Costituzione e revisione costituzionale.
Annotazioni in margine alle modifiche della Parte II della Costituzione.
Gabriella Cangelosi*
Indice
3.
La rigidità delle Costituzioni moderne e la revisione costituzionale
3.1 Alcune
riflessioni sullo studio della revisione costituzionale nell’esperienza
italiana
4.
I caratteri del procedimento di revisione costituzionale.
5.
La riforma della Parte II della Costituzione italiana: il quadro generale dei
contenuti proposti
Tabella 1.b “Le tappe del
Disegno di Legge Costituzionale”
Abstract
L’analisi sull’attuale momento di iniziative di
revisione costituzionale va condotta in modo tale da stimolare attente
riflessioni sui fondamenti delle proposte e sulla loro coerenza con
l’ordinamento repubblicano italiano, soprattutto in funzione della sua
organizzazione, senza la quale esso stesso non avrebbe ragione di esistere.
Ogni modifica della Costituzione va fondata su
un’elevata consapevolezza, che tuttavia non sembra sempre essere stata compresa
e condivisa da governanti e governati nel corso della storia della Repubblica.
Con il Testo
di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta,
ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante: «Modifiche
alla Parte II della Costituzione» (pubblicato il 18 novembre 2005 sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269) continuano ad avvicendarsi gli
accesi dibattiti sulla riforma istituzionale.
Il provvedimento è finalizzato a riformare
l’Ordinamento della Repubblica, da qui l’assunto secondo il quale la predetta
revisione costituzionale rappresenterebbe la causa e, al tempo stesso, lo
strumento diretto attraverso cui porre in essere una profonda rivoluzione
costituzionale.
Questa fase storica rientra nei corsi e ricorsi del
diritto costituzionale italiano, scanditi dai diversi assetti
politico-istituzionali, a loro volta influenzati dai variegati processi di
cambiamento strutturale dell’ordinamento italiano.
Nel presente intervento le sommarie indicazioni
sono condotte attraverso l’uso di un approccio logico-strutturale, orientato
alla ricerca del ruolo deterministico
e relativizzante del potere di
revisione costituzionale.
Di fronte all’esigenza di stabilire principi di carattere
unitario come strumento di indirizzo per l’adozione di consapevolezza relativa
a questioni di riforma costituzionale, si vuole, da un lato, invitare alla
riflessione mettendo a confronto il testo e la storia della Costituzione
repubblicana con la legge costituzionale di modifica; dall’altro, si vuol
cercare un incontro con i cittadini, cioè i principali interessati all’assetto
istituzionale, che del dibattito sono e ne potranno essere protagonisti
inconsapevoli.
La configurazione di un’articolata fase transitoria rappresenta il
passaggio obbligato e, nello stesso tempo, lo sfondo principale di una
complessa prospettiva di revisione costituzionale, proprio alla luce della
previsione contenuta nel testo di legge costituzionale sulle “Modifiche alla
Parte II della Costituzione”[1]
che va a disciplinare l’Ordinamento della Repubblica.
Dopo aver superato la prima deliberazione, il testo della legge
costituzionale è stato nuovamente approvato dalla Camera dei deputati, in seconda
votazione, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, nella seduta del 20
ottobre 2005, e dal Senato della Repubblica, in seconda votazione, con la
maggioranza assoluta dei suoi componenti, nella seduta del 16 novembre 2005,
con 170 voti favorevoli, 132 contrari e 3 astenuti.
In tali circostanze, la procedura di revisione costituzionale prevede
che, entro tre mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo, un
quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque Consigli
regionali possano domandare che si proceda al referendum popolare.
Alla Corte di Cassazione, infatti, quindici regioni hanno depositato la
richiesta di referendum sulla legge costituzionale recante “Modifiche alla
Parte II della Costituzione”.
Per il 21 febbraio del 2006 è prevista la riunione dell’ufficio centrale
per i referendum, durante la quale si saprà se le richieste delle regioni[2]
sono state accolte.
È la prima volta che i consigli regionali, così come prevede la legge,
si fanno soggetti promotori di un’iniziativa del genere.
Il presente lavoro, mediante l’uso di un approccio logico-strutturale,
orientato alla ricerca del ruolo deterministico
e relativizzante del potere di
revisione costituzionale, vuole riprendere le fila dell’attuale dibattito
istituzionale.
Da qui, dopo un breve cenno sulla storicità
e sulla dinamicità del diritto costituzionale italiano e sulla rigidità della
“Lex fundamentalis” del nostro ordinamento giuridico, a far chiarezza circa il
ruolo del potere di revisione costituzionale è proprio l’art. 138 della
Costituzione, la cui disciplina consente di modificare, estendere o ridurre il
testo della carta costituzionale attraverso una procedura articolata e
complessa con lo scopo di garantire e proteggere l’ordinamento democratico.
Nel volgere degli anni, però, il sistema politico italiano ha subito
profondi cambiamenti, che toccano gli aspetti salienti del nostro sistema
democratico, modificando parte delle relative caratteristiche tradizionali, da
un lato nel tentativo a volte di eliminare le inefficienze della macchina
statale piuttosto che di aumentare il potere decisionale del governo, e
dall’altro cercando di renderlo più responsabile di fronte ai cittadini.
L’analisi prosegue prendendo in considerazione, nello specifico, le
novità previste dalla legge costituzionale di modifica alla Parte II della
Costituzione, quali esplicito intervento sul testo costituzionale reso
disponibile dalla maggioranza politica.
La metodica impiegata vuole costituire un percorso di ragionamento coerente
e propulsivo al fine di costruire un graduale orientamento di comprensione del
nuovo assetto istituzionale.
2. Caratteri generali e dinamicità del diritto costituzionale:
fondamenti del diritto e delle regole istituzionali
La disciplina del diritto costituzionale costituisce una branca del
diritto pubblico che risulta costituito dall’insieme di regole che disciplinano
il fondamento dell’esercizio del potere all’interno dello Stato in vista del
conseguimento di finalità di interesse generale.
Al centro del sistema di norme che costituiscono il diritto pubblico vi
è il nucleo essenziale dei principi attorno al quale ruota il rapporto
Stato-individuo. Un rapporto in continua evoluzione, profondamente trasformato
dalla nascita delle costituzioni moderne e conseguentemente coadiuvato, dal
punto di vista sistematico e scientifico, dalla disciplina del diritto
costituzionale.
Tale disciplina, evidentemente caratterizzata dal termine
“costituzione”, comprende le norme istituzionali fondamentali che esprimono i
valori intorno a cui il gruppo sociale “Stato” si è costituito e, allo stesso
modo, le connesse norme organizzative volte ad assicurare la tutela ed il
conseguimento di tali valori.
La comprensione delle competenze materiali del diritto costituzionale e
dei suoi confini all’interno del diritto pubblico risulta agevole considerando
che, in primo luogo, tale disciplina nasce sia politicamente che storicamente
con l’avvento delle costituzioni moderne e, in secondo luogo, che il suo contenuto
è strettamente connesso all’affermarsi di una concezione di costituzione come
limite al potere. La connessione con il problema del potere politico e con le
trasformazioni strutturali che questo impone alla società civile, e viceversa,
comporta una certa dinamicità al diritto costituzionale e, sotto certi profili,
una continua evoluzione.
Il diritto costituzionale serve a sistemare in un quadro teorico
coerente il complesso dei rapporti e delle vicende che caratterizzano lo Stato
moderno, e che ne condizionano gli equilibri interni. Lo studio di tale
disciplina presuppone un costante interessamento per gli eventi, le esperienze
e le trasformazioni politico-sociali in atto.
L’esperienza che rientra nella sfera della scienza costituzionale è
quella che scaturisce dalla Carta costituzionale, dalle leggi, dalle sentenze e
dagli atti e dai comportamenti degli organi costituzionali e delle parti
politiche.
Viene definito “Costituzione” il documento che generalmente raccoglie le
più importanti norme che un gruppo sociale organizzato si è dato in un dato
momento storico.
La nozione di Costituzione preesiste alla nascita del costituzionalismo,
vale a dire alla codificazione in appositi documenti solennemente approvati,
dei principi caratterizzanti la forma di stato e il regime politico di un
determinato paese.
È proprio nel Medio Evo che tale nozione comincia ad essere collegata
all’esistenza di apposite Carte consistenti in genere, nella devoluzione, da
parte del potere regio, di privilegi, di sicurezze e di diritti, secondo i
principi propri dello Stato
patrimoniale.
Un esempio significativo è dato dalla Magna Charta Libertatum (concessa il 15 giugno 1215 dal re Giovanni
Senza terra), documento scritto ricollegato idealmente ad altri due
fondamentali documenti costituzionali l’Habeas
Corpus del 1679 (che tutelava alcune fondamentali garanzie individuali) e
il Bill of Rights del 1689 (che
conteneva limitazioni alle prerogative regie e stabiliva il trasferimento di
significativi poteri decisionali dalla Corona al Parlamento).
Il diritto costituzionale ha una sua storicità ed è necessariamente
implicato con temi di teoria generale del diritto, quali quelli concernenti il
rapporto tra società e diritto, e con la dottrina formale del diritto.
Il fenomeno giuridico si ritrova là dove si ha un fatto razionale di
composizione di interessi ed una o più regole che stabilizzano nel tempo
siffatta composizione[3].
La ragione di tale affermazione è rintracciabile nell’antica massima
giuridica latina ubi societas ibi ius.
Gli elementi che imprimono il carattere della giuridicità ad ogni
consociazione umana sono, da un lato, il principio ordinatore, posto a
fondamento di ogni gruppo sociale, che si esprime nel vincolo associativo e,
dall’altro, il complesso di regole che ne costituisce l’organizzazione[4].
Da qui ne deriva che il fenomeno giuridico è connaturato al fenomeno
associativo e viceversa.
Le regole istituzionali, in quanto espressione del principio ordinatore
della società, sono strettamente collegate ai valori propri del gruppo sociale
al quale fanno riferimento.
Il diritto, per essere tale, si rende espressione, prodotto, vita stessa
di una determinata comunità sociale in un dato momento storico.
È sul piano degli interessi, delle esigenze, dei valori, degli obiettivi
e delle strutture sociali che si potrà rinvenire la sua formazione; ed è
partendo da questo piano che sarà possibile costruire una valida esperienza
giuridica[5].
Ogni gruppo sociale si pone un fine fondamentale da raggiungere che
costituisce la ragione stessa della sua esistenza e si dà un’organizzazione
volta al suo raggiungimento. In tal senso anche lo Stato, visto come gruppo
sociale organizzato, ha una sua costituzione, cioè un suo assetto fondamentale.
Per Santi Romano il diritto
costituisce la struttura delle forze sociali e non il prodotto (al contrario Maurice Hauriou, l’altro caposcuola
dell’istituzionalismo, sostiene che
il diritto sia il prodotto delle forze sociali).
Il diritto nasce con il nascere della società, ma è vero anche il
contrario, ubi ius ibi societas, che
la società nasce con il nascere del diritto.
Tra società e diritto si crea, pertanto, un rapporto di reciproca
interdipendenza, e non di semplice gerarchia, né quella frattura logica
architrave del normativismo
kelseniano, per cui, da un lato, ci sarebbe il mondo delle norme e, dall’altro,
quello dei fatti. Diversamente dalle teorie di Hans Kelsen, secondo Santi Romano
il diritto non è solo “norma”, ma anche organizzazione e struttura.
L’ordinamento giuridico, ancor prima di essere un insieme di norme,
rappresenta l’ordine sociale ed è manifestazione vivente delle forze, degli
interessi e dei bisogni che compongono qualsiasi società in quanto tale.
Il diritto è composto sì di norme (normativismo),
ma le norme non sono delle semplici regole logicamente indipendenti rispetto
alla società che intendono regolare, essendo anch’esse fatti, seppur “sociali”
(istituzionalismo).
A queste teorie si aggiunge la recente riscoperta dell’istituzionalismo, in altre parole del
lavoro di Romano e di Hauriou: il neo-istituzionalismo.
L’istituzionalismo sembra
poter fornire utili categorie per considerare il diritto fuori dall’orizzonte
concettuale dettato da quella sovranità statale oramai irrimediabilmente in
crisi.
Un altro approccio, da parte di tali correnti della scienza giuridica, è
stato quello di ricondurre il fondamento del diritto non solo ad un momento
formale di esso, piuttosto ad un momento prevalentemente organizzativo,
connesso alla stessa attività della società che, nel suo svolgersi, crea atti,
procedimenti e situazioni che si mostrano rilevanti per il diritto stesso.
Le teorie istituzionaliste del
diritto sono caratterizzate a vario titolo dalla ricerca del come si manifesta
e si sviluppa il fenomeno giuridico, dall’analisi delle strutture giuridiche
legate alle forme di socialità.
In estrema sintesi il fenomeno giuridico è un fenomeno sociale, nel
senso che esso è connaturato alla società umana e, nello stesso tempo, ne
costituisce e ne perpetua l’esistenza.
La presenza di differenti gruppi sociali e, da qui, l’esistenza di una
pluralità di ordinamenti giuridici, rende necessario un intervento di
armonizzazione formale e materiale al fine di assicurare un ordinato
svolgimento della vita sociale.
La posizione di supremazia del gruppo sociale organizzato a Stato trova
la sua principale espressione nella preminenza riconosciuta agli interessi
generali rispetto agli interessi settoriali, individuali o territorialmente
delimitati.
Tali tipi di interessi, infatti, sono riconosciuti e tutelati in quanto
non si pongano in contrasto con l’interesse generale e sono assunti come
strumento per il miglior soddisfacimento dell’interesse generale[6].
Quando si definisce il diritto, in genere, la filosofia e la teoria
generale, insieme con la storia e la comparazione del diritto, individuano la
sua relatività rispetto alle epoche, alle radici, alle mentalità, al modo di
ragionare e alla struttura politica e giudiziaria di un Paese.
In tal senso il legame nazione-costituzione sta a significare che,
perché si possa parlare di costituzione, è necessaria una precedente unità
politica, della quale molto spesso la costituzione è forma, ma della quale non
è causa. Se si presuppone questo legame, inevitabilmente si utilizza quello che
Schmitt definisce il “concetto positivo
di costituzione”, ovvero la costituzione come atto che contiene la decisione
fondamentale sulla specie e sulla forma dell’unità politica.
Il concetto antico di costituzione, che descrive l’assetto politico
istituzionale di una certa comunità, infatti, presupponeva un certo indirizzo
politico fondamentale (la costituzione di Lucio
Cornelio Silla) [7].
La modifica di tale assetto politico istituzionale è reso possibile
attraverso l’esercizio di poteri di fatto volti all’instaurazione di un nuovo
ordinamento costituzionale che si traduce in “potere costituente”.
L’espressione “pouvoir constituant”
viene utilizzata nel 1789 con la rivoluzione francese, i cui protagonisti
volevano eliminare il precedente assetto di potere che andava sotto il nome
della Costituzione di Francia, nella quale vi erano anche delle Leggi
fondamentali "prescrittive", (tuttavia da tempo disapplicate dal
sovrano), in sostituzione con una nuova Costituzione scritta e prescrittiva.
Secondo Pace la locuzione
"potere costituente" costituisce soltanto una "cifra" per
designare le vicende storiche e politiche che portano -o potrebbero portare-
alla modifica di un dato assetto costituzionale[8].
Il concetto di potere costituente è storicamente relativo ed è proprio
degli ordinamenti moderni.
Le democrazie antiche, ad esempio quella ateniese, muovono dall’idea di
un diritto tradizionale, fondato su valori che trascendono le vicende storiche
ed attingono un livello religioso. Tali democrazie prevedono a limite la
medesima abrogabilità delle leggi[9],
poiché avvertono come traumatico il principio di maggioranza, in quanto visto
come frutto del sofistico dominio dell’opinione e, tuttavia, non pervengono
all’idea di costituzione scritta o di costituzione rigida.
Il pensiero antico individua elementi fondamentali nel sistema di
governo e, quindi, anche nel concetto di costituzione. Esso non esclude la
possibilità di riforme in queste strutture, giustificate da ragioni di utilità,
ma solo a fatica ed in epoca matura perviene a concepire l’abrogazione in
termini moderni e, dunque, difficilmente può esser decifrato con le nostre
chiavi di lettura.
Considerando che l’assetto fondamentale di uno Stato, la sua
Costituzione, è il frutto dell’ideologia dominante in un determinato momento
storico e del modo in cui, di conseguenza, sono venuti a comporsi i rapporti
tra le varie parti della società statale, ne emerge che non esiste un concetto
ideale di Costituzione, bensì un concetto che, volta a volta, deve essere
determinato storicamente.
Ciò posto, è pur tuttavia possibile isolare, in determinate epoche
storiche, un concetto di Costituzione che sia valido per più Stati, fra loro
accomunati dalla medesima ideologia.
Spesso, infatti, si suole ricondurre gruppi di Costituzioni a filoni
ideologici. Può tuttavia accadere che nel corso del tempo l’assetto
fondamentale dello Stato si modifichi, in tutto o in parte in seguito al mutare
sia dei rapporti di forza tra le parti sociali, sia dell’ideologia dominante.
Il testo costituzionale dispone di una variante specifica, legata alla
storia e alla cultura di un certo popolo, ma subisce l’intervento
interpretativo, il quale va oltre i testi scritti e recepisce i valori delle
società che esprimono il diritto vivente, con una sorta di rapporto circolare
mai interrotto, in un contesto dove operano forze reali contrastanti.
La specificità dell’interpretazione costituzionale consiste nel fatto
che
Tali problemi specifici del diritto costituzionale nascono non dal testo
costituzionale, ma dai diversi modi di concepire la Costituzione[10].
3. La
rigidità delle Costituzioni moderne e la revisione costituzionale
Concettualmente la rigidità delle costituzioni moderne (scritte e
prescrittive) risulta, da un punto di vista formale, dalla superiorità con la
quale esse si pongono nei confronti di
tutti gli altri atti giuridici (normativi o meno) che compongono
l’ordinamento giuridico di riferimento.
Conseguentemente esse sono immodificabili, eccetto che la costituzione
stessa non preveda le modalità del suo cambiamento.
Dal punto di vista sostanziale, la superiorità di esse deriva, invece,
dalle scelte politiche fondamentali, in esse statuite, nella misura in cui tali
scelte esprimano valori generalmente condivisi o che siano suscettibili di
essere condivisi.
In tale contesto la revisione costituzionale viene intesa come funzione
poiché essa identifica un potere disciplinato dal diritto costituzionale.
Il rapporto tra la Costituzione e il procedimento di revisione
costituzionale è peculiare.
Come sottolineato da Tocqueville
(con riferimento alle Carte francesi del 1814 e del 1830) e come sostenuto da Peverelli, Casanova (con riferimento allo Statuto Albertino), il potere di
revisione costituzionale serve per evitare la fragilità politica delle
costituzioni scritte che, non prevedendo un procedimento speciale di revisione,
sarebbero a rigore, da un punto di vista giu-ridico, assolutamente
immodificabili. Tale revisione costituzionale costituisce una garanzia per la
relativa stabilità delle regole della Costituzione scritta e, allo stesso
tempo, consente di rispettare il principio che ogni generazione deve essere in
grado di affrontare tutte le decisioni richieste dalle circostanze del suo
tempo[11].
Uno dei tratti essenziali della Costituzione della Repubblica italiana,
che la qualifica nella sua attualità e modernità, è la sua natura dinamica, la
sua profonda consapevolezza della dialettica fatto-diritto e, quindi, su un
piano più generale, della storia. Una storia fatta dagli uomini che dapprima “sentono senz’avvertire, dappoi avvertiscono
con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura”(Giambattista Vico) e che viene, dunque,
scandita da un alternarsi di periodi e di momenti rappresentativi che hanno una
loro ciclicità sentita e ragionata (fatti) e, nello stesso tempo, consentita
(diritto).
Particolarmente esplicita è tale consapevolezza alla luce di quanto
sancito nella Parte II della Costituzione (nello specifico, Titolo VI, “Garanzie costituzionali”, Sez.
II, “Revisione della Costituzione.
Leggi costituzionali”), là dove viene prevista la possibilità di
rivedere il testo costituzionale attraverso una procedura complessa (diritto)
volta a consentire al potere costituito di rendersi in parte potere costituente
allorché si renda necessario adeguare la norma fondamentale al mutato contesto
storico (fatto).
Lo studio della revisione costituzionale nell’esperienza italiana è
stato più volte affrontato seguendo dei percorsi di analisi specifici. Secondo
un recente contributo è possibile ricondurre la problematica riguardante la
revisione costituzionale in Italia attraverso l’analisi di tre prospettive
principali. La prima delle quali ha come oggetto di studio l’esame del concetto
di revisione costituzionale attraverso il confronto tra la riflessione sulla
legislazione costituzionale in quanto “funzione” e il fenomeno dell’espansione
della stessa in quanto “sequenza di atti”.
La seconda prospettiva riguarda il rapporto tra le diverse impostazioni
dottrinali sull’argomento e la prassi costituzionale, per verificare come
quest’ultima abbia smentito o meno le posizioni degli studiosi; la terza,
infine, considera le conclusioni che si possono trarre sulla base degli spunti
proposti[12].
Il concetto di “revisione costituzionale” non esaurisce il tema delle
modifiche costituzionali e, nello stesso tempo, risulta complesso in quanto è
problematico determinare se la revisione possa riguardare anche la
modificabilità della costituzione materiale. Caso tipico è stato quello
riguardante la modifica del sistema proporzionale in tema di legislazione
elettorale (1993). La dottrina prevalente riteneva che il principio
proporzionale fosse un principio cardine e identificante della forma di stato e
di governo italiana e che si trattasse, dunque, di un principio costituzionale
nonostante l’assenza di espressa menzione nella carta costituzionale.
Il procedimento di revisione costituzionale riguarda, quindi, un aspetto
parziale delle modifiche, delle estensioni o delle riduzioni costituzionali.
Esso postula la riconoscibilità di un nucleo essenziale della costituzione. Da
qui ne conseguono le diverse posizioni assunte dagli studiosi della materia.
In Italia non è mai attecchita la cultura della manutenzione della
costituzione, in quanto è molto più pronunciata l’idea secondo la quale il
testo costituzionale debba formare oggetto di un continuo processo di
aggiornamento, rivolto ad adeguarne la disciplina alle esigenze che, di volta
in volta, affiorano. Nelle prime 12 legislature (1948-1996), infatti, si sono
contate solo sette novelle costituzionali.
Tenendo presente il semplice dato numerico della produzione delle leggi
costituzionali (34 leggi costituzionali fino al 2003 approvate comprese quelle in
Assemblea Costituente[13])
si conferma la complessità del tema in discussione.
Intorno al 1985 è incominciata ad affermarsi una concezione
significativa della revisione costituzionale, poiché vengono privilegiate le
riforme palingenetiche. Da qui il motto “grande riforma o niente”.
Questa propensione è testimoniata, ad esempio, dai lavori delle
Commissioni bicamerali che si sono avvicendate negli ultimi decenni (la
Commissione Bozzi del 1985, la Commissione De Mita-Iotti del 1993, la
Commissione D’Alema del 1997).
Non ultima la testimonianza della legge costituzionale n. 3/2001 (avente
ad oggetto la riforma del Titolo V della Costituzione) e quella del disegno di
legge costituzionale sulle “Modifiche alla Parte II della Costituzione”.
Sulla base dei meri dati numerici, è bene interrogarsi su quali siano le
motivazioni storico-politiche che giustificano le numerose revisioni
costituzionali. Parte della dottrina, infatti, ha segnalato come queste ultime
abbiano alla loro base sempre cause endogene. Volendo cercare di trovare altre
motivazioni che hanno prodotto revisioni costituzionali, secondo un’altra parte
della dottrina, si deve anche ricordare come queste ultime possano trarre
origine anche da cause concrete o comunque da vicende che hanno messo in relazione
tra loro i diversi organi costituzionali dello Stato, si pensi, ad esempio,
alla revisione indotta dal clima giudiziario di tangentopoli.
Anno di
riferimento |
Legge
Costituzionale o di revisione della Costituzione |
1948 |
Legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie
d’indipendenza della Corte costituzionale |
Legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2 Conversione in legge costituzionale dello Statuto della Regione
siciliana |
|
Legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3 Statuto speciale per la Sardegna |
|
Legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 Statuto speciale per la Valle d’Aosta |
|
Legge cost. 26 febbraio 1948, n. 5 Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige |
|
1953 |
Legge cost. 11 marzo 1953, n. 1 Norme integrative della Costituzione concernenti la Corte
costituzionale |
1958 |
Legge cost. 18 marzo 1958, n. 1 Scadenza del termine di cui alla XI delle « Disposizioni transitorie e
finali» della Costituzione |
1961 |
Legge cost. 9 marzo 1961, n. 1 Assegnazione di tre senatori ai comuni di Trieste, Duino Aurisina,
Monrupino, Muggia, San Dorligo della Valle e Sgonico |
1963 |
Legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1 Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia |
Legge cost. 9 febbraio 1963, n. 2 Modificazione agli artt. 56, 57 e 60 della Costituzione |
|
Legge cost. 27 dicembre 1963, n. 3 Modificazione agli artt. 131 e 57 della Costituzione e istituzione
della Regione «Molise» |
|
1967 |
Legge cost. 21 giugno 1967, n. 1 Estradizione per i delitti di genocidio |
Legge cost. 22 novembre 1967, n. 2 Modificazione dell’art. 135 della Costituzione e disposizioni sulla
Corte costituzionale |
|
1971 |
Legge cost. 10 novembre 1971, n. 1 Modificazioni e integrazioni dello Statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige |
1972 |
Legge cost. 23 febbraio 1972, n. 1 Modifica al termine stabilito per la durata in carica dell’Assemblea
regionale siciliana e dei Consigli regionali della Sardegna, della Valle
d’Aosta, del Trentino-Alto Adige, del Friuli-Venezia Giulia |
D.P.R. 31 agosto 1972, n.
670 Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige |
|
1986 |
Legge cost. 9 maggio 1986, n. 1 Modifica dell’articolo 16 dello statuto speciale per la Sardegna, approvato
con la legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3, concernente la definizione del
numero dei consiglieri regionali |
1989 |
Legge cost. 16 gennaio 1989, n. 1 Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della
legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti
per i reati di cui all’articolo 96 della Costituzione |
Legge cost. 3 aprile 1989, n. 2 Indizione di un referendum di indirizzo sul conferimento di un mandato
costituente al Parlamento europeo che sarà eletto nel 1989 |
|
Legge cost. 12 aprile 1989, n. 3 Modifiche ed integrazioni alla legge costituzionale 23 febbraio 1972,
n. 1, concernente la durata in carica dell’assemblea regionale siciliana e
dei consigli regionali della Sardegna, della Valle d’Aosta, del Trentino-Alto
Adige e del Friuli-Venezia Giulia. Modifica allo statuto speciale per la
Valle d’Aosta |
|
1991 |
Legge cost. 4 novembre 1991, n. 1 Modifica dell’articolo 88, secondo comma, della Costituzione |
1992 |
Legge cost. 6 marzo 1992, n. 1 Revisione dell’articolo 79 della Costituzione in materia di
concessione di amnistia e indulto |
1993 |
Legge cost. 6 agosto 1993, n. 1 Funzioni della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali e
disciplina del procedimento di revisione costituzionale |
Legge cost. 23 settembre 1993, n. 2 Modifiche ed integrazioni agli statuti speciali per la Valle d’Aosta,
per la Sardegna, per il Friuli-Venezia Giulia e per il Trentino-Alto Adige |
|
Legge cost. 29 ottobre 1993, n. 3 Modifica dell’articolo 68 della Costituzione |
|
1997 |
Legge cost. 24 gennaio 1997, n. 1 Istituzione di una Commissione parlamentare per le riforme
costituzionali |
1999 |
Legge cost. 22 novembre 1999, n. 1 Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della
Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni |
Legge cost. 23 novembre 1999, n. 2 Inserimento dei princìpi del giusto processo nell’articolo 111 della
Costituzione |
|
2000 |
Legge cost. 17 gennaio 2000, n. 1 Modifica all’articolo 48 della Costituzione concernente l’istituzione
della circoscrizione Estero per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini
italiani residenti all’estero |
2001 |
Legge cost. 23 gennaio 2001, n. 1 Modifiche agli articoli 56 e 57 della Costituzione concernenti il numero
dei deputati e senatori in rappresentanza degli italiani all’estero |
Legge cost. 31 gennaio 2001, n. 2 Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei presidenti delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano |
|
Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione |
|
2002 |
Legge cost. 23 ottobre 2002, n. 1 Cessazione degli effetti dei commi primo e secondo della XIII disposizione
transitoria e finale della Costituzione |
2003 |
Legge costituzionale 30 maggio 2003 n. 1 Modifica dell’articolo 51 della Costituzione |
4. I caratteri del procedimento di revisione
costituzionale
Una delle
caratteristiche della Costituzione italiana è la sua rigidità. La necessità di
tale peculiarità nasce non solo dal fatto che si vuole tutelare la vita del
paese dall’arbitrio di improvvise modifiche, ma soprattutto in quanto si vuole
sottolineare che esistono istanze ed
esigenze di libertà e di giustizia che neppure una Costituzione può violare; ed
altre ne esistono, nell’edificio costituzionale, che non debbono essere violate
dalle leggi, ma possono essere modificate
soltanto da un’espressione particolare di volontà, mediante un processo
revisionale di revisione”[14].
I membri
dell’Assemblea costituente, infatti, avevano vissuto l’esperienza del regime
fascista ed avevano assistito allo svuotamento delle norme poste a tutela delle
libertà fondamentali dei cittadini, previste dallo Statuto Albertino, e alla
loro sostituzione con leggi ordinarie autoritarie e antidemocratiche. Per il
timore che si potesse ripresentare una simile esperienza i Costituenti
adottarono un diverso tipo di Costituzione non più flessibile, ma rigida.
In tal modo
si affermò la supremazia della Costituzione su tutte le altre leggi e si sancì
la sua immodificabilità con il
procedimento di approvazione ordinario. Tuttavia si è considerato che negli
anni a venire si potevano rivelare necessari dei cambiamenti, così l’Assemblea
costituente ha previsto il complesso procedimento di revisione costituzionale
descritto nell’articolo 138 della Costituzione.
Tale dettato
costituzionale prevede una procedura articolata, c.d. procedimento aggravato,
per poter modificare, estendere o ridurre il testo della Costituzione.
Il sistema
descritto dall’articolo
Per
modificare la Costituzione, infatti, è prevista una procedura complessa nel
quale si obbliga il Parlamento raddoppiamento dell’iter di approvazione del
progetto attraverso alla doppia lettura (doppio passaggio alla Camera e al
Senato) con successive deliberazioni. Nella seconda lettura l’approvazione
delle camere deve essere definita da una maggioranza assoluta dei componenti di
ciascuna camera, rendendo così la carta disponibile dalla maggioranza politica.
È prevista
la possibilità dell’indizione di un referendum popolare confermativo a seguito
della richiesta di un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila
elettori o cinque Consigli regionali.
Articolo 138 - “Le leggi di revisione della Costituzione e
le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due
successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate
a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda
votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro
tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di
una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge
sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza
dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata
nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei
suoi componenti”.
In merito a
tale questione derivano due dibattiti. Il primo esamina la qualificazione del
referendum, per cui secondo alcuni si tratta di un referendum oppositivo,
secondo altri di una consultazione a carattere confermativo.
A questi se
ne aggiungono altri che, sulla base di questa dicotomia, hanno mosso una
critica alle leggi istitutive delle Commissioni bicamerali, sostenendo che,
avendo queste due leggi previsto un referendum obbligatorio, a differenza di
quanto previsto nell’art. 138, ne avrebbero cambiato la natura.
Secondo Di Giovine, in questo caso la prassi, anche se sulla base di un solo caso concreto,
ha dato ragione a chi diffidava di ogni aggettivazione ritenendo per ciò stesso
il referendum a forma aperta, attivabile cioè da chiunque vi abbia interesse.
In genere la
presenza di tale referendum rappresenta anche l’occasione per indagare
sull’idoneità della procedura prevista dall’art. 138 Cost. ad approvare riforme
di vasta portata o per rispondere alla domanda sul se, invece, tale procedura
sia stata pensata solo per riforme puntuali ed omogenee.
Una tesi che
afferma l’impraticabilità di grandi riforme ex art. 138 Cost. basa la sua
analisi sull’esame della funzione dell’eventuale referendum.
Va anche
segnalato come la legge cost. n. 3/2001 abbia dato dimostrazione del fatto che
la procedura ex art. 138 vada vista come un meccanismo idoneo ad approvare non
solo le riforme puntuali, ma anche quelle più generali.
Ritornando
al testo dell’articolo 138 della costituzione, comma 1, sotto il profilo
pratico-statistico, è possibile discriminare tre distinte strade: la
maggioranza di due terzi senza referendum,
la maggioranza assoluta, inferiore ai due terzi, senza referendum,
oppure la maggioranza assoluta, inferiore ai due terzi, con referendum[15].
Da una breve
raccolta di dati relativi ai percorsi adottati negli ultimi anni, quello più
utilizzato è risultato il percorso della maggioranza di due terzi senza referendum.
Lo studio di
tali dati è stato poi condotto anche dalla dottrina analizzando e studiando i
predetti percorsi alla luce di due diverse interpretazioni: la prima delle
quali considera gli stessi dotati di una differente rigidità, mentre la seconda
ritiene che siano effettivamente tre procedure distinte, ma con un livello di
rigidità equivalente.
È opinione diffusa che, nel seguire la logica della previsione di tre
procedimenti differenti, l’intenzione del Costituente è tale da riflettere una
ragionevole volontà di equilibrio tra continuità e cambiamento del testo
costituzionale.
Tale previsione potrebbe assicurare un certo grado di consenso sia in
chiave innovativa che conservativa del testo costituzionale.
In tal senso, il Costituente ha ritenuto che il consenso minimo
necessario per confermare il cambiamento costituzionale sia quello emergente
da:
o
la volontà della “maggioranza qualificata” raggiunta in sede
parlamentare;
o
la volontà della “maggioranza assoluta” raggiunta nella stessa sede,
solo se sostenuta dai soggetti titolari del potere di attivare il referendum o dal corpo
elettorale chiamato alle urne in seguito alla richiesta di uno di quei
soggetti;
o
la volontà contraria al testo di riforma della maggioranza assoluta dei
componenti una delle due Camere o di una minoranza di una delle due Camere
superiore ad un terzo, solo se avallata almeno da uno dei soggetti titolari del
potere di richiedere il referendum che effettivamente lo attivi e dal
corpo elettorale, anche in misura modesta, chiamato alle urne in seguito
all’avvenuta attivazione.
Secondo Di Giovine il senso
politico-istituzionale della revisione fa sì che non si possa parlare di
gerarchia tra i percorsi previsti dall’art. 138, né per quanto attiene alla
legittimazione, né per ciò che concerne la rigidità.
Sul livello di rigidità si è espressa la dottrina (Pace), secondo cui uno dei
principi fondamentali del nostro ordinamento prevede che nessuna legge di
revisione possa intaccare tale livello stabilito dall’art. 138.
Tale impostazioni dottrinale sembra essere smentita dalla prassi, a
riprova di ciò sarebbe la revisione del Titolo V, che ha dato vita al
cosiddetto regionalismo differenziato
che rappresenta il frutto di un negoziato tra Stato e regioni, attenuando, per
determinate materie, il livello di rigidità della Costituzione.
In conclusione, il potere costituente non è un potere solo di tipo
quantitativo, ma qualitativo e, con un approccio giuridico-comparatistico, è
possibile affermare che può esservi una revisione completa senza che per questo
debba essere utilizzato il potere costituente[16],
essendo appunto sufficiente quello di revisione.
A tali osservazioni si devono tenere presenti altri e più importanti
fattori quali ad esempio quelli connessi al problema del revisionismo storico e
costituzionale e dell’evoluzione del sistema politico in modo tale da capire
correttamente i problemi legati alla revisione costituzionale in Italia.
5. La riforma della Parte II della Costituzione
italiana:
il quadro generale dei contenuti proposti
Approvata in via definitiva a maggioranza assoluta il 16 novembre 2005,
la riforma della Parte II della Costituzione per entrare in vigore dovrà essere
confermata dai cittadini con un referendum costituzionale.
Tale riforma modifica o
sostituisce interamente 53 degli 85 articoli della II parte della
Costituzione e rappresenta la più ampia
riforma della Carta costituzionale realizzata in Italia dal 1948[17].
Il progetto prevede,
inoltre, l’inserimento di tre articoli aggiuntivi della Costituzione (98-bis,
riguardante le autorità amministrative indipendenti; 127-bis, sulla possibilità
per gli enti locali di ricorrere alla Corte costituzionale; 127-ter, sulla
Conferenza Stato-Regioni).
È possibile brevemente
schematizzare il nuovo assetto istituzionale previsto dal processo di revisione
costituzionale in atto.
In sintesi i principali
interventi apportati dal provvedimento possono essere riuniti nel seguente
modo.
o
Nel Titolo I, “Il Parlamento”,
le principali novità riguardano dapprima l’istituzione di un Senato federale
della Repubblica, quale Camera rappresentativa degli interessi del territorio e
delle comunità locali. Del Senato federale, i cui componenti saranno eletti
contestualmente ai rispettivi Consigli regionali, faranno anche parte, senza
diritto di voto, rappresentanti dei Consigli regionali e delle autonomie
locali. È prevista anche una riduzione del numero complessivo dei parlamentari
(518 alla Camera dei deputati, 252 al Senato federale) e, l’iter di
approvazione delle leggi, viene “accelerato” (salvo alcune materie, riservate
al procedimento collettivo delle due Camere, il modello prevalente è quello dei
procedimenti monocamerali, rispettivamente di competenza della Camera e del
Senato federale sulla base delle materie trattate). Secondo tale sistema, non è
più richiesta una doppia approvazione di Camera e Senato sullo stesso testo. Il
ramo del Parlamento che non ha poteri decisionali sulla singola materia; potrà,
invece, proporre modifiche, sulle quali è chiamato ad esprimersi infine l’altro
ramo. Sui progetti di competenza del Senato federale il Governo, previa
autorizzazione del Presidente della Repubblica, potrà dichiarare la c.d.
“essenzialità” delle modifiche ad un disegno di legge, in funzione della
realizzazione del programma di governo o della tutela di specifiche finalità,
al fine di ottenere il voto finale da parte della Camera dei deputati. Viene
attribuito un ruolo specifico alle opposizioni alla Camera e alle minoranze al
Senato federale.
o
Il nuovo Titolo II, “Il Presidente della Repubblica”, ha in
previsione il cambiamento delle modalità d’elezione, dei criteri di
eleggibilità e una modifica nell’attribuzione delle funzioni del Capo dello Stato, il quale rappresenta la Nazione e la sua unità, ed è garante della Costituzione e dell’unità federale della Repubblica.
o
Viene introdotta per la prima volta nella Costituzione la figura delle Autorità amministrative indipendenti.
o
Il nuovo Titolo III, “Il Governo”,
prevede significanti cambiamenti. È evidente la volontà di consolidare il ruolo
dell’Esecutivo sia attraverso l’indicazione diretta del Primo ministro da parte
del corpo elettorale sia attraverso il ruolo che questi assume all’interno del
Consiglio dei ministri e all’interno del procedimento legislativo. Sono,
inoltre, previste alcune disposizioni “anti-ribaltoni”.
o
Sul tema Stato-regioni si
assiste ad una rimodulazione dell’assetto delle attuali competenze legislative:
per un verso, ritornano allo Stato alcune materie difficilmente frazionabili;
per un altro, si valorizza il ruolo delle autonomie regionali, attraverso
l’attribuzione di competenze esclusive attinenti alla sanità, alla scuola ed
alla sicurezza pubblica (devolution).
Vengono sviluppati i principi di leale collaborazione e di sussidiarietà nei
rapporti tra i diversi livelli di governo, anche attraverso il potenziamento
delle forme di coordinamento tra Stato e Regioni e mediante la previsione, in
Costituzione, del sistema delle Conferenze.
o
Nel Titolo VI, “Garanzie
Costituzionali”, nell’ambito della revisione
della Costituzione, viene concessa la possibilità di ricorso al referendum
sulle leggi costituzionali.
o
Nel ambito delle Regioni a
statuto speciale è previsto un rafforzamento del rispettivo ruolo nel
procedimento d’approvazione dei rispettivi statuti.
Il testo di legge costituzionale auspica, dunque, di modificare,
sostituire e integrare per più della metà gli articoli della parte
organizzativa della Costituzione repubblicana del 1948.
Tale testo, oltre alla vastissima incidenza quantitativa delle modifiche
che introduce, varia nella sostanza
del carattere di ognuno degli organi costituzionali previsti dalla Costituzione
vigente e modifica l’equilibrio dei rapporti tra il Parlamento e il Governo e
quello dei rapporti che gli organi costituzionali politici intrattengono con
gli organi costituzionali di garanzia, quali il Presidente della Repubblica e
la Corte costituzionale.
Il nuovo assetto costituzionale introduce rilevanti innovazioni al
sistema di governo quale definito sia dalla costituzione del 1948 sia nella
prassi costituzionale affermatasi nel corso della storia repubblicana.
Viene proposta una forma di governo caratterizzata dalla
precostituzione, in prima istanza, di una netta posizione di supremazia del
futuro Primo ministro sui singoli ministri e sul collegio dei ministri.
La posizione peculiare del Primo ministro è confermata già a partire
dalla sua candidatura formalmente collegata a quella di ciascun candidato (o
lista di candidati) all’elezione della Camera dei Deputati. La sua elezione si
tradurrebbe, dunque, in una nitida posizione di supremazia nei confronti della
Camera dei Deputati. Viene, inoltre, attribuito al Primo ministro il potere di
ottenere l’obbedienza del Senato federale allorquando questo eserciti, secondo
la previsione costituzionale, il suo potere di determinare legislativamente in
difformità dalla Camera dei Deputati, i principi fondamentali delle materie
attribuite alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni.
In seconda istanza, viene riconosciuta al Senato federale la possibilità
di arginare eventualmente (quando esprima una maggioranza politica difforme da
quella dell’altra Camera) e parzialmente (dovendo il Senato accedere in ogni
caso a una soluzione compromissoria dei contrasti con la Camera politica) la
volontà politica del Primo ministro e della Camera dei Deputati nelle ipotesi
tassativamente determinate nelle quali la futura costituzione preveda che le
due Camere esercitino collettivamente il potere legislativo.
Si determina un nuovo assetto caratterizzato principalmente
dall’espansione dei poteri attribuiti al Primo ministro, affiancata da un
annullamento della funzione generale di mediazione fra Parlamento e Governo del
Presidente della Repubblica (estromesso così nel progetto della costituzione
futura dal contesto della forma di governo), al quale restano o vengono
attribuiti ex novo, a compensazione ineguale di quella sottrazione, singoli,
scollegati, poteri di garanzia costituzionale o singoli impropri poteri
politici; in parallelo, viene introdotta una nuova rappresentanza parlamentare
dei territori (che di fatto è una rappresentanza politica dei cittadini di quei
territori).
La composizione della Corte costituzionale viene modificata, infatti
cambia il rapporto numerico fra giudici nominati o eletti da organi imparziali
o neutrali, Presidente della Repubblica e magistrature (otto), rispetto a
quelli eletti dalle due Camere (sette).
Resta il complesso e disordinato capitolo dei rapporti fra Stato e
poteri regionali e locali, governato dal principio della sussidiarietà, per sua
natura sensibilmente elastico e utilizzato al limite delle sue potenziali
elasticità dalla Corte costituzionale, nel quale il progetto ha inserito la
previsione di distinte competenze regionali svincolate dalla dipendenza dai
principi fondamentali della legislazione statale, inquadrate, per altro verso,
entro una serie di vincoli legislativi atipici destinati a ridimensionare le
dichiarazioni di vittoria di quanti si sono battuti per l’individuazione di
puntuali competenze legislative “esclusive” delle Regioni.
Riferimento temporale |
Tappa del disegno di legge Costituzionale |
Agosto
2003 |
La bozza di Lorenzago. |
17
novembre 2003 |
Il Governo presenta al Senato
il disegno di legge costituzionale A.S. 2544. |
22
gennaio 2004 |
La I Commissione del Senato
presenta in Aula la relazione sul disegno di legge costituzionale. A.S. 2544
– A. |
7 aprile
2004 |
La I Commissione della Camera
inizia l’esame del disegno di legge costituzionale A.C. 4862. |
28
luglio 2004 |
La I Commissione della Camera
presenta in Aula la relazione sul disegno di legge costituzionale A.C. 4862 –
A. |
16
novembre 2004 |
La I Commissione del Senato
inizia l’esame del disegno di legge costituzionale modificato dalla Camera
A.S. 2544 – B. |
26
luglio 2005 |
La I Commissione della Camera
inizia l’esame del disegno di legge costituzionale per la seconda deliberazione
A.C. 4862 – B. |
16
settembre 2005 |
La I Commissione della Camera
presenta in Aula la relazione sul disegno di legge costituzionale A.C. 4862 –
C. |
2
novembre 2005 |
La I Commissione del Senato inizia
l’esame del disegno di legge costituzionale A.S. 2544 – D. |
14
novembre 2005 |
La I Commissione del Senato
presenta in Aula la relazione sul disegno di legge costituzionale A.S. 2544 –
E. |
16
novembre 2005 |
Il Senato approva, in seconda
e definitiva deliberazione, il disegno di legge costituzionale n. 2544-D, di
iniziativa governativa, recante “Modifiche alla Parte seconda della
Costituzione”. |
20
ottobre 2005 |
La Camera dei deputati
approva il disegno di legge costituzionale n. |
23
marzo 2005 |
Il Senato approva il Disegno
di legge costituzionale recante “Modifiche alla parte seconda della
Costituzione”. |
2004/2005 |
Ordini del giorno accolti o
approvati nel corso dell’esame alla Camera e al Senato. |
Dopo aver preso in considerazione le principali novità previste dalla legge
costituzionale sulle modifiche alla parte II della Costituzione, si vuole
fornire il lettore di uno strumento informativo-comparativo sul cambiamento
apportato dalla legge di revisione costituzionale al testo costituzionale
vigente.
Tale strumento proposto di seguito è frutto di un confronto[18]
attento del testo di revisione costituzionale con la parte II della carta
costituzionale vigente.
La metodica impiegata vuole costituire un percorso di ragionamento
coerente e propulsivo al fine di costruire un graduale orientamento di
comprensione del nuovo assetto istituzionale.
La tabella consente di individuare facilmente le modifiche che sono
state adottate al Titolo I, sul “Parlamento”.
La discriminante è data dall’impiego di una formattazione distinta per le
parti testuali indicate.
Nella prima colonna è riportato il testo vigente, mentre nella seconda
colonna è riportato il testo del progetto revisionato approvato dalla Camera e
dal Senato in seconda lettura.
In quest’ultima colonna, il testo delle parti modificate in maniera
sostanziale è stato evidenziato con testo in grassetto.
Nella prima colonna, invece, le parti del testo costituzionale
sostituite sono state evidenziate con testo sottolineato; inoltre, si può
verificare di visionare porzioni di testo sottolineate e in corsivo, con la
qual formattazione si vuole indicare le parti da abrogare del testo
costituzionale vigente.
PARTE II ORDINAMENTO DELLA
REPUBBLICA TITOLO I IL PARLAMENTO Sezione I Le Camere |
|
COSTITUZIONE VIGENTE |
TESTO DELLA LEGGE DI
REVISIONE |
Articolo
55. Il Parlamento si compone
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
|
Rif.
Articolo 1. (Senato federale della Repubblica) Art. 55. - Il Parlamento si
compone della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica. |
Articolo
56. La Camera dei deputati è
eletta a suffragio universale e diretto. Sono eleggibili
a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i
venticinque anni di età.
|
Rif.
Articolo 2. (Camera dei deputati) Art. 56. - La Camera dei
deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Sono
eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno
compiuto i ventuno anni di età. La
ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi
assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli
abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale
della popolazione, per cinquecento e distribuendo i seggi in
proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti
interi e dei più alti resti. |
Articolo
57. Il Senato della Repubblica è
eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
|
Rif.
Articolo 3. (Struttura del
Senato federale della Repubblica) Art. 57. - Il Senato federale
della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto su base
regionale. All’inizio di ogni
legislatura regionale, ciascun Consiglio regionale o Assemblea regionale
elegge un rappresentante tra i propri componenti e ciascun Consiglio delle
autonomie locali elegge un rappresentante tra i sindaci e i presidenti di
Provincia o di Città metropolitana della Regione. Per la Regione Trentino
Alto-Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome e i rispettivi
Consigli delle autonomie locali eleggono ciascuno un proprio rappresentante. |
Articolo
58. I senatori sono eletti a
suffragio universale e diretto agli elettori che hanno superato il
venticinquesimo anno di età.
|
Rif.
Articolo 4. (Requisiti per l’eleggibilità
a senatore) Art.
58. - Sono eleggibili a senatori di una Regione gli
elettori che hanno compiuto i venticinque anni di età e hanno
ricoperto o ricoprono cariche pubbliche elettive in enti territoriali locali
o regionali, all’interno della Regione, o sono stati eletti senatori o
deputati nella Regione o risiedono nella Regione alla data di indizione delle
elezioni. |
Articolo
59. È senatore di diritto
e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
|
Rif.
Articolo 5. (Deputati di diritto e a vita) Art.
59. - È deputato di diritto e a vita, salvo
rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. |
Articolo
60. La Camera dei deputati e il
Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni. La durata di ciascuna Camera
non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra. |
Rif.
Articolo 6. (Durata in carica dei senatori e
della Camera dei deputati) Art. 60. - La Camera dei deputati è eletta per
cinque anni. I senatori eletti in ciascuna Regione o Provincia autonoma rimangono
in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della
medesima Regione o Provincia autonoma. La durata della Camera dei deputati, di ciascun Consiglio o Assemblea
regionale e dei Consigli delle Province autonome non può essere prorogata se
non per legge e soltanto in caso di guerra. Con la proroga di ciascun
Consiglio o Assemblea regionali e dei Consigli delle Province autonome sono
prorogati anche i senatori in carica. |
Articolo
61. Le elezioni delle nuove
Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La
prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. |
Rif.
Articolo 7. (Elezione della Camera
dei deputati) Art. 61. - L’elezione
della Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine
della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno
dalla elezione. Finché non è riunita la
nuova Camera dei deputati sono
prorogati i poteri della precedente. |
Articolo
62. Le Camere si riuniscono di
diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre.
|
Identico |
Articolo
63. Ciascuna Camera elegge fra i
suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di presidenza.
|
Rif.
Articolo 8. - (Presidenza della Camera dei deputati e del Senato federale
della Repubblica) Art. 63. - Ciascuna
Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di Presidenza. Il
Presidente è eletto con la maggioranza dei due terzi dei componenti
l’Assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta
dei componenti. Il regolamento del Senato federale della Repubblica
disciplina le modalità di rinnovo anche periodico dell’Ufficio di Presidenza.
|
Articolo
64. Ciascuna Camera adotta il proprio
regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
|
Rif.
Articolo 9. - (Modalità di funzionamento
delle Camere) Art. 64. - La Camera dei deputati adotta il proprio
regolamento con la maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti. Il Senato
federale della Repubblica adotta il proprio regolamento con la maggioranza
assoluta dei suoi componenti. Le sedute sono pubbliche;
tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento in seduta comune possono deliberare di riunirsi in seduta segreta. Le deliberazioni della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica e del Parlamento in seduta comune non sono valide se non è presente
la maggioranza dei loro componenti e se non sono adottate a maggioranza dei
presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale. Le
deliberazioni del Senato federale della Repubblica non sono altresì valide se
non sono presenti senatori espressi da almeno un terzo delle Regioni. Il regolamento della Camera dei deputati garantisce le prerogative del
Governo e della maggioranza ed i diritti delle opposizioni. Riserva a
deputati appartenenti a gruppi di opposizione la Presidenza delle
commissioni, diverse da quelle di cui agli articoli 70, terzo comma, e 72,
primo comma, delle Giunte e degli organismi interni diversi dal comitato di
cui all’articolo 70, sesto comma, cui sono attribuiti compiti ispettivi, di
controllo o di garanzia. Il regolamento del Senato federale della Repubblica garantisce i
diritti delle minoranze. Il regolamento del Senato federale della Repubblica disciplina le
modalità ed i termini per l’espressione del parere che ogni Consiglio o
Assemblea regionale o Consiglio delle Province autonome può esprimere,
sentito il Consiglio delle autonomie locali, sui disegni di legge di cui
all’articolo 70, secondo comma. I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno
diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute. Devono essere
sentiti ogni volta che lo richiedono. I regolamenti parlamentari stabiliscono
i casi nei quali il Governo deve essere comunque rappresentato dal Primo
ministro o dal Ministro competente. |
Articolo
65. La legge determina i casi di
ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore. |
Rif.
Articolo 10. - (Ineleggibilità ed incompatibilità) Art. 65. - La
legge, approvata ai sensi dell’articolo 70, terzo comma, determina i
casi di ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di deputato o di
senatore. |
Articolo
66. Ciascuna Camera giudica dei
titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di
ineleggibilità e di incompatibilità. |
Rif.
Articolo 11. - (Giudizio sui titoli di ammissione dei deputati e dei
senatori) Art. 66. - Ciascuna
Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause
sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità, entro termini
stabiliti dal proprio regolamento. L’insussistenza dei titoli o la
sussistenza delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità
dei parlamentari proclamati sono accertate con deliberazione adottata dalla
Camera di appartenenza a maggioranza dei propri componenti. |
Articolo
67. Ogni membro del Parlamento
rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. |
Rif. Articolo
12. - (Divieto di mandato imperativo) Art. 67. Ogni
deputato e ogni senatore rappresenta la Nazione e la Repubblica ed esercita le proprie funzioni senza
vincolo di mandato. |
Articolo
68. I membri del Parlamento non
possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della
Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere
sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o
altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo
che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia
colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto
obbligatorio in flagranza. |
Identico |
Articolo
69. I membri del Parlamento
ricevono un’indennità stabilita dalla legge. |
Rif.
Articolo 13. - (Indennità parlamentare) Art. 69. - I membri delle
Camere ricevono un’identica indennità stabilita dalla legge, approvata ai
sensi dell’articolo 70, terzo comma. La legge disciplina i casi di
non cumulabilità delle indennità o emolumenti derivanti dalla titolarità
contestuale di altre cariche pubbliche. |
Sezione
II - La formazione delle leggi |
|
Articolo
70. La funzione legislativa è
esercitata collettivamente dalle due Camere. |
Rif.
Articolo 14. - (Formazione delle leggi) Art. 70. - La Camera dei
deputati esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui
all’articolo 117, secondo comma, fatto salvo quanto previsto dal terzo comma
del presente articolo. Dopo l’approvazione da parte
della Camera, a tali disegni di legge il Senato federale della Repubblica,
entro trenta giorni, può proporre modifiche, sulle quali la Camera decide in
via definitiva. I termini sono ridotti alla
metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. Il Senato federale della
Repubblica esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei
princìpi fondamentali nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma,
fatto salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l’approvazione da parte
del Senato, a tali disegni di legge la Camera dei deputati, entro trenta
giorni, può proporre modifiche, sulle quali il Senato decide in via
definitiva. I termini sono ridotti alla
metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. La funzione legislativa dello
Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l’esame dei disegni
di legge concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma,
lettere m) e p), e 119, l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 120,
secondo comma, il sistema di elezione della Camera dei deputati e per il
Senato federale della Repubblica, nonché nei casi in cui la Costituzione
rinvia espressamente alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di
cui agli articoli 117, commi quinto e nono, 118, commi secondo e quinto, 122,
primo comma, 125, 132, secondo comma, e 133, secondo comma. Se un disegno di legge non è
approvato dalle due Camere nel medesimo testo i Presidenti delle due Camere
possono convocare, d’intesa tra di loro, una commissione, composta da trenta
deputati e da trenta senatori, secondo il criterio di proporzionalità
rispetto alla composizione delle due Camere, incaricata di proporre un testo
unificato da sottoporre al voto finale delle due Assemblee. I Presidenti delle Camere
stabiliscono i termini per l’elaborazione del testo e per le votazioni delle
due Assemblee. Qualora il Governo ritenga
che proprie modifiche a un disegno di legge, sottoposto all’esame del Senato
federale della Repubblica ai sensi del secondo comma, siano essenziali per
l’attuazione del suo programma approvato dalla Camera dei deputati, ovvero
per la tutela delle finalità di cui all’articolo 120, secondo comma, il
Presidente della Repubblica, verificati i presupposti costituzionali, può
autorizzare il Primo ministro ad esporre le motivazioni al Senato, che decide
entro trenta giorni. Se tali modifiche non sono
accolte dal Senato, il disegno di legge è trasmesso alla Camera che decide in
via definitiva a maggioranza assoluta dei suoi componenti sulle modifiche
proposte. L’autorizzazione da parte del
Presidente della Repubblica di cui al quarto comma può avere ad oggetto
esclusivamente le modifiche proposte dal Governo ed approvate dalla Camera
dei deputati ai sensi del secondo periodo del secondo comma. I Presidenti del Senato
federale della Repubblica e della Camera dei deputati, d’intesa tra di loro,
decidono le eventuali questioni di competenza tra le due Camere, sollevate
secondo le norme dei rispettivi regolamenti, in ordine all’esercizio della
funzione legislativa. I Presidenti possono deferire
la decisione ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e da
quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti. La decisione dei Presidenti o
del comitato non è sindacabile in alcuna sede. I Presidenti delle Camere,
d’intesa tra di loro, su proposta del comitato, stabiliscono sulla base di
norme previste dai rispettivi regolamenti i criteri generali secondo i quali
un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui
si dovrebbero applicare procedimenti diversi. |
Articolo
71. L’iniziativa
delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli
organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il
popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di
almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. |
Rif.
Articolo 15. - (Iniziativa legislativa) Art. 71. - L’iniziativa
delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere nell’ambito
delle rispettive competenze ed agli organi ed enti ai quali sia conferita
da legge costituzionale. Il popolo esercita
l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno
cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. |
Articolo
72. Ogni disegno di legge,
presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato
da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo
e con votazione finale.
La procedura normale di esame
e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i
disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di
delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di
bilanci e consuntivi. |
Rif.
Articolo 16. - (Procedure legislative ed
organizzazione per commissioni) Art. 72. - Ogni
disegno di legge, presentato alla Camera
competente ai sensi dell’articolo 70, è secondo le norme del suo regolamento esaminato da una commissione e
poi dall’Assemblea, che l’approva articolo per articolo e con votazione
finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati
per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza, le modalità e i termini entro cui deve essere avviato l’esame delle
proposte di legge di iniziativa popolare. Può altresì stabilire in quali casi e forme
l’esame e l’approvazione dei disegni di legge, di cui all’articolo 70, terzo comma, sono deferiti a commissioni,
anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi
parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione
definitiva, il disegno di legge è rimesso all’Assemblea, se il Governo o un
decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono
che sia discusso o votato dall’Assemblea oppure che sia sottoposto alla sua
approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina
le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni. La procedura normale di esame e di approvazione
diretta da parte dell’Assemblea è
sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed
elettorale e per quelli di delegazione legislativa. Su richiesta del Governo sono iscritti all’ordine del giorno delle
Camere e votati entro tempi certi, secondo le norme dei rispettivi
regolamenti, i disegni di legge presentati o fatti propri dal Governo stesso.
Il Governo può inoltre chiedere che, decorso il termine, la Camera dei
deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo
proposto o fatto proprio dal Governo. I regolamenti parlamentari stabiliscono
altresì le modalità di iscrizione all’ordine del giorno di proposte e
iniziative indicate dalle opposizioni alla Camera e dalle minoranze al
Senato, determinandone i tempi di esame. Il Senato federale della Repubblica, secondo le norme del proprio
regolamento, è organizzato in commissioni. Esprime il parere, secondo le
norme del proprio regolamento, ai fini dell’adozione del decreto di scioglimento
di un Consiglio regionale o di rimozione di un Presidente di Giunta
regionale, ai sensi dell’articolo 126, primo comma. Le proposte di legge di iniziativa delle Regioni e delle Province
autonome sono poste all’ordine del giorno della Camera competente nei termini
stabiliti dal proprio regolamento, con priorità per quelle adottate da più
Regioni e Province autonome in coordinamento tra di loro. |
Articolo
73. Le leggi sono promulgate dal
Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.
|
Rif.
Articolo 17. - (Procedure legislative in
casi particolari) Art. 73. - Le
leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.
Le leggi sono pubblicate
subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno
successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un
termine diverso. |
Articolo
74. |
Rif.
Articolo 17. - (Procedure legislative in
casi particolari) Art. 74. - Il Presidente
della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato
alle Camere chiedere una nuova deliberazione. |
Articolo
75. È indetto referendum popolare
per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto
avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o
cinque Consigli regionali. |
Identico |
Articolo
76. L’esercizio della funzione
legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di
principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti
definiti. |
Rif.
Articolo 18. - (Decreti legislativi) Art. 76. - L’esercizio
della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato
e per oggetti definiti. |
Articolo
77. Il Governo non può, senza
delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge
ordinaria. Quando, in casi straordinari
di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità,
provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso
presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono
appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia
sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla
loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti
giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. |
Rif.
Articolo 17. - (Procedure legislative in
casi particolari) Art. 77. - Il
Governo non può, senza delegazione delle Camere, secondo le rispettive
competenze ai sensi dell’articolo 70, emanare decreti che abbiano valore
di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari
di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità,
provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso
presentarli per la conversione alle Camere competenti ai sensi dell’articolo
70, che si riuniscono entro cinque giorni. La Camera dei deputati, anche se
sciolta, è appositamente convocata. I decreti perdono efficacia
sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla
loro pubblicazione. Le Camere, secondo le rispettive competenze ai sensi
dell’articolo 70, possono tuttavia regolare con legge i rapporti
giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. |
Articolo
78. Le Camere deliberano lo stato
di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. |
Identico |
Articolo
79. L’amnistia e l’indulto sono
concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di
ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede
l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l’amnistia e
l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla
presentazione del disegno di legge. |
Identico |
Articolo
80. Le Camere autorizzano con
legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o
prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del
territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi. |
Rif.
Articolo 19. - (Ratifica dei trattati internazionali) Art. 80. - È autorizzata con legge, approvata ai
sensi dell’articolo 70, primo comma, la ratifica dei trattati
internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o
regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle
finanze o modificazioni di leggi. |
Articolo
81. Le Camere approvano ogni anno
i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio
non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori
complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione
del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove
spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori
spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. |
Rif.
Articolo 20. - (Bilanci e rendiconto) Art. 81. - Sono approvati ogni
anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo, ai sensi
dell’articolo 70, primo comma. L’esercizio provvisorio del bilancio
non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori
complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione
del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. |
Articolo
82. Ciascuna Camera può disporre
inchieste su materie di pubblico interesse. La commissione di inchiesta
procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse
limitazioni dell’autorità giudiziaria. |
Rif.
Articolo 21. - (Commissioni parlamentari d’inchiesta) Art. 82. -
Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i
propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la
proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta istituita dalla Camera dei deputati ovvero
con legge approvata dalle Camere ai sensi dell’articolo 70, terzo comma,
procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse
limitazioni dell’autorità giudiziaria. Il Presidente della Commissione
d’inchiesta istituita dalla Camera è scelto tra deputati appartenenti a
gruppi di opposizione. |
Sin dai primi anni ‘80, si assiste al passaggio dal cosiddetto decalogo Spadolini (1982), alla costituzione dei due comitati parlamentari presieduti da Ritz e Bonifacio (1983), alla costituzione della prima bicamerale (1984/1985), della seconda bicamerale (1992/1994); segue una terza bicamerale (1995/1997), sino ad arrivare alle più recenti vicende istituzionali, non ultima l’approvazione del testo di legge costituzionale recante le “Modifiche alla Parte II della Costituzione” (legge pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 18 novembre 2005, n. 269).
Il significato giuridico effettivamente costitutivo dell’ordinamento
costituzionale vigente, alla luce del procedimento di revisione costituzionale
in atto, conduce a diverse ed innovative chiavi di lettura.
Si assiste al manifestarsi della consapevolezza di una fase nuova
scandita dal cambiamento del regime democratico costituito, accompagnata dalla
necessaria cognizione del processo di revisione costituzionale.
Da qui una prima attenta valutazione, sul piano delle forme e del metodo
di una tale riforma, non consistente in una semplice revisione di parte del
dettato costituzionale, ma nello stravolgimento della Costituzione materiale
del nostro paese: cambia al tempo stesso la forma di Stato (da nazionale a
federale) e la forma di governo (da parlamentare a para-presidenziale e
tendenzialmente monocratica).
Alla luce del fatto che la concezione costituzionale si fonda
contemporaneamente sull’affermazione del potere della maggioranza e sulla
garanzia dei limiti che esso incontra, l’elemento fondamentale per valutare lo
stato di “salute” dell’ordinamento italiano è l’equilibrio della divisione dei
poteri, in modo che ciascuno dei sottosistemi produce, evitando o riducendo al
minimo i rischi di violazione dei propri confini.
In tal senso lo studio dell’uso del potere di revisione costituzionale è
fondamentale soprattutto in considerazione che esso non dovrebbe mai rivestire
la portata di un impoverimento delle garanzie e dei relativi poteri, o di
interventi sulla struttura e sullo status degli stessi poteri, diretti a
inclinarne o a condizionarne gli orientamenti.
L’indebolimento di tali garanzie comporterebbe non già di coltivare una
normale dialettica istituzionale, ma di aggredire gli equilibri essenziali del
sistema e, nello stesso tempo, di abbandonare la strada maestra della divisione
dei poteri, a vantaggio di forme di accentuata concentrazione di essi,
rischiose per la vita democratica del paese.
In conclusione l’analisi sull’attuale momento di iniziative di revisione
va condotta in modo tale da stimolare riflessioni sui fondamenti delle proposte
e sulla loro coerenza con l’ordinamento repubblicano soprattutto in funzione
dei suoi membri, senza i quali esso stesso non avrebbe ragione di esistere.
La forma repubblicana, ossia lo Stato democratico fondato sulla
centralità della persona umana e del suo sviluppo e nato dalla lotta di
liberazione dallo straniero occupante e dalla dittatura, è irrivedibile (art.
139 e limiti assoluti alla revisione), cioè non può e non deve essere
modificata pena la rottura della legalità repubblicana e la fine
dell’ordinamento democratico.
Ogni revisione della Costituzione andrebbe fondata su altrettanta
consapevolezza, che tuttavia non sembra sempre essere stata compresa e
condivisa da governanti e governati nel corso della storia della Repubblica.
Si vuole dare un contributo al dibattito sulle istituzioni, da un lato,
invitando alla riflessione e mettendo a confronto il testo e la storia della
Costituzione repubblicana con la legge costituzionale di modifica; dall’altro,
cercando un incontro con i cittadini, cioè i principali interessati alla norma
fondamentale, che del dibattito sono e ne potranno essere protagonisti
inconsapevoli.
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pubblico, Il Mulino, Bologna, ultima edizione.
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* Dottoranda in “Diritto
dei Trasporti, dell’Economia e dell’Ambiente”, e-mail: cangelosi@economia.unipa.it.
[1] Cfr. il sito istituzionale http://www.parlamento.it
[2] Le regioni, che dopo
aver deliberato nei propri Consigli regionali, hanno depositato la loro richiesta
sono: Sardegna (capofila), Campania, Lazio, Lombardia, Calabria, Toscana, Valle
d’Aosta, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Basilicata, Friuli Venezia Giulia,
Puglia, Liguria e Abruzzo.
[3] ORESTANO (intervista a),
Ordinamento giuridico, scienza del diritto, ideologie, in Quaderni del pluralismo, 1988, pag. 76: “Quello che caratterizza il
comportamento dell’uomo comune è di vivere la sua vita in modo da realizzare
un’esperienza sociale senza necessariamente sapere che realizza
contemporaneamente…un’esperienza giuridica.”
[4] Cfr. A. TARANTINO, La teoria della necessità nell’ordinamento
giuridico, Interpretazione della dottrina di Santi Romano, Milano, Giuffrè
editore, 1976.
[5] Cfr. T. MARTINES, Diritto Costituzionale, Milano, 2000,
pag. 14 e ss.
[6] Cfr. Artt. 82, 41, 48,
117 della Costituzione italiana.
[7] Negli ordinamenti
antichi era sicuramente presente un concetto di costituzione, frutto non tanto
di una volontà storicamente data, ma modo d’essere naturale della società
politica. Cfr. DOGLIANI, Costituente
(potere), in Dig., Pubbl., IV, Torino, 1990, pag. 7.
[8] Cfr. Alessandro PACE, Potere costituente e revisione
costituzionale, (Lezione introduttiva del 13 dicembre 2001).
[9] Cfr. BISCARDI, Diritto greco antico, Milano, 1982, pag. 64 ss.
[10] Cfr. Ugo RESCIGNO, Interpretazione costituzionale e positivismo
giuridico, in Diritto Pubblico,
2005, n. 1.
[11] Cfr. Alessandro PACE, Potere costituente e revisione costituzionale, (Lezione
introduttiva del 13 dicembre 2001).
[12] Cfr. Alfonso DI
GIOVINE, La revisione costituzionale
nell’esperienza italiana, Siena, 12 marzo 2002.
[13] Consulta a fine
paragrafo la tabella 1.a “Elenco delle leggi di revisione della Costituzione e
di altre leggi costituzionali (1948-2003)”.
[14] Discorso tenuto da Ruini all’Assemblea costituente
nella seduta del 12 marzo
[15] Cfr.
Alfonso DI GIOVINE, La revisione
costituzionale nell’esperienza italiana, Siena, 12 marzo 2002.
[16] Cfr. la Costituzione
spagnola, la Costituzione Svizzera.
[17] Maggiori informazioni sulle tappe del disegno di
legge costituzionale è possibile consultare la tabella riepilogativa disposta a
fine paragrafo.
[18] Confronto reso
possibile grazie all’utilizzo della GIURITEL.
Data di pubblicazione: 27 febbraio 2006.