Il fermo amministrativo nelle obbligazioni pubbliche:
problematiche relative al riparto di giurisdizione
Massimo Pellingra Contino*
Indice
Il concetto di fermo amministrativo ed inquadramento
nella disciplina delle obbligazioni pubbliche
La
natura giuridica del fermo amministrativo ex D.P.R. n. 602 del 1973
I
mezzi di impugnazione del fermo amministrativo e l’autorità giurisdizionale
competente in materia
Il concetto di fermo amministrativo ed inquadramento
nella disciplina delle obbligazioni pubbliche
L’espressione “ fermo amministrativo” fa riferimento a
diverse tipologie di provvedimenti: in
primis esso si rapporta all’istituto
di cui al disposto ex art. 69 R.D.
18/11/1923 n. 2440 relativo all’amministrazione del patrimonio e alla
contabilità generale dello Stato[1].
Trattasi di un provvedimento di natura cautelare,[2]
che si fonda sulla circostanza che l’amministrazione sia al medesimo tempo
creditrice e debitrice di una determinata somma nei riguardi di un soggetto
privato. In tal caso, la P.A. può determinare la sospensione del pagamento del
credito vantato dalla controparte, aspettando che maturino le condizioni per la
compensazione legale.
Il ragionamento logico-giuridico, che informa il citato
istituto, riposa nell’esigenza di tutela e salvaguardia del credito
dell’amministrazione, nell’ipotesi in cui, a fronte dell’adempimento della
obbligazione a favore del privato, l’ amministrazione medesima potrebbe vedere
insoddisfatta la propria pretesa.
Il fermo di cui all’art. 86 D.P.R. 602/1973[3]
si riferisce al procedimento di riscossione dei tributi; con esso infatti le
amministrazioni sanciscono la vincolatività di destinazione su un bene mobile
registrato del soggetto tenuto al soddisfacimento della prestazione. Si tratta
di un provvedimento che è solito essere denominato con il termine di “ ganasce
fiscali”, cioè viene emanato successivamente alla non corresponsione del
pagamento di una cartella esattoriale secondo quanto prescritto dalla legge, ma
può riferirsi anche al mancato pagamento di multe aventi ad oggetto infrazioni
del codice della strada.
Sia il fermo amministrativo che le “ ganasce fiscali” sono
riconducibili alla definizione lata d’obbligazioni pubbliche[4],
con riguardo in particolare alle situazioni pubbliche soggettive in cui la P.
A. è soggetto attivo o passivo del rapporto giuridico sottostante.
Evidentemente si tratta di relazioni obbligatorie che
sussistono tra Pubblica Amministrazione e privati e che sono caratterizzati
dall’elemento distintivo, rispetto ai rapporti obbligatori meramente
privatistici, dato dall’assunto che alla amministrazione sono riconosciuti
poteri pubblicistici esclusivi come appunto il fermo amministrativo[5].
Da parte di chi scrive non può essere tralasciato il fatto
che le predette obbligazioni pubbliche sono state il frutto dell’indagine
interpretativa dottrinaria, ma che allo stato dell’arte non trova asilo nel
diritto positivo; tuttavia esse godono di un regime di deroga rispetto al
diritto comune in virtù del fatto che uno dei soggetti interessati è proprio la
P. A., costituzionalmente atta alla tutela ed al soddisfacimento di bisogni ed
interessi per antonomasia di natura pubblicistica. Alla P.A. verrebbero
riconosciute, dunque dei poteri strumentali di natura non soltanto ordinaria ma
anche di autotutela come le “ ganasce fiscali” assimilabili per funzione al
sequestro conservativo ma per natura sostanzialmente più celeri.
Ciò premesso, tuttavia, non sono mancati dubbi di
legittimità costituzionale della normativa dei citati poteri riconosciuti alla
P. A. nonché della medesima normativa derogatoria rispetto al diritto comune e
rispetto al dettato costituzionale di cui agli artt. 3 e 24. Per ciò che ha
riguardo al sostrato normativo delle obbligazioni pubbliche, in cui la P.A. è
parte creditrice, esso va rinvenuto sia nella legge, come nel caso dei tributi,
sia in un provvedimento dell’amministrazione di natura discrezionale sia nella
disciplina contrattualistica ad evidenza pubblica sia in un fatto illecito di
carattere contrattuale od extracontrattuale; fonti delle obbligazioni pubbliche
in cui la P. A. è invece parte debitrice sono la richiamata legge, il contratto
usualmente ad evidenza pubblica oppure un fatto illecito.
Il fermo
amministrativo nella legge sulla contabilità dello Stato
Il fermo[6]
di natura contabile ha un contenuto derogatorio rispetto alla nozione
civilistica d’adempimento. Infatti dal momento in cui è emanato il
provvedimento sospensivo del pagamento del credito del privato non è inquadrabile
giuridicamente la mora credendi dell’amministrazione
parte debitrice.
Si è detto che il fermo è istituto con funzione cautelare.
Ebbene, si permette che, una volta risolte le problematiche inerenti alla
contestazione od esigibilità del credito, l’amministrazione possa sollevare in
seguito la c. d. eccezione di compensazione.
Ai fini della operatività della compensazione legale condicio sine qua non è che i rapporti
di debito-credito sussistono tra gli stessi soggetti; l’ipotesi tradizionale è
quella in cui il soggetto privato vanta un credito nei confronti di un
dicastero ed al medesimo tempo è anche debitore di una somma verso un altro
dicastero.
Trattasi di una relazione che vede da una parte un unico
soggetto che è debitore e creditore verso la Pubblica Amministrazione e
dall’altra parte due soggetti pubblici costituiti da un Ministero come parte
debitrice e un’altro dicastero che invece è parte creditrice. Dalla normativa
contabile si evince che ciascun Ministero ha una propria autonomia finanziaria,
contabile e gestionale e pertanto non potrebbe comunque operare la
compensazione in quanto i rapporti reciproci di credito non sussistono tra i
medesimi soggetti.
Tuttavia se si considera la circostanza che si tratta di
due organi che sono inquadrabili nel concetto di Stato-persona si può anche
ammettere che le due posizioni di reddito e di credito si riassumono nello
stesso Ente. Per i motivi accennati la legittimazione a disporre il fermo
contabile[7]
in sostanza va attribuita in modo esclusivo alle Amministrazioni Statali; a tal
proposito giurisprudenza costante esclude che legittimata possa essere la
Regione sebbene si possa trattare di rapporti creditizi che la Regione medesima
possa vantare nell’esercizio di funzioni oggetto di delega da parte dello
Stato.
In tal caso secondo la dottrina maggioritaria si
tratterebbe di una delegazione intersoggettiva che lascerebbe inalterata
l’autonomia degli enti delegato e delegante e pertanto il fermo non potrebbe in
ogni caso successivamente consentire la compensazione.
Le ragioni creditizie che costituiscono il presupposto
legittimante l’esercizio dell’azione non vanno inquadrate nel senso di un
credito liquido, esigibile e certo in quanto nell’ipotesi in cui
l’amministrazione vantasse un credito di tale specie potrebbe già opporre la
compensazione legale e, pertanto, diretta conseguenza sarebbe la mancanza di
necessità di disporre il fermo di pagamento. Proprio in relazione a quanto
precisato, la Corte costituzionale ha statuito che la ragione di credito atta a
legittimare il fermo rappresenta quella ragione creditoria per cui sia già
stato iniziato il procedimento di accertamento. Anche la giurisprudenza più
recente del Consiglio di Stato ha evidenziato la circostanza che il fermo
amministrativo debba comunque essere retto da una ragione creditoria
caratterizzata dall’apparenza della
ragionevolezza[8] e
della fondatezza[9]
della pretesa.
La stessa giurisprudenza
menzionata ha messo in luce anche altre caratteristiche del provvedimento e cioè
la opportunità di una motivazione effettiva per quanto concerne l’apparenza del
diritto vantata dall’Amministrazione tale da evidenziare le ragioni per cui sia
ritenuto che il soggetto privato si potesse sottrarre all’adempimento del
credito vantato dalla P.A..
La natura cautelare del fermo
di pagamento come già specificato si evince dal fatto che il provvedimento
stesso permette di attendere che il credito della P.A. diventi liquido ed
esigibile e pertanto opponibile in compensazione. La natura giuridica del fermo
amministrativo contestualmente alla circostanza per la quale il provvedimento
medesimo è caratterizzato da motivi di urgenza consente di affermare che esso
non debba essere preceduto dall’avviso di inizio del procedimento.
Il fermo amministrativo
necessiterebbe dunque di un’accurata motivazione[10]
per quanto concerne l’apparenza del diritto vantato, il pericolo di sottrazione
del creditore agli obblighi verso l’amministrazione nonché la proporzionalità
della somma di cui si dispone l’arresto e il danno effettivamente subito.
Il carattere strumentale del
fermo senza dubbio denota la necessaria temporaneità; trattasi di un
provvedimento amministrativo al quale deve comunque fare seguito o la revoca
nell’ipotesi in cui la ragione creditoria dell’amministrazione si rilevi non
sussistente o quando il soggetto privato abbia adempiuto nei confronti della
Pubblica Amministrazione oppure la compensazione legale fra i due crediti.
La Corte costituzionale ha
precisato che si tratta di è una tipica funzione di autotutela; più
precisamente si tratterebbe di una autotutela di carattere decisorio sui
rapporti in quanto ciò che è opportuno mettere in luce è il compito di
salvaguardare l’utilità economico-patrimoniale che all’Amministrazione può
derivare dal rapporto obbligatorio in cui quest’ultima risulta creditrice.
Dunque la salvaguardia
dell’utilità patrimoniale citata viene assicurata attraverso il meccanismo
della compensazione; ma giacché il credito della Pubblica Amministrazione non è
ancora di natura liquida ed esigibile il fermo ottempera ad una funzione di
natura cautelare e strumentale tale da rendere successivamente possibile la
compensazione.
Da ciò si deduce che il fermo
di pagamento è un atto autoritativo idoneo a realizzare una degradazione del
diritto soggettivo del privato ad interesse legittimo (ciò fa riferimento alla
cosiddetta teoria dei diritti soggettivi affievoliti).
Premesso che trattasi di un
provvedimento cautelare in cui la Pubblica Amministrazione attua una sospensione
dell’esecuzione contrattuale a favore esclusivo dello Stato, occorre adesso
analizzare quale sia il giudice competente[11]
a sindacare la legittimità del fermo in quei casi in cui il soggetto privato
intenda contestarne la legittimità.
Secondo un certo orientamento,
premessa la natura discrezionale del provvedimento la competenza
giurisdizionale in materia è attribuibile al giudice amministrativo; la natura
discrezionale del fermo si dedurrebbe dal fatto che la P.A. è chiamata ad
effettuare delle valutazioni che concernono il differimento o meno
dell’adempimento di un’obbligazione. Trattasi di un istituto di valenza
pubblicistica e ciò è confermato anche dalla previsione della revoca del fermo,
che può essere d’ufficio o su istanza del privato e che usualmente caratterizza
gli atti discrezionali della Pubblica Amministrazione.
Tuttavia oggi si inizia a
dubitare della discrezionalità della Pubblica Amministrazione in quanto si
tratterebbe, ad ogni modo, di un provvedimento adottato in funzione di
autotutela che andrebbe ad incidere sulla posizione giuridica soggettiva del
privato idonea a pretendere la compensazione.
La citata natura derogatoria al
diritto comune è il risultato di un’analisi non tanto discrezionale quanto
tecnica; prova di ciò è che la stessa definizione di revoca viene utilizzata
dal legislatore in modo improprio poiché più che di revoca talle qualle si tratta di rinunzia ex post che la Pubblica
Amministrazione opera con riguardo al mantenimento del fermo.
Ciò comporterebbe che la
giurisdizione in materia dovrebbe essere attribuita al giudice ordinario.
Il fermo ex art. 86 D.P.R.
602/73: l’istituto delle cosiddette ganasce fiscali
Il fermo previsto dall’art. 86
del D.P.R. 602/73, riformato di recente dall’art. 3 comma 4° della Legge
248/2005, si inquadra in un provvedimento mediante il quale l’Amministrazione
pone un vincolo di indisponibilità su di un bene mobile registrato[12],
per effetto del quale il proprietario non può fare uso del proprio veicolo e in
caso di iscrizione del fermo nel P.R.A. non può disporne e gli eventuali atti
dispositivi risulteranno inefficaci e non suscettibili di opponibilità.
Certamente ciò costituisce un
provvedimento che priva, seppur temporaneamente, il proprietario del suo
diritto di proprietà sul bene e pertanto della facoltà di godimento e di
disposizione; pertanto il fermo avrebbe le stesse caratteristiche degli atti
ablatori con i quali la Pubblica Amministrazione effettua una ingerenza
unilateralmente ed in senso autoritativo nella sfera giuridico-patrimoniale del
destinatario.
Per quanto concerne la
procedura di emanazione del provvedimento disciplinata dall’art. 86 del D.P.R.
602/73 oggetto di modifica da parte dei DD.Lgs. 46/99 e 193/2001 il
concessionario del servizio riscossione tributi notifica la cartella di
pagamento con la avvertenza che “in caso di mancato pagamento il concessionario
procederà ad esecuzione forzata nonché al fermo amministrativo sui beni mobili
registrati e ad ipoteca sui beni immobili”[13].
Il fermo amministrativo
consisterebbe in atto funzionale all’esecuzione forzata e quindi mezzo di
realizzazione del credito allo stesso modo con cui la realizzazione del credito
è agevolata dall’iscrizione ipotecaria.
Da ciò si evince che la tutela
giudiziaria esperibile nei confronti del fermo amministrativo si deve
realizzare innanzi al giudice amministrativo con le forme, peraltro consentite
dall’attuale disposto di cui all’art. 57 del citato D.P.R. 602/73,
dell’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi.
Trascorsi 60 giorni dalla
notifica della cartella di pagamento, il concessionario può disporre il fermo
dei beni mobili registrati del debitore e dei coobbligati che hanno la piena
disponibilità degli stessi soltanto successivamente al pagamento di quanto
dovuto.
La disciplina vigente del fermo
amministrativo non indica l’autorità giurisdizionale innanzi alla quale sarebbe
esperibile un eventuale giudizio di opposizione al fermo né il termine di
decadenza entro il quale il concessionario deve perentoriamente intraprendere
le azioni esecutive, decorso il quale il fermo perde comunque efficacia.
Quanto precisato ha comportato
che alcuni tribunali sollevassero questioni di legittimità costituzionale con
riguardo a presunte violazioni degli artt. 3 e 24 della Costituzione,
statuendo, in relazione alla omessa indicazione del tribunale competente, che
verrebbe leso il principio di effettività della tutela giurisdizionale, e, con
riguardo all’omessa indicazione del termine di efficacia che, sussisterebbe una
sperequazione cioè una disparità di trattamento rispetto ai cittadini che sono
assoggettati all’esecuzione forzata ordinaria.
La questione concernente la
omessa previsione di un termine di efficacia del fermo, sollevata con
riferimento ai citati articoli 3 e 24 della Costituzione sarebbe manifestamente
inammissibile nell’ipotesi in cui la parte attrice nel giudizio principale non
abbia addotto tra i motivi di illegittimità del fermo, quello
dell’irragionevole ed indefinito protrarsi del fermo stesso causato dalla
mancanza di un termine di efficacia.
Conseguenza di ciò sarebbe che
la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma oggetto di censura
non inciderebbe in alcun modo nel giudizio a quo, in quanto essa pronunciata
con riferimento alla mancanza di un termine di efficacia del fermo, circostanza
estranea al tema decidendum del
giudizio stesso[14].
L’omessa indicazione del
giudice competente inoltre non pregiudicherebbe l’esercizio del diritto alla
tutela giurisdizionale, e l’indicazione del termine di efficacia pertanto non
sarebbe indispensabile.
La natura giuridica del fermo amministrativo ex D.P.R. n. 602 del 1973
Per quanto concerne la natura
del fermo la mancata indicazione del termine di efficacia produce il risultato
che il provvedimento produca gli stessi effetti del pignoramento; anzi sembra
quasi che si tratti di un’anticipazione dello stesso. La dottrina sembrerebbe
allora escludere la natura cautelare del provvedimento; alcuni studiosi come
accennato optano per l’attribuzione ad esso della natura di atto esecutivo, in
quanto si inserirebbe nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata.
Questo indirizzo dottrinario era sostenuto anteriormente alla riforma
dell’istituto operata dall’art. 1 del D.lgs. 193/2001 quando il fermo ai sensi
dell’art. 5 comma 3 del D.M. 503/98 era posteriore all’esperimento infruttuoso
del pignoramento.
Secondo altro orientamento il
fermo avrebbe la natura di atto amministrativo; secondo altri autori
addirittura si tratterebbe di un atto discrezionale poiché l’art. 86 dispone
che il concessionario possa adottare il fermo e non debba adottarlo in quanto
sono esperibili altre strade come il pignoramento e l’ipoteca.
Tuttavia poiché la natura
giuridica del fermo attribuisce una maggiore efficacia ad esso rispetto al pignoramento
in quanto consente una realizzazione dei medesimi effetti senza una apprensione
del bene, è chiaro che l’autorità amministrativa competente in un certo senso è
obbligata ad intraprendere questa strada. Quindi si potrebbe sostenere anche la
natura vincolata del provvedimento di fermo stante la efficacia certa che esso
produce.
Gli ultimi indirizzi
giurisprudenziali del Consiglio di Stato e della Cassazione hanno sancito
tuttavia un mutamento: infatti è stata messa in luce la funzione del provvedimento
di assicurare un pieno soddisfacimento delle pretese creditorie, attraverso la
disposizione di un vincolo di indisponibilità che rende inefficaci gli atti di
disposizione che sono stati eventualmente compiuti.
Alla luce delle predette
considerazioni non è più sostenibile la tesi del provvedimento amministrativo strictu sensu e pertanto l’indirizzo
dottrinario più accreditato muoverebbe verso l’affermazione che il fermo
tendenzialmente si avvicina più a un atto di natura negoziale.
L’art. 86 del D.P.R. 602/73, ai
fini della determinazione degli aspetti che concernono il termine di efficacia
del fermo[15],
alle modalità di emissione, alla motivazione e alla autorità giurisdizionale
alla quale è possibile ricorrere, fa riferimento ad un decreto da emanare che
non è ancora stato adottato.
Tuttavia, tra gli studiosi non
manca chi sostiene che si tratta di un atto di natura arbitraria emanato dalla
Pubblica Amministrazione, sulla base della critica dell’assunto che un potere
di carattere così incisivo non incontri dei limiti.
D’altra parte la legittimità
stessa della norma attributiva del potere era stata già oggetto di
disquisizione in dottrina; infatti, si sosteneva che il fermo amministrativo
poiché privo di qualsiasi regolamentazione, avrebbe potuto essere adottato in
violazione del disposto di cui all’art. 3 della Costituzione e che la mancata
previsione del termine avrebbe inciso con modalità sproporzionate sul diritto
di proprietà del bene.
Inoltre, poiché non è
ovviamente trascurabile la circostanza che l’autoveicolo possa essere anche uno
strumento di lavoro per il privato, il fermo si riflette anche su altri diritti
costituzionalmente tutelati come il diritto alla libera iniziativa economica ed
al lavoro.
Premesse le superiori
osservazioni, il Consiglio di Stato aveva ritenuto che l’istituto delle
cosiddette ganasce fiscali non potesse ritenersi operativo in quanto l’art. 86
del D.P.R. 602/73 si riferiva ad un decreto che ne disciplinasse gli aspetti
esecutivi ma che non era mai stato emanato.
Attualmente la problematica può
ritenersi risolta poiché l’art. 3 della Legge 248/2005 ha apertis verbis ripristinato il fermo amministrativo dei veicoli[16]
iscritti al P.R.A. quale strumento di garanzia della riscossione tributaria
statuendo che le disposizioni dell’art. 86 del D.P.R. richiamato, si devono
interpretare col significato che, fino all’emanazione del decreto previsto
dalla comma 4 dello stesso articolo, il fermo può essere eseguito dal
concessionario sui veicoli nel rispetto delle disposizioni legislative con
riguardo a quanto disciplinato dal decreto del Ministro delle Finanze 7
settembre 1998, n. 503.
I mezzi di impugnazione del fermo amministrativo e l’autorità
giurisdizionale competente in materia
Come accennato, l’art. 86 non
fa alcun riferimento all’autorità competente nell’ipotesi in cui il soggetto
privato voglia contestare la legittimità del fermo; pertanto, nel corso degli
ultimi anni si sono avvicendati diversi indirizzi giurisprudenziali al riguardo
che sono confluiti nell’ultima pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite n.
2053/2006 che sembra avere posto fine alla diatriba sul punto.
Va evidenziato che la
problematica relativa alla individuazione del giudice competente è influenzata
dagli indirizzi che si vuole accogliere sulla natura giuridica del fermo.
Coloro che sostengono la natura
cautelare del fermo optano per la sussistenza in materia della giurisdizione
del giudice tributario, che ha una competenza che si estende alle controversie
ad oggetto tributi di ogni genere e specie, ad eccezione soltanto di quelli che
riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria susseguenti alla
notifica della cartella di pagamento.
Il giudice tributario pertanto
sarebbe competente rationae materiae, e con riguardo all’art. 7 del
D.lgs. 546/1992, è legittimato a disapplicare gli atti amministrativi che
interferiscono con la sua giurisdizione.
Ma secondo il ragionamento
logico giuridico della giurisprudenza maggioritaria, tuttavia si deve escludere
la giurisdizione del giudice tributario stante la circostanza che il fermo è un
atto successivo alla notifica della cartella di pagamento e, con riguardo
all’art. 2 del D.lgs. 546/92 questi provvedimenti esulano dalla giurisdizione
del giudice tributario.
Coloro invece che sono fautori
della teorica del provvedimento amministrativo sostengono che le controversie
inerenti a legittimità o meno del fermo vanno inquadrate nella giurisdizione
del giudice amministrativo; infatti non si può tralasciare che il fermo è un
atto idoneo ad incidere autoritativamente ed in senso unilaterale sulla sfera
giuridico patrimoniale del destinatario, attraverso la imposizione di un
vincolo che priverebbe il soggetto giuridico del bene.
Trattasi di un provvedimento
che si conforma a quell’indirizzo secondo cui esso degraderebbe il diritto
soggettivo di proprietà del privato ad interesse legittimo e, giacché nella
quasi totalità dei casi il giudice degli interessi legittimi è il giudice
amministrativo, di conseguenza le controversie che hanno ad oggetto il fermo
amministrativo, seguirebbero le regole del processo amministrativo[17].
Tra gli studiosi non è mancato
chi ha sostenuto che il giudice competente a conoscere delle questioni relative
al fermo, fosse l’autorità giurisdizionale amministrativa in sede però di
giurisdizione esclusiva sulla base del fatto che l’attività di riscossione dei
tributi svolta da un concessionario e immediatamente rapportabile alla materia
dei servizi pubblici, per la quale secondo il disposto di cui all’art. 33
D.lgs. 80/98, come sostituito dall’art. 7 della legge 205 del 2000, è prevista
la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo[18].
La recente giurisprudenza del
Consiglio di Stato e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha invece
affermato, come già precisato, la natura negoziale del fermo amministrativo,
attraverso la valorizzandone della funzione di conservazione del credito e
anticipatoria dei risultati conseguibili con l’ordinario svolgimento della
procedura espropriativa. Da ciò consegue l’affermazione della giurisdizione del
G.O.
Gli ultimi dubbi relativamente
alla possibilità di una giurisdizione esclusiva in materia sono stati fugati
dalla sentenza della Corte costituzionale 204/2004, che ha ridotto le materie
oggetto della giurisdizione esclusiva del G.A., a guisa da rendere compatibile questo tipo di
giurisdizione con l’art. 103 Cost.
Alla luce del nuovo art. 33 del
D.Lgs. 80/1998 deve infatti escludersi che il concessionario del servizio di
riscossione dei tributi eserciti un servizio pubblico; pertanto si afferma la
giurisdizione del G.O., nelle forme previste dall’art. 57 del D.P.R. 602/1973,
dell’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi. Il fermo infatti è
assimilabile nella natura al pignoramento e rappresenta una forma alternativa
dello stesso e del processo di espropriazione forzata.
Conseguenza di quanto precisato
è che data la omogeneità sostanziale tra fermo e pignoramento, non avrebbe
senso assoggettare il primo ad un regime processuale diverso, prevedendo una
diversa giurisdizione: perciò il fermo è impugnabile dinanzi al G.O. con
l’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi, gli stessi strumenti
previsti con riferimento al pignoramento e agli atti della procedura esecutiva.
* Dottorando di ricerca e cultore di diritto
amministrativo.
[1] Sul punto
cfr. C. d. S., sez. IV, 3/4/1985 n. 123.
[2] Vedi C. d.
S., sez. IV, 27/2/1998 n. 350.
[3] Cfr. T.A. R.
Veneto, sez. I, 30/1/2003 n.886.
[4] A. Barettoni
Arleri, (voce) Obbligazioni pubbliche, in
Enc. Dir., XVIII, Milano, 1979; G. D. Falcon, (voce) Obbligazioni pubbliche, in Enc.
Giur., IX, Roma, 1998;
[5] S. Cassese, Il fermo amministrativo: un privilegio della pubblica amministrazione, in Giur. Cost., 1972; F. Garri, ( voce) Fermo amministrativo, in Enc. Giur., XIV, Roma, 1979.
[6]
C. A.
Molinari, Il fermo amministrativo, in
Foro Amm., 1969; R. Roffi, Osservazioni sul c. d. fermo amministrativo,
in Giu. It. 1973.
[7] Cfr. A.
Bennati, Manuale di contabilità di Stato,
Napoli 1980; G. Bentivenga, Elementi di
contabilità pubblica, Milano 1975.
[8]
Consiglio
di Stato Sez. IV, 03.04.1985 n. 123.
[9]
Consiglio
di Stato Sez. III, 18.03.2004 n. 1441: si tratterebbe di una mera apparenza di
fondatezza non di certezza della pretesa ma l’opinio juris che esiste un motivo valido del suo diritto giustifica
e legittima la soggezione del debitore all’adempimento.
[10] R.
Galli, D. Galli, Corso di diritto
amministrativo, Padova 2004; F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè 2006; E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè
2006.
[11] E. Tiramani, Il
fermo amministrativo: quale giurisdizione? In www.altalex.it .
[12] TAR Veneto, sez. I, 30 gennaio 2003, n. 886.
[13] L. Spagnoletti, Le ganasce fiscali: breve storia del fermo amministrativo dei beni
mobili registrati in sede di riscossione di entrate mediante ruolo, tra
problemi sostanziali e processuali, in www.lexitalia.it
[14] Corte Costituzionale, 7 aprile 2006 n. 149.
[15] C. Cost., 7 aprile 2006, n. 149.
[16] P. De Nuzzo, La
natura giuridica del fermo amministrativo dei beni mobili registrati, in www.altalex.it;
R. Roffi, Osservazioni sul c.d. fermo
amministrativo, in Giur.it. 1973.
[17] N. Saitta,
Giustizia Amministrativa, Giuffrè 2006.
[18] U. Di Benedetto, Le materie della giurisdizione esclusiva dopo la sentenza della Corte
Costituzionale n. 204/2004, in www.giustamm.it, M. Nigro, Giustizia Amministrativa, Bologna 1994,
Giuffrè; R. Garofoli, La nuova
giurisdizione in tema di servizi pubblici dopo la sentenza della Corte
Costituzionale n. 204/2004, in www.giustamm.it; Cass. Civ. SS.UU.,
14.01.2005 n. 598; TAR Veneto, sez. I 14.01.2005 n. 73; TAR Puglia Bari, sez. I
23.03.2005 n. 1277.
Data di
pubblicazione: 18 aprile 2007.