La connotazione giuridico–economica
dell’Europa comunitaria
Teresa Martello*
L’Istituzione “Europa comunitaria”: nascita ed evoluzione
a) Segue - L’Unione
europea e gli Stati nazionali
b) Segue. L’Unione
Europea e le Organizzazioni Internazionali
c) Segue - l’Unione
Europea e gli Stati federali
a) Il Consiglio
dell’Unione Europea ed il Consiglio Europeo
d) Uno sguardo alla
Banca Centrale europea
f) Le “Lobbies” o “Gruppi d’interesse”
Il
complesso di norme che disciplinano i rapporti tra
La
Comunità Europea ha la sua origine in quel movimento che, affermatosi subito
dopo il secondo conflitto mondiale, si era proposto l’intenzione di realizzare
uno stretto legame fra i paesi ed i popoli europei per la riunificazione del
continente, la pace tra le nazione e l’integrazione economica. L’intenzione era
quella di prevenire il riprodursi delle stesse situazioni politiche, economiche
e militari che avevano portato al disastro bellico. L’Unione europea deve
essere intesa come un’unione di cittadini e di Stati. In tali prospettive e con
questi intendimenti nascono il Consiglio d’Europa (1949) ed altre
organizzazioni regionali europee quali l’Unione europea occidentale e
l’Organizzazione per la cooperazione economica europea. L’obbiettivo era quello
di originare un organismo federale scaturente dalla volontà cooperativa degli
Stati europei che per potere sortire l’effetto voluto avrebbe dovuto
concretarsi gradualmente e non ex abrupto
attraverso realizzazioni istantanee e traumatiche.
Riedificare
giuridicamente l’Europa vuol dire quindi por mano ad una graduale riforma
istituzionale e politica incentrata prima sulla costruzione ed integrazione di
un mercato comune e poi sulla
unificazione monetaria e sulla comune mobilitazione ed aggregazione nel
campo della sicurezza e della difesa. In tale modo si sarebbe determinato un
progressivo avvicendamento dell’economia dei Paesi della Comunità con un
riflesso quasi automatico sulle politiche economiche nazionali. Ma l’Unione
Europea, dalla sua nascita ad oggi, si è andata sempre più trasformando nella
sostanza attuando modificazioni nei rapporti intercorrenti fra le Istituzioni
comunitarie o fra queste e le Istituzioni nazionali[2] con l’obbiettivo di realizzare l’ampio disegno tendente ad un sistema
politico sopranazionale la cui dimensione è quella di uno spazio economico
omogeneo, cioè di un’area comprendente l’insieme degli Stati membri e più
tecnicamente un’unione ispirata ad un regime libertario per merci, capitali[3], lavoratori e i servizi. Gli Stati membri, in
tutti questi anni, hanno partecipato sempre piu’ incisivamente a questo impatto
comunitario, teso al raggiungimento dell’obbiettivo della formazione di un
mercato unico pur se, inizialmente, frenati dall’abitus mentale, lento da dismettere, di condizionare per ragioni egoistiche
interne i modi e i tempi della integrazione del loro ordinamento con quelle del
nuovo ordinamento comunitario. Infatti solo ultimamente hanno ricevuto forte
impulso e sprone da una seria analisi introspettiva incentrata non solo sul
tanto decantato “mercato unico” o sul primato della “concorrenza”, ma anche
sulle importanti conseguenze pratiche che la “moneta unica” avrebbe apportato
sulla politica e sulla economia reale. D’altro canto le stesse Istituzioni
comunitarie si sono sempre interrogate sul loro ruolo ponendosi il dilemma se
essere considerate espressione di una mera organizzazione internazionale o
piuttosto un quid novi il cui
significato politico si poneva nella direzione della evoluzione del sistema
giuridico direzione diversificata rispetto a quella di una qualsiasi
organizzazione internazionale. La prima conseguenza eclatante sul mercato unico
è stata quella di trasferire alcune problematiche nazionali all’Istituzione
europea o, usando un’espressione più incisiva, quella di europeizzare i problemi interni secondo le
necessità dei singoli Stati membri. Ciò è avvenuto in parte per forza
d’inerzia, cioè per il solo fatto dell’esistenza dell’”europeismo”[4] e quindi come conseguenza di esso, in parte per
volontà espressa degli Stati membri che hanno agevolato tale trasferimento al
fine di unire e coagulare interessi reputati di matrice transnazionale. Con
l’europeizzazione si è quindi venuto a costruire un vero e proprio sistema,
unitario, di norme aventi valore cogente. Nel corso del lungo e complesso iter
comunitario appare necessario fermarsi a riflettere sullo schema istituzionale
di riferimento dell’Unione europea onde meglio riguardarne lo sviluppo
istituzionale, le finalità economiche ed i limiti.
Il
quadro istituzionale attuale dell’UE è composto dalle seguenti Istituzioni: il
Parlamento Europeo, il Consiglio europeo,
E’
di fondamentale importanza analizzare l’ambito relazionale di tali Istituzioni
ed i rapporti con le Istituzioni nazionali e i Singoli (individui). In
particolare ci si pone subito il quesito se gli equilibri istituzionali
contemplati nei Trattati comunitari concretino la effettiva volontà del
legislatore comunitario tendenti alla creazione di un mercato comune per lo
sviluppo economico dell’Europa unitariamente intesa. Oggi ci troviamo in una
fase di transizione riguardo alle originarie Istituzioni comunitarie ed alla
nuova “Costituzione Europea”. Indubbiamente parecchio tempo necessiterà ancora
per pervenire al perfezionamento sempre più raffinato delle intese sia per
quanto attiene l’adeguamento normativo sia per quanto concerne l’individuazione
degli strumenti di coinvolgimento (attività politiche, programmi, progetti)
delle Istituzioni nazionali e dei Singoli (soggetti) interessati.
L’Atto
Unico Europeo (1986) e poi il Trattato di Maastricht (1992) rappresentano le prime
riforme di una svolta introspettiva ed esteriorizzata del cammino comunitario
così vistosa da catalizzare sempre più l’attenzione dei soggetti europei
inducendoli ad emendamenti e miglioramenti dei Trattati[5] successivi a quello costitutivo. L’iniziale progetto
era quello di creare una struttura istituzionale, il CED, che disponeva di
forza armata europea per la difesa, ovverossia di un esercito comune europeo
sotto un comando integrato[6], essendo questa nel momento storico di riferimento, l’esigenza più pressante.
Tale iniziativa non fu però portata a compimento perché il CED non ricevette il
consenso del Parlamento francese.
Subito
dopo si succedettero
La
prima ad essere costituita fu
Tale
esperienza indusse gli stessi sei paesi fondatori della CECA cinque anni dopo a
firmare a Roma il 25 marzo 1957 i Trattati istitutivi di altre due Istituzioni
europee, l’EURATOM e la CEE. Con
l’istituzione della CEE gli Stati europei si proposero l’ambizioso obbiettivo
di rimuovere le barriere commerciali esistenti fra gli Stati per dare vita ad
uno spazio economico dove le merci, le persone, i servizi ed i capitali
potessero circolare liberamente in regime concorrenziale teso a conseguire
l’intero sviluppo economico all’uopo di coniugare felicemente le esigenze di
crescita dell’economica nazionale e di quello comunitario ed il miglioramento
della qualità della vita dei singoli individui. Le finalità erano:
l’eliminazione dei dazi doganali fra gli Stati membri; l’introduzione di una
tariffa doganale esterna comune; l’introduzione di politiche comuni nel settore
dell’agricoltura e dei trasporti; la creazione di un Fondo Sociale Europeo;
l’istituzione della Banca Europea degli Investimenti; lo sviluppo della
cooperazione fra gli Stati membri.
Il
giorno 8 aprile 1965 è entrato in vigore il Trattato sulla fusione degli
esecutivi delle tre organizzazioni europee le quali pur avendo ciascuna,
personalità giuridica distinta e distinte specifiche competenze dettate dai
Trattati istitutivi, sono rette dagli stessi organi[7] i quali non hanno più quindi una competenza
settoriale bensì una competenza generale. Ma l’integrazione economica fra gli
Stati membri è andata a rilento. Ciò è dovuto a cause fisiologiche e non
patologiche: è caratteristica di ogni integrazione il processo di attuazione
lento. Si giunge così al 1985 anno in cui la Commissione CEE ha pubblicato il
c.d. “libro bianco” con il quale si analizzavano gli elementi che rallentavano
e bloccavano l’obbiettivo della formazione di un unico mercato europeo e si
studiavano i rimedi per eliminarli. Le barriere ostative sono fisiche, tecniche
e fiscali[8].
Nella
riunione tenutasi a Milano, nel giugno del 1985, per l’ingresso di Spagna e
Portogallo nella Comunità Europea fu deliberata la costituzione di una
conferenza intergovernativa per studiare le modifiche da apportare ai Trattati
per velocizzare i tempi di formazione dell’Unione europea. Il 17 febbraio 1986,
all’Aja, fu firmato un pacchetto di modifiche dei Trattati su menzionati
definito “Atto Unico Europeo”.
L’Atto
Unico Europeo rappresenta il punto di partenza e di arrivo dell’Unione europea
in quanto ha fornito la prima risposta normativa ad un mercato comune ed ha
offerto la base indispensabile per la ricerca degli interventi più appropriati
per la formazione del suddetto mercato
comune. Si afferma il principio della libera prestazione di servizi della
libertà di stabilimento. Si realizzano così le riforme per migliorare il
mercato europeo e renderlo sempre più attuale e competitivo su base
internazionale. Infatti dopo pochi anni i rappresentanti degli Stati membri si
riuniscono prima a Maastricht e poi ad Amsterdam e discutono su nuove formule
di condotta più spedite e più idonee alla situazione economica del momento, le
elaborano e le rendono vincolanti per gli Stati membri tramite le inserzioni
dei testi nei “Trattati”.
Nascono:
il Trattato sull’Unione Europea, il Trattato di Amsterdam ed il Trattato di
Nizza.
Il
Trattato sull’Unione Europea[9], meglio noto come Trattato di Maastricht, è stato
firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed è entrato in vigore il 1 novembre
1993 (12 sono gli Stati europei che ad esso aderiscono). Questo Trattato, che
ha inciso sensibilmente sull’Unione Europea, è il risultato di una conferenza
intergovernativa avente ad oggetto l’unione politica, economica e monetaria ove
si è discusse le problematiche di rafforzamento delle politiche esistenti e
l’individuazione di nuove forme di cooperazione. Vengono introdotti i cosiddetti
tre pilastri dell’UE:
1)
La “Comunità Europea” che riunisce tutti i Trattati precedenti.
2)
La politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la politica estera di
sicurezza
e difesa (PESD).
3)
La cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.
Da
esso scaturisce la competenza dell’Unione Europea anche su materie direttamente
correlate ai mercati interni quali: l’ambiente, i consumatori, e le grandi
infrastrutture.
Ha
esteso contemporaneamente l’azione politica su materie diverse quali: la
politica estera, la sicurezza comune, la cooperazione nella giustizia e negli
affari interni.
Il
Trattato di Maastricht non indica un nuovo modo di intendere o di realizzare
l’Unione Europea ma pone in risalto e regolamenta i bisogni degli Stati membri
e dei cittadini in aderenza al suo continuo e progressivo sviluppo. Si tende
adesso a una Comunità dinamica che si allarga e si estende a settori che si
intrecciano con l’economia, anche se trasversalmente e che potrebbero nel
futuro essere determinanti per l’integrazione fra gli Stati. Con il Trattato
sull’Unione Europea si modificano completamente i Trattati esistenti, si
gettano le basi per una politica di difesa e di sicurezza comune e si attua una
cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. L’espressione
“Comunità Economica Europea” diventa obsoleta e superata. Si usa ora una
espressione più significativa: “Comunità Europea”, non perché l’attributo “economica” sia ormai privo di significato, ma
in quanto si vuole evidenziare l’intento di non più settorizzare tale
Istituzione ed invece avvicinarla totalmente alle esigenze dei cittadini
instaurando una completa solidarietà fra i popoli. Si parla di una nuova cittadinanza:
“cittadinanza dell’unione” o “cittadinanza europea” quasi a sottolineare
l’esistenza di uno status giuridico
tipico di tutti i cittadini degli Stati membri. L’Unione Europea allora nella
sua progressiva metamorfosi ed evoluzione viene a coinvolgere non soltanto gli
aspetti economici degli Stati Membri ma tutti i settori ove pulsa la vita dei
cittadini europei. Nei primi dodici anni dall’emanazione del Trattato di
Maastricht, per la realizzazione completa di un mercato comune proteso allo
sviluppo economico di ogni Stato membro, la Comunità Europea ha indirizzato la
sua attività all’attuazione dei seguenti obbiettivi: libera circolazione di
mezzi, di capitali, di servizi e di persone; imposizione di regole agli Stati
membri con controllo degli aiuti da questi elargiti attraverso i fondi
pubblici; proibizione alle imprese di imporre intese restrittive della
concorrenza e abusi di posizione dominante.
Il
primo luglio 1968 è entrate in vigore la tariffa doganale unica nel settore
industriale. Sono state individuate nuove materia di competenza dell’Unione
riservandone la regolamentazione al legislatore comunitario. A titolo
semplificativo possono citarsi: la protezione della salute, la regolamentazione
della concorrenza e delle regole antitrust, la tutela dei consumatori, della cultura, dell’industria,
del turismo, della ricerca e dello sviluppo tecnologico, dell’ambiente, ecc.
Novità molto importante è poi la messa a punto di un progetto di integrazione
monetaria avente lo scopo di creare una moneta europea da contrapporre al
dollaro e allo yen e di rendere stabili i cambi combattendo la politica delle
svalutazioni. Lo stesso Trattato di Maastricht prevedeva di essere rivisitato
se fossero risultate inadeguate nel tempo le politiche da esso regolate. Venne
istituto così un “Gruppo di riflessione” avente l’incarico di formulare
proposte per la conferenza intergovernativa i cui lavori furono approvati dal
Consiglio europeo di Amsterdam i giorni 16 e 17 luglio 1997 sostanziandosi
nell’accordo su un nuovo Trattato.
Al
riguardo, ad Amsterdam, nel 1996, si tenne una conferenza intergovernativa
scaturente alla formulazione del c.d. Trattato di Amsterdam firmato il 2
ottobre 1997 ed entrato in vigore il primo maggio 1999. Il suddetto Trattato è
stato oggetto di rilievi perché ritenuto manchevole di spinte propulsive nella
direzione del processo di integrazione. In effetti esso ha meno pregnanza del
precedente sulla strada delle modifiche
adottate. Contiene una nuova numerazione degli articoli del precedente Trattato
CE, armonizza le varie disposizioni e istituisce una nuova norma, quella sulla
“cooperazione rafforzata”. Tale norma consente agli Stati membri che lo
vogliano una cooperazione riservata anche solo ad alcuni di essi purché tale
cooperazione non confligga contro gli interessi della Comunità. E’ indubbio che
tale cooperazione rafforzata ha una funzione tendente ad evitare un processo di
stallo nel sistema di integrazione. L’obbiettivo principale del Trattato di
Amsterdam è quello di creare le condizioni politiche ed istituzionali
necessarie per permettere all’UE di affondare le sfide del futuro nelle
migliori condizioni:
E
per ultimo, in ordine di tempo, il Trattato di Nizza del 2003.
La
successione nel tempo dei menzionati Trattati dimostra come sia avvenuta una
vistosa svolta nel cammino comunitario. Indubbiamente questi Trattati si
pongono come guida per lo sviluppo economico onde unire in uno sforzo sinergico
e sincronico tutti gli Stati membri della Comunità europea al fine del
raggiungimento di un mercato comune, competitivo su base internazionale
indubbio fattore di sviluppo degli Stati Europei. Proprio sulla base di questa
certezza l’Unione Europea, dalla sua nascita ad oggi, si è andata trasformando
attuando la modifica dei rapporti esistenti fra le Istituzioni comunitarie e/o
fra queste e le Istituzioni nazionali proponendosi di creare un sistema
politico sopranazionale teso alla formazione di uno spazio economico
territoriale ove prodotti, merci e beni possono essere commercializzati senza
barriere fra gli Stati e senza alcuna forma di ostacolo doganale. Spazio ove anche
i lavoratori dipendenti, quelli autonomi, i professionisti e le persone
giuridiche possono circolare senza alcuna remora ed esercitare la propria
attività in qualunque Paese membro perché mercato comune di tutto il territorio
dei Paesi membri.
Ma
la riforma delle Istituzioni ha trovato il suo completamento nella nuova Carta
Costituzionale dell’Unione Europea, la “Costituzione Economica Europea”:
concepita e formulata per attribuire all’Unione maggiori poteri di azione
attraverso la predisposizione di nuove regole giuridiche[10].
La Costituzione europea si realizza in tre tappe
fondamentali:
a)
l’anno
b)
l’anno
c)
l’anno 1992,
nel quale viene completata l’unificazione monetaria ed la fase di coordinamento
delle politiche dei bilanci.
Indubbiamente
la Costituzione europea, secondo la sua formulazione si pone come innovativa
più all’aspetto istituzionale che a quello in materia economica e ciò in quanto
il settore economico ( i cui profili sono contenuti nella prima parte), per sua
stessa natura, non può essere inscatolato in rigide regole ma deve offrire
spazio sopratutto ad una seria ed efficiente
programmazione libera da lacci e prescrizioni puntuali. Con la
Costituzione europea i diversi Trattati verranno ricondotti ad unico testo
suddiviso da quattro parti. La prima di carattere generale, la seconda
costituita da articoli che riproducono la Carta dei diritti fondamentali
dell’UE, la terza disciplina le politiche ed il funzionamento dell’UE e nella
quarta parte ci sono disposizioni generali e finali. La Costituzione Europea
deve avere funzione stabilizzatrice dell’attuale realtà europea, ancora in
fermento e foriera di nuovi e molteplici interessi, economici e non, che
coinvolgono gli Stati membri e tuttavia non tesa nell’immediato ad ulteriori
sconvolgimenti istituzionali e programmatici.
In
ogni caso è certo che la conoscenza approfondita della natura dell’Unione
Europea di oggi è indispensabile per accedere ad una migliore comprensione
degli strumenti, giuridici e politici, che regolandola possono adeguatamente
assicurare la sua evoluzione continua ed in concreto intervenire sulle realtà
politiche, sociali ed economiche degli Stati membri al fine di destinarle al
raggiungimento del “mercato unico”. Siffattamente sono spiegabili le varie
scansioni temporali con le quali si è attuato il procedimento d’elaborazione
delle norme comunitarie che hanno condotto all’evoluzione degli assetti
istituzionali. In tale direzione sono state individuate ed andranno preparate
soluzioni giuridiche sempre nuove e aderenti ai mutamenti politici ed economici
di ogni determinato periodo storico.
La
struttura dell’Unione Europea è caratterizzata da variegati aspetti,
problematiche, atteggiamenti, esigenze, caratteristiche e orientamenti che sono
peraltro tipici di ogni sistema politico. Si tratta del “Sistema Politico
Comunitario”: trattasi di un sistema di competenze radicate in capo alle
Istituzioni coinvolte nella realizzazione dello sviluppo economico.
La
detta struttura da luogo ad un’originale costruzione giuridico istituzionale
che si differenzia da precedenti strumenti originanti accordi economici, in
quanto determina la nascita di un nuovo autonomo ordinamento giuridico dotato
di proprie Istituzioni: il Consiglio cui
è assegnata la funzione di produrre norme giuridiche;
Essa
può definirsi Comunità di diritto fondata sui principi fissati dai Trattati e
il cui ordinamento è autonomo e sovrano con proprie competenze necessariamente
integrate con quello dei singoli Stati membri. Chiaramente per la sua
formazione emerge la centralità del ruolo ascrivibile agli accordi fra i
governi nazionali i quali esprimono una comune volontà di adottare politiche di
sviluppo economico.
Ecco
perché l’Unione Europea non è e non può essere ricondotta ad una organizzazione
tipica di un qualsiasi stato nazionale.
In proposito si parla spesso di “intergovernativismo”. Ed è proprio
l’assenza degli attributi propri di qualsiasi stato nazionale che le conferisce
una sua particolare identità ponendola in una situazione assai diversa degli
Stati membri che ne fanno parte[12].
Né
l’Unione Europea può essere assimilata ad una qualsiasi altra organizzazione
internazionale. Infatti, ove si esamini, nei dettagli, l’essenza dell’Unione
Europea, emergono le caratteristiche di un sistema politico, sui generis, ed elementi di originalità
e specificità non riconducibile ad Istituzioni nazionali né ad Organizzazioni
internazionali. Va inoltre sottolineata la volontà degli Stati membri di creare
una serie di regole comuni per tutti i cittadini della Comunità.
Puntualizzando
quanto fino ad ora esposto è da rilevare che negli Stati membri sono ravvisati
sempre più elementi di impronta comunitaria comportanti il continuo superamento
delle norme nazionali che vengono adattate alle regole del diritto comunitario
attraverso l’attività d’interpretazione svolta dalla dottrina e dagli stessi
ordinamenti giurisdizionali nazionali.
La
supremazia che l’Unione Europea, nell’integrazione dell’ordinamento comunitario
con le normative degli Stati membri, ha per effetto del riconoscimento del primato
del diritto comunitario su quello nazionale e per l’efficacia immediata delle
norme comunitarie all’interno dei singoli Stati senza la necessità di un
esplicito riconoscimento ha come conseguenza che gli atti giuridici delle
Istituzioni comunitarie dispiegano effetti modificatrici e/o innovativi sul
diritto nazionale.
Ciò
però non determina una sostanziale posizione di superiorità dell’Unione Europea
sull’organizzazione statale. Innanzitutto la cosiddetta forza innovativa del
diritto comunitario è abbastanza contenuta. Nella prima applicazione del
Trattato si è inteso costruire un mercato comune delle merci fra tutti gli
Stati aderenti alla Comunità.
Quindi
trattasi di un’innovazione di mero contenuto quantitativo perché la novità
consiste solo nell’ampliamento territoriale del mercato. La conseguenza del
suddetto ampliamento territoriale offre un concreto vantaggio sul piano
economico e, di questo, beneficiano tutti gli Stati membri[13]. Che l’Istituzione europea non abbia una
supremazia organizzativa rispetto alle organizzazioni statuali è dimostrato dai
seguenti elementi:
degli
obbiettivi in tutte le diverse direzioni. Ed invero nella variegata
potenzialità dei sistemi amministrativi dei vari Stati è comunque certo che il
più limitato di essi si trova comunque in posizione di superiorità rispetto al
sistema amministrativo dell’Unione europea.
parte
(la politica estera, la politica culturale, la politica di supporto alla media
ed alla piccola impresa, ecc.) rimane
nelle mani degli Stati membri.
Diversamente
da quanto avviene fra l’Unione Europea e le Istituzioni nazionali, si pone il
confronto fra l’Unione europea e le Organizzazioni internazionali.
La
caratteristica più significativa che differenzia l’ordinamento comunitario da
quello internazionale risiede nel fatto che la produzione normativa non è una
conseguenza degli accordi intervenuti volta per volta fra gli associati, ma è
il frutto dell’attività degli organi della Comunità, stimolata dall’impulso dei
membri partecipanti.
In
particolare, la formazione delle norme non avviene sotto forma convenzionale,
ma si verifica attraverso un processo istituzionale. Forti ed evidenti appaiono
le differenze tra l’organizzazione comunitaria rispetto a quella
internazionale.
Specificamente:
·
La legislazione
dell’Unione Europea è riconosciuta dagli Stati membri ed è applicabile ipso iure sia nei riguardi delle
Istituzioni all’interno, sia ai propri individui ed alle proprie imprese[14]; di contro, è noto, che le decisioni delle
organizzazioni internazionali abbisognano del consenso degli Stati aderenti (la
c.d. “ratifica”) per divenire operative e non si impongono direttamente ai
singoli cittadini.
·
I Trattati
europei regolano, imperativamente, i rapporti tra le Istituzioni nazionali degli
Stati membri e L’istituzione sopranazionale (Unione Europea), e tra la stessa
Istituzione sopranazionale (Unione Europea) ed i cittadini degli Stati membri.
Invece i Trattati internazionali sono accordi (i c.d. patti) tra Stati sovrani
che s’impegnano ad una reciproca collaborazione che dovrà tradursi in norme
interne operative dei singoli stati.
·
L’Unione
Europea è dotata di un organo, il Parlamento europeo. Esso è l’unico Parlamento
plurinazionale al mondo ad essere eletto a suffragio universale diretto: figura
questa non ricorrente in nessuna organizzazione internazionale. L’espressione
“Parlamento Europeo” non va assimilata nella sostanza né a quella di
“Parlamento nazionale” né a quella di una “organizzazione internazionale”. Il
Parlamento europeo non è organo preposto per volontà popolare all’esercizio
della funzione legislativa cioè alla emanazione di atti aventi la forza di
legge. Esso non ha il monopolio d’ogni decisione avente forza di legge
(direttive e regolamenti) né ha specificamente poteri legislativi che sono
esercitati dal Consiglio dell’Unione. Ma il Parlamento europeo non è nemmeno
assimilabile alle assemblee delle organizzazioni internazionali poiché nessuna
organizzazione internazionale dispone di un assemblea elettiva, scaturente dalla
volontà dai cittadini: gli elettori.
·
L’Unione
europea, a differenza delle altre Organizzazioni internazionali, non ha
obbiettivi specifici predeterminati[15] (né potrebbe essere diversamente essendo una
Istituzione preordinata al raggiungimento delle finalità economiche per il cui
obbiettivo è stata costituita), né finalità di collaborazione e di informazione
dirette al soddisfacimento di interessi generali e comuni agli Stati aderenti
all’organizzazione internazionale. Gli obbiettivi dell’Unione europea sono
invece finalizzati alla creazione di uno stretto legame economico fra gli Stati
membri, travalicante il mutuo soccorso o il riconoscimento di specifiche
posizioni dei suoi membri.
E’
evidente che la proficua realizzazione del mercato comune può essere perseguita
solo prefiggendo obbiettivi economicamente pregnanti sotto il profilo
qualitativo e quantitativo, oltretutto diversificati.
Perciò
dagli originari obiettivi della concorrenza e della politica monetaria, si è
passati via via ad altri, quali quelli della politica della pesca,
dell’immigrazione, dell’ambiente, dei trasporti, delle telecomunicazioni ed
ultimamente, dopo l’attacco terroristico a New York del 11 settembre
Altra
analisi è quella diretta ad accertare le differenze fra l’Unione Europea e gli
Stati federali. A differenza di quanto avviene in Canada o negli Stati Uniti o
nella Federazione Russa, l’Europa comunitaria non è organizzata su base
federale.
L’Unione
Europea e gli Stati Uniti sono entrambi strutture a dimensione continentale
anche se l’Unione europea è una organizzazione ancora in evoluzione. Si rende
quindi interessante una loro comparazione per poterne esaltare le differenze
che esistono in molti settori sia politici che organizzativi.
Gli
Stati Uniti costituiscono un sistema di democrazia federale dove i poteri sono
distribuiti territorialmente fra un centro federale e gli Stati secondo un
principio molto semplice: il centro federale ha poteri tassativamente elencati
e quindi limitati nella loro estensione; trattasi di poteri che sono meglio
esercitati da una struttura centrale di
quanto potrebbe avvenire se fossero disciplinati dai singoli Stati federali.
La
competenza dei singoli Stati federale è, di contro, limitata alle questioni
inerenti il raggiungimento di specifici interessi pubblici degli stessi Stati[16]. Il federalismo americano è definito “federalismo
concorrenziale” per distinguerlo dal federalismo tedesco chiamato “federalismo
cooperativo”[17].
Le
relazioni tra le Istituzioni comunitarie e quelle nazionali non possono
assimilarsi a quelle esistenti con uno stato confederale simile a quello degli
Stati Uniti o quello della Germania fra potere centrale e quello degli Stati
federati.
In
particolare, quello dell’Unione Europea è un sistema tipico e caratteristico di
essa. Nei sistemi federali la sovranità è divisa fra lo Stato federale e gli
Stati federati i quali, però, non hanno potere d’ultima decisione; nell’Unione Europea,
invece, esiste un unico Parlamento, eletto direttamente dai cittadini europei.
Esso, come detto, non ha forti poteri decisionali a differenza della
Commissione. Di contro
Il
metodo comunitario ed il metodo intergovernativo sono i due procedimenti
attraverso i quali vengono adottate tutte le decisioni dell’Unione Europea. Le
decisioni circa l’applicazione dell’uno o dell’altro metodo sono di competenza
della Conferenze intergovernative. Trattasi di accordi negoziati ed eseguiti.
In ogni caso è sempre possibile l’interscambio tra un metodo e l’altro.
Il
metodo comunitario si basa sul
principio che l’interesse generale dell’Unione Europea può essere perseguito
solo se tutte le Istituzioni dell’Unione concorrono concordemente a formare le
decisioni necessarie per una comune politica, quella del mercato comune,
essendo ininfluente l’interesse settoriale, cioè quello di ogni singolo stato.
Nell’ambito di questo metodo sono ricorrenti tanto un procedimento ordinario
quanto tanti procedimenti speciali[18]. Le caratteristiche riscontrabili sono le
seguenti:
·
La Commissione
ha il monopolio dell’esercizio dell’iniziativa legislativa.
·
Il Consiglio
delibera normalmente con il voto della maggioranza qualificata.
·
Il Parlamento
Europeo riveste il ruolo colegislativo.
·
La Corte di
Giustizia Europea garantisce l’uniformità di interpretazione del diritto
comunitario.
Il
metodo intergovernativo, al
contrario, si basa sulla considerazione che l’interesse dell’Unione Europea può
essere perseguito solo garantendo l’interesse di ciascun Stato membro per cui
viene attribuito un potere prioritario decisionale ai governi dei singoli Stati
tramite il Consiglio che è l’istituzione che tutti li rappresenta[19]. Tale metodo è adottato di preferenza per le
problematiche inerenti politica estera, sicurezza, difesa comune, cooperazione
giudiziaria e di polizia.
A
differenza del metodo comunitario, nel metodo intergovernativo non è possibile
classificare omogeneamente i procedimenti posti in essere dai governi nelle
loro consultazioni che sono variabili a seconda le inclinazioni politiche del
momento[20].
Le
caratteristiche del metodo intergovernativo sono le seguenti:
·
·
Le decisioni
del Consiglio sono assunte con delibere di voto all’unanimità.
·
Al Parlamento Europeo
è attribuita una funzione semplicemente consultiva.
·
La Corte di
Giustizia dispone di un potere di intervento limitato
Da
quanto esposto si arguisce come sia difficile regolare in termini politici i
rapporti fra Consiglio e Commissione perché entrambi hanno compiti di guida
politica, legislazione ed esecuzione della legislazione: compiti tutti compresi
nell’espressione “funzione esecutiva”. La ragione è dovuta al fatto che in
entrambi gli organismi tutti i governi nazionali degli Stati membri partecipano
con i loro capi di governo. I rapporti fra Consiglio e Parlamento sono fondati
su una duplicità di manifestazione ma tale rapporto è assai debole. Il
Consiglio esercita infatti insieme alla Commissione compiti esecutivi ed
insieme al Parlamento compiti legislativi; di contro il Parlamento ha alcune
funzioni di controllo sulla Commissione e sul Consiglio e compiti legislativi
che esercita unitamente al Consiglio. Il
rapporto è debole poiché il Parlamento, non prevedendo ciò i Trattati, non ha
il potere di chiedere alla Commissione ed al Consiglio il rendiconto delle loro
scelte politiche o di condividere con essi la responsabilità politica. Non
esiste cioè né controllo politico né
qualsiasi altra forma di vincolo reciproco ma solamente un obbligo di informazione
reciproca.
Al
contrario intenso è il rapporto che il Consiglio ha con i gruppi sociali e con
le organizzazioni di interesse economico e ciò spiega, così come accade nei
governi nazionali, il perché il Consiglio sia oggetto di pressione in tutte le
fasi della sua attività, da quella pre - decisionale a quella di iniziativa
legislativa ed alla fase ancora dell’adozione dei procedimenti formali ed
infine in quella dell’esecuzione[21].
Due
organi fra di loro indipendenti svolgenti funzioni differenti[22] ma strettamente collegate sono il Consiglio
dell’Unione europea ed il Consiglio Europeo. Il primo sorto nell’ambito della
Istituzione comunitaria, è meglio conosciuto come “Consiglio dei Ministri”. E’
l’organo legislativo dell’Unione ed esercita il potere legislativo, in
codecisione con il Parlamento europeo, per numerose materie di competenza
comunitaria (finanze, agricoltura, affari esteri e così via). E’ composto da un
rappresentante di ciascuno Stato esercitante la funzione ministeriale ed ogni
membro è politicamente responsabile dinanzi al proprio parlamento nazionale. Le
riunioni del Consiglio dell’Unione europea hanno luogo periodicamente a
Bruxelles o a Lussemburgo. Da esse scaturisce (spesso, come detto, in
co-decisione con il Parlamento europeo) la produzione delle leggi comunitarie.
La presidenza del Consiglio è esercitata a turno da ciascuno Stato membro per
una durata di sei mesi. La composizione varia a seconda delle materie trattate.
La formulazione della decisioni è opera dei Comitati dei rappresentanti
permanenti degli Stati membri.
Il
Consiglio europeo, invece, è sorto contestualmente alla nascita delle
Istituzioni comunitarie ma si pone al di fuori di esse. Non è quindi considerato,
un’Istituzione dell’Unione europea. Tuttavia riveste una importanza notevole
nell’ambito dell’Unione europea perché esercita funzioni di impulso, di
determinazione degli orientamenti politici generali, di coordinamento, di
arbitrato, di soluzione di difficili questioni.
L’origine
del Consiglio europeo è da rinvenirsi nella prassi delle riunioni fra i Capi di
stato o di governo degli Stati membri ed il presidente della Commissione per
discutere di questioni attinenti la vita e lo sviluppo della Comunità e gli
orientamenti politici generali dell’Unione europea. Tale prassi fu
istituzionalizzata nel Vertice di Parigi del
I
componenti si riuniscono due volte l’anno in sede ordinaria, e le volte che si
rende necessario, in sede straordinaria, per discutere e deliberare quanto
occorra per la guida ottimale per la guida dell’Unione Europea[23]. Il Consiglio ha la funzione di imprimere all’Unione
Europea gli impulsi per l’adozione delle iniziative necessarie al suo sviluppo
onde fare si che non subiscano rallentamenti o ristagni gli obbiettivi
dell’Unione stessa. Pertanto scopo del Consiglio è quello di perseguire una
politica di osservazione e di stimolo degli interessi di carattere generale,
indicando le soluzioni più appropriate al momento attuale sotto il profilo
sociale, economico e politico. L’esercizio delle funzioni del Consiglio nel
governo dell’Unione Europea deve avvenire tenendo conto non solo delle altre
Istituzioni comunitarie ma anche di tutte le componenti del sistema politico
dell’Unione. Il Consiglio è l’istituzione dotata dei maggiori poteri su tutte
le materia di competenza della Comunità. Questi, inoltre, si estendono anche al
di fuori della sfera di competenza comunitaria ogni qual volta si renda
necessaria, ai fini del funzionamento del mercato comune, un’azione della
Comunità e questa sia priva di forza attuativa. Attraverso il Consiglio gli
Stati membri gestiscono le politiche comuni e si preoccupano di adeguare i
sistemi nazionali a tali politiche. Trattasi di un’Istituzione complessa
caratteristiche sue peculiari, poiché esercita nel contempo funzioni di guida
politica, elaborazione legislativa ed esecuzione amministrativa funzioni che
fino ad oggi, ha espletato in modo perfetto. E’ l’unica delle Istituzioni
dell’Unione Europea che può considerarsi
ambivalente. Mentre infatti tutte le altre Istituzioni sono proprie solo
dell’Unione ed i soggetti cui essa opera esercitano i ruoli loro attribuiti nel
Consiglio, invece, i soggetti che fanno parte della detta Istituzione operano[24] ora come membri del Consiglio ora come membri dei
governi nazionali. Nel primo caso perseguono gli interessi dell’Unione, nel
secondo caso, come esponenti del partito del paese cui appartengono, agiscono
per rappresentare, promuovere o per difendere gli interessi peculiari dei vari
soggetti (popolo, collettività o gruppo di elettori) tutelati dal loro Stato.
Il
Consiglio pertanto può, a ragione, essere definito, nel suo ruolo comunitario
“Istituzione” dell’Unione e nel suo
ruolo nazionale come “organo” rappresentativo dei singoli Stati poiché i membri che lo compongono rispondono
delle loro azioni ai rispettivi Stati membri anche se all’interno difetta una
legislazione nazionale che ciò preveda e regoli dato che organizzazione e
funzionamento sono disciplinati solo da norme dell’Unione Europea.
Attraverso
tale Istituzione gli Stati Membri partecipano alle politiche comunitarie con i
loro rappresentanti che, generalmente sono i ministri competenti nella materia
trattata, i quali quotidianamente tramite il ruolo svolto nel Consiglio
impegnano il loro governo[25]. Detta Istituzione ha una struttura amministrativa
che ha ricevuto notevole sviluppo nel corso degli anni ed è in costante
evoluzione[26].
Le
delibere sono adottate, a seconda dei diversi procedimenti decisionali nei vari
settori di competenza dell’Unione Europea, col sistema della maggioranza
semplice[27], della maggioranza qualificata[28] o dell’unanimità[29].
Per
quanto detto viene a giustificarsi ed a comprendersi la duplice veste ricoperta
dal Consiglio: “Consiglio dell’Unione” (ex Consiglio dei Ministri) e “Consiglio
Europeo”. I governi nazionali attraverso le manifestazioni del Consiglio
dell’Unione e del Consiglio Europeo esercitano una azione continua
condizionando qualunque sfera d’azione dell’Unione. Infatti entrambi compiono
concretamente attività di governo nei due più importanti settori: quello delle
politiche economiche e settoriali e quello della politica internazionale e
della sicurezza interna. Nel corso degli anni vi è stata una crescita
quantitativa delle procedure attinenti allo studio, alla preparazione delle
politiche e dei programmi, alla produzione delle decisioni.
Le
sue funzioni sono molteplici: Esercita un’attività di mediazione sul processo
decisionale degli Stati membri; svolge il controllo sull’osservanza delle
disposizioni deliberate dagli Stati
membri. La parte terminale di tale controllo è data dall’ormai famoso “procedimento
d’infrazione” (art. 169 Trattato C.E.) contro lo Stato inadempiente,
procedimento riguardo il quale il nostro paese ha per anni detenuto il primato.
In caso di persistente inadempimento segue l’accertamento giurisdizionale da
parte della Corte di Giustizia che a termini del Trattato U.E., può anche
comminare una misura sanzionatoria contro l’inadempiente.
Inoltre
è dotata di potere d’impulso riguardo alla produzione legislativa. Ha, infatti,
il compito di formulare, o dietro sollecitazione del Consiglio o del
Parlamento, o su propria iniziativa la proposta dell’atto che verrà approvato
dal Consiglio. L’attività direttiva, regolamentare o decisionale è generalmente
preceduta da un’ampia consultazione ed accompagnata da un rapporto contenente
le valutazioni economiche, politiche e normative che sorreggono la proposta e
la sua formulazione. Ha poteri d’impulso nei rapporti con gli Stati e formula,
in particolare, proposte nel settore dell’agricoltura, e più specificamente l’
ampliamento dell’Unione e sulle riforme amministrative ritenute necessarie.
Importantissima
è la sua azione soprattutto nel settore del mercato unico. In qualsiasi
attività è preminente l’obbiettivo di assicurare concretamente le quattro
libertà fondamentali previste dai Trattati: libera circolazione di capitali, di
merci, di persone e di servizi. Il programma presentato nel 1992 evidenzia
proprio tale aspetto: facilitare l’abolizione di regole nazionale a vantaggio
di quelle comunitarie, fare emergere il mercato unico in vista del
raggiungimento di standards minimi
economici uguali nei vari settori affinché i diversi produttori nazionali
possano trovare un mercato accogliente in cui operare.
La
diversità delle funzioni elencate comporta che essa si pone come un’Istituzione
ad articolazione complessa. In primo luogo deve fronteggiare l’indubbio
contrasto tra politica ed amministrazione nel quadro delle logiche organizzative che non sempre sono compatibili
fra loro. Per potere validamente operare deve acquisire competenze tecniche nelle
principali aree d’azione del governo e possedere perspicacia nella
prospettazione delle questioni in cui esercita iniziativa legislativa affinché
le proposte non siano respinte.
Per
tutto ciò è da ritenere
Il
Parlamento europeo è il più grande parlamento multinazionale del mondo: i suoi
732 deputati rappresentano oggi 456 milioni di cittadini. Nel corso degli anni
ha accresciuto il proprio peso politico, e
I
componenti del Parlamento Europeo sono eletti in base al sistema elettorale
proporzionale. Trattasi di un sistema elettorale adottato uniformemente da
tutti i paesi della Comunità europea; anche se, tale uniformità si manifesta
nei paesi variamente in relazione alla soglia di sbarramento ed alla mutabilità
nella dimensione dei collegi elettorali[37]. Trattasi di elezioni di secondo grado da un duplice significato:
queste elezioni sono considerate di minore importanza rispetto a quelle
nazionali, e perché l’oggetto di cui si occupa il Parlamento europeo è
secondario rispetto alle tematiche nazionali considerate di importanza
superiore. Le prime elezioni sono state considerate un evento molto importante
per lo sviluppo e per l’evoluzione del cosiddetto “europeismo”. Purtroppo in alcuni
paesi è mancata una elevata sensibilità da parte dei cittadini; inoltre, i più
informati, si sono resi consapevoli dei limitati poteri del Parlamento europeo.
A questo aggiungasi il limitato impegno da parte dei partiti e dei candidati in
campagna elettorale, posto nell’illustrare i programmi e sensibilizzare gli
elettori sulla importanza e la necessità del voto. Per questi motivi il
Trattato di Maastricht ha introdotto nuove procedure che prevedono per il
Parlamento poteri decisionali più ampi e un ruolo rilevante nella nomina della
Commissione. Ciò nondimeno quando, per la quinta volta, nel 1999, i cittadini
europei sono stati chiamati alle urne per eleggere il Parlamento come sopra
potenziato, a suffragio universale diretto con uno scrutinio di tipo
proporzionale realizzato o su base regionale, o su base nazionale o con un
sistema combinato, non è aumentata l’affluenza alle urne.
Organi
del Parlamento Europeo sono: il presidente[38], l’ufficio di presidenza[39], la conferenza dei presidenti[40], le commissioni parlamentari[41] ed il segretario generale. Sono inoltre, presenti
i gruppi parlamentari che esprimono gli orientamenti dei partiti politici di
cui sono espressione. La maggior parte dei deputati sono iscritti ad un gruppo
politico[42].
Il
Parlamento europeo ha poteri limitati e tale limitazione comporta di riflesso
la limitazione della rappresentatività nelle decisioni comunitarie. E questa
ragione ha fatto del Parlamento l’organo più discusso della Comunità europea e
quello che ha subito la maggiore evoluzione che ha condotto ad una graduale
trasformazione dell’Istituzione da organizzazione di Stati a comunità di
cittadini. Tale evoluzione ha subito una accentuazione a seguito del Trattato
di Maastricht che ha notevolmente accresciuta la partecipazione dei soggetti
alla formazione delle decisioni del Parlamento che forte della legittimazione
popolare, è progressivamente riuscito a modificare a proprio vantaggio la
bilancia dei poteri che inizialmente lo vedeva, come detto, in posizione di
inferiorità rispetto alle altre Istituzioni comunitarie. Detta partecipazione
si concretizza nella sottoposizione di un notevole numero di misure legislative
a procedure che per l’importanza delle decisioni, fanno assurgere il Parlamento
ad una posizione di sempre maggiore rilevanza. Ciò in generale, rende sempre
più difficile la vita della Commissione e del Consiglio, in ordine
all’approvazione di un provvedimento, in quanto ove essi intendano discostarsi
dalla volontà del Parlamento, sono costretti a venire a patti con esso.
Il
Parlamento europeo esercita tre poteri fondamentali: il potere legislativo, il
potere di controllo democratico, i poteri processuali davanti alla Corte di
Giustizia europea ed il potere di bilancio.
Potere
legislativo. Il Parlamento vota le leggi europee insieme al Consiglio. Originariamente il Parlamento poteva emanare solo
atti non vincolanti cioè risoluzioni (atti con i quali il Parlamento esprime la
propria posizione su un determinato tema) e raccomandazioni (atti indirizzati
ad altre Istituzioni). Sia le raccomandazioni che le risoluzioni sono il
veicolo attraverso il quale il Parlamento esprime gli indirizzi e le
valutazioni. Inoltre il Parlamento emana atti aventi natura di pareri[43]. I pareri si pongono nella fase definita procedura
di Consultazione[44]. Fino al 1986 la c.d. “consultazione” era l’unico
strumento attraverso il quale il Parlamento interveniva nell’iter della
formazione legislativa contribuendo all’emanazione di atti vincolanti per il
Consiglio. La revisione dei Trattati ha portato ad una crescita dei poteri del
Parlamento e significativo è stato l’avvento dell’Atto Unico Europeo che ha
introdotto la procedura c.d. di “cooperazione”, in cui il Parlamento si esprime
su un atto comunitario due volte; prima sulla proposta della Commissione, poi
sul progetto di atto del Consiglio, prospettando emendamenti o respingendo lo
stesso. Il Consiglio, ove intenda discostarsi dalla posizione del Parlamento,
può adottare l’atto solo all’unanimità. Il Trattato di Maastrict a latere delle
procedure esistenti ne ha introdotto un’altra: la c.d. procedura di
“codecisione”[45] la quale attribuisce al Parlamento un ruolo di
“colegislatore” nell’emanazione degli atti. Ecco quindi che il Parlamento
europeo, grazie alla procedura di codecisione, si pone come legislatore a pieno
titolo perché condivide con il Consiglio l’esercizio del potere legislativo.
Infatti, questa procedura pone il Parlamento ed il Consiglio su un piano di
assoluta parità, prevedendo un accordo fra di essi attraverso un susseguirsi di
passaggi di atti e nomina di comitati di conciliazione a composizione mista:
consiliare e parlamentare. L’atto legislativo viene alla luce solo se si
raggiunge l’accordo fra Parlamento e Consiglio. Quindi il consenso finale del
Parlamento europeo è pertanto indispensabile. Detta procedura, a causa della
sua complessità, è stata molto lenta ad essere attuata, tant’è che il Trattato
di Amsterdam del 1997 l’ha notevolmente semplificata. La procedura di
“codecisione” è l’unica che conferisce al Parlamento un autentico ruolo
legislativo anche se non è prevista per qualunque fattispecie. Infatti sono esclusi dalla “codecisione” alcuni
settori di grande importanza quali, ad esempio, molti di quelli coinvolgenti
questioni sulla libera circolazione delle persone, sulla concorrenza,
sull’agricoltura, sulla politica industriale e fiscale campi in cui il
Parlamento svolge la funzione di mero organo di consulenza.
Altra
procedura è quella del “parere conforme” introdotta dall’Atto Unico Europeo. Ad
essa si ricorre per l’adesione di un nuovo stato alla Comunità europea nonché
per gli accordi di associazione con altri stati e per tutti gli accordi che
possono notevolmente incidere sul bilancio della Comunità. Il parere è
obbligatorio e vincolante.
Da
quanto detto si evince una evoluzione significativa dei poteri legislativi del
Parlamento europeo. Nondimeno, la crescente rilevanza dell’attività del
Consiglio rende preminente la stessa sull’attività del Parlamento attenuandone
i poteri e trasferendo i rapporti sul piano intergovernativo. E’ infatti il
Consiglio europeo che di fatto decide in ordine alle priorità dell’agenda
comunitaria ed alle principali decisioni politiche cosicché il Parlamento si
trova a legiferare su una traccia già decisa da quest’ultimo. Nell’ambito del
Consiglio europeo sono rappresentati gli interessi degli Stati membri, con la
presenza dei ministri degli stessi e del Presidente della Commissione mentre i
popoli esercitano loro presenza solo nella fase inaugurale, allorché il
Presidente del Parlamento Europeo pronuncia
il suo discorso.
Potere di
controllo. Il Parlamento esercita
la funzione di controllo sull’intera attività comunitaria: innanzitutto sulla
Commissione e sul Consiglio e poi, attraverso i suoi poteri di inchiesta, su
altre Istituzioni quali
Il
Parlamento esercita il controllo politico tramite la nomina di commissioni
d’inchiesta che entro un anno dalla nomina sono obbligate a presentare un
rapporto sull’oggetto della inchiesta[50]. Tali commissioni hanno poteri molto ampi tant’è che possono
interrogare funzionari sia comunitari che nazionali. La commissione d’inchiesta
abbisogna per il suo funzionamento di una procedura lenta per cui il
Parlamento, a volte, ricorre alla nomina di commissioni d’indagine la cui
organizzazione snella permette di porre in essere celermente il rapporto sui
fatti oggetto d’indagine[51]. I fatti possono essere oggetto d’indagine solo se
non attengono ad un procedimento giurisdizionale pendente. Altro controllo il
Parlamento lo esercita tramite il “Mediatore”[52]. Trattasi di un organo nominato dal Parlamento
all’inizio del mandato e destituibile solo ad opera di esso. Ha la funzione di
raccogliere le denunce da parte di qualsiasi cittadino dell’Unione nei
confronti delle Istituzioni europee per cattiva amministrazione. Non esercita
controllo di natura giurisdizionale e quindi non ha il potere di annullare gli
atti, né di imporre risarcimenti di danni, però, a causa della grande
trasparenza della sua funzione la conoscenza delle sue denunce ha notevole
rilevanza politica sul piano dell’impatto sull’opinione pubblica.
Poteri
processuali. Tali poteri sono
stati introdotti dal Trattato di Maastricht che però non li ha istituiti ex novo in quanto già esistevano nella
prassi processuale a seguito di esplicito riconoscimento operato dalla Corte di
Giustizia Europea con varie sentenze. Si sostanziano nel diritto d’intervento,
nella legittimazione a promuovere i ricorso in carenza, nell’impugnabilità
degli atti del Parlamento europeo[53], nel diritto di agire per l’annullamento degli
atti[54]. Il Trattato, in definitiva, ha riscritto ciò che
già era in uso nella prassi comunitaria.
Poteri in
materia di bilancio. Il Parlamento ed il Consiglio
in materia di bilancio condividono gli stessi poteri. Trattasi di controllo che
va ben oltre gli aspetti finanziari perché comporta un controllo più generale.
Fra l’altro il Parlamento vigila tramite una apposita commissione sulla
corretta destinazione dei fondi comunitari al fine di impedire frodi e
distorsioni nel loro uso. Ogni anno, a dicembre, il Parlamento stabilisce il
bilancio dell’Unione europea dell’esercizio successivo ed esamina l’operato
della Commissione concedendole il “discarico” di responsabilità nell’esecuzione
del bilancio[55]. La procedura per il controllo del bilancio è
chiamata procedura di “concertazione”. Si attua secondo il seguente iter: la
Commissione tenendo conto degli orientamenti espressi dal Consiglio e dal Parlamento presenta al Consiglio il progetto
preliminare del bilancio. Il consiglio lo trasmette al Parlamento il quale può
approvarlo, emendarlo e respingerlo in blocco. Se il progetto è respinto la
procedura ricomincia ogni volta dall’inizio fino a quando il bilancio non è
approvato[56]. Il bilancio è finanziato con risorse proprie stabilite
dagli Stati membri dopo essersi consultati con il Parlamento europeo
Il
Mercato europeo sarebbe rimasto incompleto e non avrebbe potuto raggiungere pienamente
le sue finalità se non fosse stata istituita una moneta comune denominata
“euro”. L’avvento dell’euro si è avuto in ritardo per vari motivi: mancanza di
volontà politica, posizioni divergenti degli Stati membri, diversi livelli di
sviluppo economico nei vari Stati membri e, infine, varie situazioni
internazionali[57]. Il sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC)[58] si pone come conseguenza della istituzione della
moneta unica e della politica monetaria e di cambio unica. Il SEBC fa capo alla
Banca Centrale Europea (BCE). L’Unione Economica Monetaria (UEM) è la forma più
avanzata di integrazione economica, che determina il venire meno della
sovranità degli stati in campo monetario. Non vi sono più i poteri nazionali di
emissione della moneta, di svalutazione e di fissazione dei tipi di cambio e di
interesse. Si esce dalla sfera dello stato nazionale e si entra in quella di
paesi con una propria storia ed una propria politica uniti dalla moneta unica
tutti facenti riferimento alla Banca Centrale Europea. Questa è la
dimostrazione che gli Stati membri sono incapaci di colmare da soli i propri
deficit o squilibri economici o finanziari. Così si passa ad un sistema di tipo
federale. Cioè si crea una nuova Istituzione,
Il
Trattato di Roma stabiliva che le basi di una Europa unita economicamente
erano
costituite dalla libera circolazione di persone, di merci, di capitali e di
servizi.
Nulla
però veniva stabilito riguardo alle politiche economiche comuni perché ciò
avrebbe comportato nei relativi settori una diminuzione della sovranità dei
Paesi membri che essi non avevano intenzione di perdere. Tale situazione non
poteva durare a lungo, perché si avvertiva la necessità di un coordinamento in
materia monetaria onde evitare danni agli scambi ed agli investimenti e far si
che non si fermasse o rallentasse la crescita economica. Così nel 1964 la
Commissione, in seguito a valutazioni approfondite, propose di creare un
Comitato di governatori delle banche centrali ed un comitato di politica del
bilancio[59]. Si dovette però attendere il 1979 per rafforzare
l’edificio comunitario con una iniziativa di grande rilievo che ottenne il
consenso di diversi Stati membri: la creazione dello SME[60] (Sistema monetario Europeo) alla quale
parteciparono, con entusiasmo, tutti gli Stati membri anche se essa veniva a
limitare la sovranità in materia monetaria. Infatti era introdotta la regola
che stabiliva che la parità fra le diverse moneta non avrebbe potuto essere
modificata senza l’approvazione degli Stati membri e della Commissione.
Il
bilancio di tale operazione è stato positivo e l’introduzione delle banche
centrali ha agevolato il processo di preparazione dell’Unione Monetaria Europea
e quindi la costruzione di un mercato unico connotato da caratteri particolari
quali: l’Euro moneta unica emessa e gestita unicamente dalla Banca Centrale
Europea, unica Istituzione comunitaria a ciò abilitata; l’assistenza, su
proposta della Commissione e previa decisione dell’eurogruppo all’unanimità,
agli Stati Membri in difficoltà finanziarie; la possibilità per il CM, a
seguito di proposta della Commissione, di comminare sanzioni agli Stati membri
che presentano un deficit eccessivo[61]; l’attuazione di una politica monetaria unica
sotto la direzione della BCE; l’accordo con gli Stati non comunitari per una
politica di cambio dell’euro.
L’eurosistema
ha le seguenti funzioni: mantenere la stabilità dei prezzi; evitare l’inflazione
ed il blocco economico; sostenere le politiche economiche generali della
Comunità; promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività
economiche, dell’occupazione e della protezione sociale.
Tutti questi obbiettivi devono essere aggiunti nel
rispetto della libera concorrenza e facilitando la allocazione delle risorse.
Naturalmente se dovessero verificarsi interessi in conflitto con la stabilità
dei prezzi prevarrà quest’ultima esigenza. Le basi dell’eurosistema sono
costituite dalla Banca Centrale Europea la quale detta alle Banche Centrali
Nazionali le istruzioni affinché esse operino in conformità agli indirizzi da
essa dati e se ciò non avviene può portare la questione di fronte alla Corte di
Giustizia.
Gli
organi della Banca Centrale Europea sono:
Il
Consiglio direttivo[64] che ha una funzione essenziale per l’economia:
determina i tassi d’interessi ai quali le Banche commerciali possono ottenere
liquidità dalla Banca Centrale per cui influisce sui tassi di interesse
praticati dalle banche in tutti i settori all’interno dell’eurosistema.
Il
Comitato esecutivo che ha la funzione di attuare le decisioni del Consiglio
direttivo. E’ responsabile della gestione di fronte alla Banca Centrale Europea
e fornisce istruzioni alle banche per l’attuazione della politica monetaria[65].
Il Consiglio generale è un organo sussidiario
con funzioni minoritarie rispetto al Consiglio direttivo ed al Comitato
esecutivo e non ha poteri che influiscono nella scelta della politica
monetaria. Esercita una funzione consultiva ed una funzione di collegamento tra
l’eurosistema e gli Stati che non ne fanno parte ed una funzione di raccolta di
informazioni statistiche.
Nell’Unione
Europea sono presenti gruppi parlamentari[66], organizzazioni extraparlamentari[67] ( poco rilevanti), i partiti nazionali. E’ stata
sopratutto l’azione di questi ultimi che ha agevolato il sorgere ed il
diffondersi degli europartiti. L’importanza dei partiti per l’Unione europea è
notevole e lo stesso Trattato di Nizza nell’art. 191 la evidenzia[68]. Indubbiamente le elezioni del Parlamento Europeo
hanno rappresentato fattori fondamentali di sviluppo dei partiti e dei loro
sistemi organizzativi. Ma, contrariamente a quanto sostenuto all’atto delle
prime elezioni del Parlamento Europeo, non sempre i partiti hanno rappresentato
un elemento di positività. Comunque la storia del Parlamento Europeo eletto a
suffragio universale non è sufficientemente lunga da consentire un‘osservazione
precisa sul consolidamento dei partiti. I partiti europei, meglio definiti
“europartiti”, hanno per finalità quella di unire politicamente tutti i
cittadini europei creando quel collegamento di interessi, bisogni e necessità
fra gli stessi cittadini e le istituzioni comunitarie. Purtroppo, in epoca
passata, il monopolio politico dei partiti nazionali ha frenato lo sviluppo
degli europartiti e solo ultimamente si può parlare degli europartiti come di
una realtà comunitaria. Le organizzazioni extraparlamentari sono strutture
molto deboli sia perché gli iscritti sono di modesta entità sia perché
dispongono di scarse risorse finanziarie anche se ultimamente il loro ruolo
nelle Conferenze intergovernative è stato alquanto importante. Al contrario i
gruppi parlamentari sono delle forti strutture per il ruolo che rivestono
nell’ambito delle commissioni parlamentari e di altre Istituzioni comunitarie.
La relazione tra i partiti ed i gruppi parlamentari si è incrementata data la
particolare capacità del gruppo di accogliere nuovi partiti. Comunque sia le
organizzazioni extraparlamentari che i partiti nazionali hanno contribuito ad
espandere gli europartiti. Certo gli europartiti non sono necessariamente
collegati ai gruppi parlamentari ed alle organizzazioni extraparlamentari. Essi
sorgono e si sviluppano o per una serie di comuni interessi organizzativi o per
motivi di rappresentanza popolare. Sono voluti dalle stesse componenti interne
o dai partiti nazionali che, finalmente, sono inclini a privilegiare il partito
sovranazionale.
Quel
che è sicuro è che il loro sviluppo si è andato sempre più affermando, tant’è
che lo stesso Trattato di Nizza ha previsto per essi notevoli benefici
economici. Inoltre, è indubbio che il funzionamento del Parlamento Europeo è
dovuto in parte alle forze politiche degli europartiti e se al momento attuale
si è registrato un aumento notevole dei votanti con il facile raggiungimento
della maggioranza assoluta ciò e dovuto proprio grazie alla formazione ed al
consolidamento delle forze di partito all’interno della suddetta Istituzione.
La
volontà di costituire i c.d. “gruppi d’interesse è radicata nella mentalità e
nella cultura politica degli Stati. Dal punto di vista storico ad esempio per
alcuni Stati del Regno Unito, è previsto l’inserimento di gruppi d’interesse
nella politica; per altri Stati, invece, come
Riguardo
alla Comunità Europea si afferma che è stato l’Atto Unico Europeo a prevedere
un vasto settore economico di intervento della Comunità Europea (politiche,
ambientali e sociali, ricerca e sviluppo, ecc.) ed a portare come risultato
l’attrazione di gruppi portatori di interessi diffusi industriali e finanziari,
pubblici e del lavoro nei vari settori.
I
gruppi d’interesse dell’Unione Europea o “Lobbies” costituiscono, nel loro
insieme, un sistema di rappresentanza funzionale degli interessi “europei”. In
particolare, ne fanno parte i rappresentanti dell’imprenditoria operante
nell’orbita dell’interdipendenza internazionale. Costituiscono un valido
strumento di collegamento della società civile alle Istituzioni europee quali
L’importanza
dei gruppi d’interesse è oggi notevolmente aumentata rispetto al passato dal
momento che la c.d. “rappresentanza istituzionale” spesso manca di una precisa disciplina.
Esse
sono entità multiple, volontarie, non ordinate gerarchicamente, non
specificamente riconosciute o certificate o controllate e libere nella scelta
dei loro leader e nell’articolazione degli interessi da privilegiare
primieramente.
Sono
portatori di interessi diffusi nel campo privato[69] o in quello pubblico[70]. Tali interessi peraltro per la loro stessa natura
sono instabili perché si formano e trovano aggregazione secondo le contingenze
politiche e sociali del momento effettuando le scelte tecniche adeguate per
risolvere i problemi inerenti il mercato. Notevole è la loro importanza presso
il legislatore allorquando devono essere regolati interessi in competizione: i
gruppi d’interesse assicurano una maggiore possibilità di successo alle
decisioni più utili per il mercato.
Vari
sono i motivi che hanno agevolato la nascita e lo sviluppo dei gruppi
d’interesse. Tra questi possono citarsi: la consapevolezza dei decisori
pubblici di risolvere con la presenza dei gruppi problemi che difficilmente
potrebbero essere risolti; la lentezza del procedimento decisionale delle
istituzioni comunitarie; la possibilità di acquisire tramite i gruppi le
qualità di informazioni necessarie per potere affrontare con competenza il
processo decisionale; la consapevolezza di dovere sottrarre le strategie di
mercato ai funzionari ed alle Istituzioni europee perché non sufficientemente
formati nel settore dell’economia e della finanza.
I
gruppi hanno la capacità di preparare bene gli incontri con i funzionari e gli
attori costituzionali, di dialogare con essi trovando il momento opportuno per
farlo.
Quindi
l’alleanza fra i gruppi d’interesse e le Istituzioni europee nella ricerca del
metodo migliore per la realizzazione di un mercato unificato è importante ai
fini di un significativo progresso politico, e non soltanto; si è infatti si è
tanto consolidato il sistema delle consultazioni che la inclusione dei gruppi
d’interesse nei processi decisionali delle istituzioni europee viene
enfatizzato dalle stesse istituzioni nei documenti ufficiali! Però la loro
azione non è fondata su un univoco filo conduttore e la loro strategia cambia
di continuo in dipendenza dell’oggetto della loro attività. Infatti i suddetti
gruppi si occupano delle questioni concrete del momento ed esercitano pressioni
tendenti alla standardizzazione e all’armonizzazione per ottenere condizioni di
mercato più uniformi e prevedibili in ambito comunitario. Pertanto i problemi
che sorgono nel mercato comunitario e le relative soluzioni sono viste in
funzione della logica del momento, del rebus
sic stantibus, e quindi difficilmente proiettata nel futuro. L’intervento
dei gruppi d’interesse è tanto più fruttuoso quanto più viene avviato nei primi
stadi dell’iter legislativo, essendo
coinvolto solo un piccolo gruppo di soggetti.
* Prof. Teresa Martello, Facoltà di Economia,
Università degli Studi di Palermo.
[1] L’espressione
“norme comunitarie” sottende vari
aspetti: norme internazionali, norme comunitarie, norme nazionali. Si parla di
“norme internazionali”, quando ci si riferisce ai Trattati istitutivi della
Comunità Europea ed alle loro successive integrazioni e modificazioni; si parla
pure di “norme comunitarie”, quando ci si riferisce agli atti delle Istituzioni
comunitarie; si parla, invece, di “norme nazionali”, quando ci si riferisce
alle leggi ed agli atti che gli Stati membri pongono in essere per configurare
in modo armonioso il sistema giuridico comunitario nel suo complesso.
[2] Ad esempio,
[3] Soltanto il 24 giugno del
[4] Tali sono la regolamentazione dei nuovi sistemi di telecomunicazione, la protezione dei consumatori, la difesa dell’ambiente, ecc..
[5] Il Trattato di Maastricht sull’Unione Europea è
stato firmato il 7 febbraio 1992 ed è entrato in vigore il 1° novembre 1993.
Esso riunisce in un unico testo i
risultati delle due conferenze intergovernative sull’unione politica e
sull’unione economica e monetaria e contiene
la disciplina finanziaria, di bilancio e di stabilità. Il Trattato
di Amsterdam è stato firmato il 2
ottobre 1997 ed è entrato in vigore il 1 maggio 1999. Tra le varie modifiche
apportate di notevole importanza è quella sulla “cooperazione rafforzata” che
riguarda quegli Stati membri che vogliono sviluppare più rapidamente gli
obiettivi dell’Unione pur nel rispetto delle competenze della Comunità.
[6] Il Trattato istitutivo del CED è stato firmato a Parigi il 27 maggio 1952.
[7] Sono istituiti: a) un Consiglio unico il quale,
sostituendo il Consiglio speciale dei ministri della CECA, il Consiglio della
CEE ed il Consiglio dell’Euratom, mantiene le competenze devolute a queste istituzioni;
b) una Commissione unica della Comunità europea la quale, sostituendo l’Alta
Autorità della CECA,
[8] Le barriere fisiche sono rappresentate dai controlli predisposti alle frontiere degli Stati membri che comportano ritardi e/o duplicazione nella documentazione richiesta e rallentano gli scambi. Le barriere tecniche derivano da norme tecniche diverse da nazione a nazione con conseguente obbligo per le imprese a sottostare a norme societarie di contenuto variegato o dare difficoltà ad entrare in mercati protetti dagli appalti pubblici. Le barriere fiscali, infine, consistono nelle differenze tra gli Stati membri nelle aliquote IVA o nelle accise. L’abolizione definitiva dei controlli delle frontiere ha avuto luogo in data primo gennaio 1993.
[9] Il Trattato di Maastricht è, nella forma, un testo
di notevole estensione. E’ composto da diciotto “Protocolli” e trentatré
“Dichiarazioni”. Le disposizioni che lo compongono sono articolate in sette Titoli e numerate con le lettere
maiuscole dell’alfabeto. Nell’articolazione il Trattato di Amsterdam ha
sostituto alle lettere i numeri. Sotto il profilo sostanziale trattasi di
disposizioni innovative e integrative dei Trattati CECA, CE ed Euratom.
[10] Il Trattato costituzionale ( meglio noto come
“Costituzione europea”) è stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 dai Capi di
stato e di governo ed è al vaglio dei parlamenti e dei popoli degli Stati membri dell’Unione europea. Il testo
del Trattato costituzionale europeo unifica in un documento organico tutti i
precedenti Trattati, da quello più remoto di Roma del 1957 fino a quelli più
recenti di Maastricht e Nizza.
[11]
[12] Lo Stato – Nazione scaturisce da un processo di
conquista, consolidamento, costruzione o istituzionalizzazione di determinate
realtà sociali protrattosi, a volte, per molti secoli. L’Unione Europea invece
non nasce per conquista militare, né ha la capacità di controllare un preciso
territorio, ma deriva unicamente dalla concorde volontà di alcuni Stati di
istituirla.
[13] In particolare, si creano gli strumenti giuridici
idonei a realizzare la libertà di commercio all’interno dei singoli Stati
membri, si legifera su: l’unione doganale e l’abolizione delle dogane interne, l’abbattimento
delle misure ad effetto equivalente alle tasse doganali per la limitazione
degli scambi commerciali, l’eliminazione dei monopoli commerciali.
[14] In tale modo risulta sminuito il ruolo del
Parlamento e del Governo nazionale quale intermediari fra l’Unione europea ed i
cittadini degli Stati membri.
[15] Come, ad esempio,
[16] Cosiddetto schema dei poteri “a matrice” (v.
Elazaar 1005) nel senso che non vi possono essere gerarchie fra i vari poteri,
ma ognuno di essi viene esercitato in un particolare campo dell’attività
pubblica in maniera autonoma. Ciò comporta che sia il centro federale che gli
Stati federati sono dotati di strutture amministrative autonome e indipendenti
rispetto a quelle del centro federale e degli altri Stati federali.
[17] Il federalismo cooperativo della Germania si basa sul principio della collaborazione fra il Bund ed il Lander e abbraccia un numero indefinito di competenze sempre nuove e in crescita a causa dell’evolversi delle esigenze pubbliche. Ha una debole amministrazione centrale poiché sono le amministrazioni dei Lander delegate dal Bund, che hanno competenze specifiche nei vari settori.
[18] I procedimenti speciali sono molti. Fra i
principali ricordiamo: a) il procedimento di consultazione del Parlamento sul
testo proposto dalla Commissione ma non vincolante il Consiglio; b) il
procedimento di cooperazione del Parlamento che può proporre emendamenti al
testo del Consiglio che, tuttavia,se delibera può non tenere conto degli
emendamenti parlamentari, ove deliberi all’unanimità; c) il procedimento di
parere conforme con il quale il Parlamento può respingere la proposta di atto
formulata dalla Commissione e dal Consiglio; d)il procedimento di formazione di
accordi internazionali che rientra nella competenza del Consiglio; e) il
procedimento di approvazione e di formazione del bilancio nel quale Consiglio e
Parlamento compartecipano con ruoli di diversa natura.
[19] Nel metodo intergovernativo il Consiglio non condivide con Parlamento e con Commissione le responsabilità decisionali. Si rende tuttavia opportuno il ricorso alla prassi dell’informazione e della consultazione di tali Istituzioni.
[20] Un procedimento introdotto dal trattato UE del
1992 e che oggi è adottato più frequentemente di altri è il procedimento di co
- decisione.
Trattasi di un procedimento
complesso che ha sostituito il procedimento ordinario o di consultazione del
Parlamento. Quest’ultimo è ormai utilizzato solo per determinate materie. Con
il procedimento di co - decisione il Parlamento assume la funzione di co -
legislatore. Esso infatti, dopo la fase di iniziative legislativa spettante
alla Commissione e dopo quella di espressione della posizione del Consiglio,
può proporre emendamenti o rigettare il testo legislativo che non condivide.
Tale procedimento ha
determinato nella UE, secondo la tesi di alcuni studiosi, il sorgere del
cosiddetto “bicameralismo legislativo” ( Consiglio e Parlamento). Ma è da
ritenere che se per “bicameralismo legislativo” vuole intendersi il particolare
rapporto sopra delineato allora il termine appare consono; se di contro lo si
intende come rapporto assimila bile a quello di un qualsiasi sistema
parlamentare bicamerale, l’espressione è ben lontana dalla realtà perché manca
un elemento fondamentale: la mediazione dei partiti politici.
Peraltro in atto non esistono partiti politici europei in grado di
incidere sulla politica dell’Unione Europea.
[21] I singoli soggetti del Consiglio sui quali è
esercitata la pressione sono i delegati nazionali ed i membri dei comitati per
gli argomenti di carattere generale, ed i gruppi di lavoro per le decisioni
specifiche e tecniche da assumere. Una curiosità da rimarcare è che i cittadini
europei, secondo indagini statistiche, non considerano il Consiglio
un’Istituzione affidabile.
[22] Dal Consiglio dell’Unione europea a dal Consiglio
europeo occorre distinguere il Consiglio d’Europa: prima organizzazione
internazionale costituitasi in Europa dopo la seconda guerra mondiale . Oggi
comprende la quasi totalità degli Stati del continente. Membri di tale
istituzione sono 46 paesi. Trova fondamento giuridico nel Trattato di Londra,
firmato il 5 maggio 1949 dai dieci paesi fondatori: Belgio, Danimarca, Francia,
Irlanda, Italia Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia.
L’Italia ha ratificato lo statuto del Consiglio d’Europa con la legge 23 luglio 1949, n.433. Il
Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale autonoma con sede a
Strasburgo: il suo ruolo principale è quello di rafforzare la democrazia,
tutelare i diritti dell’uomo e garantire lo stato di diritto nei propri Stati
membri. Anche se i 25 Stati membri dell’Unione europea sono tutti membri del
Consiglio d’Europa, le due organizzazioni sono totalmente distinte.
Fin dalla sua fondazione, il Consiglio d’Europa ha operato per
garantire il rispetto di tre principi fondamentali: la democrazia parlamentare,
l’armonizzazione tramite accordi delle pratiche sociali e giuridiche degli
Stati membri, il radicamento della consapevolezza dell’identità europea,
fondata su valori che trascendono le diversità culturali. Si propone di
combattere ogni forma di intolleranza e di valorizzazione l’identità culturale
europea. Individua i problemi sociali (ad esempio, le tossicodipendenze, l’AIDS,
la protezione ambientale, la bioetica) e ne ricerca le soluzioni, tutela la
qualità della vita dei popoli dell’Europa, aiuta i paesi dell’Europa centrale
ed orientale (dopo la caduta della cosiddetta “cortina di ferro”) nell’attuare
e rafforzare le riforme politiche , legislative e comunitarie in sintonia con
le riforme economiche.
I Capi di Stato e di governo hanno adottato importanti decisioni
durante i seguenti tre Vertici: il Vertice di Vienna dell’ottobre del
I lavori del Consiglio assumono la forma di “convenzioni” ed “accordi” e costituiscono la base per l’armonizzazione delle legislazioni dei diversi Stati membri.
[23] L’espressione “Consiglio Europeo” adottata dal
Consiglio dell’Unione fu voluta dai capi di governo degli Stati membri. Il
Consiglio Europeo fu riconosciuto giuridicamente nel 1985 dall’Atto Unico
Europeo ed il suo statuto ufficiale è stato inserito nel 1992 nell’articolo 4
del trattato UE.
[24] I governi selezionano i soggetti che ricoprono
tutte le principali cariche di governo del Consiglio in modo che essi possano
intervenire in maniera concreta in qualsiasi procedura decisionale. Trattasi di
alti funzionari investiti di competenze e di funzioni tecnico – politiche di
grandissima importanza politica ed economica.
[25] Per meglio deliberare il Consiglio dell’Unione, al
suo interno, è ripartito in varie composizioni:a) Affari Generali per la cura
della politica in generale e della politica estera; b) Consigli Tecnici per la
cura di specifici settori, quali ambiente, trasporti, economia, finanza
ecc..
[26] Al vertice dell’amministrazione del Consiglio vi è
il segretario generale.
Per l’esame delle proposte legislative della Commissione il Consiglio
costituisce gruppi di lavoro che si riuniscono ed operano secondo le necessità
del compito da svolgere.
I rapporti tra i governi membri e le altre istituzioni avvengono
tramite il comitato dei rappresentanti
permanenti (COREPER costituito nel 1958) formato da funzionari ed
esperti dei singoli governi membri.
[27] La maggioranza semplice vige per le questioni
procedurali e per alcune decisioni riguardanti la politica commerciale comune.
[28] Il voto a maggioranza qualificata (cd.
“ponderata”, in quanto a ciascuno Stato è attribuito un certo numero di voti,
calibrato in modo tale da evitare minoranze
formate solo da piccoli stati, o maggioranze formate solo da grandi
stati) è prevista solitamente per le decisioni sulle metodiche comunitarie.
Essa si raggiunge quando una proposta di delibera su 87 voti ne
raccoglie 62 favorevoli.
La distribuzione dei voti è diversa da Stato a Stato poiché hanno più
voti gli Stati membri con maggiore popolazione rispetto quelli meno popolati:
ad esempio Francia, Germania, Regno Unito ed Italia dispongono di 10 voti al
contrario del Lussemburgo che ne ha solamente 2. La distribuzione di voti è
diretta a mantenere l’equilibrio fra i paesi aderenti all’Unione Europea.
[29] L’unanimità è richiesta in molti casi. Possono
citarsi le decisioni riguardanti il coinvolgimento delle disposizioni nazionali
che incidono sul funzionamento dl mercato comune.
[30] Tale potere è stato recentemente ampiamente
esercitato nei confronti degli Stati membri
per il controllo delle direttive regolatrici degli appalti pubblici.
[31] Ad esempio, vedi: art.85, per il controllo delle
operazioni che mettono in pericolo la concorrenza; artt. 90 e 91, per il controllo
sulle imprese pubbliche e sugli aiuti dello Stato all’industria.
[32] V. Direttiva 96/19/CEE del 13 marzo 1996.
[33] Esse sono unità funzionali fondamentali
dell’Unione Europea ed il loro numero è andato aumentando con l’allargamento
delle competenze della UE. Hanno diversa estensione ed importanza.
[34] Il numero dei commissari che compongono il
collegio si è andato sempre più accrescendo con l’aumento degli Stati aderenti
all’Unione Europea. Tutti gli Stati membri nominano un membro della Commissione
tranne Italia, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito ( Stati di maggiore
estensione territorialmente) che ne nominano due.
[35] Il commissario nomina direttamente i cabinet,. un gruppo di consiglieri (sei
o otto) che hanno la funzione di mettere
al corrente il commissario sugli sviluppi osservati all’interno del portafoglio
e di assicurare che qualsiasi proposta sia coordinata con l’attività degli
altri.
[36] Una Assemblea rappresentativa dei sei Stati
fondatori fu prevista fin dal 1952 dalla CECA. Questa Assemblea era composta da
78 rappresentanti nominati dai parlamenti
nazionali in proporzione alla popolazione dei rispettivi paesi.
Si dovette attendere ben 27
anni (1979) perché l’Assemblea prendesse il nome di Parlamento europeo ed i
suoi componenti venissero eletti a suffragio universale.
Naturalmente i componenti sono andati aumentando di volta in volta che
nuovi Stati europei sono entrati a fare
parte dell’Unione.
In ogni caso secondo il protocollo allegato al Trattato di Nizza del
2000 il numero dei componenti del Parlamento europeo non può superare le 732
unità indipendentemente dal numero dei nuovi Paesi membri. Se qualche
paese candidato non aderisse all’unione
i seggi vacanti verrebbero ridistribuiti proporzionalmente fra tutti i paesi
onde mantenere il numero fissato.
[37] In Austria, Francia, Germania e Svezia sono previste soglie minime per l’accesso al Parlamento, mentre in Belgio, Danimarca, Regno Unito, Irlanda ed Italia vi sono più collegi.
[38] Promana normalmente da uno dei due grandi gruppi (Pse
o Ppe) e svolge i compiti che tradizionalmente sono di competenza di ogni
presidente: dirige l’insieme delle attività del Parlamento e dei suoi organi;
presiede le sedute plenarie nonché le riunioni dell’Ufficio di Presidenza e
della Conferenza dei presidenti; rappresenta il Parlamento in tutte le
relazioni esterne e, in particolare, in quelle internazionali..
[39] E’ l’organo che sovrintende a tutte le attività
dell’Istituzione, è competente per il bilancio del Parlamento così come per le
questioni amministrative e finanziarie riguardanti direttamente i deputati. E’
composto dal Presidente, da quattordici vice presidenti, da cinque questori,
con funzioni consultive.. Decide sulle questioni amministrative e finanziarie.
Tali soggetti durano in carica per due anni e mezzo., cioè per metà della
legislatura.
[40] E’ riunisce il Presidente del Parlamento e i
Presidenti dei gruppi politici: è l’organo di direzione politica
dell’Istituzione. Ha la funzione di stabilire le competenze ed il numero dei
membri delle commissioni e delle delegazioni parlamentari, decide la
ripartizione dei seggi in aula e coordina le modalità di svolgimento
dell’attività interna (sessioni, ordini
del giorno e programmazione legislativa).
[41] Riflettono la composizione dell’assemblea ed
istruiscono i lavori dell’assemblea plenaria. Possono essere permanenti e
temporanee; fra queste ultime assumono rilevante importanza le commissioni
d’inchiesta.
[42] Attualmente esistono sette gruppi politici. Molti gruppi politici sono legati a partiti organizzati a livello europeo. Ciascun gruppo politico dispon di un Presidente, di un Ufficio di presidenza e di una Segreteria.
[43] Attengono alla funzione propriamente consultiva e
sono emessi dietro richiesta di altre Istituzione comunitaria.
Possono essere provocati su specifiche questioni e quindi sono singoli
atti autonomi oppure attenere alla fase di una procedura legislativa
nell’ambito della quale vengono emanati i atti vincolanti per
[44] In questa fase gli atti sono sottoposti al parere
obbligatorio del Parlamento; se il Consiglio omette di richiederlo la procedura
risulta viziata e l’atto è nullo. In ogni caso il parere espresso non solo
obbliga il Consiglio a tenerne conto, ma soprattutto preclude che il testo
approvato dal Consiglio, possa contenere variazioni rispetto alla formulazione
sottoposta al Parlamento.
[45] In questa procedura
[46] La procedura di nomina della Commissione è
articolata in due fasi: la prima si esplica nei confronti del Presidente
(designato di comune accordo dai governi
degli Stati membri), la seconda nei
riguardi della Commissione nel suo complesso (i cui componenti sono designati
dagli Stati membri d’accordo con il Presidente). Il Parlamento può accogliere o
respingere in toto
[47] Le interrogazioni possono essere scritte od orali
e consistono in quesiti posti alla Commissione riguardo al suo operato.
[48]
[49] Il Presidente della BCE deve annualmente riferire
al Parlamento e presentarsi di fronte ad esso almeno quattro volte all’anno a
meno che non sia necessario, su richiesta del Parlamento, presentarsi anche
altre volte.
[50] E’ da menzionare
[51] Una commissione di recente istituzione è quella
che ha svolto indagini su Echelon, la rete anglo-americana delle
intercettazioni elettroniche.
[52] La figura del Mediatore è stata introdotta per la
prima volta dal Trattato di Maastricht;
esso può essere paragonato al difensore civico. Egli constatata la cattiva
amministrazione, dopo avere informata l’ istituzione interessata, presenta
denuncia al Parlamento Europeo.
[53] L’impugnabilità degli atti del Parlamento europeo
è condizione essenziale per l’esercizio della facoltà di impugnare a sua volta
gli atti delle altre istituzioni comunitarie.
[54] I ricorsi per annullamento sono particolarmente
importanti. Riguardano normalmente gli aspetti giuridici di un atto comunitario
(cioè o la procedura di adozione dello stesso: semplice, qualificata o
all’unanimità) o il mancato coinvolgimento dello stesso Parlamento
(consultazione, codecisione, ecc.).
[55] la concessione del “discarico” ha una forte
valenza politica. Ad esempio nel 1999 il Parlamento rinviando la concessione del
discarico ha voluto evidenziare la mancanza di trasparenza nella gestione della
Commissione, tant’è che
[56] Sino a quando il bilancio non è approvato, il finanziamento delle spese non obbligatorie avverrà per dodicesimi sulla base del bilancio dell’anno precedente.
[57] Il 2 maggio 1998 il Consiglio europeo a
maggioranza qualificata in base ad un rapporto della Commissione ha designato
gli Stati che, avendo raggiunto i limiti richiesti, potevano essere ammessi, se
lo avessero voluto, all’Unione Economica Monetaria. Nel contempo sono state
definite le condizioni di esercizio della politica monetaria e di cambio unico
e si è dato inizio alla produzione di monete e di banconote in euro. Gli Stati
membri aderenti all’euro sono stati inizialmente undici: Austria, Belgio,
Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi,
Portogallo e Spagna.
[58] Il Sistema Europeo delle Banche Centrali è formato
dalla Banca Centrale Europea, da dodici Banche Centrali nazionali e da tre
Banche Centrali che ancora non hanno adottato l’euro. E’ una istituzione
indipendente che non può ricevere indicazioni dagli Stati membri o dalle
istituzioni europee. Non ha personalità
giuridica né propri organi decisionali. Il termine con il quale vengono
definiti i compiti fondamentali delle Banche Centrali è l’”eurosistema”,
espressione “coniata” dalla Banca Centrale
Europea.
[59] Un anno dopo, nel 1965,
[60] Lo SME si basava su un sistema a tassi di cambio
fissi anche se rivedibili. Singolare è la procedura del meccanismo di cambio:
se una delle monete supera i limiti stabiliti le banche centrali intervengono e
decidono se svalutare o meno la moneta colpita. Il rapporto fra le monete era
interno al sistema e cioè aveva come
riferimento lo sviluppo dell’economia del sistema stesso.
[61] Il Consiglio, se lo Stato membro non rispetta le
sue decisioni, può imporre multe ed esigere un deposito senza interessi fino a
che il deficit non venga annullato.
[62]
[63] Essi sono in particolare: regolamenti per quei
paesi che hanno aderito all’euro; decisioni, atti obbligatori per i
destinatari, raccomandazioni, pareri, atti non vincolanti ed, infine,
istruzioni, decisioni, indirizzi concepiti in modo tale da subordinare le
Banche nazionali alla Banca centrale Europea.
[64] Attualmente è composto da diciotto membri: sei
facenti parte del Comitato esecutivo e dodici governatori delle Banche centrali
dell’eurosistema. Tutti i membri sono nominati ad personam e non come
rappresentanti degli Stati membri. Per l’efficacia delle delibere è necessaria
la presenza dei due terzi dei componenti del Consiglio e le stesse sono
adottate a maggioranza semplice tranne per quelle materia per le quali il
Trattato prevede una maggioranza qualificata. Secondo lo statuto
[65] Lo statuto stabilisce che l’attuazione della politica monetaria è di competenza del Comitato esecutivo e che non può essere, in alcun modo, esercitata dal Consiglio direttivo.
[66] I gruppi parlamentari sono formati dagli eletti
dei paesi comunitari appartenenti o allo stesso partito o a partiti
ideologicamente compatibili.
[67] Le organizzazioni extraparlamentari possono
assumere vesti giuridiche diverse: quella di federazioni transanazionali
costituite dalle famiglie politiche più
in vista degli Stati nazionali, o quella di una struttura di coordinamento.
[68] L’art. 191 del Trattato di Nizza testualmente stabilisce: I partiti “contribuiscono a formare una coscienza europea e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione”.
[69] Fra le principali tipologie delle Lobbies private possono distinguersi
[70] Le Lobbies pubbliche hanno meno forza delle private. Esse non hanno la competenza tecnica e le risorse e le abilità negoziali di quelle private. La maggiore organizzazione è l’ETUC, composta da membri dei sindacati nazionali con diretta rappresentanza a Bruxelles. Si possono ancora elencare: l’ECAS, l’EEB, il BEUC, l’EWL, l’ENOW, ecc.
Data di pubblicazione: 5 gennaio
2007.