Il trasporto dei prodotti agricoli*
Guido Camarda**
1. Sono indotto a ritenere
che, sin’ora, la problematica del trasporto dei prodotti agricoli non è stata
oggetto di adeguati approfondimenti, non tanto sotto il profilo teorico
generale, quanto sotto un profilo concretamente funzionale a puntuali e
coordinate proposte di realizzazione. Quest’ultimo approccio richiede
particolari competenze merceologiche e di tecnica dei trasporti, insieme ad
adeguate conoscenze del contesto macroeconomico, delle varie grandezze
geografiche e delle variegate realtà economico-aziendali, che in Sicilia sono
notoriamente caratterizzate (fatta qualche eccezione) dal limite delle loro
dimensioni. Tale caratteristica prevalente riguarda tutte o quasi le attività
riconducibili all’ampia definizione di imprenditore agricolo che si legge nell’art.
2135 del codice civile, ove si consideri che oltre alla coltivazione del fondo,
alla silvicoltura ed all’allevamento del bestiame, l’inquadramento comprende le
“attività connesse”.
Noto per inciso che la
formulazione originaria della norma codicistica ha subito delle modifiche con
il d. lgs. 228/2001, precisandosi che per
coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si
intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o
di una fase necessaria al ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che
utilizzano o possono utilizzare il fondo o il bosco o le acque dolci, salmastre
o marine.
Aggiungo che con la medesima
modifica sono ritenute “attività connesse” quelle esercitate dal
medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto
prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o
dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni
o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse
dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi
comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e
forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
E’ stato poi disposto che si
considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i
loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività, prevalentemente
prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi
diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.
Il richiamo della definizione
d’imprenditore agricolo, fornita dal legislatore, serve anche a confermare la
vastità dei settori interessati alla commercializzazione dei prodotti e
conseguentemente a trasporti improntati a economicità ed efficienza, perché i
beni possano raggiungere i mercati - ormai globalizzati e spesso a notevole
distanza - in tempi brevi per evitare alterazioni qualitative e a costi
competitivi.
2. Un quadro che consideri
l’attuale assetto giuridico-istituzionale nel suo complesso generale deve
proporsi a livello pluriordinamentale, secondo una successione a cascata
dall’ordinamento internazionale e comunitario a quello nazionale e regionale,
conformemente al principio del primato delle normative dei due ordinamenti
anteriormente citati rispetto agli altri due con sfera territoriale d’efficacia
meno ampia (fatte salve, s’intende, quelle situazioni nelle quali è chiaramente
applicabile il diverso principio di sussidiarietà).
In realtà, se si escludono alcuni profili prevalentemente di diritto privato
(ad esempio, la responsabilità del vettore di merci nelle varie modalità di
trasporto con le varie forme di limitazione), ha rilievo preminente la
triangolazione Comunità europea-Stato membro-Regione. Faccio particolare
riferimento a quegli aspetti riguardanti i piani ed i finanziamenti delle nuove
infrastrutture dei trasporti e le modalità di controllo della gestione dei
singoli servizi in relazione ai regimi di security
e safety (anche sanitaria) e di
libera concorrenza (quando non si verta in situazioni eccezionali che
richiedano oneri di servizio pubblico; situazioni, peraltro, ben diverse dalle
fattispecie, anch’esse eccezionali, degli aiuti
di Stato).
Iniziando, dunque, dal livello
comunitario, rilevo che, nei documenti di programmazione o contenenti
riflessioni introduttive del dibattito per proposte e programmazione in materia
di trasporti (libri verdi, libro bianco del 2001 e relativa comunicazione del
giugno 2006…), la problematica del trasporto dei prodotti agricoli non viene
trattata nella sua spiccata specificità, determinata da varie ragioni. È,
tuttavia, il libro bianco che costituisce un punto centrale
di riferimento, perché propone circa sessanta misure per un riequilibrio del
sistema dei trasporti, un rilancio delle ferrovie, la promozione del trasporto
marittimo, il controllo della crescita del trasporto aereo.
Ritornando alle specificità
delle questioni in tema di trasporti di prodotti agroalimentari, si pensi alla
deperibilità accelerata dei prodotti stessi soprattutto in presenza di sbalzi
di temperatura. Ciò riguarda in particolare il comparto ortofrutticolo, parte
del comparto caseario, etc…
V’è la necessità di garantire
il circuito del freddo - anche con un sistema d’emergenza - sia durante il
viaggio che durante gli scali tecnici con o senza cambio di modalità e durante
un pur breve immagazzinaggio. V’è la necessità di strutture flessibili, tenendo
conto che il mercato di settore presenta andamenti nella domanda e nell’offerta
tutt’altro che uniformi nel corso dei vari giorni dell’anno.
Analoga constatazione, circa
la mancanza di uno specifico profilo con relative problematiche e soluzioni
riguardanti il trasporto dei prodotti agricoli e ortofrutticoli in particolare,
può formularsi per il nuovo piano nazionale dei trasporti.
Per terminare la panoramica
sui piani dei trasporti ai vari livelli, rilevo che la situazione non muta in
modo soddisfacente se si esamina il piano regionale dei trasporti della
Sicilia, ad eccezione (nel quadro delle analisi di settore del piano attuativo
del trasporto delle merci e della logistica) di una pagina dedicata alla
filiera agroalimentare. Si accenna all’insoddisfacente integrazione fra la fase
produttiva e quella di trasformazione ed integrazione e sebbene non si indichi,
quale causa o concausa, la carenza del sistema dei trasporti, la connessione mi
sembra ugualmente evidente. Ed ancora (anche in questo caso implicitamente) è
possibile dedurre l’urgente attuazione di un sistema di celere trasferimento
dei prodotti agricoli, a costi competitivi, laddove il piano attuativo (nel
medesimo paragrafo) richiama l’ormai imminente
avvio della zona di libero scambio tra l’Unione europea ed i Paesi del
sud del Mediterraneo (2010). Ciò con la prospettiva della definitiva scomparsa
di strumenti protezionistici per i produttori comunitari, ma con uno sviluppo
di traffico che, secondo uno studio recentemente condotto, determinerebbe per
il sud un incremento globale di circa il 20%.
Opportunamente il Piano
attuativo sottolinea il ruolo importante delle MOC (Macro Organizzazioni
Commerciali) che si costituiscono tra una o più associazioni temporanee di
imprese agricole, cooperative e strutture analoghe. Le MOC attuano una
strategia unitaria della commercializzazione usufruendo di specifici
finanziamenti comunitari. L’aggregazione dell’offerta con la centralizzazione
della commercializzazione (e aggiungo delle modalità di trasferimento e
distribuzione anche nei mercati geograficamente distanti) pone in primo piano
non soltanto gli aspetti trasportistici ma il sempre più forte legame tra
trasporto e logistica di settore che in Sicilia è particolarmente carente. Ed è
per tale ragione che vanno apprezzate, in proposito, anche tutte quelle
iniziative di studi applicati, in sinergia tra Unione Europea, Regione e
Dipartimenti universitari Cito, ad esempio, le ricerche nell’ambito del
progetto REMOMED (Réseau européen
intermodal pour un développement intégré des espaces de la méditerranée
occidentale) ove tra l’altro si pongono in evidenza le potenzialità di
impianti logistici (per ora, soprattutto nell’area della Sicilia orientale)
direttamente funzionali ai servizi air
cargo.
Di primaria importanza è la
completa realizzazione del cosiddetto corridoio
1 previsto, in sede comunitaria, nell’ambito dei progetti prioritari della
grande rete di comunicazione europea. Il grande collegamento ferroviario in
partenza da Berlino (ed attraverso Monaco di Baviera, Verona/Milano, Bologna,
Napoli, Messina) avrà, com’è noto, Palermo quale punto d’arrivo, anche di treni
blocco se il movimento delle merci lo richiede. Sono evidenti le possibilità di
potenziamento di terminal container e di prosecuzione intermodale lungo
rotte marittime mediterranee e transcontinentali. Le rotture di carico in un terminal
ad alta tecnologia non costituiscono automaticamente una fase critica del
trasporto dei prodotti se in quell’occasione viene a crearsi valore aggiunto
con operazioni di sdoganamento, confezionamento e persino con operazioni di
fatturazione per conto del proprietario della merce.
Già nel luglio scorso è stata
pubblicata la prima relazione annuale sullo stato di realizzazione del corridoio
Sul punto non può eludersi la
questione sull’opportunità o meno della costruzione di un ponte sullo stretto
di Messina. Non si tratta di prendere posizione in favore o contro. In questo
scritto non avrebbe senso. E’ fin troppo evidente, comunque, che le risposte ad
un problema così serio e complesso non debbono avere un carattere banalmente
assolutistico o essere frutto di aprioristiche posizioni di schieramento. In
ogni caso, l’aggiornamento di un’analisi costi-benefici comprende una serie di
aspetti tra i quali quello finanziario non è, a mio parere, al primo posto.
Premesso, per pura ipotesi di ragionamento, che un esame delle priorità logiche
e cronologiche – comprese ovviamente quelle di utilizzazione del denaro
pubblico nelle medesime regioni interessate - conduca a conclusioni negative,
ciò non si porrebbe in contrasto con la realizzazione del corridoio 1.
Il piano regionale dei trasporti si fa carico, meritoriamente, di prefigurare
uno “scenario alternativo al Ponte” nell’ambito dei piani attuativi del trasporto
stradale, ferroviario, marittimo e aereo.
La soluzione alternativa, che
per
Va da sé che lo scenario alternativo
prefigurato dal Piano, proprio per la sua flessibilità finanziaria (oltre che
la modularità di completamento), consentirebbe meglio, nel quadro dell’impiego
delle risorse, un contemporaneo potenziamento del sistema portuale ed
aeroportuale siciliano in linea, soprattutto, con le previsioni di sviluppo del
traffico marittimo roll on-roll
off e con l’air cargo, per i
prodotti agroalimentari particolarmente pregiati.
4. Nel quadro
dell’intermodalità del trasporto, che per il settore dei prodotti agricoli
assume importanza fondamentale considerata la frammentazione delle provenienze
dei carichi, una particolare attenzione merita lo studio dei flussi marittimi
nella filiera dell’ortofrutta. Segnalo, per chi volesse approfondire
l’argomento, i ponderosi risultati di una ricerca relativamente recente (maggio
2003) promossa dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
L’indagine sottolinea i
vantaggi del trasporto marittimo in tale settore: una generale professionalità
ed affidabilità dell’operatore marittimo anche nella gestione del trasporto via
mare di unità di carico stradali refrigerate; un’adeguata dotazione tecnologica
delle navi per soddisfare le esigenze di refrigerazione e conservazione dei
prodotti; una regolarità e puntualità dei servizi oggi esistenti; varie
convenienze per la collettività in termini di risparmi energetici, minore
impatto ambientale, maggiore sicurezza.
Sono stati indicati anche i
possibili inconvenienti, che, però, non appaiono insuperabili e, comunque, si
rivelano spesso inferiori sia in rapporto ai vantaggi comparati con altre
modalità di trasporto a lunga distanza, sia in
considerazione delle caratteristiche d’insularità della nostra regione.
Per esempio, la difficoltà nel disporre di una significativa e costante massa
critica di prodotti per unità di carico da trasportare non si pone nei trasporti
ro-ro, mentre per le altre tipologie di carico vanno richiamate tutte
quelle forme di aggregazione realizzabili con le MOC.
Quanto a eventuali carenze di
linee a frequenza giornaliera e alla difficoltà di combinazione degli orari di
imbarco e sbarco con la tempistica dell’autotrasporto refrigerato, le soluzioni
vanno adottate caso per caso non sostenendosi che l’intermodalità da
prescegliere debba includere in ogni situazione il segmento marittimo. E ciò
vale, più in generale sotto il profilo della competitività dei costi, anche per
i carichi con motrice ed autista. Ed ancora l’impossibilità di effettuare scali
intermedi se non programmati è superabile con la diversificazione, già
esistente (ma suscettibile d’incremento), delle linee a medio raggio e con
l’incremento dei collegamenti con gli hubs. Ugualmente quasi sempre
ovviabili sono le difficoltà dei terminal
portuali per la carenza di spazi adeguati a terra a causa della contiguità del
porto al tessuto urbano. Spesso sono sufficienti opportune modifiche al piano
regolatore della città con riferimento al mutamento di destinazione delle aree
(per Palermo, ad esempio, si pensi alla trasferibilità in altro luogo idoneo
del mercato ortofrutticolo). Lo stesso può affermarsi, infine, per l’eventuale
difficoltà di organizzare la gestione delle strutture (banchine, aree
retroportuali, viabilità interna e nodi di interconnessione dedicata alla
movimentazione di specifiche branche produttive). Continuando con la realtà
palermitana, occorre riprendere il dibattito sull’utilizzazione a fini portuali
di parte della costa in direzione di Acqua dei corsari e comunque sulla
creazione di un efficiente sistema portuale e su adeguati impianti logistici.
Per i profili di diritto
privato, segnalo la particolare opportunità della standardizzazione di schemi
“dedicati” di contratti di trasporto con l’eventuale apposizione di clausole
che, anche in deroga alla discipline generali sulla responsabilità del vettore
in caso di avarie, salvaguardino adeguatamente il caricatore dei prodotti
agricoli e il destinatario.
Va da sé che la negoziazione
non è ipotizzabile per piccole partite di prodotti, ma attraverso quelle
macroorganizzazioni sulle quali mi sono già brevemente soffermato. In diretta
connessione si pongono le problematiche sui contenuti delle polizze
assicurative.
* Questo scritto è destinato
anche alla rivista “Terrà”, bimestrale di agricoltura siciliana, come da intese
tra le due redazioni.
** L’A. ringrazia per la collaborazione,
nelle ricerche e nella revisione, la dott.ssa Rosalia Castiglia, dottoranda di
ricerca presso il Dipartimento D.E.T.A.
Data di pubblicazione: 5
febbraio 2007.