione ad operare la fissazione di una soglia al di sotto della quale gli obblighi di etichettatura specifica vengono meno. La Commissione sarà chiamata a stabilire i criteri per determinare l’intenzionalità o meno delle tracce, costituendo un compromesso fra esigenze del commercio del consumatore. Il dibattito sulla materia di etichettatura rappresenta novità al riguardo le prime direttive del 1990 e quelle del 2004. Nessuna previsione era data per i casi di prodotti non geneticamente modificati contenenti tracce di materiale genetico modificato. Un fenomeno che presenta massiccia rappresentazione all’apertura dei mercati, all’importazione di prodotti modificati. Il Regolamento n. 1139/98 del Consiglio aveva previsto l’etichettatura obbligata, riconoscendo l’impossibilità di escludere una contaminazione accidentale di prodotti alimentari. Si presentava ineludibile la necessità di stabilizzazione dei criteri di determinazione dei residui, cioè le misure adottate per evitare di partenza la produzione degli organismi geneticamente modificati.

[16]  MAGLIO, La “trasparenza” dei prodotti alimentari. La funzione dell’etichettatura nella tutela del consumatore, in Contratto e impresa/Europa, 2001.

[17]  Il Parlamento italiano aveva espresso parecchie volte pareri contrari a varie direttive ed iniziative europee relativamente agli organismi geneticamente modificati. La prima volta il 28 gennaio del 1998, una seconda volta in un ordine del giorno elaborato dal Senato e approvato a vasta maggioranza il 10 marzo 1998, in cui il Senato sosteneva: “impegno del Governo ad attivarsi perché sia sospesa l’emissione della direttiva fino alla sua radicale rielaborazione”, ed una terza volta un dibattito provocato dalla Commissione Affari Sociali della Camera il 10 marzo del 1998.

[18]  CROSSMAN, Biotecnology property rights and the environment, in American Journal of Comparative Law, 2002, pp. 220 ss.

[19]  L’ultima frontiera della chirurgia sperimentale è rappresentata dai trapianti di organi animali all’uomo. Dal virus Ebola che sconvolse lo Zaire nel 1995 alla sindrome di mucca pazza, al virus dell’AIDS e ai difficili casi di cancro, la pratica chirurgica dello xenotrapianto ha aperto la strada offrendo ai nuovi virus un campo libero in cui espandersi a volontà, aiutando parallelamente l’industria degli stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, il commercio di organi, rendendo debole le legislazioni di tutti i paesi civili che non si astengono al perseguimento. Cfr. LORETI BEGHĖ, MARINI, Profili giuridici degli xenotrapianti, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 2000. LORETI BEGHĖ, MARINI, La tutela della persona umana nella sperimentazione, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 1999.

[20]  WALLACH, SFORZA, WTO. Tutto quello che non gli hanno mai detto sul commercio globale, Feltrinelli, 2002.

[21]  ANDERSON, BLACKHURST, Regional integration and global trading system, Harvester, 1995. COTTIER, The challenge of regionalization and preferential relations in World Trade law and policy, in European Foreign Affairs Review, 1996, pp. 150 ss.

[22]  Dobbiamo riferirci alla rete di informazione sulla Biosicurezza dell’Organizzazione per lo Sviluppo Industriale delle Nazioni Unite (BINAS), che sorveglia a livello globale gli sviluppi riguardanti la regolamentazione delle biotecnologie ed il Centro Internazionale di Biotecnologia e Ingegneria Genetica delle Nazioni Unite (ICGEB) di Trieste, che ha istituito un gruppo di lavoro di sorveglianza regolamentare per i Paesi dell’Est europeo.

[23]  MAGEE, Endogenous preferential trade agreements. An empirical analysis, in Global jurist, 2003.

[24]  Secondo l’art. 2 della Convenzione sulla biodiversità: “the variability among living organisms form all sources including, inter alia, terrestrial, marine and other aquatic ecosystem, and the ecological complexes of which they are part. This included diversity within species, between species and of ecosystems”. Cfr. PAVONI, Biodiversità e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario, op. cit.

[25]  BAGWELL, MAVROIDIS, STAIGER, It’s a question of market access, in American Journal of International Law, 2002. HIPPLER BELLO, WTO succeeds GATT as primary trade forum. International judicial observer. News and commentary of interest to judges around the world, 1996.

[26]  TARULLO, Norms and institutions in global competition, in American Journal of International Law, 2000, pp. 480 ss.

[27]  Nell’ambito dell’OMC citiamo il nuovo ciclo ministeriale in Doha (Doha Development Agenda). L’oggetto dei negoziati era: a) le relazioni tra WTO e gli specifici obblighi commerciali, b) le procedure di regolamento dello scambio di informazioni tra i Segretariati e degli accordi ambientali, c) la riduzione o eliminazione delle tariffe e della barriere non tariffarie ai servizi e beni ambientali, d) una riedizione del fast track ora Trade Promotion Authority (TPA), cioè il sistema di autorizzazione parlamentare che gli consentirebbe di sottoporre al Congresso americano i risultati dei futuri negoziati per una semplice approvazione o rigetto. Cfr. PARENTI, La conferenza ministeriale di Doha e il dopo Doha, in Commercio internazionale sostenibile? WTO e Unione europea, (a cura di) Rossi, il Mulino, Bologna, 2003, pp. 323 ss.

[28] La direttiva n. 90/219 recepita in Italia dal d. lgs. 3 marzo 1993, n. 91, abrogato e sostituito dal d. lgs. 12 aprile 2001, n. 206, è stata modificata ed integrata più volte per consentirne l’adeguamento al progresso tecnologico.

[29]  MARIANI, Alimenti geneticamente modificati, Torino, 2001. SERALINI, OGM. Le vrai dèbat, Paris, 2000. CARRA, TERRAGNI, Il cibo del futuro. Gli alimenti transgenici, Milano, 1999. SHENKELEARS, Immissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, in Rivista giuridica dell’ambiente, 1990, pp. 48 ss. NESPOR, Biotecnologie e agricoltura. L’immissione di organismi geneticamente ricombinati nell’ambiente, in Rivista trimestrale di diritto pubblico comunitario, 1988, pp. 105 ss.

[30]  Cfr. dalla Corte di giustizia della Comunità europea: 1. Causa C-6/99, in Raccolta, p. I. 1651. 2. Corte di giustizia 29 giugno 1995, causa C-170/94, Commissione c. Repubblica ellenica, in Raccolta, p. I-1819. 3. 9 luglio 1998, causa C-343/97, Commissione c. Regno del Belgio, in Raccolta, p. I-4291. 4. 16 luglio 1998, causa C-339/97, Commissione c. Granducato di Lussemburgo, in Raccolta, p. I-4903.

[31]  La direttiva n. 90/220 si differenziava dalla direttiva 90/219 perché era più favorevole alla Commissione, nel senso di attribuirne il potere di adottare le misure da essa proposte in mancanza di una pronuncia del Consiglio.

[32]  CANFORA, La procedura per l’immissione in commercio di OGM e il principio di precauzione, in Diritto e giurisprudenza agraria e dell’ambiente, 2001, pp. 375 ss. GIUFFRIDA, Sull’immissione in commercio di organismi geneticamente modificati, in Giustizia civile, 2001, pp. 885 ss. MASTROMATTEO, A lost opportunity for european regulation of genetically modified organisms, in European Law Review, 2000, pp. 425 ss. COCOZZA, Organismi geneticamente modificati e diritti di cittadinanza transnazionali, in Diritto pubblico e comparato europeo, 2000. CARANTA, Coordinamento e divisione dei compiti tra Corte di giustizia delle Comunità europee e giudici nazionali nelle ipotesi di coamministrazione. Il caso dei prodotti modificati geneticamente, in Rivista di diritto pubblico comunitario, 2000, pp. 1133 ss. GRATANI, La tutela della salute e il rispetto del principio precauzionale a livello comunitario. Quando le autorità nazionali possono impedire la circolazione di OGM all’interno del proprio territorio, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2000, pp. 72 ss.

[33]  VON SCHOMBERG, An appraisal of the working in practice of directive 90/220 on the deliberate release of genetically modified organisms, Luxembourg, 1998. In particolare la direttiva citata, definiva l’emissione deliberata nell’ambiente di OGM come: “qualsiasi introduzione intenzionale nell’ambiente di un OGM o di una combinazione di OGM, senza provvedimenti per il loro contenimento, come barriere fisiche o una combinazione di barriere fisiche con barriere chimiche e/o biologiche utilizzate per limitarne il contatto con la popolazione e l’ambiente”.

[34]  PAVONI, Biodiversità e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario, op. cit.

[35]  ROOK BASILE, Prodotti agricoli, mercato di massa e comunicazione simbolica, in Diritto e giurisprudenza agraria e dell’ambiente, 1995, pp. 140 ss.

[36]  GERMANÓ, “Volgarizzazione” delle denominazioni merceologiche e ruolo della Corte di Giustizia della CEE, in Atti delle II giornate camerati di diritto agrario comunitario, Università di Camerino, 1989.

[37]  PRATI, MASSIMINO, Organismi geneticamente modificati, danno alla salute e danno ambientale, in Danno e responsabilità, 2001, pp. 340 ss.

[38] Anche la Commissione europea ha adottato una decisione in senso favorevole alla commercializzazione, in base alla procedura di comitato prevista dalla direttiva 90/220. Se uno Stato aveva validi motivi per ritenere che il prodotto autorizzato presentasse dei rischi per la salute umana o per l’ambiente, aveva la facoltà di vietarne o limitarne temporaneamente la vendita e l’utilizzo, dando tempestivo avviso delle misure adottate alla Commissione ed agli Stati membri (clausola di salvaguardia). MONTINI, SEERDEN, Verso uno ius comune ambientale? Note a margine della Conferenza dell’Università di Maastricht sul diritto ambientale comparato nell’Unione europea, in Rivista giuridica dell’ambiente, 1998. MONTINI, La sentenza “PCP”. Il primo caso di applicazione dell’art. 100A n. 4, in Diritto comunitario e scambi internazionali, 1995, pp. 125 ss. GRATANI, Misure restrittive nazionali e misure di armonizzazione adottate a livello comunitario in campo ambientale, in Rivista giuridica dell’ambiente, 1995, pp. 50 ss.

[39]  Per la relativa legislazione nell’ambito interno vedi: 1. Decreto legislativo del 8 luglio 2003 n. 224. Attuazione della Direttiva 2001/18/CE concernente l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, GURI n. 194 del 22. 08. 2003. 2. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 agosto 2000. Sospensione cautelativa della commercializzazione e dell’utilizzazione di taluni prodotti transgenici sul territorio nazionale, a norma dell’art. 12 del Regolamento CE, n. 258/97, GURI n. 184 del 08. 08. 2000. 3. Decreto del 31 maggio 2001 del Ministero della Sanità n. 371. Regolamento recante norme per l’attuazione della Direttiva 91/321/CEE sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento, GURI n. 241 del 16. 10. 2001. 4. Decreto del Presidente della Repubblica del 7 aprile 1999, n. 128. Regolamento recante norme per l’attuazione delle direttive 96/5/CE e 98/36/CE sugli alimenti a base di cereali e altri alimenti destinati a lattanti e a bambini, GURI n. 109 del 12. 05. 1999. 5. Decreto 27 novembre 2003. Campagna di semina. Modalità di controllo delle sementi di mais e soia per la presenza di organismi geneticamente modificati, GURI n. 281 del 27. 11. 2003. 6. Circolare MiPAF 2170 del 13 dicembre 2002. Campagna semina 2003. Modalità di controllo sementi mais e soia per la presenza di organismi geneticamente modificati, Agrisole, 10-16. 01. 2003. 7. Decreto legislativo del 24 aprile 2001 n. 212. Attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti cementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli, GURI n. 131 del 08. 06. 2001.

[40]  Cfr. il regolamento CEE 259 del 27 gennaio 1997 che è stato approvato: “per ordinare i nuovi prodotti ed i nuovi ingredienti alimentari”. Si dedica una quantità rilevante delle sue indicazioni proprio agli alimenti che contengono organismi geneticamente modificati o che sono prodotti a partire da questi. L’art. 1 definisce che: “quei prodotti e ingredienti alimentari non ancora utilizzati in misura significativa per il consumo umano nella Comunità, rientranti in una serie di categorie”. Il regolamento citato interviene provando innovazioni importanti all’iter europeo relativo alla materia esaminata. La prima novità riguarda la valutazione del rischio ed il sistema di etichettatura e la seconda di tipo procedurale specificando la decisione di autorizzazione da prendere in comitologia (art. 13) sotto due casi specifici, in quanto un’autorità nazionale lo richiede o può funzionare come un supplemento di valutazione o in presenza di obiezioni.

[41]  DOUMA, MATTHEE, Towards new EC rules on the release of genetically modified organism, in Review of European Community and International Environmental Law, 1999.

[42]  PARDO QUINTILLAN, Free trade, public health protection and consumer information in the Europe and WTO context, in Journal of World Trade, 1999, pp. 150 ss.

[43]  MUNARI, La libertà degli scambi internazionali e la tutela dell’ambiente, in Rivista di diritto internazionale, 1994.

[44]  JOHNSON, WTO plus. Creating liberal investment through regulating tax incentives, in Global jurist, 2003. JACKSON, The World Trade Organisation, Royal Institute of International Affairs, London, 1998.

[45]  GOKLANY, Applying the precautionary principle to genetically modified crops, in Policy study, Center for the study of American business, St. Louis, Washington University, 2000.

[46]  BIRNIE, BOYLE, International law and environment, Oxford, 1992.

[47]  Cfr. l’art. 53 del Regolamento 178/2002. In particolare l’articolo citato prevede: “1. Quando sia manifesto che alimenti o mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente che non possa essere adeguatamente affrontato mediante misure adottate dallo Stato membro o dagli Stati membri interessati, la Commissione, agendo di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, secondo la procedura di cui all’at. 58, c. 2, adotta immediatamente, in funzione della gravità della situazione, una o alcune delle seguenti misure: a) nel caso di alimenti o mangimi di origine comunitaria, i) sospensione dell’immissione sul mercato o dell’utilizzazione dell’alimento in questione, ii) sospensione dell’immissione sul mercato o dell’utilizzo del mangime in questione, iii) determinazione di condizioni particolari per l’alimento o il mangime in questione, iv) qualsiasi altra misura provvisoria adeguata, b) nel caso di alimenti o mangimi importati da un paese terzo: i) sospensione delle importazioni dell’alimento o del mangime in questione da tutto il paese terzo interessato o da parte del suo territorio ed eventualmente dal paese terzo di transito, ii) determinazione di condizioni particolari per l’alimento o il mangime in questione in provenienza da tutto il paese terzo interessato o da parte del suo territorio, iii) qualsiasi altra misura provvisoria adeguata”.

[48]  ZARAZAGA BURILLO, Genetic biotechnology in agriculture and livestock breeding (from customised production to new ethnical-juridical norms), in C. M. Romeo Casabona (a cura di), Biotecnology, law and bio-ethics: Comparative perspectives, Bruxelles, Bruylant, 1999, pp. 334 ss.

[49]  MULONGOY, Different perception on the international biosafety Protocol, in Biotechnology and Development Monitor, 1997.

[50]  BENITAH, Fondements juridiques du traitement des subventions dans les systèmes GATT et OMC, Genève, 1998. BHAGWATI, HUDEC, Fair trade and harmonization. Prerequisities for free trade? Legal analysis, Cambridge Massachussets, 1996. SCHOENBAUM, International and European trade and protection of the environment. The continuing search for reconciliation, in American Journal of International Law, 1997, pp. 270 ss. CAMERON, DEMARET, GERADIN, Trade and the environment. The search for a balance, London, 1994. FRENCH, The changing structure of environmental protection. Recent developments regarding trade and the environment in the European Union and the World Trade Organization, in Netherlands Yearbook of International Law, 2000, pp. 1 ss.

[51]  COCCIA, voce: GATT, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1991, pp. 10 ss. CUTRERA, GATT, in Novissimo digesto, 1965, pp. 765. NAZILOTTI, GATT, in Enciclopedia del diritto, 1969, pp. 546 ss. GERBINO, Organizzazione Mondiale del Commercio, in Enciclopedia del diritto, aggiornamenti II, 1998, pp. 650 ss. STOLL, World Trade Organization, in Enciclopaedia of public international law, 2000, pp. 1530 ss.

[52]  HOWELLS, WILHELSSON, EC and US approaches to consumer protection. Should the gap be bridged?, in Yearbook of European Law, 1997, pp. 210 ss.

[53]  LEE, Test of multilateralism in international trade. US steel safeguards, in Global jurist, 2004.

[54]  Dalla Conferenza dell’Avana e nello Statuto dell’Organizzazione del commercio internazionale vennero indicate soluzioni innovative; prima fra tutte una specifica disciplina delle pratiche restrittive della concorrenza, che per la prima volta compariva in un accordo internazionale. Si discuteva anche l’adozione di un potere di controllo sull’applicazione di deroghe ed eccezione elevate per impedire che questi tipi di politica fossero usate per difendere in futuro regimi monopolistici o apportare limitazioni della concorrenza agli Stati interessati che finissero per influire negativamente sul sistema di libero scambio che s’intendeva avviare. Cfr. COMBA, Il neo liberalismo internazionale, Milano, 1995.

[55]  TREBILCOCK, The national treatment principle in international trade law, in Global jurist, 2004.

[56]  VISSER, Effects of biotechnology on agrobiodiversity, in Biotechnology and Development Monitor, n. 32.

[57]  ZEDALIS, Labeling of genetically modified foods. The limits of GATT rules, in Journal of World Trade, 2001. COMBA, Il neo liberismo internazionale. Strutture giuridiche a dimensione mondiale dagli accordi di Bretton Woods all’Organizzazione mondiale del commercio, Milano, Giuffrè, 1995, pp. 99 ss.

[58]  ADINOLFI, La soluzione delle controversie dell’OMC ed il contenzioso euro statunitense, in Venturini (a cura di), l’organizzazione Mondiale del Commercio, Milano, 2000.

[59]  Il principio di precauzione trova una specifica applicazione anche all’art. 11. 8 del Protocollo di Cartagena, che riferisce: “Lack of scientific certainly due to insufficient relevant scientific information and knowledge regarding the extent of the potential adverse effects of a living modified organism on the conservation and sustainable use of biological diversity in the Party of import, taking also into account risks to human health, shall not prevent that Party from taking a decision, as appropriate, with regard to the import of that living modified organism intended for direct use as food or feed, or for processing in order to avoid or minimize such potential adverse effects”.

[60]  CROMER, Sanitary and phytosanitary measures. What they could mean for health and safety regulations under GATT, in Harvard International Law Journal, 1995, pp. 560 ss. SWAAK, GOLDMAN, Who defines member’s security interest in the WTO?, in Leiden Journal of International Law, 1996, pp. 370 ss.

[61]  GEBBERS, La posizione dell’Unione europea sul Millenium round del WTO, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2000.

[62]  KRAMER, Environmental law in the European law, in International, regional and national environmental law, ed. by MORRISON, WOLFRUM, Kluwer Law International, 2000, pp. 455 ss.

[63]  L’Agenda XXI della Conferenza di Rio ha dato corpo all’obiettivo per promuovere uno sviluppo sostenibile basato su tre priorità che dopo sono seguiti anche alla Convenzione di Cartagena. I tre principi cardini erano: a) introduzione ed integrazione della questione ambientale ad ogni livello di governo, b) individuazione di un modello di pianificazione e gestione del territorio, c) informazione e partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, in primo luogo i cittadini mediante accesso diretto esteso alle informazioni sull’ambiente.

[64]  Negli Stati Uniti il problema dei brevetti e il diritto all’innovazione si inquadrava nell’ambito di un sistema legislativo che è stabilito in un modo stabile, univoco e unitario, anche a causa delle linee della Corte suprema o del Congresso. In Europa al contrario l’argomento si inquadrava in un sistema giuridico fondato sull’armonizzazione di fatto, sulla promozione del progresso attraverso una procedura centralizzata che le multinazionali possano svolgere più efficacemente in un mercato continuatamene globalizzato e super produttivo.

[65]  Valga per tutti il caso onco-mouse brevettato nel 1988 negli Stati Uniti e poi ammesso alla brevettabilità anche in Europa nel 1993. Allo stato attuale è pertanto brevettabile qualsiasi invenzione purché nuova e utile, nonché non contraria all’ordine pubblico ed al buon costume.

[66]  Cfr. The Report of WHO consultation on Xenotransplantation. World Health Organization, Geneva, October 1997. WHO/EMC/ZOO/98.2.

[67]  GETTY, The tragic hypocrisy of animal rights, in Wall Street Journal, June 1996.

[68]  SENA, L’importanza della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, in Rivista di diritto industriale, 2000.

[69]  Cfr. anche la Direttiva comunitaria 219 sui microrganismi e la Direttiva 220 sulla procedura comunitaria di autorizzazione, alla quale si aggiunge il regolamento di nuovi alimenti che sostituisce la parte relativa agli OGM. Sulla Direttiva 220 si è pronunciata anche la Corte di giustizia delle Comunità europee con la sentenza del 21 marzo 2000, nell’affare Association Greenpeace ed altri c. Ministère de l’Agriculture e de la Pêche. La sentenza afferma la procedura prevista dalla Direttiva accordando il consenso scritto che rappresenta un obbligo e non una facoltà dello Stato.

[70]  L’art. 2 della Direttiva citata riferisce: “sono brevettabili le invenzioni nuove che comportino un’attività inventive e siano suscettibili di applicazioni industriali”. La direttiva fa riferimento parecchie volte ai trattati internazionali sui diritti umani e a quello che all’epoca era l’art. F, par. 2 del trattato sull’Unione europea relativo ai diritti fondamentali. È questa la vexata questio che solleva discussioni e dibattiti relativi all’accettabilità del principio enunciato dalla direttiva dal punto di vista etico-giuridico.

[71]  BOVE, DUFOUR, Il mondo non è in vendita. Agricoltori contro la globalizzazione alimentare, Milano, 2001.

[72]  EGGERS, MACKENZIE, The Cartagena Protocol on biosafety, in Journal of International Economic Law, 2000, pp. 525 ss. PHILLIPS, KERR, Alternative paradigms. The WTO versus the biosafety Protocol for trade in genetically modified organisms, in Journal of World Trade, 2000, pp. 65 ss. QURESCHI, The Cartagena Protocol on biosafety and the WTO. Co-existence or incoherence, in International and comparative law quarterly, 2000, pp. 835 ss.

[73]  Sia la Corte di giustizia che il Tribunale di primo grado hanno avuto occasione di applicare il principio e così di iniziare a sviluppare una giurisprudenza in materia. Nonostante il fatto che forti orientamenti politici, in specie la Commissione europea, sostenevano che: “il principio di precauzione sia un principio di applicazione generale che deve essere preso in considerazione particolarmente nei settori della protezione dell’ambiente e della salute umana, animale o vegetale”.

[74]  COSTATO, Diritto nazionale, diritto comunitario e organismi geneticamente modificati, in Studium iuris, 1997, pp. 1270 ss. MANCINI, CURTI GIALDINO, Brevi note in tema di abuso del processo comunitario, in Rivista di diritto europeo, 1998, pp. 248 ss. SAGGIO, Le basi giuridiche della politica ambientale nell’ordinamento comunitario dopo l’entrata in vigore dell’Atto unico, in Rivista di diritto europeo, 1990, pp. 40 ss. SEVENSTER, The environmental guarantee after Amsterdam. Does the emperor have new clothes, in Yearbook of European Environmental Law, 2000, pp. 292 ss.

[75]  SHERIDAN, EU Biotecnology. Law and practice, Cambridge, 2001, pp. 5 ss. In particolare, Sheridan distingue tre generazioni di OGM. Alla prima appartengono i vegetali resistenti agli erbicidi (soia, mais), ormai ampiamente diffusi. Alla seconda generazione appartengono gli OGM non ancora autorizzati all’immissione in commercio, ma già ampiamente sperimentati. Al terzo gruppo fanno parte quelli prodotti chiamati di terza generazione, cioè ancora oggetto di ricerca scientifica ma già destinati a rivoluzionare l’industria vaccini o essere  in grado tramite l’evoluzione di ricerca scientifica ad essere destinati a rivoluzionare l’industria agro-alimentare nel prossimo avvenire.

[76]  GUILMIN, The biosafety Protocol is adopted in Montreal, in Environmental Policy and Law, 2000.

[77]  GRECO, La costituzione dell’ambiente, Bologna, 1996.

[78]  LING, US behind the collapse of Cartagena biosafety talks, in Third World Resurgence, 1999.

[79]  RUNGE, JACKSON, Labelling, trade and genetically modified organism. A proposed solution, in Journal of World Trade, 2000.

[80]  La formazione citata è stata elaborata e ripresa anche all’art. 22 par. 1 della Convenzione sulla diversità biologica.

[81]  Gli accordi svolti e i round organizzati dal GATT hanno cercato almeno, ad imis, di garantire un contrasto con il processo di liberalizzazione, l’abolizione delle barriere tariffarie, il divieto generale di restrizioni quantitative, la proibizione dell’utilizzo di divieti o restrizioni diversi dai dazi doganali tasse o altre imposizioni, attuati mediante contingenti, licenze di importazione o di esportazione, misure di altro tipo. Misure restrittive costituite da disposizioni normative emanate dagli Stati o da organismi privati indicano la composizione, le caratteristiche dei prodotti, nonché le procedure di controllo alle quali i prodotti debbono essere assoggettati. Un altro aspetto importante è stato quello delle pratiche di commercio sleale, le cosiddette unfair trade practices, di cui si occupano rispettivamente gli articoli VI (dazi antidumping e dazi compensativi) e sovvenzioni. Nel caso di dumping, che consiste nella vendita di un prodotto effettuato a pezzi più bassi sui mercati esteri rispetto a quello al quale il bene è venduto nel mercato interno, si prevedeva l’imposizione dei cosiddetti dazi antidumping, cioè un tipo di tassa accessoria il cui valore è pari al ribasso effettuato dal paese esportatore. L’art. XVI prevede il ricorso a strumenti compensativi per colmare il valore delle sovvenzioni (countervailing duty), consentendolo solo nel caso in cui le sovvenzioni causino o minacciano di causare un serio pregiudizio all’industria nazionale del Paese importatore. Del pari importante si presenta anche la fase relativa alla soluzione delle controversie che è stata significativamente innovata, cercando a ridurre mediante negoziati multilaterali sia i dazi doganali sia altre forme di ostacoli al libero commercio internazionale. Le novità sono relative anche per quanto riguarda il caso di nullification or impairment scaturito da un comportamento lecito dello Stato convenuto. In questo caso l’onere di una dettagliata motivazione del ricorso graverà sullo Stato ricorrente e le soluzioni proposte dal panel potranno includere forme di compensazione, escludendo in ogni caso l’obbligo di eliminare la misura contestata. Gli Stati membri debbono attenersi alla regola del substantially all trade, cioè alla prescrizione che i diritti di dogana e le altre regolamentazioni commerciali restrittive devono risultare eliminate per l’essenzialità degli scambi commerciali, proibendo quelle forme parziali o a particolari settori economici. In un’area di libero scambio come sono gli USA o l’UE debbono avere effetto i trade-creating e non i trade-diverting, cioè l’effetto dell’integrazione regionale non deve essere quello di spostare i flussi commerciali al suo interno diminuendo quelli con le altri Parti del mondo ma aumentando gli scambi commerciali con i paesi terzi. Cfr. ADINOLFI, La soluzione delle controversie nell’OMC ed il contenzioso euro-statunitense, in Venturini (a cura di), l’organizzazione Mondiale del Commercio, Milano, 2000. SACERDOTI, ALESSANRINI, Regionalismo economico e sistema globale degli scambi, Milano, 1994. DEMARET, BELLIS, JIMENEZ, Regionalism and multilateralism after the Uruguay round, Liège, 1997. AWUKU, How do the result of the Uruguay round affect the North South trade, in Journal of World Trade, 1994. TAXIL, L’OMC et les pays en dèveloppement, Paris, 1998. BEVIGLIA ZAMPETTI, Dall’accordo generale sulle tariffe ed il commercio all’Organizzazione Mondiale del Commercio, in Giardina, Tosato (a cura di), Diritto del commercio internazionale, Milano, 1996. VANDER SCHUEREN, New anti-dumping rules and practice. Wide discretion held on a tight leash?, in Common Market Law Review, 1996. VERMUSLT, DRIESSEN, New battle lines in the anti-dumping war. Recent movements on the European front, in Journal of World Trade, 1997. FEUER, L’Uruguay round, les pays en dèveloppement et le droit du dèveloppement, in Annuaire français de droit international, 1994, pp. 760 ss. VENTURA, L’esclusione dei dazi-dumping. Le norme della Comunità europea e degli Stati Uniti, in Diritto del Commercio Internazionale, 1993. WAER, VERMULST, EC anti-dumping law and practice after the Uruguay round, in Journal of World Trade, 1994, pp. 5 ss. YEBOAH, Regional economic integration and the GATT, in World Competition Law and Economic Review, 1993. COCUZZA, FORABOSCO, Il sistema di risoluzione delle controversie commerciali tra Stati dopo l’Uruguay round del GATT, in Diritto del commercio internazionale, 1996, pp. 140 ss. COTTIER, Dispute settlement in the World Trade Organization. Characteristics and structural implication for the EU, in Common Market Law Review, 1998, pp. 325 ss. KUIJOER, The conclusion and implementation of the Uruguay round results by the EC, in European Journal of International Law, 1995, pp. 224 ss. WUICK, I risultati dell’Uruguay round del GATT e l’istituzione dell’OMC, in La Comunità internazionale, 1994, pp. 675 ss.

[82]  Nonostante gli episodi affrontati all’unione di Seattle e quelle seguenti dobbiamo ancora mettere in luce che nell’ambito dell’OMC è stata presa la decisione a Marrakech per l’istituzione di un Comitato sul commercio e l’ambiente (CTE). Si tratta di un organo intergovernativo che è aperto alla partecipazione di tutti membri dell’organizzazione. Il CTE appare come un organo di discussione, un forum con poteri decisionali propri. I punti di discussioni si concentrano tra la liberalizzazione degli scambi e protezione dell’ambiente fino alla modificazione del multilateral trading system. Dallo sviluppo del livello tecnico e gli standard ambientali alla compatibilità degli eco-labelling schemes basati su un life cycle approach. Nella quarta Conferenza ministeriale tenutasi a Doha (Qatar) è stato proposto il compromesso per la protezione dell’ambiente e l’evoluzione delle previsioni commerciali contenute nei MEAs, la riduzione o eliminazione dei dazi doganali e la liberazione degli scambi contribuendo alla protezione ambientale un sistema assicurativo con molta prudenza e positività.

[83]  DOUMA, MATTHEE, Towards new EC. Rules on the release of genetically modified organism, in Review of European Community and International Environmental Law, 1999.

[84]  THIEFFRY, Le contentieux naissant des organismes gènètiquement modifiès. Prècaution et mesures de sauvegarde, in Revue trimestrelle de droit européen, 1999, pp. 82 ss.

[85]  JAMES, An economic analysis of food safety. Issues following the SPS agreement. Lessons from the hormones dispute, CIES Policy discussion paper, Adelaide, 2000.

[86]  PAVONI, Misure unilaterali di precauzione, prove scientifiche e autorizzazioni comunitarie al commercio di organismi geneticamente modificati. Riflessioni in margine al caso Greenpeace, in Diritto commerciale e scambi internazionali, 2000.

[87]  LIAKOPOULOS, The politics of United Nations in Asia Pacific region, ed. Aracne, Rome, 2004.

[88]  CHARNOVITZ, Triangulating the World Trade Organization, in American Journal of International Law, 2002, pp. 30 ss. DAVEY, Legal developments in the WTO, in Proceedings of annual meeting of ASIL, 1996, pp. 416 ss. PALMETER, MAVROIDIS, The WTO legal system. Sources of law, in American Journal of International Law, 1998, pp. 400 ss.

[89]  BESTAGNO, Le clausole di salvaguardia economica nel diritto internazionale, Milano, 1998. TEDESCHI, La riforma della clausola di salvaguardia del GATT, in La Comunità internazionale, 1994, pp. 60 ss.

[90]  LIAKOPOULOS, The politics of European Union in Asia pacific region, ed. Aracne, Rome, 2004.

[91]  VIRZO, Note sulle secessione tra Organizzazioni internazionali con particolare riferimento alla trasformazione del GATT nell’OMC, in La Comunità internazionale, 1999, pp. 300 ss. SASSOON, Il ruolo del GATT-WTO nel processo di globalizzazione, in Affari esteri, 1999. PALMIERI, L’Organizzazione mondiale del commercio e la diretta applicabilità delle norme GATT all’interno dell’Unione europea, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1996, pp. 650 ss. TESAURO, Rapporti fra la Comunità europea e l’OMC, in Rivista di diritto europeo, 1997, pp. 370 ss. EMILIOU, The allocation of competences between the EC and its member States in the sphere of external relations, in Emiliou, O’Keefee (eds.), The EU and world trade law after the GATT Uruguay round, Chichester J. Wiley & Sons, 1996, pp. 32 ss.

[92]  SCHOENBAUM, Free international trade and protection of the environment. Irreconcilable conflict?, in American Journal of International Law, 1992.

[93]  LANG, The WTO: Is it working?, in Proceedings of the American meeting of the ASIL, 1996, pp. 420 ss. LAVOREL, The World Trade Organization. Looking ahead, in Proceedings of the annual meeting of the ASIL, 1997, pp. 20 ss.

[94]  Il concetto di sviluppo sostenibile venne definito nel 1987 dalla Commissione Brundtland come: “uno sviluppo che incontra i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di incontrare i loro stessi bisogni”. Il discorso è che nessuno può conoscere i bisogni delle generazioni future; comunque, questo non significa che non dobbiamo o non esistono regole che possono prevenire la tutela dell’ambiente. L’articolo 15 della Dichiarazione di Rio recita: “ove si siano dubbi di rischio di danno grave e irreversibile di certezza scientifica non deve impedire che si adottino misure economicamente efficienti atti ad evitare il degrado ambientale”. Il punctum dolens delle previsioni e dei limiti previsti dagli ambientalisti, dagli scienziati lasciano una gerarchia di strumenti atti a valutare le decisioni politiche sul piano dei costi benefici. I criteri che definiscono il decision making ed i sistemi lobbisti, tanto nell’ambito comunitario che internazionale, si incontrano tra: a) il criterio di immediatezza, cioè un costo futuro vale meno di un costo presente, b) il criterio dell’incertezza, cioè i rischi che sono più certi devono avere la precedenza su rischi meno certi, c) il criterio del valore steso, tra rischi ugualmente certi, quello che minaccia di più può avere gravi conseguenze o danni materiali, d) il criterio dell’adattabilità, cioè disponibili tecnologie sufficienti a ridurre o invertire le conseguenze negative, il rischio deve essere scontato tenendolo presente, e) il criterio dell’irreversibilità, le conseguenze irreversibili devono ricevere un peso maggiore. Cfr. ADLER, More sorry than safe. Assessing the precautionary principle and the proposed international biosafety Protocol, in Texas International Law Journal, 2000. BATTAGLIA, Sul principio di precauzione, in Le Scienze, 2001. FRANCESCATO, PECORARO SCANIO, Il principio di precauzione, Milano, Jaca book, 2002. GOKLANY, The precautionary principle, Washington, DC. Cato Institute, 2001. MORRIS (a cura di), Sustainable development. Promoting progress or perpetuative poverty, London, profile books, 2002.

[95]  PALMENTER, Environment and trade. Much above about little?, in Journal of World Trade, 1993.

[96]  GRADONI, La protezione del consumatore nel diritto internazionale del commercio, in Commercio internazionale sostenibile? WTO e Unione europea, a cura di L. S. Rossi, op. cit., pp. 143 ss.

 

Data di pubblicazione: 10 novembre 2006.