Rumore da discobar e
poteri dispositivi del sindaco*
Alessandra Faldetta**
La sentenza
del TAR PUGLIA, Lecce, sez. I, 24 Gennaio 2006, n. 488 consente di
svolgere alcune brevi considerazioni in merito alla questione
del contemperamento degli interessi fra esercizio di attività economica e tutela della salute dall’inquinamento acustico[1].
In particolare, la
sequenza argomentativa della decisione evidenzia i possibili rimedi applicabili
dal Sindaco[2] a tutela della collettività residente
nelle immediate vicinanze dell’attività inquinante, anche nell’ipotesi in cui
il Comune sia sprovvisto di piano di zonizzazione acustica.[3]
La vicenda vede coinvolta
la titolare di un disco bar [4]
(munita di licenza per trattenimenti danzanti all’aperto), che impugna le
ordinanze del Sindaco emesse, ai sensi dell’art.
Nello specifico, con la
prima ordinanza viene ingiunto alla titolare del disco bar di adottare, con
effetto immediato, tutti gli accorgimenti tecnici necessari a limitare le
emissioni rumorose con particolare riguardo alle aree confinanti con le abitazioni;
nonché di predisporre e trasmettere al comune ed all’A.R.P.A.[6] entro 10 gg. un piano di bonifica e,
in ogni caso, di eseguire entro 20 gg. tutti gli interventi tecnici necessari a
ricondurre le emissioni acustiche nei limiti di legge; di effettuare medio tempore la chiusura serale del
disco bar alle ore 1.00, fino all’avvenuta realizzazione delle opere necessarie
alla mitigazione acustica.
Con la seconda, invece,
stante la mancata esecuzione a quanto già intimato, viene disposta la
sospensione dell’attività fino all’avvenuto adeguamento ai limiti di emissione
sonora fissati dalla legge.
La questione in esame
appare di grande attualità e merita un opportuno approfondimento che, prendendo
spunto proprio dalle difese della ricorrente conduce a soffermarsi sulle
seguenti problematiche:
a) legittimità
o meno della deroga ai principi generali in tema di giusto procedimento (artt.
7, 8, 9 e 10 della Legge 7 Agosto n°
241/1990)[7],
con specifico riferimento all’obbligo di avviso prima dell’inizio del procedimento
amministrativo vòlto all’accertamento dei presupposti per l’emissione delle
ordinanze ex art.
b)
legittimità o meno, con riferimento allo stesso art.
c) legittimità o meno dell’uso dell’ordinanza ex art.
Prima di affrontare i
punti compresi nel thema decidendum
occorre, tuttavia, fare chiarezza, sia pure nelle sue linee fondamentali, sul
quadro normativo che governa la materia. Da essa è consentito desumere che
anteriormente all’emanazione del D.P.C.M. 1° marzo 1991 «Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e
nell’ambiente esterno» il tema dell’inquinamento
acustico, non è stato oggetto di una specifica disciplina legislativa,
ma ha trovato una regolamentazione indiretta e quanto mai disorganica nel
disposto di norme diverse, per collocazione e per finalità, nessuna delle quali preordinata a reprimere, specificamente,
il fenomeno “rumore”.
La norma più utilizzata
nel tempo ai fini dell’accertamento e della
repressione del citato fenomeno in sede civile è quella prevista
dall’art. 844 c.c.[9],
alla quale,
ancora oggi, si ricorre per dirimere le controversie fra privati relative alle
immissioni moleste in alienum. La disposizione
richiamata, infatti, disciplinando le immissioni nei rapporti di
vicinato tra proprietà fondiarie, contempla espressamente, tra queste, i
rumori.
Tale norma, tuttavia, almeno secondo l’indirizzo costante della giurisprudenza fino agli anni ‘70, non valutava le conseguenze dell’attività immissiva sulle
situazioni soggettive diverse da quelle aventi ad oggetto il godimento
fondiario: salute
dei vicini e, in senso più lato, l’interesse diffuso alla preservazione
dell’ambiente da inquinamenti. Solo la riflessione successiva della giurisprudenza [10]
ha consentito di trovare un fondamentale punto di
ancoraggio in quest’ultima direzione attraverso una lettura estensiva
della norma sulle immissioni. In questo modo il ricorso all’art. 844[11] per fini di tutela del bene salute si
fa più pregnante e si afferma sempre più il principio secondo cui «la salute, bene primario dell’individuo, ex. art.
32 Cost.[12], non può
essere posta sullo stesso piano della produzione, anche perché l’incremento di
questa sarebbe inutile se dovesse determinare il peggioramento o la perdita del
bene irrinunciabile e non monetizzabile della salute dei cittadini»[13]. Contrasta, invero, quest’ultimo indirizzo sia una
pronuncia della Cassazione[14],
che un’altra della Corte
Costituzionale[15],
le quali si esprimono nel senso della inidoneità della disciplina delle
immissioni a tutelare beni quali la salute,
l’integrità fisica, la salubrità dell’ambiente, essendo stata, la norma
concepita nello specifico contesto della materia proprietaria, all’interno
della quale dispone (legittimamente) un determinato assetto degli interessi
dominicali rapportati agli interessi della produzione.
Ulteriori approfondimenti
della dottrina chiariscono, peraltro, l’inidoneità dell’art.
Ora, se
come appare evidente, a siffatta misura
elastica può ricorrersi nel campo civile, si capisce però quanto fosse
necessario per una tutela pubblicistica dalle fonti di inquinamento acustico,
l’introduzione di criteri uniformi di valutazione, affinché le Autorità
Amministrative preposte alla tutela del “bene salute” potessero utilizzare dei
criteri standard su tutto il
territorio nazionale.
In quest’ottica, il
primo vero provvedimento di specifica tutela
“dell’inquinamento acustico” è stato, come sopra rilevato, il
D.P.C.M. 1° marzo 1991 «Limiti massimi di esposizione al rumore
negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno», ma è solo con la legge
447/95[18]
«legge quadro sull’inquinamento acustico» e con i successivi provvedimenti attuativi della
medesima - tra i quali vanno, sicuramente ricordati: il D.P.C.M. 14 novembre
1997[19]
«Determinazione dei valori limite delle sorgenti
sonore», il D.M. 16 marzo 1998 «Tecniche
di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico», così come il D.P.C.M.
16 aprile 1999 n. 215[20] «Regolamento
recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti
sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo» - che l’intera materia ha trovato un suo organico e sistematico assetto normativo.
Ciò, ovviamente,
non significa che dopo la legge quadro la
produzione normativa finalizzata alla
tutela dal rumore si sia arrestata, perché, al contrario, la l. 447/95 ha
costituito solo il punto di partenza verso una disciplina organica vòlta
all’abbattimento dell’inquinamento acustico. Nell’ambito di questa continua
evoluzione, anche al fine di adeguare e coordinare la normativa nazionale con
quella comunitaria, si è pervenuti
all’emanazione del Dlgs. n° 194/2005 del 19 agosto 2005[21]
di attuazione della direttiva 2002/49 Ce relativa
alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale.
Appare, in ultimo,
doveroso precisare che la specifica disciplina sopra richiamata concorre con
una normativa collaterale nell’ambito della quale vanno citati oltre al codice
civile[22],
il codice penale[23] e il codice della strada[24].
Com’è facile capire,
proprio la concorrenza, e talvolta anche la
complementarità, tra le diverse normative può creare seri dubbi interpretativi,
anche con riferimento al tipo di tutela da adottare.
Così, ad
esempio, salva in ogni caso l’applicabilità dell’art. 2043 cod. civ.
per la risarcibilità del danno da rumore[25]
è ovvio che qualora vi sia fondato
motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere la tutela del
diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed
irreparabile, si potrà agire in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c.[26] per ottenere l’inibitoria ex art. 844 c.c. dell’attività immissiva che
superi la normale tollerabilità; ma si potrà anche, richiedere l’intervento
dell’Autorità amministrativa affinché intervenga per ricondurre le emissioni
inquinanti entro i limiti previsti dalle specifiche norme poste a tutela
dell’inquinamento acustico.
Lasciando libera ed
impregiudicata la scelta del cittadino che può preferire, di regola, questo o quell’altro strumento di tutela,
così come pure può ricorrere ad entrambi, dottrina e giurisprudenza hanno
assunto orientamenti diversi e mutevoli nel tempo con riferimento alle
valutazioni che competono all’Organo Giudicante chiamato a pronunciarsi sulla
legittimità o meno di determinate immissioni acustiche.
E’ noto, ad esempio, che
la recente giurisprudenza di merito e di legittimità hanno dedotto
l’ininfluenza della normativa posta a tutela della salute e dell’ambiente con
riguardo al giudizio di illiceità delle immissioni[27]. Secondo tale
orientamento, peraltro condiviso in questa sede, il rispetto delle normative di
tutela ambientale nello svolgimento di una determinata attività immissiva non
esclude affatto che essa possa essere fonte di responsabilità allorché
determini un danno ingiusto o comunque leda diritti soggettivi.
Correlativamente, la violazione dei limiti risultanti dalle leggi speciali o da
provvedimenti autorizzatori o concessori non comporta un illecito civile se non
viene dimostrato che l’immissione supera la normale tollerabilità. È
indubitabile, poi, che tal’ultimo concetto va sempre riferito alla situazione
concreta: una immissione legittima secondo la legislazione antinquinamento, può
pur sempre determinare un’immissione intollerabile e quindi civilisticamente
illecita[28]. Della legislazione antinquinamento si
terrà conto in sede interpretativa, ai fini dell’applicazione del rimedio della
inibitoria, in relazione al secondo comma dell’art. 844 cod. civ.: in
caso di immissione intollerabile, che sia anche superiore ai limiti di
ammissibilità degli inquinamenti, il giudice dovrà applicare con preferenza
questo rimedio rispetto ad altri[29].
Questo indirizzo appare
confermato dall’osservazione che la legislazione a tutela dell’ambiente
sanziona non le immissioni, ma le emissioni superiori alle soglie stabilite.
Non è detto che ad emissione eccedente i limiti di legge consegua immissione
intollerabile. Mentre può accadere che da emissione rispettosa dei limiti
legali derivi immissione intollerabile. Tutto dipende specialmente
dall’estensione del territorio sopra il quale si propagano le nocività e dalla
prossimità degli immobili investiti dalla fonte di propagazione.
Parte della dottrina[30] ritiene, invece, che la disciplina
amministrativa esautori la normativa del codice, e che, dove la prima manchi,
si debba applicare direttamente l’art. 42 Cost.
per verificare se l’immissione contrasti con la funzione sociale alla quale
anche l’ attività produttiva deve
rispondere.
Com’è noto l’art. 7 della
L. 241/90 sull’obbligo di avviso dell’inizio del procedimento è espressione del
più generale “principio di difesa” (ex
art. 24 Cost.), ma è opportuno ricordare che l’intervenuta recente modifica
del quadro legislativo di riferimento con
Pur in presenza delle
innovazioni introdotte dalla già citata legge 15/2005, secondo un indirizzo
espresso dal Tar Campania, Napoli, Seconda sezione, n° 1460/2006, «la
necessità di assicurare effettività alle garanzie di partecipazione al
procedimento è stata prevista in generale dal legislatore non soltanto per i
procedimenti complessi che si articolano in più fasi (preparatoria, costitutiva
ed integrativa dell’efficacia), ma anche per i procedimenti semplici che si
esauriscono direttamente con l’adozione dell’atto finale, i quali comunque
comportano una fase istruttoria da parte della stessa autorità emanante». Tale
indirizzo induce a riflettere sulla reale chiave di lettura delle modifiche
introdotte dalla legge 11 febbraio 2005 che, nel ribadire la necessità di
assicurare effettività alle garanzie di partecipazione procedimentale, già
evincibile dall’originario impianto normativo, si è limitata a statuire, in via
di eccezione, una deroga al regime di annullabilità dell’atto per vizi formali,
qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo
contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato.
Ciò sembra
evidenziare la chiara intenzione del
legislatore di estendere in via ordinaria l’applicazione del regime
procedimentale definito agli artt. 7 e ss. della legge 241/1990 anche agli atti
a contenuto vincolato[32],
rimanendo ininfluente un’eventuale violazione delle garanzie di partecipazione
nei soli casi di evidente superfluità, da un punto di vista fattuale e/o
giuridico, di ogni apporto collaborativo rispetto al contenuto precettivo delle
determinazioni da assumere. Sotto il suddetto profilo, si può di conseguenza
affermare che, ogni qual volta le
argomentazioni difensive svolte dall’Amministrazione, non saranno
contraddistinte da una pregnante efficacia persuasiva tale da far ritenere - in
ossequio al nuovo schema probatorio introdotto dalla legge 15/2005 - che “il contenuto del provvedimento
non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” allora, si
dovrà affermare l’illegittimità del mancato avviso[33]. Tra l’altro, con riferimento alla fase degli
accertamenti tecnici che precedono l’emissione del provvedimento
amministrativo, il Consiglio di Stato[34] ha, addirittura, affermato che la
mancata comunicazione all’interessato dell’avvio degli accertamenti tecnici per
il rilievo dello stato di inquinamento non può ritenersi lesiva dei diritti
garantiti dagli artt. 7 ss. della L. 241/90, stante che tale fase non può
considerarsi di già una fase del procedimento, ma è ad esso prodromica,
giacché, qualora l’esito fosse negativo (e cioè il livello delle emissioni
sonore prodotte rientrasse tra i limiti differenziali previsti dalla legge)
nessun procedimento si instaurerebbe nei confronti dell’interessato.
Del resto, la stessa ratio della disciplina sulla
partecipazione al procedimento non esclude, affatto, che la comunicazione di
avvio possa essere preceduta o supportata da controlli, accertamenti, ispezioni
svolti, proprio per garantirne l’obiettività, senza la partecipazione del
diretto interessato il quale, qualora l’esito fosse positivo, sarà edotto di
queste attività con la successiva comunicazione di avvio del procedimento e
sarà, pertanto, messo nella condizione di intervenire nella procedura e di
verificare e, se del caso, contestare la veridicità o esattezza degli
accertamenti compiuti e la stessa idoneità degli strumenti tecnici utilizzati[35].
Perciò, avuto riguardo al
caso di specie, se pure il provvedimento impugnato effettivamente non è stato preceduto
da un rituale preavviso, l’Organo Giudicante ha ritenuto che: «gli elementi di particolare urgenza[36] (unitamente
al c.d. “effetto sorpresa” indispensabile per l’efficacia dei controlli), gli
conferiscono quella specialità che giustifica la deroga ai principi generali in
tema di partecipazione previsti dagli artt. 7 e seguenti della Legge 7 Agosto
1990 n° 241 (e che comunque, sul piano sostanziale ex art. 21 octies secondo
comma della stessa legge, l’eventuale partecipazione al procedimento della odierna
ricorrente non avrebbe potuto in alcun modo influire sugli esiti dello stesso».
Va da sè che l’urgenza e la
necessità dell’effetto sorpresa vanno valutate con riferimento al caso
concreto.
Così, nel caso di specie,
l’”urgenza” è dettata dall’improcrastinabile
necessità di evitare gli effetti devastanti che una continua esposizione al
rumore provoca nell’individuo; mentre la necessità dell’”effetto sorpresa”[37]
è strettamente legata al tipo di fonte inquinante: apparecchiature
sonore/musicali, giacché un accertamento tecnico preceduto da un “preavviso” potrebbe
consentire all’interessato di adoperarsi per mantenere, durante gli accertamenti, il livello
delle emissioni sonore nei limiti previsti dalla legge.
Con riferimento, poi, alla
ininfluenza della partecipazione dell’interessato agli accertamenti ai fini
dell’emanazione del provvedimento amministrativo, il Collegio ha, in sintesi,
sostenuto che gli accertamenti compiuti dai tecnici dell’ARPA e non contestati
dalla ricorrente[38]
(diverso sarebbe l’epilogo se il soggetto non avvisato in sede di contestazione
degli esiti degli accertamenti, riesca a dimostrare la non oggettività degli
stessi), hanno obiettivamente rilevato che il livello di emissioni sonore
prodotte dal Disco Bar eccedevano il “valore
limite differenziale”[39]
notturno di immissione di 3.0 dB nell’ambiente abitativo dei controinteressati,
per cui il provvedimento che trae la sua scaturigine dall’esito di tali
accertamenti rientra, sicuramente, tra gli atti tecnicamente definiti di natura
vincolata, giacché non avrebbe potuto essere diverso.
Concordando, pertanto, con
la usuale ripartizione dottrinale che
distingue gli atti della P.A. in discrezionali e vincolati[40],
si può convenire
che il Sindaco nella fase prodromica all’eventuale emissione dell’ordinanza
inibitoria avrà un potere
discrezionale che dovrà esercitare nel contemperamento degli interessi
configgenti[41] (diritto salute – urgenza – garanzia
di obiettività degli accertamenti /giusto procedimento – rispetto del contraddittorio
- obbligo avviso - libertà di iniziativa economica ex art. 41 cost.); egli
dovrà, pertanto, discrezionalmente valutare e decidere, se procedere
immediatamente ai controlli e, quindi differire ad un momento successivo
l’avviso dell’interessato, oppure se avvisare fin da subito l’interessato al
fine di consentirgli una partecipazione attiva anche alla fase dei
rilievi; al contrario, all’esito degli
accertamenti, ma solo qualora venga rilevato un livello di emissioni sonore
superiore ai limiti previsti dalla legge, il potere del Sindaco rimane vincolato all’emissione dell’ordinanza prevista dall’art. 9
della L. 447/95 che si configura come unico rimedio “normale ed ordinario” per
l’inibizione del comportamento inquinante.
3. Sull’uso “normale” dell’ordinanza inibitoria
emessa ai sensi dell’art.
Ulteriore problema che il
Collegio si è trovato ad affrontare è quello della legittima emanazione, nel
caso specifico, dell’ordinanza inibitoria emessa ex art 9 L. 447/95.
In proposito, eccepisce la
ricorrente la mancanza dei presupposti essenziali per l’emissione
dell’ordinanza, ovverosia la necessità eccezionale
ed urgente di tutela della salute pubblica o dell’Ambiente; nonché la
illegittimità dell’utilizzo da parte dell’Amministrazione del suddetto
strumento inibitorio per i Comuni che, come quello di che trattasi, non abbiano
ancora predisposto il piano di zonizzazione acustica[43] così come
previsto dalla medesima L. 447/1995.
A tale riguardo il
Collegio ha, invece, sostenuto che non può condividersi l’interpretazione
letterale dell’art.
Al contrario, la
disposizione de qua, dovrebbe essere interpretata con riferimento
all’intero testo normativo nella quale è inserita, ed ancor di più, tenendo
conto dell’intero attuale contesto normativo nel campo della tutela della
salute e dell’ambiente. Del resto in mancanza di uno
strumento inibitorio del “fatto” acusticamente inquinante al di là di quello
previsto, proprio dall’art.
Secondo il Collegio,
pertanto, il potere riconosciuto dall’art.
Trattandosi, pertanto, di
un problema che coinvolge interessi/diritti collettivi pur se azionati da un
singolo e/o comunque da pochi individui, esso va risolto utilizzando strumenti
pubblicistici.
4. Sulla legittimità dell’uso dell’ordinanza ex
art.
Com’è noto per zonizzazione acustica si intende una suddivisione del territorio in aree omogenee appartenenti alle
classi acustiche previste dal DPCM 14 novembre 1997[47].
Obiettivo della zonizzazione acustica è, pertanto,
quello di prevenire il deterioramento di zone non inquinate e di fornire
un indispensabile strumento di pianificazione, prevenzione e risanamento dello
sviluppo urbanistico, commerciale, artigianale ed industriale. In tal senso, la zonizzazione acustica non
può prescindere dal Piano Regolatore
Generale di cui deve essere parte integrante e qualificante, così come
dagli altri strumenti di pianificazione del territorio cui i Comuni devono
dotarsi, quale il Piano Urbano del
traffico (PUT[48]).
Il piano di zonizzazione acustica, inoltre, in quanto atto generale normativo
di tipo regolamentare, disciplina l’uso del territorio, e vincola le modalità
di sviluppo delle attività ivi svolte. È chiaro, pertanto che, qualora in
determinate zone dovesse riscontrarsi il superamento dei limiti[49] fissati per legge, l’Amministrazione
Comunale, avrà l’obbligo di predisporre e adottare un Piano di Risanamento Acustico[50].
L’applicazione dei su
richiamati principi è stata oggetto dell’ultima eccezione che il Collegio si è
trovato a valutare nell’episodio in commento.
Sostiene la ricorrente che nell’ipotesi di
constatata violazione dei valori limite differenziali di immissione all’interno
degli ambienti abitativi (previsti dal D.P.C.M. 14 novembre 1997 e determinati
ex art. 2, comma 3, lett.b) L. 447/95
con riferimento alla differenza tra il livello di rumore ambientale ed il
rumore residuo), l’utilizzo del potere inibitorio riconosciuto al Sindaco ex
art. 9 L. 447/95
presupporrebbe che il Comune abbia già dato compiuta esecuzione agli
adempimenti posti a suo carico dall’art. 6 della medesima legge quadro ed in
particolare abbia approvato il c.d. “piano
di zonizzazione”.
Tale prospettiva trova rispondenza, ad avviso del Collegio, che recepisce le linee
guida indicate dallo stesso Ministero dell’Ambiente, nella circolare 6 settembre 2004: "Interpretazione in materia di
inquinamento acustico: criterio differenziale e applicabilità dei valori limite
differenziali” in una interpretazione restrittiva dell’art. 8 del D.P.C.M.
14 novembre 1997 secondo cui: «in attesa
che i Comuni provvedano agli adempimenti previsti dall’art. 6, comma 1, lettera
a) della L. 447/95 (ovverosia, alla predisposizione dei piani di zonizzazione acustica)
si applicano i limiti di cui all’art. 6, comma 1 D.P.C.M. 1 marzo 1991 (ovvero sia
i limiti massimi di accettabilità)».
Al contrario il Collegio, ha ritenuto che la forte
tutela del bene salute cui si impone di provvedere la legge quadro 447/95, nonché il D.P.C.M. ‘97 di attuazione della medesima,
non può essere effettivamente perseguita prescindendo da una valutazione globale dell’assetto
normativo vigente in tema di tutela ambientale e quindi la disposizione
transitoria dell’art. 8 D.P.C.M. 14 novembre 1997, «non può essere correttamente interpretata nel significato di escludere del tutto
l’operatività del criterio dei valori limite differenziali d’immissione
(contemplato dall’art. 4 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 e, come detto, già
fissato dal secondo comma dell’art. 6 del D.P.C.M. 1° marzo 1991), nel
territorio di quei Comuni che non abbiano ancora provveduto all’approvazione
del c.d. piano di zonizzazione acustica»[51] e,
quindi, nel senso della mera applicazione dei limiti assoluti di accettabilità
di immissione sonora previsti dal primo comma dell’art. 6 del predetto D.P.C.M.
1° marzo 1991.
Tra l’altro, come meglio esplicato nella stessa
Circolare del Ministero dell’Ambiente, il concetto di limiti assoluti di accettabilità previsto dall’art. 6, comma 1,
D.P.C.M. 1 marzo 1991 è diverso da quello di valori limite differenziali previsto dall’art 2, comma 3 lett b L.
447/95 (che riprende, la definizione già riportata all’art. 2, comma 2 D.P.C.M. 1991 ed all’art 6, comma 1 del
medesimo D.P.C.M.), anche con riferimento al campo di applicazione, giacché il
primo intende individuare i massimi livelli di accettabilità per la protezione
del territorio; il secondo intende, invece, specificamente tutelare l’essere
umano e, quindi la salute pubblica.
Pertanto, non essendo stato il concetto di limite
differenziale esplicitamente abrogato dall’art. 9 D.P.C.M. 14 novembre1997, la
sua operatività rimane vigente nel senso sopra specificato. Appunto per questo, il mancato
richiamo nell’art. 8 del D.P.C.M. del 1997 ai limiti differenziali previsti dal
2° comma dell’art. 6 del D.P.C.M. 1
marzo 1991 non vale ad escludere la loro applicabilità, mentre il richiamo al
solo primo comma dell’art. 6 D.P.C.M.
1991 è operato in funzione della determinazione dei limiti assoluti ai fini della protezione del territorio.
5. L’attuale orientamento giurisprudenziale
nell’ottica di una efficiente tutela della salute pubblica
La prevalente giurisprudenza
contemporanea, sembra muoversi nell’ottica di riconoscere alle Amministrazioni
locali ampi poteri nel campo della repressione delle diverse tipologie
d’inquinamento e segnatamente di quello acustico.
Così,
Invero, seppure la legge
quadro n. 447/95, fissando i principi fondamentali nella materia
dell’inquinamento acustico, ha posto una riserva di legge statale sulla
determinazione dei valori limite di emissione ed immissione, lasciando ai
Comuni l’adozione di regolamenti per l’attuazione della disciplina statale,
tuttavia - ad avviso della Suprema Corte
- «rimane
nella facoltà degli enti locali adottare una più specifica regolamentazione dei
rumori la quale prenda in considerazione, non il dato oggettivo del superamento
di una certa soglia di rumorosità – considerato per presunzione iuris et de
iure come generativo di un fenomeno di inquinamento acustico, a prescindere
dall’accertamento dell’effettiva lesione – ma i concreti effetti negativi
provocati dall’impiego di determinate sorgenti sonore sulle occupazioni o sul
riposo della persona».
Gli strumenti
esecutivi utilizzati dai comuni e,
quindi dal sindaco per la
lotta
all’inquinamento acustico,
sono stati, per lo più, proprio le ordinanze contingibili ed urgenti, alle
quali la prevalente giurisprudenza amministrativa, anche con recenti decisioni[52],
riconosce piena legittimità ogni qual volta, a causa della inidoneità degli
ordinari strumenti della Pubblica Autorità, non si possa arginare altrimenti
la situazione di emergenza.
Unico limite alle
ordinanze extra ordinem sembra
essere, oltre quello della «contingibilità» intesa come urgente
necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza al pericolo attuale od
imminente, anche quello della «provvisorietà»,
intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia
temporalmente limitata. Ne consegue che le ordinanze in questione non possono
essere emanate per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti ovvero per
regolare stabilmente una situazione od assetto di interessi che vanno risolti,
invece, con l’adozione ed il coordinamento di provvedimenti definitivi di
effettiva pianificazione urbanistica[53].
6. Conclusioni
Pur condividendo l’uso dell’ordinanza contingibile
ed urgente (comunque emanata: ex art.
Per
concludere, se è vero che la tutela
della salute pubblica assume importanza preponderante rispetto alla tutela
della libertà di iniziativa economica[55]
che, invero, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale (così pure si
legge nell’art. 41 cost.), è pur vero che in nome della salute, non può
paralizzarsi lo sviluppo economico. Gli strumenti per stabilire un equo
equilibrio tra i due beni sono, ormai, presenti nel nostro ordinamento, così
come pure nell’intero ordinamento comunitario, sta agli Operatori del diritto
utilizzarli correttamente.
*La
sentenza citata può leggersi per esteso in http://www.ambientediritto.it/sentenze/2006/TAR/Tar%20Puglia%20LE%202006%20n.5639.htm
ed anche in www.lexambiente.it.
Cfr. altresì sullo stesso tema T.A.R. Puglia (LE) Sez.I sent. 4639 del 4 dicembre
2006.
** Avvocato in Palermo.
[1]
Sul concetto di inquinamento acustico
in generale cfr.: FRACCHIA F., L’inquinamento
acustico, Cedam, Padova, 2001; CACCIN R., MAUCERI C., PANASSIDI G. e
ZUCCHETTI A., L’inquinamento acustico,
Giuffrè, Milano, 1996; Cfr. pure: FRANZOSO F., Recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di inquinamento
acustico. Riv. giur. ambiente, 2004, 109.
[2] Cfr. TALLARINO C., Ambiente e tutela dall’inquinamento
acustico: la verifica di un percorso attuativo locale. Riv. giur. ambiente,
2003, 19.
[3]La classificazione in zone del
territorio comunale, volta a fissare i valori da rispettare a seconda delle
caratteristiche delle zone ivi individuate, è stata per primo introdotta
dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 che, al pari
dei regolamenti comunali limitativi dell’attività rumorosa, fissava i limiti
massimi dei livelli sonori equivalenti in relazione alla diversa destinazione
d’uso del territorio che, per ciò stesso, doveva essere classificato in ZONE
dai singoli Comuni. (art. 2 D.P.C.M. 1
marzo 1991); v. Tabella 1 del medesimo D.P.C.M. ’91 (che individua le VI classi
in cui viene suddiviso il territorio). Tale concetto è stato poi ripreso dalla
legge quadro sull’inquinamento acustico: L. 447/95 e, quindi dai numerosi
decreti attuativi tra cui il D.P.C.M. 14 novembre 1997.
Cfr., sul punto, ATTANASIO A., Inquinamento acustico: applicabilità dei
valori limite differenziali di immissione, in assenza del piano di zonizzazione (Nota a T.a.r. Lombardia, sez.
I, 1º marzo 2004, n. 813, Soc. Riva c. Reg. Lombardia). Merito, 2004, fasc. 4,
113.
[4] Cfr. MURATORI A., Inquinamento acustico: meno decibel in discoteca. Ambiente, 1997, 962;
BONAMORE D., L’inquinamento acustico e le
licenze di pubblico esercizio (discoteca) nella tutela del giudice
amministrativo (Nota a T.a.r. Veneto, sez. II, 11 settembre 1986, n. 29,
Biasi c. Com. S. Michele al Tagliamento) Foro amm., 1988, 576;
[5]
[6] Con decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496,
convertito in legge 21 gennaio 1994, n. 61, nell’ambito della politica di
controllo ambientale è stata istituita l’ANPA: Agenzia Nazionale Protezione
Ambiente (ora APAT, agenzia protezione ambiente e servizi tecnici). La medesima
legge, all’art. 3 prevede l’istituzione nelle Regioni delle A.R.P.A: Agenzie
Regionali Protezione Ambiente.
In
particolare, le ARPA svolgono attività tecnico-scientifica a favore di Regione,
Province, Comuni e Comunità montane ed altri enti pubblici ai fini
dell'espletamento delle funzioni loro attribuite nel campo della prevenzione e
tutela ambientale; forniscono, inoltre, supporto tecnico-scientifico alle ASL
per l'espletamento delle attività connesse alle funzioni di prevenzione
collettiva, proprie del servizio sanitario regionale.
[7] Da notare che
[8] Il citato D. lgs. 18 agosto 2000 n° 267: Testo
unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, art. 50, comma 5, prevede «In
particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere
esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal
sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi
l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri
e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in
ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più
ambiti territoriali regionali».
[9] Sul concetto di immissioni cfr.,
in generale, Enciclopedia del Diritto: Lojacono V.zo Immissioni [XX, 1970]. Sull’applicazione
dell’art. 844 c.c. cfr. MONTANARO R., Inquinamento
acustico e normale tollerabilità (Nota a T. Catania-Mascalucia, 16 aprile
2003, Intrisano c. Monaco). Foro it., 2003, I, 3474; NOVO M., Inquinamento da rumore, normale
tollerabilità e inquinamento acustico accettabile. Nuova giur. civ., 1999,
II, 309; MORLOTTI L., Immissioni
intollerabili: art. 844 c.c. e d.p.c.m. 1 marzo
[10] Cfr. in
particolare Tribunale di Vigevano 23 marzo 1973; Pretura di Vigevano 6 aprile
1978 e 22 marzo 1985.
[11] Sull’uso dell’art. 844 per fini di tutela
ambientale cfr. Cass., 6 aprile 1983, n. 2396. Arch. locazioni, 1983, 245 e in
Riv. giur. circolaz. e trasp., 1983, 713; secondo cui «Il bene della salute ha carattere primario ed
assoluto, e nell’ambito della tutela dei diritti assoluti assicurata dagli art.
2043 e 2058 c.c., deve essere protetto contro qualsiasi attività che possa
menomarlo, ma l’assolutezza e l’incomprimibilità del diritto non escludono la
necessità di accertare quali siano le condizioni obiettive nel cui contesto il
diritto viene esercitato, e se sia razionale il sacrificio totale di ogni altra
esigenza in potenziale conflitto con esso, tenuto anche conto che la ricerca
dell’effettiva esistenza della menomazione (ossia del confine tra un’attività
che reca un semplice fastidio psico-fisico ed un’attività che determina una
vera e propria menomazione di quel bene, nel senso di dar luogo ad oggettivi
fenomeni patologici fisici o psichici) non può essere compiuta con criteri
puramente astratti, che prescindano dal concreto ambiente in cui la persona
vive ed opera; pertanto, sia al fine di accertare la concreta sussistenza della
lesione, sia al fine di stabilire le concrete modalità della tutela, non può
ritenersi ingiustificato il ricorso all’applicazione analogica delle
disposizioni dell’art. 844 c.c. in tema di immissioni moleste, laddove fanno
riferimento al criterio della tollerabilità della molestia ed alla possibilità
di estendere l’intervento del giudice al di là della barriera dell’inibizione
assoluta, in modo da ricomprendere la determinazione dei mezzi necessari per
ricondurre l’attività aggressiva nei limiti del diritto (nella specie:
l’occupante di un appartamento di un edificio in condominio aveva chiesto
l’inibizione dell’esercizio della centrale termica condominiale, ubicata in un
locale sottostante all’appartamento, poiché la rumorosità dell’impianto recava
nocumento alla sua salute; la suprema corte, alla stregua del principio di cui
in massima, ha ritenuto che, una volta accertata la lesione del diritto, non
fosse a priori vietato al giudice, ai fini della tutela dello stesso, di
ordinare, anziché l’inibizione dell’uso dell’impianto nel luogo in cui si
trovava, l’esecuzione di opere atte ad eliminare i rumori o a ricondurli nei
limiti della tollerabilità».
[12] Sul rapporto tra l’art. 844 e l’art. 32 Cost.,
cfr. per tutti, MASUCCI S. T., Immissioni intollerabili, inquinamento da
rumore e danno alla salute (nota A.
Milano, 17 luglio 1992, Di Corleto c. Rimini e T. Milano, 10 dicembre 1992,
Mascolo c. Cond. viale Rimembranze Lambrate 9/A, Milano). Giur. it., 1994, I,
2, 717; BUSETTO G., Rilettura critica
dell’art. 844 c.c. alla luce dei valori costituzionali e delle leggi
«ecologiche» di settore: i diritti alla salute e all’ambiente salubre; cenni
sul danno biologico - Visione correlata degli art. 844 e 2043 c.c. - Necessità
di una disciplina nuova e organica della materia. Iustitia, 1995, 409.
[13] In tal
senso, cfr. l’introduzione di CARLO MARIA GRILLO al Codice dell’Ambiente,
[14] Cfr. Cass. civ., sez. un., 19 luglio 1985, n.
[15] Secondo C.
Cost. n° 247/1974, «Non sono fondate, in riferimento agli artt. 2, 3, 9, comma 1, 32, comma 2, 41, comma 2 e 3, 42,
comma 2 e 3, Cost., le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 844 c.c., regolante la materia delle
immissioni in alienum. L’art. 844 c.c. è destinato, infatti, a
risolvere il conflitto tra proprietari di fondi vicini per le influenze
negative derivanti da attività svolte
nei rispettivi fondi e pertanto il criterio della normale tollerabilità , in esso accolto, va riferito esclusivamente
al contenuto del diritto di proprietà e
non può essere utilizzato per giudicare
della liceità di immissioni che rechino
pregiudizio anche alla salute umana e all'integrità’ dell'ambiente naturale, alla cui tutela è
rivolto in via immediata tutto un altro ordine di norme di natura repressiva e
preventiva» in "Giur. it.", 1975, I, 1 con nota di
SALVI.
[16] Cfr. FABRIZIO M., Normale tollerabilità delle immissioni ex art. 844 c.c. (Nota a
Cass., sez. II, 11 ottobre 1995, n. 10588, Conti c. Rama). Ambiente, 1996, 469.
[17] È utile ricordare che ex art. 844 c.c, II comma, il giudice, nell’applicare la norma,
deve, «contemperare
le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto
della priorità di un determinato uso».
Cfr. Cass., sez. II, 18 aprile 2001, n. 5697, Giur.
it., 2001, 1818, secondo cui: «Ai fini
della valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, ai sensi del 1º
comma dell’art. 844 c.c., si deve aver riguardo alla collocazione urbanistica
dei fondi; il criterio del contemperamento delle esigenze della produzione con
quelle della proprietà, posto dal 2º comma della norma, viene in considerazione
solo nell’ipotesi in cui, accertatosi il superamento dei limiti della normale
tollerabilità, l’adozione delle possibili misure di prevenzione si riveli
insufficiente a ricondurre il livello delle immissioni entro i limiti stessi (nella
specie, la cassazione ha rilevato che, poiché i fondi si trovano in zona a
prevalente vocazione abitativa e sono soggetti a destinazioni differenti -
l’uno ad abitazione e l’altro ad opificio - il criterio dell’utilità sociale,
impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed
economica delle parti, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali, le
esigenze personali di vita connesse all’abitazione rispetto alle utilità
meramente economiche inerenti all’esercizio di attività produttive o
commerciali)». Cfr. pure: Cass., sez.
II, 29 novembre 1999, n. 13334. Arch. civ., 2000, 293; Giust. civ., 2000, I,
339, n. TRIOLA; Danno e resp., 2000, 636, n. LAGHEZZA.
[18] Sulla L. 447/95 cfr., per
tutti, GRILLO C. M., Il punto sulla normativa in tema di
inquinamento acustico (commento alla l. 26 ottobre 1995 n. 447). Rivista
Ambiente, 2001, 708; BUSETTO G., La
recente legge-quadro sull’inquinamento acustico. Dir. e giur. agr. e
ambiente, 1996, 93; VERZARO S., La legge
quadro sull’inquinamento acustico. Resp. civ., 1996, 199; ALì N., La l. 26 ottobre 1995 n. 447
sull’inquinamento acustico - Riuscirà a garantire la tutela della quiete
pubblica?. Ammin. it., 1996, 381; COCCHI A., COCCHI A., PAVARIN G. M. e
SCHIESARO G., La legge quadro
sull’inquinamento acustico Guida alla l. 26 ottobre 1995 n. 447, Maggioli,
Rimini, 1996.
[19] Cfr. T.A.R.
Puglia Bari Sez. I, 26 settembre 2003, n. 3591, Ragiusan, 2004, 245/246, 184,
il quale testualmente afferma che: «Ai sensi dell'art. 4, comma 1, D.P.C.M. 14 novembre 1997, è legittima
l'ordinanza sindacale contingibile ed urgente che ingiunge l'abbattimento di
emissioni rumorose ancorché il loro grado di intensità sia di poco superiore al
livello massimo di tollerabilità previsto dalla normativa di riferimento,
atteso che l'amministrazione non dispone del potere di soprassedere
all'adozione delle necessarie misure repressive in dipendenza del minore o
maggiore grado di intensità dell'inquinamento acustico rispetto alla soglia
massima tollerabile».
[20] In particolare, con D.P.C.M. 16 aprile 1999 n°
Il D.P.C.M. n° 215/99 ha
interamente abrogato il D.P.C.M. 18 settembre 1997 “Determinazione dei
requisiti delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante”
Per i rapporti tra D.P.C.M. 14
novembre 1997 e D.P.C.M. 215/99 cfr. T.A.R. Toscana Sez. III, 18 febbraio
2005, n. 581, secondo
cui: « Il D.P.C.M. 16 aprile 1999, n.
215, nel disciplinare le emissioni sonore, fa salvi i limiti di
immissione di cui al D.P.C.M. 14 novembre 1997,
allo scopo di evitare che il rispetto dei valori di emissione comporti
un'automatica vanificazione di quelli relativi alle immissioni sonore nelle
case di abitazione, stante la differenza tra i due».
[21] Il D. lgs. n. 194 del 19 agosto
2005 si propone lo scopo di armonizzare la normativa statale in
materia di tutela dell’ambiente esterno e abitativo dall’inquinamento acustico
(Legge 447/0995) con le disposizioni comunitarie. In via innovativa, prevede, tra l’altro, la
predisposizione di una mappa acustica strategica, l’introduzione di specifici
piani di azione anti-rumore, l’utilizzo di descrittori acustici che definiscono
sia il livello complessivo del rumore nelle tre fasce orarie, sia i disturbi
provocati al sonno dall’inquinamento acustico, e l’istituzione di una nuova
fascia oraria in cui censire il rumore: la sera tra le 20 e le 22.
Il decreto, al fine di
evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi dell’esposizione al rumore
ambientale, compreso il fastidio, definisce le competenze e le procedure per:
a) l’elaborazione
della mappatura acustica e delle mappe acustiche strategiche di cui
all’articolo 3;
b) l’elaborazione e
l’adozione dei piani di azione di cui all’articolo 4, volti ad evitare e a
ridurre il rumore ambientale laddove necessario, in particolare, quando i
livelli di esposizione possono avere effetti nocivi per la salute umana, nonché
ad evitare aumenti del rumore nelle zone silenziose;
c) assicurare
l’informazione e la partecipazione del pubblico in merito al rumore ambientale
ed ai relativi effetti.
Lo stesso decreto all’articolo 1, comma 2°
individua, per esclusione il proprio ambito di applicazione, statuendo che esso
non si applica al rumore generato dalla persona esposta, dalle attività
domestiche, proprie o del vicinato, né al rumore sul posto di lavoro prodotto
dalla stessa attività lavorativa o a bordo dei mezzi di trasporto o dovuto ad
attività militari svolte nelle zone militari.
[22] Secondo un consolidato
orientamento giurisprudenziale e dottrinario, la finalità ed il campo di
applicazione dell’art. 844 cc. si distinguono nettamente da quelli propri della
legge 447/1995. Invero, l’art. 844 è posto a presidio del diritto di proprietà fondiaria ed è volto a disciplinare i rapporti di
natura patrimoniale tra i privati proprietari di fondi vicini; al contrario, la legge quadro persegue finalità di interesse pubblico; opera nei
rapporti tra privati e Pubblica Amministrazione e non trova applicazione nel rapporto tra privati.
Anche i parametri di valutazione del rumore risultano differenti tra le
due norme. Infatti, mentre la legge 447/1995 persegue l’interesse della
collettività disciplinando i livelli di
accettabilità delle emissioni sonore, l’art. 844 tutela il diritto del
singolo cittadino allo sfruttamento del bene di sua proprietà senza limitare
i propri effetti ai casi di superamento
dei livelli fissati dalle norme di interesse generale; i limiti normativi di accettabilità possono essere
rispettati pur non essendolo affatto quelli di tollerabilità; questi ultimi potrebbero essere
pattiziamente definiti dai soggetti interessati finanche sulla base della loro
libera autonomia contrattuale. Cfr. per tutti: NOVO MARIO “Inquinamento da rumore, normale tollerabilità e inquinamento acustico accettabile”,Nuova giur. civ.,
1999, II, 309.
[23] Nel
nostro ordinamento la tutela penale contro il rumore è attuata, principalmente, attraverso l’articolo 659 c. p., che, si occupa della salvaguardia
dell’ordine pubblico e della tranquillità collettiva, quest’ultima come
particolare aspetto del primo. Così
come l’art. 844 c.c. e
Sul punto cfr. in dottrina CARUSO G., Rapporti tra la l. n. 447/95 c.d. «legge quadro sull’inquinamento
acustico» e l’art. 659 c.p. che punisce il disturbo delle occupazioni o del
riposo delle persone. In Giur. ambientale, 1999, fasc. 12, 28; RAMACCI L., Inquinamento acustico e tutela penale.
Riv. pen., 1999, 809; FIANDACA G. e TESSITORE G., Inquinamento acustico e controllo penale (Nota a Cass., 12 marzo
1979, Remington; P. Bologna, 2 ottobre 1981, Minelli; P. Milano, 1 luglio 1981,
Cogito; P. Vizzini, 12 marzo 1981, Vanella e P. Napoli, 14 luglio 1980,
Mandara) Foro it., 1982, II, 485.
Cfr. pure: Corte di Cassazione Penale, 16 aprile
[24] Cfr. l’ art. 36 (Piani urbani del traffico e piani del traffico per la viabilità
extraurbana) del D.lgs.
30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada), il cui comma 1 prevede che: Ai comuni, con popolazione residente superiore a trentamila
abitanti, è fatto obbligo dell'adozione del piano urbano del traffico. Il
successivo comma 4 prevede, inoltre,
che “I piani di traffico sono finalizzati
ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza
stradale, la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il
risparmio energetico, in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e con i
piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo le priorità
e i tempi di attuazione degli interventi".
[25] Secondo Cass., sez. III,
19 settembre 1997, n.
[26] Sulla possibilità di utilizzare i provvedimenti
d'urgenza per ridurre il livello di immissioni intollerabili per la salute
cfr.: App. Milano 9 maggio
[27] Cfr. Corte d’Appello Genova Sez. I, 30 marzo 2006, su
Repertorio di Giurisprudenza – Wolters Kluwer Professionale S.P.A., voce
Inquinamento – Proprietà e Confini, secondo cui «In tema di
inquinamento acustico se l'immissione riscontrata supera i livelli pubblicistici
essa è certamente intollerabile ex art. 844 c.c. ma, di contro, il rispetto di
detti livelli non è sufficiente ad affermare che essa sia tollerabile. Non è
sottratto a tale disciplina il suono delle campane ad uso liturgico, le cui
immissioni sonore eccedevano, nel caso di specie, sia i limiti posti dalla
normativa in materia sia quelli della normale tollerabilità in se stessa
considerata». Cfr altresì
Cass. 28 marzo 1980, n.
[28] Cfr. Cass., Sez. Un., 18 luglio 1986, n. 4633,
Soc. distilleria agr. ind. c. Soc. bonif. sarda, cit., commentata da POZZI A.,
in Giur. it., 1987, I, 451; Cass. 20 dicembre 1990, n. 12091. Mass., 1990.
[29] Cfr. Cass. 28 marzo 1980, n. 2062, cit., in Foro
it., 1980, I, 2119, DI GIOVANNI F., "Strumenti
privatistici e tutela dell'"ambiente", Padova, 1982, 139 ss.
[30] Cfr. VISINTINI, "Il divieto di immissioni e il diritto alla salute nella giurisprudenza
odierna e nei rapporti con le recenti leggi ecologiche", cit.; ID., voce "Immissioni”, in Noviss. Digesto it.,
Appendice, vol. III, Torino, 1982, 1213; conformemente si vedano anche POZZI
A., Normale tollerabilità delle
immissioni e legge antiinquinamento, Nota a Cass., 18 luglio 1986, n. 4633,
Soc. distilleria agr. ind. c. Soc. bonif. sarda, in "Giur. agr. it.",
1988, 407; IANNELLI, "Sulla tutela
dalle immissioni industriali e sulla non operatività dell’art. 844 cod. civ.",
in "Rass. dir. civ.", 1980, 371.
[31] L’art. 21 octies della L. 241/90 è stato aggiunto
dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15
che ha introdotto l’intero Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis
a 21-nonies.
[32] Cfr. ALESIO M., L’obbligo della
comunicazione di avvio negli atti vincolati e la partecipazione procedimentale:
gli orientamenti giurisprudenziali (Nota a T.a.r. Abruzzo, sez. Pescara, 25 ottobre
2002, n. 1016) in Foro it., Rep. 2004, voce Atto amministrativo, n. 51; ID., La
comunicazione di avvio del procedimento negli atti vincolati - La problematica
della partecipazione (Nota a C. Stato, sez. V, 23 febbraio 2000, n. 948) in
Foro it., Rep. 2000, voce Atto amministrativo, n. 94; LEONARDI R., Sulla necessità della
comunicazione dell’avvio del procedimento anche per gli atti vincolati (Nota a
T.a.r. Basilicata, 28 dicembre 2001, n. 965) in Foro it., Rep. 2002, voce Atto
amministrativo, n. 106; VALLA L., Comunicazione di avvio del procedimento e
atti vincolati: dalla giurisprudenza alle disposizioni legislative (Nota a C.
Stato, sez. V, 23 febbraio 2000, n. 948,). In Foro it., Rep. 2000, voce
Edilizia e urbanistica, n. 108.
[33] Cfr. T.A.R. Campania, Sez. II, 20463/2005 del
19.12.2005; Cons. Stato, sez. V, 11
maggio 2004 n. 2953/2004; Cons. Stato
Sez. V, 22 aprile 2004, n. 2307; tutte su Repertorio di Giurisprudenza –
Wolters Kluwer Professionale S.P.A., voce Atti Amministrativi.
[34] In proposito, cfr. Consiglio di
Stato, Sez. V, 5 marzo 2003, Sentenza n. 1224. Giust. amm., 2003, 443;
Giornale dir. amm., 2003, 693, n. CHINELLO D., La comunicazione di avvio del procedimento nel caso di attività
pre-procedimentali; RivistAmbiente, 2003, 687, n. CIPOLLA; Discipl. comm.,
2003, 347; Ragiusan, 2003, fasc. 229, 234; Foro amm.-Cons. Stato, 2003, 995;
Dir. e giustizia, 2003, fasc. 20, 46, n. PROIETTI.
[35] Cfr., in senso specifico, C.
Stato, sez. VI, 8 aprile 2003, n. 1882, secondo cui: «L’obbligo di
comunicare l’inizio del procedimento, sancito dall’art.
Contra, cfr. T.A.R.
EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 12 maggio 2005, n. 716, secondo cui: «lo svolgimento di accertamenti
fonometrici in assenza di contraddittorio viola il principio del giusto
procedimento di cui all’art. 7 della legge 241/2000, ai sensi del quale è
necessaria la partecipazione ai rilievi di tecnici di fiducia della parte
privata e la verbalizzazione delle operazioni e degli eventuali punti di dissenso.
L’amministrazione potrà pertanto procedere a controlli autonomi, solo ove
l’esperienza dovesse dimostrare che la preventiva conoscenza da parte della
ditta non consenta accertamenti completi e realistici».
[36] Sul concetto di urgenza cfr.
BARTOLOMEI F., Ordinanza (dir. amm.)
[XXX, 1980, Enc dir.], il quale ritiene che “L'urgenza
attiene alla indifferibilità del provvedimento che deve essere tale da impedire
l'impiego dei mezzi ordinari. L'urgenza in questo senso si identifica con la
necessità e si risolve in uno stato di necessità, vale a dire secondo il
significato filologico del termine, in una situazione cui inerisce un bisogno
stringente, pressante da soddisfare subito, perché la cura dell'interesse
pubblico prioritario o preminente moram
non patitur. Anche l'urgenza ha i suoi gradi, per cui alla legittimità
dell' ordinanza sembra sufficiente che venga stabilita l'inevitabilità del
pericolo o del danno. Se la situazione pericolosa si protrae da qualche tempo è
pur sempre consentita l'adozione dell'atto d'imperio. La pericolosità e
l'urgenza vanno valutate non in rapporto al momento in cui si è manifestata la
situazione di pericolo, ma in relazione alla probabilità del verificarsi di un
determinato evento di pericolo sulla base dell'id quod plerumque accidit;
pertanto non difetta il requisito dell'urgenza per il solo fatto che una
situazione, in atto ancora pericolosa, si protragga già da qualche tempo”.
[37] V. sul punto T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 4
dicembre 2006, n.
[38]
Cfr., ancora, T.a.r. Sicilia, sez. Catania, sez. I, 15 aprile 2002, n.
624. «…..l’omissione della comunicazione di inizio del procedimento prevista
dall’art.
[39] Ai sensi del D.P.C.M. 1 marzo 1991, art. 2, comma 1, per limite differenziale si intende il
limite da non superare che equivale alla differenza tra il livello equivalente
di rumore ambientale e quello del rumore residuo. Tale limite è stato fissato dalla su
menzionata normativa in 5 dB (A) durante il periodo diurno; 3 dB (A) durante il
periodo notturno. La misura deve essere effettuata all’interno degli ambienti
abitativi e nel tempo di osservazione del fenomeno acustico.
[40] Sulla distinzione fra attività discrezionale ed
attività vincolata della P.A. Cfr. per tutti: Trattato di diritto Amm.vo a cura
di SABINO CASSESE – Giuffrè editore ed. 2000.
[41] Nel rispetto dei principi di buon andamento ed efficienza
[42] Gli artt. 6 e 9 della legge 447/1995 attribuiscono ai Comuni specifiche
competenze in materia di inquinamento acustico ed in particolare al Sindaco uno
speciale potere d'ordinanza di necessità
ed urgenza in materia di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, che
può culminare nel potere di inibitoria totale o parziale di determinate
attività.
Cfr. RONCELLI P., Inquinamento acustico e provvedimenti extra
ordinem (Nota a T.a.r. Campania, sez. I, 30 gennaio 2004, n. 1139, Soc.
Aurum estioni c. Com. Casamicciola Terme). Riv. giur. ambiente, 2004, 741;
[43] Cfr. nota 3.
[44] In generale sulle diverse
opinioni presenti in dottrina cfr. per tutti R. GALLI, D. GALLI, Corso di diritto amministrativo, I,
Padova, 2004, pag. 35, secondo cui “…tali
sarebbero quegli atti extra-ordinem con cui, in caso di situazioni di urgente necessità (individuate nei
medesimi atti e non preventivamente dalla legge),
Sui limiti del potere di ordinanza Cfr.: SGUEO G., 18
gennaio 2007 “Le ordinanze di necessità
ed urgenza. Riflessioni sull’inscrivibilità di un potere fortemente
discrezionale in un sistema pubblicistico improntato al garantismo”
www.diritto.it/art.php?file=/archivio/23346.html; cfr. pure: R. Cavallo Perin,
“Poteri di ordinanza e principio di
legalità. Le ordinanze amministrative di necessità e d’urgenza”, Milano -
Giuffrè, 1990.
In giurisprudenza, cfr., in generale C. Stato, sez. V, 2
aprile 2003, n. 1678 Foro it., 2005, III, 129, ss. n. MATTASSOGLIO. Cfr.
altresì di Stato, Sez. VI, n. 1990 del
16 aprile 2003 Comuni d’Italia, 2003, fasc. 7, 93 (m); C. di Stato, Sez. IV, n. 6169 del 13 ottobre
2003, Urbanistica e appalti, 2003, 1477 (m); C. di Stato, Sez. V, n. 5423 del 9
ottobre 2002, Ragiusan, 2003, fasc. 227, 221.
[45] Dalle disposizioni correnti
sembra evincersi che il legislatore ha
attribuito al Sindaco:
a) sia
di un potere generale di ordinanza da esercitare, quale ufficiale del Governo,
qualora sorga la necessità di provvedimenti contingibili e urgenti, anche, tra
l’altro, in materia di "sanità ed igiene", "al fine di prevenire
ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini" (v.
ora l’art. 54, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267);
b) sia di poteri speciali
in materia di inquinamento acustico:
- come, ad esempio, il
potere, attribuito dal comma 2 bis dello stesso art. 38 della legge n. 142/1990
(e ora dal comma 3 del citato d. lgs. n. 267/2000), di modificare gli orari
degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici,
nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle
amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici
pubblici localizzati nel territorio "in casi di emergenza, connessi con il
traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa
di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza";
- ed anche il potere -
attinente al caso in esame - attribuito dall’art. 9 della legge n. 447/1995, in
forza del quale il Sindaco (così come il Presidente della provincia, il
Presidente della giunta regionale, il Prefetto, il Ministro dell'ambiente e il
Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito delle rispettive competenze)
- qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della
salute pubblica o dell'ambiente - può, con provvedimento motivato,
"ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di
abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di
determinate attività".
[46] L’art.
[47] La tabella 1 del DPCM 1 marzo 1991 riportava, per le classi nelle
quali deve essere suddiviso il territorio comunale ai fini della zonizzazione acustica, le
seguenti definizioni:
Classe I Aree particolarmente protette;
Classe II Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale; Classe III Aree
di tipo misto; Classe IV Aree di intensa attività umana; Classe V Aree
prevalentemente industriali; Classe VI Aree esclusivamente industriali.
Tale classificazione condivisa dalla L. quadro 447/95 è stata poi, trasfusa
nella tabella A del D.P.C.M. 14 novembre 1997.
[48] Lo studio del Piano Urbano del Traffico persegue, tra
l’altro, l’obiettivo della riduzione delle emissioni acustiche; tale strumento
consente, infatti, attraverso la previsione delle misure, dei sistemi e delle
discipline tesi a razionalizzare ed organizzare il traffico, anche il
miglioramento della fruibilità e della vivibilità dell’ambiente cittadino e
conseguentemente del livello acustico.
In giurisprudenza:
In dottrina
si veda S. PALAZZOLO, "La tutela
degli utenti nella regolamentazione del traffico urbano", in "Rivista
giuridica della circolazione e dei trasporti ACI", 1995, 245; C.M.
PRATIS, "Appunti in tema di
regolamentazione del traffico urbano", in "Rivista giuridica
della circolazione e dei trasporti ACI", 1995, 255.
[49] I “limiti” massimi del
livello equivalente della pressione sonora per le sei classi, riportati retro,
erano quelli indicati nella tabella 2 del DPCM 1/3/91.
- valori
limite di emissione (con riferimento alle singole sorgenti);
- valori
limite di immissione (differenziati tra ambienti abitativi e ambiente esterno e
comprensivi di tutte le sorgenti);
- valori
di attenzione;
- valori
di qualità comprensivi di tutte le sorgenti presenti.
I
valori di qualità sono definiti come "i valori di rumore da conseguire nel
breve, nel medio e nel lungo periodo, con le tecnologie e le metodiche di
risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla
Legge". Per quanto riguarda i valori limite di immissione da tutte le
sorgenti, il decreto prevede che questi devono essere tali da rispettare il
livello massimo di rumore ambientale previsto per la zona in cui il rumore
viene valutato. Negli ambienti abitativi i valori limite di immissione sono di
tipo differenziale (superamento rispetto al livello residuo).
[50] Il Piano di risanamento acustico, previsto
dall’art.
[51] Sulla inapplicabilità del criterio differenziale
in assenza di zonizzazione acustica v., in senso difforme, T.A.R.
Friuli-Venezia Giulia 21 dicembre 2002, n.
[52] Cfr. T.A.R. Campania Sez. V, 15 Gennaio 2007 (C.C.
11/01/2007), n. 273, www.ambientediritto.it/sentenze/2007/TAR/Tar_Campania_NA_2007_n.273.htm; T.A.R. Puglia – Lecce, sentenza 5639/2006, sez. I
del 4 dicembre, cit, secondo cui: « Le ordinanze con le quali viene esercitato il
potere di disporre temporaneamente speciali forme di contenimento e riduzione
delle emissioni sonore inquinanti (inclusa l’inibitoria totale o parziale delle
attività), hanno natura di provvedimenti contingibili e urgenti, sia per la
ontologica temporaneità delle misure adottabili, sia per il carattere
innominato ed atipico delle misure stesse (in deroga al principio di rigorosa
nominatività e tipicità degli atti amministrativi. Siffatte ordinanze devono
considerarsi adottate ai sensi dell’art. 9 della Legge 26 Ottobre 1995 n° 447
(“Legge quadro sull’inquinamento acustico”) e sono riservate alla competenza
del Sindaco (nei casi di inquinamento acustico che riguardano aree ricadenti
nel territorio comunale). Sono peraltro estranee alle ordinarie funzioni di
mera vigilanza e controllo (“sull’osservanza delle prescrizioni attinenti il
contenimento dell’inquinamento acustico”) contemplate dagli artt. 6 e 14 della
Legge 26 Ottobre 1995 n° 447, nonché dalle Leggi Regionali Pugliesi nn° 17/2000
e 3/2002».
[53] Cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, sent. n. 148 del 17 gennaio 2007,
lexambiente.com/modules.php?name=News&...&op=newindex&catid=4,
secondo cui: «Il
Sindaco non può emanare
un’ordinanza contingibile e urgente per limitare (per ragioni di tutela della
salute pubblica) la circolazione degli autoveicoli, se la situazione di
inquinamento acustico ed atmosferico è in essere da molti anni.…. quando la
situazione di inquinamento in essere sussiste da vari anni postula, per essere
fronteggiata, interventi strutturali e concertati tra le varie P.A. competenti,
e idonei a predisporre soluzioni adeguate e, per quanto possibile, durature». (In proposito il T.A.R.
suggerisce che
In senso difforme si
veda: T.A.R. Campania Sez. V, 15 Gennaio
2007 (C.C. 11/01/2007), n. 273, cit, secondo cui: «Le ordinanze di necessità ed urgenza in alcuni casi possono produrre
effetti non provvisori. In questi casi, è stato ritenuto che non sia la
provvisorietà a connotarle, ma la necessaria idoneità delle misure imposte ad
eliminare la situazione di pericolo che ne giustifica l'adozione, e che, in
definitiva, tali misure possano essere tanto definitive quanto provvisorie, a
seconda del tipo di rischio da fronteggiare (Cons. Stato, V Sez. 29 luglio 1998
n. 1128). L’affermazione non è un segnale di incoerenza con i principi generali
in materia, bensì la conferma della elasticità che caratterizza necessariamente
questi provvedimenti, congegnati dal Legislatore in termini di atipicità
proprio allo scopo di renderli adeguati a provvedere al caso di urgenza. In
conclusione, la regola è quella per cui l'ordinanza deve contenere
l'apposizione di un termine, ma tale regola potrebbe anch'essa venir derogata
quando, per la peculiarità del caso concreto, la misura urgente presenta
l'eccezionale attitudine a produrre conseguenze non provvisorie».
[54] Si ricorda che la direttiva
2002/49/CE si propone di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi
dell'esposizione al rumore ambientale, attraverso l'attuazione progressiva di
diverse azioni:
- la determinazione dell'esposizione
al rumore ambientale attraverso una mappatura acustica realizzata sulla base di
metodi comuni agli Stati membri; l'informazione al pubblico relativamente al
rumore ed ai suoi effetti; l'adozione da parte degli Stati membri di piani
d'azione, in base ai risultati della mappatura del rumore, per perseguire
obiettivi di riduzione dell'inquinamento acustico e di conservazione della
qualità acustica dell'ambiente qualora questa sia buona.
In tal senso, il D.lgs. 194/2005
definisce competenze e procedure per l'elaborazione delle mappe acustiche
strategiche e dei piani d'azione e per assicurare l'informazione e la
partecipazione del pubblico.
Introduce i descrittori acustici
Lden Lnight: nuovi criteri di valutazione del rumore ai fini dell'elaborazione
e della revisione della mappatura acustica e delle mappe acustiche strategiche
che andranno a sostituire, tramite conversione, i valori limite previsti
dall’art.
La mappatura acustica ed i piani
per la gestione dei problemi di inquinamento da rumore dovranno essere
predisposti per gli agglomerati urbani con più di 100.000 abitanti e per le
principali infrastrutture di trasporto (ovvero assi stradali, assi ferroviari
ed aeroporti con determinati volumi di traffico annuo).
Il nuovo D.Lgs. rinvia a
successivi decreti sia la definizione degli aspetti più specificamente tecnici,
sia il coordinamento e l'armonizzazione con il complesso quadro normativo
vigente a livello nazionale (L 447/95 e decreti attuativi).
[55] Cfr. T.a.r. Lazio, sez. III, 12-02-2004,
n.
Data di pubblicazione: 20 aprile
2007.